Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Consiglio di Stato, Sezione quarta, sentenza n. 155 del 10 gennaio 2025

 

Consiglio di Stato, Sezione IV, sentenza numero 155 del 10/01/2025
Circolazione Stradale - Art. 18 del Codice della Strada e art. 28 del Regolamento C.d.S. - Insediamento di un ecocentro di tipo B - Fascia di rispetto stradale - Preclusione assoluta di edificazione - Estensione - Nella preclusione assoluta di edificazione nella fascia di rispetto stradale ricade, oltre alle nuove costruzioni, demolizioni integrali e ricostruzioni o ampliamenti, sancita dal Codice della strada, anche l'asse viario interamente sopraelevato nel tratto confinante con l'area di insediamento di un ecocentro di tipo B, non sussistendo alcuna ipotesi derogatoria connessa al carattere delle opere, alla loro destinazione o alla sopraelevazione dell'asse viario.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

(Omissis);

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. - I ricorrenti, premesso di essere proprietari di immobili ubicati in prossimità dell'area prescelta dal Comune di (Omissis) per l'insediamento di un ecocentro di tipo B finalizzato al conferimento diretto, da parte di un'utenza di circa 30.000 abitanti, di "frazioni di rifiuti pericolosi e non pericolosi, di provenienza domestica e non domestica", hanno impugnato la variante al Piano urbanistico comunale (PUC) connessa ai lavori di realizzazione del suddetto ecocentro presso via (Omissis) (deliberazione del Consiglio Comunale n. 99 del 20 luglio 2022 e la precedente delibera di C.C. n. 29 del 2 marzo 2022 di adozione della variante e di approvazione del progetto di fattibilità tecnica ed economica dell'intervento), oltre alla determinazione dirigenziale n. 1447 del 23 maggio 2022, dei relativi allegati e degli atti connessi.

1.1. - Con il primo motivo di ricorso di primo grado, hanno dedotto che, in assenza della qualificazione dell'intervento quale "opera pubblica" o "dichiarata di pubblica utilità", in entrambi i casi da parte di "disposizioni normative statali", il mancato adeguamento del PUC al Piano paesaggistico regionale (PPR) costituirebbe circostanza ostativa all'approvazione della variante (art. 20 bis, comma 2, lett. b), della L.R. n. 45 del 1989). Inoltre, il Comune di (Omissis) avrebbe omesso di specificare i motivi peculiari per cui la modifica apportata al PUC non rientrerebbe tra le fattispecie integranti varianti sostanziali. Al contrario, infatti, la variante contestata, per le sue caratteristiche, rientrerebbe a tutti gli effetti tra le varianti sostanziali. Non sarebbe neppure corretta la classificazione - operata dal Comune - dell'ecocentro quale attrezzatura e impianto tipico delle sottozone S2 e S3. Al contrario, il Consiglio Comunale avrebbe dovuto sottoporre la variante al procedimento previsto dall'articolo 20, commi da 1 a 20, della L.R. n. 45 del 1989, con conseguente illegittimità del procedimento semplificato di adozione e approvazione.

1.2. - Con un secondo motivo di ricorso, hanno dedotto la carenza di motivazione della determinazione dirigenziale n. 1447 del 23 maggio 2022, mediante la quale la Città Metropolitana di (Omissis) ha stabilito che la variante per cui è causa non dovesse essere sottoposta a Valutazione ambientale strategica (VAS), in quanto tale determinazione si sarebbe risolta in una mera presa d'atto della relazione del Comune di (Omissis) e dei pareri i pareri richiesti ad A.R.P.A.S. e A.T.S. senza alcun vaglio critico del loro contenuto e senza alcuna considerazione in merito alle valutazioni in essi espresse.

1.3. - Con il terzo motivo di ricorso, hanno dedotto una violazione di legge, in quanto contrariamente a quanto prescritto dal Codice della strada e dal relativo Regolamento di attuazione, le nuove costruzioni saranno localizzate a ridosso dell'Asse mediano senza il rispetto delle distanze minime dall'infrastruttura stradale.

1.4. - Con il quarto motivo, hanno dedotto una carenza di istruttoria in quanto il Comune di (Omissis) non avrebbe valutato e risolto la problematica afferente agli accessi ed alla viabilità del futuro ecocentro.

1.5 - Con il quinto motivo, hanno dedotto un difetto di istruttoria in quanto il procedimento sfociato nelle deliberazioni consiliari impugnate, malgrado l'evidente complessità dell'intervento da realizzare, sarebbe caratterizzato da un'istruttoria sostanzialmente lacunosa e, comunque, del tutto insufficiente, non risultando acquisito un quadro esaustivo e completo dell'impatto dell'intervento sul territorio.

In particolare non si sarebbe adeguatamente considerato che l'area su cui dovrebbe sorgere l'ecocentro è adiacente ad aree ritenute, nello studio di assetto idrogeologico del vigente PUC e, precisamente, nel relativo Elaborato CI.15 "Carta delle aree a rischio idraulico" aggiornato al marzo 2021, a rischio idraulico molto elevato (R4) ed elevato (R3).

1.6 - Con il sesto motivo, hanno dedotto una carenza di istruttoria e motivazione, in quanto difformemente da quanto previsto dal Decreto del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio 8 aprile 2008 non sarebbe stato redatto alcun "piano di ripristino". Inoltre lo studio sui prevedibili effetti della realizzazione dell'intervento sarebbe elusivo in relazione alle componenti ambientali e con riferimento alla salute dei cittadini. Ancora, in un contesto di incertezza scientifica sulle conseguenze per la salute dei cittadini della realizzazione dell'ecocentro, il principio di precauzione avrebbe dovuto imporre al Comune di (Omissis) una valutazione maggiormente motivata che, anche sulla base delle migliori tecniche ed evidenze scientifiche, fosse in grado di garantire la mancata incidenza dell'intervento sulla salute o, quantomeno, che all'interno di una ponderata analisi di costi e benefici, statuisse specificamente sull'interesse primario da tutelare. Infine, sarebbe stata omessa ogni valutazione in merito all'impatto acustico dell'ecocentro.

2. - Con la sentenza impugnata, il T.a.r. ha respinto il primo motivo di ricorso, ritenendo: a) che "l'intervento in questione è un'opera pubblica senz'altro riconducibile, in ragione della sua natura e della sua funzione - e senza necessità, come si ricava dal dato letterale della disposizione che reca la "o" disgiuntiva, di una specifica previsione di legge - a quelle realizzabili anche nelle more dell'adeguamento dello strumento urbanistico comunale al PPR" (punto 19 della sentenza); b) che "la destinazione urbanistica dell'area è senz'altro compatibile con la realizzazione di un Ecocentro, in quanto per le zone S2 le NTA del PUC di (Omissis) (art. 33) prevedono che esse siano destinate ad attrezzature di interesse comune" (punto 21 della sentenza); c) che "una volta che l'amministrazione abbia optato per la scelta - di politica ambientale e territoriale - di organizzare la raccolta mediante lo strumento del centro di raccolta differenziata e abbia deciso - esercitando i suoi poteri di governo del territorio comunale - di ubicarlo all'interno di un'area - di sua proprietà - comunque ricadente all'interno di una zona destinata genericamente a servizi, non può in alcun modo rilevare, ai fini della legittimità del provvedimento, il fatto che la specifica destinazione della sotto-zona in cui si è deciso di localizzare il centro di raccolta prevedesse la realizzazione di attrezzature sportive" (punto 24 della sentenza) sicché "non si vede in cosa possa essere censurata in termini di illegittimità la condotta amministrativa tenuta dal Comune che ha ritenuto maggiormente rispondente al pubblico interesse la realizzazione dell'Ecocentro piuttosto che di un sito sportivo" (punto 26 della sentenza).

2.1. - Inoltre, ha respinto anche il secondo motivo di ricorso, ritenendo la delibera adeguatamente motivata e sussistendo i presupposti di una variante non sostanziale, avuto riguardo all'insussistenza di un incremento della previsione insediativa (punti 37-39 della sentenza) e di un mutamento nella classificazione di zona (punto 40 della sentenza); inoltre, ha escluso un difetto di motivazione della determinazione dirigenziale n. 1447 del 23 maggio 2022 con la quale è stato stabilito di non dover sottoporre a VAS la variante in questione (punti 47-58 della sentenza).

2.2. - Ha respinto anche il terzo motivo relativo alla violazione della fascia di inedificabilità, in quanto ciò "che, dalle tavole in atti, appare ricadere nella fascia dei 20 metri, e dunque nell'area di inedificabilità e alle quali si riferisce la deroga, sono opere minimali di servizio destinate per lo più allo smistamento dei materiali (tettoie di protezione) e al passaggio dei mezzi (rampe) che, ad avviso del Collegio, anche tenuto conto dello stato di fatto dei luoghi e della circostanza che - come detto - l'asse viario nel tratto confinante con l'area in questione è interamente sopraelevato, non ricadono nella preclusione assoluta di edificazione nella fascia di rispetto (nuove costruzioni, demolizioni integrali e ricostruzioni o ampliamenti) sancita dal Codice della strada" (punto 44 della sentenza).

2.3. - Ha rigettato il quarto motivo di ricorso "tenuto anche conto che proprio la questione degli accessi e della viabilità aveva portato all'accoglimento della seconda osservazione presentata in sede procedimentale" (punto 46 della sentenza).

2.4. - Infine, ha respinto il quinto e sesto motivo, con i quali si censura che l'ecocentro sarebbe adiacente ad aree ritenute a rischio idraulico e che la mancata adozione del procedimento ordinario avrebbe impedito di effettuare le dovute verifiche di conformità della variante rispetto agli ulteriori strumenti di pianificazione e/o di regolamentazione dell'impatto acustico, paesaggistico, ambientale, commerciale, etc., nonché in relazione alle politiche comunitarie sulla tutela dell'ambiente e della salute pubblica (punti 59-61 della sentenza).

In particolare, il T.a.r. ha ritenuto, da un lato, che "l'area su cui andrà a sorgere l'opera ricade in un ambito a rischio idraulico assente" (punto 62 della sentenza), dall'altro, ha escluso il difetto di istruttoria in relazione all'impatto acustico (punto 63, 80-82 della sentenza), alla qualità dell'aria (punto 66 della sentenza), al paesaggio (punto 67 della sentenza) e al suolo (punto 68 della sentenza), oltre alle emissioni odorigene (punti 70-73 della sentenza) e al pericolo di inalazioni di polveri (punti 74-76 della sentenza).

3. - Con atto di appello, i ricorrenti hanno impugnato la sentenza riproponendo in chiave critica i motivi di primo grado.

4. - Con apposita memoria, si è costituita l'amministrazione resistente, la quale ha chiesto il rigetto del ricorso.

5. - All'udienza pubblica del 25 luglio 2024, la causa è stata trattenuta per la decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. - L'appello è fondato nei limiti di seguito indicati.

2. - Con un primo motivo di appello (pag. 9-17), hanno dedotto che, pur ammettendo che la variante in questione rientri tra le ipotesi di deroga al divieto generale di adozione delle varianti nelle more dell'adeguamento del PUC al PPR, sarebbe comunque errata la qualifica della variante come "non sostanziale", almeno sotto il profilo del difetto di motivazione, in quanto un'ampia porzione dell'area interessata dall'ecocentro ricadrebbe nella fascia di rispetto stradale per cui si tratterebbe di una variante sostanziale ai sensi dell'art. 20, comma 23, della L.R. n. 45 del 1989, avuto anche riguardo all'incremento della previsione insediativa (lett. b) e alla modifica della qualificazione degli ambiti territoriali individuati (lett. c), con conseguente applicabilità del procedimento ordinario di approvazione.

Il motivo è fondato.

2.1. - Invero, la L.R. della Sardegna del 22 dicembre 1989, n. 45 (Norme per l'uso e la tutela del territorio regionale), al suo art. 20 (Procedura di approvazione del piano urbanistico comunale o intercomunale) dispone che "Le modifiche degli elaborati e delle norme di attuazione costituiscono varianti al piano urbanistico" (comma 22) elencando altresì i requisiti in base ai quali può definirsi una variante come sostanziale (comma 23) e i casi in cui le modifiche non costituiscono varianti di piano (comma 25), con la precisazione secondo cui "I casi diversi da quelli elencati nei commi 23 e 25 sono varianti non sostanziali" (comma 26).

Dall'esame del suddetto art. 20, emerge dunque che le modifiche al piano urbanistico si distinguono in tre fattispecie rappresentate da: a) varianti sostanziali (comma 23); b) varianti non sostanziali (comma 26), quale categoria residuale; c) mere modifiche non costituenti varianti (comma 25).

Da tale tripartizione consegue l'applicabilità di una distinta disciplina, in quanto solo per le varianti (sostanziali e non sostanziali) è necessaria la sottoposizione delle stesse "a preventiva verifica di assoggettabilità alla VAS presso l'autorità competente" (comma 24), non essendo ciò necessario per le mere modifiche non costituenti varianti (comma 25).

Inoltre, la natura sostanziale o non sostanziale della variante comporta l'applicabilità di un distinto procedimento: mentre le varianti sostanziali sono adottate e approvate "con il procedimento ordinario previsto dai commi dall'1 al 20, per quanto compatibili" (comma 27), le varianti non sostanziali "sono adottate con deliberazione del consiglio comunale nella quale sono puntualmente indicate le condizioni che determinano la classificazione della variante come non sostanziale" (comma 28), secondo un modulo procedimentale semplificato (cfr. anche commi 29-33), salvo il caso in cui la variante non sostanziale debba essere sottoposta a VAS, nel qual caso "si applica il procedimento ordinario previsto dai commi dall'1 al 20, per quanto compatibili" (comma 34).

Infine, il successivo art. 20-bis (Adeguamento degli strumenti di pianificazione al Piano paesaggistico regionale) della medesima legge stabilisce un generale divieto di adozione e approvazione di qualsiasi variante fino all'adeguamento dello strumento urbanistico comunale al Piano paesaggistico regionale (comma 2), ad eccezione di una serie di ipotesi, tra cui, per quanto qui interessa, quella relativa ad atti di pianificazione "connessi alla realizzazione di opere pubbliche o dichiarate di pubblica utilità da disposizioni normative statali" (comma 2, lett. b).

2.2. - Orbene, le questioni poste dalla parte appellante con il primo motivo di appello attengono, da un lato, alla sussistenza o meno dei presupposti per l'adozione della variante in deroga al divieto generale posto dall'art. 20-bis, L. n. 45 del 1989 e, dall'altro, lato, alla qualificazione giuridica della stessa in termini di variante sostanziale o non sostanziale ai sensi dell'art. 20, L. n. 45 del 1989, con le relative conseguenze in ordine all'applicabilità del procedimento ordinario.

2.2.1. - Con riferimento alla prima questione, deve ritenersi pacifico, perché non contestato tra le parti, che lo strumento urbanistico generale del Comune di (Omissis) all'epoca dei fatti non si era ancora adeguato alle previsioni del Piano paesaggistico regionale (PPR), con conseguente operatività del divieto generale di adozione ed approvazione di "qualsiasi variante" ai sensi dell'art. 20-bis, L. n. 45 del 1989.

Ciò che è controverso tra le parti, riguarda piuttosto la sussistenza delle condizioni in presenza delle quali la legge consente comunque l'adozione di una variante nelle more del suddetto adeguamento, con particolare riferimento alla qualificazione dell'ecocentro in questione nella categoria delle "opere pubbliche o dichiarate di pubblica utilità da disposizioni normative statali" (art. 20-bis, comma 2, lett. b), L. n. 45 del 1989).

Sul punto, la sentenza impugnata ha statuito che "l'intervento in questione è un'opera pubblica senz'altro riconducibile, in ragione della sua natura e della sua funzione - e senza necessità, come si ricava dal dato letterale della disposizione che reca la "o" disgiuntiva, di una specifica previsione di legge - a quelle realizzabili anche nelle more dell'adeguamento dello strumento urbanistico comunale al PPR" (punto 19 della sentenza).

Tale capo di sentenza, tuttavia, è stato censurato solo genericamente da parte dell'appellante, la quale si è limitata ad evidenziare la necessità di una disposizione normativa statale, senza contestare in maniera specifica la qualificazione fatta dal primo giudice in termini di "opera pubblica" in ragione della sua natura e della sua funzione (cfr. pag. 10 dell'appello: "l'ecocentro non è fra queste, non essendo prevista la sua realizzazione da alcuna disposizione statale").

Tale assunto, oltre ad essere inammissibile per la sua genericità, è comunque infondato, dovendo ritenersi corretta l'esegesi operata dal primo giudice nel senso che il riferimento contenuto nella legge regionale circa la necessaria previsione da parte di "disposizioni normative statali" (art. 20-bis, comma 2, lett. b), L. n. 45 del 1989) deve essere riferito solo alle opere "dichiarate di pubblica utilità" e non anche alle "opere pubbliche", alla luce della tradizionale distinzione tra le due categorie secondo cui solo per le "opere di pubblica utilità", che possono essere anche di proprietà privata (cfr. art. 36, D.P.R. n. 327 del 2001, in tema di "opere private di pubblica utilità"), sarebbe necessaria una formale dichiarazione da parte della legge (cfr. ad es., l'art. 12, comma 1, D.Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, che considera "di pubblica utilità" le opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili).

2.2.2. - Con riguardo alla seconda questione, invece, il motivo deve ritenersi fondato nella parte in cui contesta la qualifica di variante non sostanziale operata dall'amministrazione e condivisa dal T.a.r.

Invero, secondo la citata L.R. 22 dicembre 1989, n. 45 "Sono varianti sostanziali al PUC quelle che:

a) interessano l'intero territorio o modificano l'impianto complessivo del piano;

b) incrementano la previsione insediativa;

c) modificano la qualificazione degli ambiti territoriali individuati;

d) adeguano o conformano il piano al PPR o modificano le norme di tutela e salvaguardia afferenti ai beni paesaggistici" (art. 20, comma 23).

Inoltre, secondo delibera di Giunta regionale n. 5/48 del 29 gennaio 2019 (doc. 43 del fascicolo di primo grado), le varianti che "incrementano la previsione insediativa" (art. 20, comma 23, lett. b) "sono le modifiche, anche solo normative, che possono aumentare il carico insediativo" inteso come "l'effetto prodotto dagli insediamenti antropici sul territorio, in dipendenza del numero di persone o attività nello stesso insediate", per cui sono ritenute "varianti sostanziali le modifiche che incrementano le previsioni insediative di tipo residenziale, produttivo, per servizi e turistico ricettivo" (delib. G.C. n. 5/48 del 29 gennaio 2019, punto 3, pag. 13).

Inoltre, le varianti che "modificano la qualificazione degli ambiti territoriali individuati" (art. 20, comma 23, lett. c) "sono le modifiche che incidono sulle destinazioni di zona del Piano e sulla relativa disciplina normativa" (delib. G.C. n. 5/48 del 29 gennaio 2019, punto 3, pag. 13).

Nel caso di specie, deve ritenersi che la variante in questione comporti senz'altro un aumento del carico insediativo in ragione dell'insediamento di un ecocentro per il servizio di raccolta di rifiuti in un'area precedentemente ritenuta inedificabile. A tal riguardo, deve ritenersi irrilevante la considerazione svolta dal primo giudice secondo cui non vi sarebbe un incremento della previsione insediativa "già rientrando la realizzazione dell'ecocentro in contestazione nell'originaria destinazione dell'area" (punto 37 della sentenza), in quanto l'aumento del carico insediativo non dipende dalla compatibilità o meno dell'opera con la originaria destinazione urbanistica dell'area, quanto piuttosto dal possibile aumento degli effetti prodotti dagli insediamenti antropici sul territorio "in dipendenza del numero di persone o attività nello stesso insediate" (delib. G.C. n. 5/48 del 29 gennaio 2019, punto 3, pag. 13), con la conseguente irrilevanza anche delle considerazioni in ordine alla esatta "previsione quantitativa del traffico di mezzi pesanti diretti all'ecocentro" (punti 38 e 39 della sentenza), non essendo prevista alcuna soglia al di sotto della quale l'aumento del carico insediativo possa ritenersi irrilevante.

Allo stesso tempo, tale variante incide anche sulle destinazioni di zona del piano e sulla relativa disciplina normativa, in quanto è pacifico tra le parti sia che una parte dell'opera in questione ricade nella fascia di rispetto stradale di inedificabilità assoluta e sia che la specifica destinazione della sotto-zona in cui si è deciso di localizzare il centro di raccolta prevedeva la realizzazione di attrezzature sportive (cfr. punto 24 della sentenza).

Per cui, se da un lato, è vero che il Comune nell'esercizio del suo potere discrezionale di pianificazione territoriale ben può ritenere maggiormente rispondente all'interesse pubblico la realizzazione di un centro di raccolta rifiuti piuttosto che di un centro sportivo (così il punto 26 della sentenza), tuttavia, tale diversa destinazione doveva seguire la procedura ordinaria, trattandosi di variante sostanziale, e non già quella semplificata, non essendo qui in contestazione l'opera pubblica in sé considerata (an), quanto le modalità (quomodo) della sua realizzazione.

Pertanto, la modifica al piano urbanistico oggetto del presente giudizio deve essere correttamente qualificata come "variante sostanziale" (art. 20, comma 23, lett. b) e c), L. n. 45 del 1989), con conseguente necessità di applicare il procedimento ordinario e non già quello semplificato.

3. - Con il secondo motivo di appello (pag. 17-20) hanno ribadito il difetto di motivazione sul mancato assoggettamento a VAS della variante, anche avuto riguardo alle criticità sollevate da ARPAS (parere prot. n. (...) dell'11 marzo 2022) e da ATS (parere prot. n. (...) del 18 marzo 2022). Inoltre, hanno riproposto la censura non esaminata in primo grado relativa alla mancata pubblicazione sul sito istituzionale dell'ente della relazione istruttoria e dei pareri espressi nell'ambito del procedimento di valutazione di assoggettabilità a VAS, ai sensi dell'art. 12, comma 5, D.Lgs. n. 152 del 2006 (pag. 20-21).

Il motivo è fondato.

3.1. - Come è noto, il D.Lgs. 3 aprile 2006 (c.d. Codice dell'ambiente), in tema di procedura di verifica di assoggettabilità a VAS (art. 12) prevede che se l'autorità competente decide di non assoggettare il piano o il programma al procedimento di VAS, tale autorità "specifica i motivi principali di tale decisione in relazione ai criteri pertinenti elencati nell'allegato I" della Parte II del medesimo codice, "tenendo conto delle eventuali osservazioni dei soggetti competenti in materia ambientale" nonché "specifica le eventuali raccomandazioni per evitare o prevenire effetti significativi e negativi sull'ambiente" (comma 3-bis).

3.2. - Nel caso di specie, deve innanzitutto ribadirsi che la necessità della sottoposizione delle varianti (sostanziali e non sostanziali) alla procedura di verifica di assoggettabilità a VAS discende direttamente dalla L. n. 45 del 1989 (cfr. art. 20, comma 24, cit.).

Ciò posto, contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, dalla lettura del provvedimento impugnato (Det. n. 1447 del 23 maggio 2022) non emerge alcuna specificazione avente ad oggetto i motivi principali di tale decisione, in quanto tale provvedimento si è limitato a richiamare l'allegata relazione istruttoria conclusiva quale "parte integrante e sostanziale" senza alcuna motivazione specifica in ordine alle raccomandazioni relative alle misure di mitigazione, nonché a dare atto di aver "visto" i pareri rilasciati dagli enti competenti in materia ambientale (ARPAS e ATS) senza tuttavia tener conto delle osservazioni svolte da tali soggetti.

Ne consegue, quindi, un difetto di motivazione del provvedimento impugnato non essendo sufficientemente indicati i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione, in relazione alle risultanze dell'istruttoria (art. 3, L. n. 241 del 1990), anche in considerazione della sussistenza di un onere motivazionale rafforzato nella materia ambientale (art. 12, comma 3-bis, cod. amb.).

3.3. - Ad ogni modo, deve ribadirsi che il risultato della verifica di assoggettamento, comprese le motivazioni, deve essere "pubblicato integralmente nel sito web dell'autorità competente" (art. 12, comma 5, cod. amb.).

4. - Con il terzo motivo di appello (pag. 21-24), hanno dedotto l'erroneità della sentenza nella parte in cui ha escluso la violazione del vincolo di inedificabilità, mediante la creazione, in via pretoria, di una eccezione a tale regola, consistente nel carattere "minimale" delle opere ricadenti nella fascia di rispetto stradale (20 metri), nonché nella loro ubicazione su di un piano sfalsato rispetto a quello stradale; in ogni caso, entrambi i presupposti difetterebbero, in quanto si tratta di una rampa in muratura alta 2 m., larga 6 m. e lunga 100 m., ossia una vera e propria nuova costruzione, non essendo sfalsata rispetto alla strada in quanto rialzata.

Il motivo è fondato.

Premesso che nella specie è pacifico che l'estensione della fascia di rispetto stradale è pari a 20 metri (cfr. art. 18, D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 e art. 28 D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495), la sentenza impugnata ha escluso tale violazione ritenendo che ciò che ricade nella suddetta fascia di inedificabilità assoluta "sono opere minimali di servizio destinate per lo più allo smistamento dei materiali (tettoie di protezione) e al passaggio dei mezzi (rampe) che, ad avviso del Collegio, anche tenuto conto dello stato di fatto dei luoghi e della circostanza che - come detto - l'asse viario nel tratto confinante con l'area in questione è interamente sopraelevato, non ricadono nella preclusione assoluta di edificazione nella fascia di rispetto (nuove costruzioni, demolizioni integrali e ricostruzioni o ampliamenti) sancita dal Codice della strada" (punto 44 della sentenza).

Secondo il primo giudice, quindi, gli elementi idonei ad escludere la suddetta violazione sarebbero costituiti da: a) il carattere minimale delle opere (tettoie di protezione e rampe); b) la loro destinazione ad esigenze di servizio (smistamento dei materiali e passaggio di mezzi); c) la sopraelevazione dell'asse viario rispetto all'area in questione.

Tale assunto è infondato, in quanto non trova alcun fondamento normativo, non sussistendo una ipotesi derogatoria connessa al carattere delle opere, alla loro destinazione o alla sopraelevazione dell'asse viario.

5. - Con il quarto motivo di appello (pag. 24-26), hanno censurato la sentenza nella parte in cui ha escluso la violazione delle Linee Guida adottate dall'Assessorato Regionale alla Difesa dell'Ambiente prot. n. (...) del 27 luglio 2009 nonché del Decreto del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio 8 aprile 2008, in quanto la problematica afferente agli accessi e alla viabilità dell'ecocentro sarebbe stata affrontata in sede di osservazioni alla variante adottata, portando all'accoglimento della seconda osservazione presentata, ribadendo il difetto di adeguato approfondimento istruttorio.

Il motivo è infondato.

5.1. - Sul punto deve essere innanzitutto confermata la sentenza impugnata nella parte in cui ha rigettato il quarto motivo di ricorso "tenuto anche conto che proprio la questione degli accessi e della viabilità aveva portato all'accoglimento della seconda osservazione presentata in sede procedimentale" (punto 46 della sentenza), in quanto non oggetto di specifica censura da parte dell'appellante.

Invero, quest'ultima si è limitata ad allegare che l'accoglimento della suddetta osservazione non impedirà comunque all'ecocentro di "apportare un notevole impatto sul traffico della zona, già significativamente congestionato attesa l'alta densità abitativa, nonché sulla qualità dell'aria" (pag. 26 dell'appello).

5.2. - A ben vedere, si tratta di una censura che, oltre ad essere generica, finisce per voler sindacare un aspetto riservato alla discrezionalità amministrativa, insindacabile in sede giurisdizionale, salvi i limiti della manifesta irragionevolezza o illogicità, nella specie non superati.

5.3. - Allo stesso modo, deve ritenersi generica anche l'ulteriore censura contenuta nel medesimo motivo, secondo cui oggetto di contestazione sarebbero anche "le prevedibili ripercussioni (in termini di odori, rumori, traffico, sporcizia, maggior afflusso di volatili e ratti e, più in generale, di inquinamento ambientale) che l'impianto produrrà sul contesto circostante" in quanto il Comune avrebbe "disatteso la regola generale (anche di buon senso) di evitare la realizzazione di ecocentri all'interno di comparti densamente abitati" (pag. 25 dell'appello).

A ben vedere, inoltre, con tale censura la parte ha inteso contestare la stessa scelta amministrativa relativa alla ubicazione dell'ecocentro, in quanto le suddette doglianze risultano essere tutte finalizzate a censurare la collocazione della struttura all'interno di un centro abitato; anche in questo caso, però, si tratta di una scelta riservata alla discrezionalità dell'amministrazione che, se ragionevole, non può essere sindacata dal giudice sostituendo una valutazione opinabile con un'altra altrettanto opinabile.

6. - Infine, il quinto motivo di appello (pag. 26-28), deve ritenersi ripetitivo delle censure già esaminate con riguardo al primo motivo a cui si rinvia, mentre il sesto ed ultimo motivo di appello (pag. 28-34), deve ritenersi logicamente assorbito alla luce dell'accoglimento dei primi tre motivi di appello, con la conseguente necessità di adottare il procedimento ordinario.

7. - In conclusione, quindi, l'appello deve essere accolto nei limiti di cui in motivazione e, in riforma della sentenza impugnata, va accolto il ricorso di primo grado e, per l'effetto, deve disporsi l'annullamento del provvedimento impugnato. L'amministrazione potrà, pertanto, sussistendone i presupposti, riesercitare il potere ma nel rispetto dei vincoli conformativi derivanti dalla presente decisione.

8. - Le spese di lite devono essere compensate in ragione della situazione di oggettiva incertezza in materia, idonea a configurare una delle "altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni" rispetto a quelle tipizzate dall'art. 92 c.p.c., che consentono la compensazione integrale delle spese di lite (cfr. C. Cost. n. 77 del 2018).

P.Q.M.

Il

Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado e annulla il provvedimento impugnato.

Compensa le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 luglio 2024 con l'intervento dei magistrati:

Vincenzo Lopilato, Presidente FF

Francesco Gambato Spisani, Consigliere

Silvia Martino, Consigliere

Giuseppe Rotondo, Consigliere

Rosario Carrano, Consigliere, Estensore.

 

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