Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Civile, Sezione lavoro, ordinanza n. 7444 del 20 marzo 2025

 

Corte di Cassazione Civile, Sezione lavoro, ordinanza numero 7444 del 20/03/2025
Circolazione Stradale - Artt. 12 e 208 del Codice della Strada - Personale di polizia municipale - Destinazione dei proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie - Sospensione cautelare dal servizio per motivi disciplinari e trasferimento temporaneo ad altra ripartizione - Continuità inquadramento nell'area di vigilanza del Corpo - Mancata corresponsione della quota di integrazione previdenziale - L'eventuale destinazione dei proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie per violazioni previste dal C.d.S. spettanti ai Comuni a scopi assistenziali e previdenziali a favore degli agenti della polizia locale dipende dalle scelta discrezionale dell'ente locale, espressa tramite le relative delibere di giunta, e dette somme devono essere destinate, in linea di principio, a vantaggio degli agenti accertatori.


RITENUTO IN FATTO

1. (Soggetto 1) ha proposto ricorso per cassazione contro il Comune di (Omissis), in relazione alla sentenza della Corte d'Appello di Milano resa inter partes, esponendo che:

era dipendente del Comune in qualità di agente di Polizia Municipale con contratto a tempo indeterminato a decorrere dal 1 giugno 1982, con inquadramento nella categoria C;

aveva percepito sia la quota di integrazione previdenziale ex art. 208 c.d.s. sia l'indennità ex art. 37, comma 1, lett. b), CCNL Enti pubblici del 6 luglio 1995;

non aveva più ottenuto tali somme dopo la sospensione cautelare dal servizio per motivi disciplinari e dell'assegnazione temporanea al Servizio Archivio, nonostante fosse rimasto il suo inquadramento nell'area di vigilanza del Corpo di Polizia Municipale.

2. Il ricorrente ha chiesto al Tribunale di (Omissis) di dichiarare il suo diritto alla corresponsione delle somme indicate, oltre alla correlata maggiorazione del TFR.

3. Il Tribunale di (Omissis), nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 93/2019, ha rigettato il ricorso.

4. (Soggetto 1) ha proposto appello che la Corte d'Appello di Milano, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 376/2020, ha accolto.

5. Il Comune di (Omissis) ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.

6. (Soggetto 1) si è difeso con controricorso.

7. Parte ricorrente ha depositato memoria.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Preliminarmente, si ritiene di puntualizzare l'oggetto del contendere.

L'originario ricorrente, dipendente del Comune di (Omissis) quale agente di Polizia Municipale, è stato trasferito temporaneamente, dopo un periodo di sospensione, al Servizio Archivio per ragioni disciplinari. In seguito a questa assegnazione momentanea egli non ha perso, però, il proprio inquadramento nell'area di vigilanza del Corpo di Polizia Municipale, ma il Comune di (Omissis) ha ugualmente smesso di corrispondere la quota di integrazione previdenziale ex art. 208 c.d.s. e l'indennità ai sensi dell'art. 37, comma 1, lett. b) del CCNL Enti pubblici del 6 luglio 1995.

Sostiene il Comune ricorrente che le somme in esame dovevano essere versate solo in presenza di un effettivo esercizio delle funzioni di Polizia Municipale.

Al contrario, il dipendente afferma che la normativa in esame si applicherebbe anche nella sua situazione, non avendo mai abbandonato formalmente la Polizia Municipale e il Settore Vigilanza.

2. Con il primo motivo di ricorso il Comune di (Omissis) lamenta l'omessa applicazione e violazione del contratto collettivo integrativo decentrato vigente tra le parti all'epoca dei fatti per ciascuna delle annualità 2015-2016-2017, concluso in attuazione della delibera giuntale annuale di determinazione della predetta quota ex art. 208 c.d.s., in forza del quale il beneficio era destinato "agli addetti previsti in dotazione organica ed è da corrispondersi in proporzione al personale in servizio", nonché l'omissione "dei fatti controversi decisivi accertati in primo grado e non gravati", vale a dire l'estromissione del (Soggetto 1) dalla dotazione organica del Corpo dal 27 febbraio 2015 e il mancato espletamento di servizi attinenti all'area vigilanza.

In particolare, si duole del fatto che il giudice di appello non avesse tenuto conto né del contenuto delle delibere giuntali dell'ente locale, nonostante il rinvio ad esse presente nell'art. 208 citato, né delle previsioni dei contratti collettivi integrativi decentrati, che aveva menzionato nelle sue difese.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la falsa applicazione degli artt. 208 e 12 c.d.s., in quanto la corte territoriale avrebbe errato nell'affermare che, per ottenere la predetta quota, fosse sufficiente quale unico fatto costitutivo la mera qualifica professionale di agente e la idoneità in astratto a espletare servizi di polizia stradale e non l'appartenenza all'organico del Corpo di Polizia Municipale in servizio e il concreto espletamento di funzioni di Polizia Municipale, come previsto dagli atti giuntali vigenti dai relativi contratti collettivi decentrati integrativi.

Egli evidenzia che la corte territoriale avrebbe omesso di dare rilievo alle delibere giuntali, nonostante ad esse rinviasse l'art. 208 c.d.s., e alla contrattazione decentrata, che aveva individuato il presupposto di detto beneficio in favore degli addetti in dotazione organica e in proporzione al personale in servizio.

3. Le due censure, che vanno trattate congiuntamente, stante la stretta connessione, sono in parte inammissibili e in parte fondate.

Risultano inammissibili le questioni concernenti l'omesso esame dell'estromissione del (Soggetto 1) dalla dotazione organica del Corpo dal 27 febbraio 2015 e il mancato espletamento, da parte sua, dei servizi attinenti all'area vigilanza.

Infatti, la corte territoriale ha esaminato la vigente normativa primaria e ha concluso che gli importi in esame spettassero ai componenti del corpo di Polizia Municipale e che il lavoratore non fosse mai stato estromesso da detto corpo di Polizia.

Non può, quindi, configurarsi l'omesso esame dei fatti appena menzionati che, al contrario, sono stati oggetto di valutazione.

Inoltre, non è prospettabile in cassazione una denuncia ex art. 360, comma 5, c.p.c. di omesso esame della contrattazione decentrata integrativa, sostanziandosi questa, a tutto volere concedere, o nella surrettizia prospettazione di un vizio di violazione o erronea applicazione di tale contrattazione, la cui proposizione in cassazione è preclusa, o in una richiesta di interpretazione della medesima, non ammissibile nella specie, non avendo il ricorrente indicato i criteri ermeneutici non rispettati dal giudice di appello (Cass., Sez. L, n. 6435 del 19 marzo 2007).

Le doglianze meritano accoglimento, invece, per la restante parte nei termini che seguono.

3.1. La normativa rilevante è la seguente.

Innanzitutto, l'art. 208 del D.Lgs. n. 285 del 1992, nel testo in vigore dal 13 agosto 2010 al 30 luglio 2021, dispone, al comma 1, che:

"1. I proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie per violazioni previste dal presente codice sono devoluti allo Stato, quando le violazioni siano accertate da funzionari, ufficiali ed agenti dello Stato, nonché da funzionari ed agenti dell'ente Ferrovie dello Stato o delle ferrovie e tramvie in concessione. I proventi stessi sono devoluti alle regioni, province e comuni, quando le violazioni siano accertate da funzionari, ufficiali ed agenti, rispettivamente, delle regioni, delle province e dei comuni".

Il successivo comma 4 stabilisce, poi, che:

"4. Una quota pari al 50 per cento dei proventi spettanti agli enti di cui al secondo periodo del comma 1 è destinata:

a) in misura non inferiore a un quarto della quota, a interventi di sostituzione, di ammodernamento, di potenziamento, dimessa a norma e di manutenzione della segnaletica delle strade di proprietà dell'ente;

b) in misura non inferiore a un quarto della quota, al potenziamento delle attività di controllo e di accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale, anche attraverso l'acquisto di automezzi, mezzi e attrezzature dei Corpi e dei servizi di Polizia Provinciale e di Polizia Municipale di cui alle lettere d-bis) ed e) del comma 1 dell'articolo 12;

c) ad altre finalità connesse al miglioramento della sicurezza stradale, relative alla manutenzione delle strade di proprietà dell'ente, all'installazione, all'ammodernamento, al potenziamento, alla messa a norma e alla manutenzione delle barriere e alla sistemazione del manto stradale delle medesime strade, alla redazione dei piani di cui all'articolo 36, a interventi per la sicurezza stradale a tutela degli utenti deboli, quali bambini, anziani, disabili, pedoni e ciclisti, allo svolgimento, da parte degli organi di Polizia Locale, nelle scuole di ogni ordine e grado, di corsi didattici finalizzati all'educazione stradale, a misure di assistenza e di previdenza per il personale di cui alle lettere d-bis) ed e) del comma 1 dell'articolo 12, alle misure di cui al comma 5-bis del presente articolo e a interventi a favore della mobilità ciclistica".

I commi 5 e 5-bis del citato D.Lgs. dispongono, altresì, che:

"5. Gli enti di cui al secondo periodo del comma 1 determinano annualmente, con delibera della giunta, le quote da destinare alle finalità di cui al comma 4. Resta facoltà dell'ente destinare in tutto o in parte la restante quota del 50 per cento dei proventi alle finalità di cui al citato comma 4.

5-bis. La quota dei proventi di cui alla lettera c) del comma 4 può anche essere destinata ad assunzioni stagionali a progetto nelle forme di contratti a tempo determinato e a forme flessibili di lavoro, ovvero al finanziamento di progetti di potenziamento dei servizi di controllo finalizzati alla sicurezza urbana e alla sicurezza stradale, nonché a progetti di potenziamento dei servizi notturni e di prevenzione delle violazioni di cui agli articoli 186, 186-bis e 187 e all'acquisto di automezzi, mezzi e attrezzature dei Corpi e dei servizi di Polizia Provinciale e di Polizia Municipale di cui alle lettere d-bis) ed e) del comma 1 dell'articolo 12, destinati al potenziamento dei servizi di controllo finalizzati alla sicurezza urbana e alla sicurezza stradale".

Il precedente art. 12, comma 1, del D.Lgs. n. 285 del 1992, nel testo, qui rilevante, in vigore dal 13 agosto 2003 al 10 settembre 2021, e richiamato dai commi 4, lett. c) e 5 bis dell'art. 208 citato, prescrive, quindi, che:

"1. L'espletamento dei servizi di polizia stradale previsti dal presente codice spetta:

a) in via principale alla specialità Polizia Stradale della Polizia di Stato;

b) alla Polizia di Stato;

c) all'Arma dei carabinieri;

d) al Corpo della guardia di finanza;

d-bis) ai Corpi e ai servizi di Polizia Provinciale, nell'ambito del territorio di competenza;

e) ai Corpi e ai servizi di Polizia Municipale, nell'ambito del territorio di competenza;

f) ai funzionari del Ministero dell'interno addetti al servizio di polizia stradale.

f-bis) al Corpo di polizia penitenziaria e al Corpo forestale dello Stato, in relazione ai compiti di istituto".

3.2. L'oggetto del contendere attiene all'interpretazione dell'espressione contenuta nell'art. 208, comma 4, lett. c), del D.Lgs. n. 285 del 1992, in base al quale una quota pari al 50 per cento dei proventi spettanti agli enti di cui al secondo periodo del comma 1, e, dunque, anche ai Comuni, è destinata a "misure di assistenza e di previdenza per il personale di cui alle lettere d-bis) ed e) del comma 1 dell'articolo 12", personale individuato alle menzionate lettere d-bis) ed e), del comma 1 dell'art. 12 nei "Corpi e ai servizi di Polizia Provinciale, nell'ambito del territorio di competenza", che qui non rilevano, e nei "Corpi e servizi di Polizia Municipale, nell'ambito del territorio di competenza".

La corte territoriale ha letto questo inciso come riferibile a tutti coloro che fossero comunque inquadrati formalmente nel corpo di Polizia Municipale; la P.A. ricorrente afferma, invece, prospetta che concernerebbe solo gli addetti della Polizia Municipale che svolgano in concreto attività di vigilanza, diversamente dal controricorrente.

3.3. Per risolvere la questione è opportuno tenere conto della decisione della Corte costituzionale n. 426 del 2000, che si è occupata della questione di legittimità costituzionale, sollevata dal TAR Emilia-Romagna, dell'art. 208, comma 2, lett. a), e comma 4, del D.Lgs. n. 285 del 1992 (Nuovo codice della strada), modificato dall'art. 109 del D.Lgs. n. 360 del 1993 (Disposizioni correttive e integrative del codice della strada, approvato con decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285), "nella parte in cui consente di destinare a previdenza integrativa del personale di Polizia Municipale una parte dei proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal codice della strada". Ad avviso del giudice rimettente, la norma in questione sarebbe stata sospetta d'incostituzionalità per violazione degli artt. 97 e 3 della Costituzione: dell'art. 97, perché la destinabilità dei proventi da sanzioni amministrative a un fine previdenziale in favore dei soggetti chiamati ad accertare le violazioni cui tali sanzioni conseguono renderebbe tale accertamento interessato e pregiudicherebbe l'imparzialità dei funzionari a esso preposti (tutte le ordinanze di rimessione); dell'art. 3, perché la norma denunciata creerebbe una disparità di trattamento nei confronti degli altri dipendenti dell'ente pubblico a favore dei quali una analoga eventualità non è prevista.

Il giudice delle leggi, nel dichiarare non fondata la questione, ha chiarito che l'art. 208, comma 4, del nuovo codice della strada stabilisce che i proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie per violazioni previste dal codice medesimo, spettanti ai Comuni (e alle Regioni e alle Province), sono destinati, oltre che al miglioramento della circolazione sulle strade, al potenziamento e al miglioramento della segnaletica stradale e alla redazione dei piani previsti dall'art. 36 (e cioè i piani urbani del traffico e i piani del traffico per la viabilità extraurbana), alla fornitura di mezzi tecnici necessari per i servizi di polizia stradale di competenza, anche alle finalità previste dal comma 2 del medesimo art. 208: studi, ricerche e propaganda ai fini della sicurezza stradale, la redazione dei piani urbani di traffico, l'educazione stradale, studi e ricerche sulla sicurezza del veicolo, nonché l'assistenza e la previdenza del personale della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza e, nella specie, quando si tratti di proventi spettanti alle amministrazioni comunali, del personale del Corpo di Polizia Municipale.

I Comuni (le Regioni e le Province) determinano annualmente, con delibera di giunta, le quote da destinarsi alle finalità suindicate. I proventi di cui si tratta, infine, sono oggetto di amministrazione separata, a norma dell'art. 393 del D.P.R. n. 495 del 1992 (Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada), che impone agli enti locali di iscrivere nel proprio bilancio annuale un apposito capitolo di entrata e di uscita dei proventi ad essi spettanti a norma dell'art. 208 del codice della strada.

3.4. La normativa richiamata mostra, ad avviso della Corte costituzionale, che il legislatore ha inteso costituire un fondo speciale, alimentato dai proventi delle sanzioni amministrative derivanti dalle violazioni al codice della strada, a disposizione degli enti locali, per provvedere, secondo la discrezionalità che è loro riconosciuta dal comma 4 della disposizione denunciata, a specifiche finalità di promovimento del buon funzionamento della circolazione stradale e per tenere conto delle condizioni, che possono essere di particolare disagio sotto il profilo della sicurezza e della salute, dei soggetti preposti al controllo del rispetto delle regole della circolazione stradale medesima. Il legislatore non ha, invece, costituito un fondo a disposizione del personale del Corpo di Polizia Municipale.

In altri termini, la norma impugnata concerne i poteri degli enti locali e la relativa provvista di risorse. Le determinazioni degli enti locali stessi sono condizionate dall'esistenza di tali risorse e, quindi, dall'attività dei funzionari preposti ad accertare la violazione delle norme del codice della strada, ma, entro la disponibilità delle risorse medesime, non c'è alcun legame tra queste e la loro destinazione a scopi assistenziali e previdenziali a favore degli agenti della Polizia Locale o ad altri fini previsti dalla legge.

L'esistenza di tale diaframma - le valutazioni dell'ente locale - tra l'accertamento e il beneficio dei soggetti accertatori esclude che possa parlarsi di attività di accertamento nell'interesse personale degli accertatori; l'attività è sempre, infatti, nell'interesse obbiettivo dell'ente locale, cui spetta il potere di disporre in materia secondo le indicazioni di legge. In ogni caso, poi, i soggetti chiamati a verificare il rispetto delle norme del codice della strada sono essi stessi chiamati al rispetto della legge, sotto il controllo del giudice, e i loro comportamenti sono comportamenti vincolati, o, al più, qualificati da discrezionalità meramente tecnica, ad esempio nella determinazione della misura delle sanzioni, entro i limiti e secondo i criteri stabiliti dalla legge.

La specialità del fondo e della sua possibile destinazione particolare a un tipo di agenti del Comune che, per i compiti loro assegnati, si differenziano dagli altri, rende, altresì, evidente, per il giudice delle leggi, anche l'infondatezza della questione sollevata sotto il profilo dell'art. 3 della Costituzione.

3.5. Dalla motivazione della sentenza della Corte costituzionale n. 426 del 2000 si evincono due dati essenziali ai fini della decisione:

a- le somme in esame non sono destinate obbligatoriamente all'assistenza e alla previdenza della Polizia Municipale, ma, sul punto, vi è una discrezionalità dell'ente locale, che la Corte costituzionale valorizza, e che analoga a quella che il Comune vanta in ordine alla destinazione delle sue risorse economiche;

b- dette somme si ricollegano all'attività di accertamento e verifica del rispetto delle norme del codice della strada e vanno eventualmente a beneficio dei soggetti accertatori.

Ne consegue che l'art. 208, comma 4, lett. c), va interpretato nel senso che l'eventuale destinazione dei proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie per violazioni previste dal codice medesimo spettanti ai Comuni a scopi assistenziali e previdenziali a favore degli agenti della Polizia Locale dipende dalle scelta discrezionale dell'ente locale, espressa tramite le relative delibere di giunta e che le somme devono essere destinate, in linea di principio, a vantaggio degli agenti accertatori.

3.6. La corte territoriale ha, quindi, errato nel non tenere conto delle delibere di giunta, dal cui contenuto dipende il fondamento della pretesa del controricorrente, e del rilievo che aveva l'effettiva attività di accertamento delle violazioni.

A questa conclusione, coerente con la motivazione della sentenza della Corte costituzionale n. 426 del 2000, si giunge sulla base di un'interpretazione sia formale sia sistematica della normativa citata.

Per ciò che concerne il dato letterale, innanzitutto, l'art. 208 del D.Lgs. n. 285 del 1992, nel testo in vigore dal 13 agosto 2010 al 30 luglio 2021, devolve, fra gli altri enti, ai Comuni "I proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie per violazioni previste dal presente codice" che siano "accertate da funzionari ufficiali ed agenti, rispettivamente, delle regioni, delle province e dei comuni".

L'uso del termine "accertamento" depone in senso favorevole alla posizione della P.A. ricorrente, perché richiama il compimento di una concreta attività di vigilanza.

Inoltre, il testo dell'art. 208, comma 4, lett. c), del D.Lgs. n. 285 del 1992, in base al quale una quota pari al 50 per cento dei proventi spettanti agli enti di cui al secondo periodo del comma 1, e, dunque, anche ai Comuni, è destinata a "misure di assistenza e di previdenza per il personale di cui alle lettere d-bis) ed e) del comma 1 dell'articolo 12". Il citato art. 12, comma 1, lett. e), del D.Lgs. n. 285 del 1992 menziona, come beneficiari di tali "misure di assistenza e di previdenza", i "Corpi e servizi di Polizia Municipale, nell'ambito del territorio di competenza". La rilevanza qui data all'ambito del territorio di competenza" richiama, però, l'esercizio delle funzioni proprie di detti "Corpi e servizi di Polizia Municipale", che è l'attività con riguardo alla quale assume rilievo il "territorio di competenza".

L'interpretazione sistematica conferma l'esito di quella formale.

Infatti, tutta la normativa riportata è esplicitamente finalizzata a migliorare le strade, la loro manutenzione e sicurezza e l'espletamento dei servizi di polizia stradale, il che induce a ritenere che "le misure di assistenza e di previdenza" in esame spettino solo a chi eserciti in concreto l'attività di vigilanza e, dunque, non al controricorrente.

4. Con il terzo motivo parte ricorrente lamenta l'omesso esame di fatto decisivo, ossia che il controricorrente non indossava più la divisa e non portava l'arma.

La censura è priva di rilevanza ed è assorbita, alla luce dell'accoglimento, nei termini di cui sopra, dei motivi precedenti.

5. Con il quarto motivo la P.A. ricorrente contesta la falsa applicazione dell'art. 37, comma 1, lett. b), CCNL Enti pubblici del 6 luglio 1995 e dell'art. 5 della legge n. 65 del 1986 nella parte in cui la corte territoriale aveva ritenuto che la norma contrattuale richieda, ai fini dell'indennità di vigilanza in misura ridotta, la mera appartenenza all'Area Vigilanza e non l'effettivo svolgimento anche delle altre funzioni di vigilanza diverse da quelle di polizia.

6. La censura merita accoglimento.

L'art. 37, comma 1, lett. b), CCNL Regioni e Autonomie locali (parte normativa 1994 - 1997 e parte economica 1994 - 1995) del 6 luglio 1995 dispone che:

"1. Dal 1 dicembre 1995 le seguenti indennità competono nelle misure sottoindicate:

...;

b) a tutto il personale dell'area di vigilanza, ivi compresi i custodi delle carceri mandamentali, in possesso dei requisiti e per l'esercizio delle funzioni di cui all'articolo 5 della legge 7 marzo 1986 n. 65: L. 1.570.000 annue lorde ripartite per 12 mesi; al restante personale dell'area di vigilanza non svolgente le funzioni di cui all'articolo 5 della citata legge n. 65 del 1986 D.P.R.: L. 930.000 per 12 mesi;".

6.1. Risulta evidente, quindi, e non è in questione, che l'indennità de qua, detta di vigilanza, spetta, in misura completa, "per l'esercizio delle funzioni di cui all'articolo 5 della legge 7 marzo 1986 n. 65", ossia a chi, rientrante fra il personale dell'area di vigilanza, sia adibito, altresì, alle "funzioni di cui all'articolo 5 della legge 7 marzo 1986 n. 65".

Le parti discutono se al controricorrente che, formalmente, è ancora inserito fra il personale dell'area di vigilanza, pur non svolgendo nessuna delle relative funzioni, competa l'indennità di vigilanza prevista, in misura ridotta, nella seconda parte dello stesso art. 37, comma 1, lett. b), CCNL Regioni e Autonomie locali (parte normativa 1994 - 1997 e parte economica 1994 - 1995) del 6 luglio 1995, la quale è attribuita "al restante personale dell'area di vigilanza non svolgente le funzioni di cui all'articolo 5 della citata legge n. 65 del 1986 D.P.R.: L. 930.000 per 12 mesi".

Secondo la P.A., dovrebbe tenersi conto che il personale dell'area di vigilanza il quale non esercita "le funzioni di cui all'articolo 5 della citata legge n. 65 del 1986 D.P.R.: L. 930.000 per 12 mesi" è adibito, comunque, ad altre funzioni rientranti fra quelle tipiche di tale area, diversamente dal controricorrente che, al contrario, sarebbe solo formalmente inquadrato fra il personale di detta area, ma non ne condividerebbe i compiti, neppure quelli previsti dall'art. 5 della legge n. 65 del 1986.

Il dipendente propone, invece, la tesi opposta, condivisa dal giudice di appello.

6.2. Per definire la questione occorre tenere conto del testo dell'art. 5 legge n. 65 del 1986 in vigore dal 18 maggio 1997 al 3 dicembre 2018, periodo che qui rileva, intitolato "Funzioni di polizia giudiziaria, di polizia stradale, di pubblica sicurezza", in base al quale:

"1. Il personale che svolge servizio di Polizia Municipale, nell'ambito territoriale dell'ente di appartenenza e nei limiti delle proprie attribuzioni, esercita anche:

a) funzioni di polizia giudiziaria, rivestendo a tal fine la qualità di agente di polizia giudiziaria, riferita agli operatori, o di ufficiale di polizia giudiziaria, riferita ai responsabili del servizio o del Corpo e agli addetti al coordinamento e al controllo, ai sensi dell'articolo 221, terzo comma, del codice di procedura penale;

b) servizio di polizia stradale, ai sensi dell'articolo 137 del testo unico delle norme sulla circolazione stradale approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15 giugno 1959, n. 393;

c) funzioni ausiliarie di pubblica sicurezza ai sensi dell'articolo 3 della presente legge.

2. A tal fine il prefetto conferisce al suddetto personale, previa comunicazione del sindaco, la qualità di agente di pubblica sicurezza, dopo aver accertato il possesso dei seguenti requisiti:

a) godimento dei diritti civili e politici;

b) non aver subito condanna a pena detentiva per delitto non colposo o non essere stato sottoposto a misura di prevenzione;

c) non essere stato espulso dalle Forze armate o dai Corpi militarmente organizzati o destituito dai pubblici uffici.

3. Il prefetto, sentito il sindaco, dichiara la perdita della qualità di agente di pubblica sicurezza qualora accerti il venir meno di alcuno dei suddetti requisiti.

4. Nell'esercizio delle funzioni di agente e di ufficiale di polizia giudiziaria e di agente di pubblica sicurezza, il personale di cui sopra, messo a disposizione dal sindaco, dipende operativamente dalla competente autorità giudiziaria o di pubblica sicurezza nel rispetto di eventuali intese fra le dette autorità e il sindaco.

5. Gli addetti al servizio di Polizia Municipale ai quali è conferita la qualità di agente di pubblica sicurezza possono, previa deliberazione in tal senso del consiglio comunale, portare, senza licenza, le armi, di cui possono essere dotati in relazione al tipo di servizio nei termini e nelle modalità previsti dai rispettivi regolamenti, anche fuori dal servizio, purché nell'ambito territoriale dell'ente di appartenenza e nei casi di cui all'articolo 4. Tali modalità e casi sono stabiliti, in via generale, con apposito regolamento approvato con decreto del Ministro dell'interno, sentita l'Associazione nazionale dei comuni d'Italia. Detto regolamento stabilisce anche la tipologia, il numero delle armi in dotazione e l'accesso ai poligoni di tiro per l'addestramento al loro uso".

Dalla lettura dell'art. 5 si evince che l'indennità di vigilanza, nella sua misura massima, compete agli agenti che svolgono effettivamente le, particolarmente qualificate, "Funzioni di polizia giudiziaria, di polizia stradale, di pubblica sicurezza", le quali sono attribuite all'esito di un apposito procedimento.

Se questo è il disposto dell'art. 5, è evidente che, quando l'art. 37, comma 1, lett. b), CCNL Regioni e Autonomie locali (parte normativa 1994 - 1997 e parte economica 1994 - 1995) del 6 luglio 1995 menziona il "restante personale dell'area di vigilanza non svolgente le funzioni di cui all'articolo 5 della citata legge n. 65 del 1986" si riferisce a distinto "personale dell'area di vigilanza" che, comunque, svolga le ulteriori funzioni proprie di detta area in concreto e che, quindi, sarebbe pur sempre idoneo al conferimento delle "Funzioni di polizia giudiziaria, di polizia stradale, di pubblica sicurezza" le D.P.R.: L. 930.000 per 12 mesi;".

Si tratta di una conclusione che deriva, innanzitutto, da un'interpretazione letterale dell'art. 37, comma 1, lett. b), CCNL Regioni e Autonomie locali (parte normativa 1994 - 1997 e parte economica 1994 - 1995) del 6 luglio 1995, che contiene un chiaro riferimento all'esercizio e allo svolgimento di funzioni, terminologia che implica la spettanza dell'indennità in esame a chi, all'interno del personale dell'area di vigilanza, svolga un ruolo attivo.

Questa interpretazione è suffragata, inoltre, anche da considerazioni di carattere sistematico.

Infatti, la precedente lett. a) del citato art. 37, comma 1, prescrive che spettano:

"a) al personale dell'area di vigilanza, ivi compresi i custodi delle carceri mandamentali, inquadrato nella V qualifica funzionale: L. 1.030.000 annue lorde a titolo di integrazione tabellare".

Si tratta di una somma che è attribuita a prescindere dalle funzioni in fatto assegnate, tanto che cambiano le parole utilizzate, scomparendo la menzione dell'esercizio e dello svolgimento presente, invece, nell'art. 37, comma 1, lett. b), del CCNL de quo.

Allo stesso modo, il comma 3 dell'art. 37 menzionato stabilisce che:

"3. Le indennità previste alle lettere c), d) ed e) del comma 1 e al comma 2 competono solo al personale che svolga esclusivamente e permanentemente attività educativa e di insegnamento" (vengono in rilievo il personale educativo degli asili nido, il personale insegnante delle scuole materne ed elementari, gli assistenti di cattedra, insegnanti tecnico - pratici, i docenti delle scuole secondarie delle amministrazioni di cui all'art. 1) e il personale docente dei centri di formazione professionale delle amministrazioni di cui all'art. 1, che svolga attività di insegnamento, in aula o in laboratorio, ai sensi del 5 comma dell'art. 48 D.P.R. n. 268 del 1987).

In questa maniera, è reso palese come le indennità dell'art. 37, quando presentino riferimento allo "svolgimento", spettino esclusivamente ai lavoratori che esercitano in concreto le funzioni proprie della loro area di appartenenza.

7. Il ricorso è accolto quanto al primo e al secondo motivo, nei termini di cui in motivazione, inammissibili per la parte restante, e al quarto motivo, assorbito il terzo, in applicazione dei seguenti principi di diritto:

"La quota di integrazione assistenziale e previdenziale prevista per i corpi e servizi di Polizia Municipale dall'art. 208, comma 4, lett. c), del D.Lgs. n. 285 del 1992 spetta, nei termini stabiliti dalle delibere di giunta di cui al successivo comma 5, solo ai componenti di detti corpi e servizi che svolgano in concreto attività di Polizia Municipale";

"L'indennità riconosciuta, ai sensi dell'art. 37, comma 1, lett. b), del CCNL Enti pubblici del 6 luglio 1995, al personale dell'area di vigilanza non svolgente le funzioni di cui all'art. 5 della legge n. 65 del 1986 spetta solo ai componenti di tale personale che, inseriti nella detta area, esercitino in concreto attività di vigilanza".

La sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti è cassata con rinvio alla Corte d'Appello di Milano, in diversa composizione, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte,

- accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, nei termini di cui in motivazione, inammissibili per la restante parte, e il quarto motivo di ricorso, assorbito il terzo;

- cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti con rinvio alla Corte d'Appello di Milano, in diversa composizione, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro, il 21 febbraio 2025.

Depositata in Cancelleria il 20 marzo 2025.

 

DISCLAMER: Il testo della presente sentenza o odinanza non riveste carattere di ufficialità e non sostituisce in alcun modo la versione pubblicata dagli organismi ufficiali. Vietata la riproduzione, anche parziale, del presente contenuto senza la preventiva autorizzazione degli amministratori del portale.


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