Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio
Cassazione Penale, Sezione terza, sentenza n. 7533 del 25 febbraio 2025
Corte di Cassazione Penale, Sezione III, sentenza numero 7533 del 25/02/2025
Circolazione Stradale - Art. 186 del Codice della Strada - Guida in stato di ebbrezza - Rifiuto dell'accertamento - Sostituzione della pena detentiva e pecuniaria con il lavoro di pubblica utilità - Facoltà discrezionale del giudice - Nel reato di guida in stato di ebbrezza alcolica sotto l'influenza dell'alcool la sostituzione della pena detentiva e pecuniaria con il lavoro di pubblica utilità, ai sensi dell'articolo 186, comma 9-bis, del Codice della Strada, è una facoltà discrezionale del giudice. Tale decisione deve essere congruamente motivata, sulla base dei criteri stabiliti dall'articolo 133 del Codice Penale, che orientano la scelta della pena in termini di quantità e specie, tenendo conto delle circostanze specifiche del caso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 3 aprile 2024, la Corte di cassazione, sezione Settima penale, ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto da (Soggetto 1) avverso la sentenza della Corte d'Appello di Brescia del 17 ottobre 2022, con cui era stata confermata la condanna in relazione al reato di cui all'art. 186, comma 7, C.d.S.
2. Avverso la predetta sentenza, ha proposto ricorso straordinario ex art. 625-bis, cod. proc. pen. il condannato a mezzo di difensore muniti di procura speciale, con cui si deduce, quale unico motivo, l'errore di fatto in cui sarebbe incorsa la richiamata sentenza della Settima sezione penale per l'omesso esame del secondo motivo del ricorso proposto, con cui il ricorrente si doleva del vizio di violazione di legge e del correlato vizio di motivazione della sentenza di secondo grado quanto al rigetto della richiesta di conversione della pena in lavori di pubblica utilità ai sensi dell'art. 186, co. 9-bis, C.d.S.
2.1. Sostiene la difesa del ricorrente che tale omissione, frutto di un'evidente svista del Collegio, sarebbe oltremodo rilevante, in quanto, ove il motivo fosse accolto, ci si troverebbe di fronte, sia alla necessità di operare un rinvio alla Corte d'Appello per operare la conversione della pena in lavori di pubblica utilità, che di disporre la revoca del provvedimento di confisca del motociclo ed il dimezzamento del periodo di sospensione della patente di guida.
2.2. Aggiunge, peraltro, la difesa che la decisione di inammissibilità, riguardante il primo motivo, non condizionerebbe la decisione relativamente al secondo motivo, attesa la diversità dei due motivi che li rende ciascuno del tutto indipendente dall'altro, ben potendosi infatti operare la richiesta conversione (oggetto del secondo motivo pretermesso) anche nel caso della dichiarata inammissibilità del primo motivo con cui il ricorrente si doleva della errata qualificazione giuridica del fatto ai sensi dell'art. 186, comma 6, C.d.S.
2.3. Il motivo non esaminato, prosegue la difesa del ricorrente, non potrebbe essere qualificato come infondato né tantomeno inammissibile, essendo stata la Corte d'Appello ad occuparsi per la prima volta della richiesta di conversione della pena in lavoro di pubblica utilità, donde la questione dell'omessa pronuncia su tale richiesta era emersa esclusivamente in relazione alla decisione della Corte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso, trattato cartolarmente in assenza di richiesta di discussione orale, è inammissibile.
2. Deve premettersi che questa Corte, con ordinanza resa senza formalità in data 12 settembre 2024 e comunicata alle parti, ha rigettato l'istanza di sospensione dell'esecutività della sentenza ricorsa avanzata a norma dell'art. 625-bis, comma 2, cod. proc. pen.
3. Deve, pertanto, in questa sede essere affrontata la censura relativa alla ritenuta sussistenza dell'errore di fatto "revocatorio" che, a giudizio della difesa, inficerebbe la decisione impugnata.
4. Il motivo di ricorso straordinario è, come anticipato, inammissibile.
5. Ed infatti, come già questa Corte ha avuto modo di precisare nell'ordinanza di rigetto dell'istanza di sospensione dell'esecutività della sentenza, è ben vero che risulta ex actis l'omessa statuizione sul secondo motivo dell'originario ricorso proposto dalla difesa avverso la sentenza della Corte d'Appello di Brescia del 17 ottobre 2022, motivo con cui il ricorrente si doleva (cfr. pag. 3 del ricorso originario proposto in data 18 gennaio 2023), della violazione di legge penale e della carenza e/o illogicità della motivazione quanto al rigetto della richiesta di conversione della pena in lavori di pubblica utilità ai sensi dell'art. 186, comma 9-bis, D.Lgs. n. 285 del 1992.
5.1. È parimenti indubbio che tale motivo, come risulta pacificamente dallo stesso contenuto della sentenza oggetto di ricorso straordinario, non risulta nemmeno essere stato illustrato, essendosi limitata infatti la decisione impugnata a decidere solo sul primo motivo di ricorso, con cui la difesa si doleva, denunciando il vizio di violazione di legge ed il correlato vizio di motivazione, del diniego della riqualificazione del fatto nella meno grave ipotesi di cui all'art. 186, comma 2, lett. b), C.d.S.
5.2. Infine, è parimenti certo come non può ritenersi che, pur in mancanza di espressa disamina, il motivo proposto debba considerarsi implicitamente disatteso perché incompatibile con la struttura e con l'impianto della motivazione, nonché con le premesse essenziali, logiche e giuridiche che compendiano la ratio decidendi della sentenza medesima, ovvero che l'omissione sia soltanto apparente, risultando le censure formulate con il relativo motivo assorbite dall'esame di altro motivo preso in considerazione (cfr., per tutte, Sez. Un., n. 16103 del 27/03/2002, B., Rv. 221283-01), posto che, come correttamente evidenzia la difesa del ricorrente, la decisione di inammissibilità, riguardante il primo motivo, non condiziona(va) la decisione relativamente al secondo motivo, attesa la diversità dei due motivi che li rende(va) ognuno del tutto indipendente dall'altro, ben potendosi infatti astrattamente operare la richiesta conversione (oggetto del secondo motivo pretermesso) anche nel caso della dichiarata inammissibilità del primo motivo con cui il ricorrente si doleva della errata qualificazione giuridica del fatto ai sensi dell'art. 186, comma 6, C.d.S.
6. È, tuttavia, altrettanto indubbio che l'omesso esame del motivo non inficia il provvedimento ricorso, in quanto, quand'anche lo stesso fosse stato esaminato, sarebbe stato destinato ad essere dichiarato inammissibile, tenutoci quanto già affermato da questa Corte secondo cui la sostituzione della pena detentiva e pecuniaria con il lavoro di pubblica utilità, ai sensi dell'art. 186, comma 9-bis, cod. strada, difformemente da quanto sostenuto nel ricorso originario dalla difesa del ricorrente, non consegue automaticamente al ricorrere dei presupposti legali, ma è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice, da compiersi secondo i criteri dettati dall'art. 133 cod. pen. (si v., tra le tante Sez. 4, n. 1015 del 10/12/2015, Rv. 265799 - 01).
6.1. Non riflette, infatti, quanto sostenuto dall'ormai consolidato orientamento di questa Corte, l'affermazione, contenuta nel motivo di ricorso pretermesso, secondo cui gli unici limiti previsti per ottenere il condannato la conversione della pena in lavori di pubblica utilità sarebbero rappresentati dall'assenza di un espresso dissenso da parte dell'interessato ed dal fatto che tale conversione non possa essere disposta più di una volta, quasi che il giudice, a fronte di una richiesta di applicazione dell'art. 186, co. 9-bis, C.d.S., sia vincolato all'adozione del provvedimento richiesto.
6.2. Diversamente, la giurisprudenza di questa Corte è pacifica nell'affermare che la sostituzione della pena detentiva e pecuniaria con il lavoro di pubblica utilità, ai sensi dell'art. 186, comma 9-bis, cod. strada, non consegue automaticamente al ricorrere dei presupposti legali ma è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice, da compiersi secondo i criteri dettati dall'art. 133 cod. pen. (tra le tante Sez. 4, n. 13466 del 17/01/2017, Rv. 269396 - 01; Sez. 4, n. 1015 del 10/12/2015, dep. 2016, Rv. 265799 - 01). Si è in particolare affermato che, anche alla luce della formulazione letterale della norma dell'art. 186, co. 9-bis, C.d.S. ("può essere sostituita") appare ormai chiaro che la stessa costituisce esercizio di una facoltà discrezionale del giudice, esercitabile a seguito di una valutazione di merito, che deve essere congruamente motivata, sulla base evidentemente dei parametri di cui all'articolo 133 cod. pen., che può essere considerato una norma generale di riferimento sulla discrezionalità, orientando esso non solo la scelta sul quantum della pena all'interno dei limiti edittali ovvero sulla specie di sanzione in caso di comminatoria alternativa di pena detentiva e pena pecuniaria, ma operando anche, in virtù di un espresso richiamo, in numerosi altri istituti di parte generale.
6.3. Ed infatti, dopo un unico e (rimasto isolato) arresto di questa Corte di legittimità di segno contrario costituito da Sez. 3, n. 20726 del 7/11/2012, dep. 2013, C., Rv. 254998, costituisce ormai da tempo ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte di legittimità il principio che la sostituzione della pena detentiva e pecuniaria con il lavoro di pubblica utilità, ai sensi dell'art. 186, comma 9-bis C.d.S. è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice, da compiersi secondo i criteri dettati dall'art. 133 cod. pen. (così ex muitis Sez. 4, n. 1015 del 10/12/2015, dep. 2016, S., Rv. 265799; Sez. 4, n. 16387 del 23/10/2014, dep. 2015, C., Rv. 263385; Sez. 4, n. 15018 del 13/12/2013, dep. 2014, C., Rv. 261560).
6.4. Si tratta, peraltro, di un orientamento condiviso dalla Corte Costituzionale, secondo la quale, "come risulta dall'impiego della voce verbale "può", l'applicazione della pena sostitutiva in questione non costituisce, infatti, oggetto di un diritto dell'imputato, ma è disposta discrezionalmente dal giudice sulla base di una valutazione di meritevolezza che ha quali parametri i criteri enunciati dall'art. 133 del codice penale - così come, del resto, è espressamente stabilito dall'art. 58 della legge n. 689 del 1981 - oltre che sulla base di una prognosi di positivo svolgimento del lavoro" (Corte Cost., ord. 43/2013).
7. Con motivazione assolutamente logica e corretta in punto di diritto, i giudici del merito hanno ritenuto che i plurimi precedenti penali per furto, ricettazione, resistenza a pubblico ufficiale, anche specifici - risultando iscritte a suo carico ben tre sentenze di condanna per guida in stato di ebbrezza -, fossero ostativi al riconoscimento di tale misura alternativa, non potendosi formulare una preliminare prognosi favorevole sula efficacia rieducativa dì tale misura (v., per una vicenda sostanzialmente sovrapponibile alla presente Sez. 4, n. 13466/2017, cit.).
8. Alla luce di quanto sopra, pertanto, l'omesso esame del secondo motivo di ricorso non inficia la sentenza impugnata, rendendo non decisivo l'errore di fatto commesso dalla Settima sezione penale di questa Corte, essendo infatti già stato più volte affermato che l'omessa motivazione in ordine ad uno o più motivi di ricorso per cassazione non dà luogo ad errore di fatto rilevante a norma dell'art. 625-bis cod. proc. pen., allorché l'omesso esame del motivo non risulti decisivo, in quanto da esso non discenda, secondo un rapporto di derivazione causale necessaria, una decisione incontrovertibilmente diversa da quella che sarebbe stata adottata se il motivo fosse stato considerato in tale ultima ipotesi, è onere del ricorrente dimostrare che la doglianza non riprodotta era, contro la regola di cui all'art. 173 disp. att. cod. proc. pen., decisiva e che il suo omesso esame è conseguenza di un sicuro errore di percezione (Sez. 2, n. 53657 del 17/11/2016, Rv. 268982 - 01).
9. Nella specie, proprio alla stregua della richiamata giurisprudenza di questa Corte, deve escludersi tale decisività, atteso che il richiamo all'esistenza dei precedenti penali ostativi alla conversione della pena, oggetto di valutazione da parte del giudice di appello, con motivazione immune da vizi logico - giuridici, giustificava il diniego della richiesta difensiva, donde l'omesso esame del motivo da parte della sentenza ricorsa, attesa la sua mancanza di decisività nel senso inteso dalla giurisprudenza di questa Corte, non inficia il provvedimento impugnato, in quanto il predetto motivo, ove esaminato, avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile.
10. Segue, pertanto, a norma dell'art. 616, cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3000 in favore della Cassa delle Ammende, non potendosi escludere profili di colpa nella proposizione del ricorso.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 17 ottobre 2024.
Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2025.
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