Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio
Cassazione Penale, Sezione quarta, sentenza n. 45827 del 13 dicembre 2024
Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 45827 del 13/12/2024
Circolazione Stradale - Art. 143 del Codice della Strada - Posizione dei veicoli sulla carreggiata - Corretta circolazione dei veicoli in carreggiata - Finalità della norma - L'obbligo di circolare sulla parte destra della carreggiata e in prossimità del margine destro della medesima, anche quando la strada è libera, imposto dalla norma contenuta nel C.d.S., ha la finalità di garantire un'andatura corretta e regolare nell'ambito della propria corsia di marcia per la tutela del veicolo procedente e degli altri che la percorrono, e non di evitare il rischio dell'improvvisa occupazione della corsia da parte di un veicolo proveniente dalla direzione opposta.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa dal Tribunale di (Omissis) in composizione monocratica il 17 gennaio 2023, (Soggetto 1) veniva condannato, concessegli le circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulla contestata aggravante - alla pena condizionalmente sospesa di mesi quattro di reclusione in quanto riconosciuto colpevole del reato p. e p. dagli artt. 589, commi 1 e 2, 41 comma 1, cod. pen. poiché, percorrendo alla guida dell'autovettura (veicolo 1) targata (Omissis) la S.S. (Omissis) con direzione (Omissis), giunto in prossimità del Km. 102,700, per colpa, consistita nell'imprudenza e nella negligenza di procedere con il veicolo a cavallo della linea continua che separa le due semicarreggiate e di aver tenuto una velocità non commisurata (pari a circa 96 Km/h) rispetto al tratto di strada percorso ed alle condizioni di tempo e di meteo del momento (curva su tratto di strada privo di illuminazione artificiale, ora notturna e asfalto reso viscido dalla pioggia), non evitando che il mezzo impattasse con la moto (veicolo 2) 750 targata (Omissis), che proveniva dall'opposto senso di marcia condotta da (Soggetto 2), il quale - dal canto suo - si era posto alla guida in stato di ebbrezza alcolica (con un tasso alcolemico accertato pari ad 1,767 g/l) e procedeva anche egli a velocità non commisurata (a circa 80 Km/h) rispetto alle citate condizioni, cagionava - in concausa con la condotta della vittima - la morte di (Soggetto 2), quale conseguenza immediata ed inevitabile del politrauma da questi riportato nell'incidente. In (Omissis) (ME) il (Omissis).
All'imputato veniva, altresì, applicata la sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida per la durata della pena.
L'imputato ed il responsabile civile V. Assicurazioni Spa venivano condannati, in solido, al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede, in favore di tutte le costituite parti civili ((Soggetto 6), (Soggetto 8), (Soggetto 9) e (Soggetto 7)).
La Corte di Appello di Messina, all'esito del gravame proposto dall'imputato e dal responsabile civile, con la sentenza in epigrafe, in riforma della sentenza di primo grado, pronunciava sentenza di assoluzione dell'imputato perché il fatto non sussiste, revocando le statuizioni civili e la sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida e disponendo il dissequestro dei mezzi coinvolti nel sinistro e la loro restituzione agli aventi diritto.
2. Avverso tale provvedimento hanno proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del proprio difensore di fiducia, le parti civili (Soggetto 6), (Soggetto 7), (Soggetto 8), (Soggetto 9), (Soggetto 10) e (Soggetto 11), deducendo, quale unico motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen. l'inosservanza degli artt. 141, 142 e 143 cod. strada e 589 commi 1 e 2 e 41, comma 1, cod. pen. e la manifesta illogicità della motivazione.
Dato conto dell'editto accusatorio, il difensore ricorrente ricorda che la Corte territoriale, alle pagine 2 e 3 della sentenza ha ripercorso (ancorché sinteticamente), le argomentazioni sulla scorta delle quali il Tribunale di (Omissis) aveva ritenuto di affermare la responsabilità penale dell'imputato (Soggetto 1), nell'evidente, quanto necessaria, prospettiva di confutarle.
Segnatamente, la Corte territoriale ha dato conto del fatto che nella sentenza di primo grado si specificava che: a) "secondo la ricostruzione del sinistro effettuata nell'immediatezza dei fatti dai carabinieri (...), l'urto si concretizzava nella corsia di pertinenza dell'autovettura e a seguito della collisione, l'autovettura impegnava la corsia opposta, finendo la sua corsa contro il muro di contenimento e trascinando con sé il moto veicolo, mentre la giovane vittima catapultata a circa 20 metri dal punto d'urto" (pagg. 2 e 3, della sentenza impugnata); b) "...secondo la ricostruzione offerta dall'ingegnere (Soggetto 5), la moto, condotta dal (Soggetto 2), procedeva con direzione (Omissis) ad una velocità stimabile intorno ai circa 80 Km/h, mentre l'autovettura, condotta dall'(Soggetto 1) procedeva in direzione opposta a quella del predetto mezzo, alla velocità di circa 96 km/h, a cavallo della linea continua che separa le due semicarreggiate..." (pag. 3, della sentenza impugnata); c) "...giunti in prossimità del km (Omissis) i due veicoli si avvistavano e, da un lato, il conducente dell'autovettura rallentava e tentava di recuperare il margine destro della propria semicarreggiata e, dall'altro, il (Soggetto 2) inclinava la moto sulla fiancata destra, per allontanarsi dal centro della strada. Tuttavia, il predetto, nel tentativo di evitare l'impatto con l'autovettura, che procedeva in prossimità della linea di mezzeria, verosimilmente anche a causa delle sue condizioni psicofisiche alterate dall'assunzione di sostanze alcoliche, perdeva il controllo del mezzo che, quindi, scivolando completamente sul suo fianco destro, invadeva la corsia opposta ed impattava contro l'autovettura..." (pag. 3); d) "...che a seguito dell'impatto la moto acquisiva energia rotazionale e centrifugava il (Soggetto 2) che finiva contro il muro di contenimento, dopo avere sfiorato la fiancata, dell'autovettura strappandone lo specchietto retrovisore esterno di sinistra...".
Non dopo avere dato conto di tali argomentazioni, la Corte territoriale specificava come il primo giudice avesse ritenuto che: e) "...le condizioni dei luoghi (ora notturna, illuminazione artificiale assente, asfalto viscido a causa della pioggia e la curva su strada a due corsie con due opposti sensi di marcia) avrebbero dovuto indurre l'(Soggetto 1) ad adeguare la velocità e a collocarsi nella parte destra della carreggiata per evitare il rischio di contatti con veicoli provenienti dalla direzione opposta..."; f) "...se l'imputato avesse adeguato la propria velocità impegnando la parte destra della corsia - e non procedendo, invece, in prossimità della linea di mezzeria ed ad una velocità di circa 96 Km/h - il sinistro sarebbe stato, con elevata improbabilità, evitato, posto che (Soggetto 2) ha perso il controllo del proprio mezzo, finendo nella corsia opposta proprio nel tentativo di evitare l'impatto con l'autovettura...; g) "...che la perdita di controllo del mezzo da parte del (Soggetto 2) fosse in parte ascrivibile anche alle sue condizioni psicofisiche alterate dall'assunzione di sostanze alcoliche, ma che, in ogni caso, tale elemento non fosse idoneo ad escludere il nesso di causalità tra le violazioni addebitabili all'(Soggetto 1) e la causazione dell'evento, trattandosi di un fattore causale non abnorme e del tutto prevedibile...".
Ciò posto, la Corte territoriale, nel dare atto delle doglianze proposte dalle difese dell'imputato e del responsabile civile, ha chiarito di avere riscontrato la necessità, al fine di decidere, di dare incarico di perizia all'Ing. (Soggetto 3), con espresso riferimento a due "questioni critiche", relative alla ricostruzione della dinamica del sinistro, oggetto delle diverse consulenze in atti, ed afferenti (pag. 8 della sentenza impugnata): a) alla individuazione del punto d'urto tra l'autovettura dell'(Soggetto 1) e il motoveicolo del (Soggetto 2); b) alla posizione del motoveicolo al momento dell'urto; c) alla velocità tenuta dai due conducenti.
Tale approfondimento si è reso necessario - veniva chiarito - avuto riguardo alla circostanza che, differentemente da quanto sostenuto dal consulente del pubblico ministero (Ing. (Soggetto 5)) e da quello della parte civile (Ing. (Soggetto 4)), il quale ultimo aveva individuato una traccia di frenata al suolo cinque giorni dopo il sinistro, i consulenti della difesa dell'imputato e del responsabile civile avevano escluso la riferibilità della stessa al sinistro. Circostanza rilevante, ai fini della determinazione del punto d'urto tra i veicoli.
Con espresso riguardo a tale emergenza l'Ing. (Soggetto 3) ha confermato la riferibilità della traccia di frenata al sinistro e, segnatamente, all'autoveicolo condotto dall'(Soggetto 1), conformemente a quanto rilevato dai consulenti del PM e della parte civile. Ha evidenziato, comunque, che la stessa fosse stata rilasciata con la ruota anteriore sinistra; riconoscendo a tale circostanza rilevanza scriminante con riferimento ai profili di responsabilità dell'(Soggetto 1)
Ricorda ancora il difensore ricorrente come a pag. 9 della sentenza impugnata la Corte territoriale continua il proprio percorso giustificativo della decisione individuando l'altro "punto controverso" della dinamica del sinistro, ovvero la posizione del motoveicolo al momento dell'urto, ossia, se questo si trovasse in marcia, e, quindi, in verticale o, se, invece, si trovasse in posizione di scivolamento sul lato destro. Conclude la sentenza precisando (pag. 9) che Ing. (Soggetto 3) ha ritenuto "... concordemente con il consulente della Procura e con quello della parte civile ... che fosse ragionevole ritenere che il mezzo condotto dal (Soggetto 2), posse in posizione di inizio scivolata, inclinato sul fianco destro, anche se non ancora steso completamente al suolo...". Circostanza ricavabile dai danni riportati dai mezzi (pag. 9).
In ultimo, si legge in sentenza, che "...quanto alla velocità dei mezzi coinvolti, convincenti appaiono le conclusioni del consulente (Soggetto 3), secondo cui la velocità de/la vettura era compresa tra 85 e 90 Km/h, mentre quella della moto tra 40 e 45 Km/h.... Conclusioni, anch'esse in linea, con quelle del consulente della parte civile" (pag. 9).
Da un siffatto incedere argomentativo, così come testualmente ricavabile dalla sentenza impugnata, secondo le pp.cc. ricorrenti discende una totale sovrapponibilità ed identità delle risultanze oggettive, all'esito della rinnovazione istruttoria in appello, rispetto alle conclusioni elaborate dai consulenti del p.m. e della parte civile, che sono state poste a fondamento della sentenza del Tribunale di (Omissis), riformata in appello.
Rebus sic stantibus, la Corte territoriale ha ritenuto (pag. 9) che "...il dato tranciante - e, quindi, idoneo ad escludere qualsivoglia profilo di responsabilità nella condotta di (Soggetto 1) - è rappresentato dal fatto che risulta certo, sulla base della traccia di frenata rilasciata dalla sua autovettura e delle considerazioni prima svolte relativamente al punto d'urto, che questi, nella fase pre-urto, si trovasse nella propria semicarreggiata di percorrenza e che l'urto si sia verificato nella corsia di pertinenza di quest'ultimo... ".
Ciò ha sostenuto la Corte territoriale, con incedere secondo il difensore ricorrente manifestamente illogico, nella parte in cui ha asserito che "pur non essendo possibile determinare con certezza quale sia la causa che ha determinato la perdita di controllo del mezzo da parte del (Soggetto 2) e la conseguente invasione della corsia opposta... ciò che è assolutamente certo è che questa non sia riconducibile ad una sensazione di pericolo determinata dal fatto che l'(Soggetto 1) non fosse nella propria corsia...".
Tale motivazione, per le pp.cc. ricorrenti assume i criteri dell'arbitrarietà.
Si censurano, in particolare la parte in cui, pur dando conto (secondo le risultanze dell'elaborato peritale dell'ingegner (Soggetto 3)) che l'autovettura transitava a velocità ricompresa tra gli 86 km/h ed i 90 km/h (velocità limite per il tratto di strada, per come accertato in sentenza), al momento dell'impatto, con la quinta marcia innestata non ha tenuto conto che si doveva, per l'effetto, ritenere superiore (secondo l'id quod plerumgue accidit) la velocità al momento dell'avvistamento tra i veicoli (antecedente rispetto all'impatto e, quindi, per logica, al momento del rilascio della traccia di frenata lunga ben sei metri, come ricavabile dai rilievi delle forze dell'ordine e dalle argomentazioni riportate alla pagina 09 della sentenza di primo grado, anche in relazione alle condizioni di tempo e di luogo accertate oggettivamente). E che, conseguentemente, l'imputato aveva violato gli artt. 141 e 142 cod. strada.
Inoltre, ci si lamenta che la Corte territoriale non abbia considerato che è vero che l'autovettura dell'(Soggetto 1) viaggiava all'interno della propria carreggiata al momento dell'urto (come, peraltro, sostenuto dal primo giudice in sentenza a pag. 9), ma solo dopo avere effettuato, al momento dell'avvistamento con il motoveicolo, una manovra di rientro; circostanza, testimoniata dalla direzione della traccia di frenata, rilasciata dall'autovettura (e ritenuta riferibile al sinistro anche dall'Ing. (Soggetto 3) nel corso della rinnovazione istruttoria in appello, che secondo l'id quod plerumque accidit, converge verso l'interno della carreggiata, direzione monte-mare). Per cui l'(Soggetto 1) aveva anche violato l'art. 143 cod. strada.
Ancora, i giudici del gravame del merito non avrebbero tenuto conto che il motoveicolo viaggiava (al momento dell'impatto) alla velocità compresa tra i 40 Km/h ed i 45 Km/h; circostanza in astratto incompatibile e logicamente inconciliabile, secondo l'id quod plerumque accidit, con la perdita di controllo autonoma dello stesso.
Ferme restando le argomentazioni e le risultanze, testé rappresentate, di cui si dà conto nella sentenza impugnata (ed implicanti le violazioni degli artt. 141, 142 e 143 cod. strada), la motivazione per le pp.cc. ricorrenti si appaleserebbe manifestamente illogica nella parte in cui, per un verso la Corte territoriale ritiene di non potere individuare la causa della perdita di controllo della moto; per altro verso, con incedere intimamente contraddittorio, ritiene di potere escludere (assertivamente), però che detta perdita di controllo del motoveicolo, possa essere stata determinata dalla "sensazione di pericolo determinata dal fatto che l'(Soggetto 1) (automobilista) non fosse nella propria corsia...".
Le doglianze sopra meglio specificate, in termini di manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione, determinano per il difensore ricorrente, ad ulteriore riscontro, una palese violazione dell'obbligo di motivazione "rafforzata", che in caso di riforma della sentenza di condanna in senso assolutorio, avrebbe imposto ai giudici di appello l'esposizione delle ragioni per le quali gli argomenti utilizzati dal primo giudice sono risultati affetti da minore forza di convincimento e sono stati ritenuti inidonei a garantire il superamento del ragione dubbio sulla colpevolezza (Sez. 2 del 10/09/2020 n. 33588; S.U. n. 14800 del 21/12/2017).
La Corte territoriale - si legge ancora in ricorso - ben avrebbe potuto ribaltare la precedente affermazione di responsabilità, prospettando, tuttavia, la sostenibilità di ricostruzioni alternative del fatto che fossero non solo astrattamente ipotizzabili in rerum natura, ma la cui plausibilità nella fattispecie concreta risultasse ancorata alle risultanze processuali assunte nella loro oggettiva consistenza.
Conclusivamente, per le pp.cc. ricorrenti, dalla motivazione fornita non risulta la specifica e completa confutazione delle argomentazioni precedentemente addotte dal primo giudice a sostegno dell'affermazione di responsabilità dell'imputato con espresso riguardo alle ritenute violazioni degli articoli 141, 142 e 143 cod. strada ed alla conseguente inosservanza di quelle regole di condotta, il cui rispetto avrebbe scongiurato (ancorché in termini di concausa) il verificarsi dell'evento morte. Al contempo, ci si duole che la Corte territoriale abbia omesso di indicare, con incedere assertivo, una ricostruzione alternativa, che consenta di individuare le ragioni (qualificata mente probabili) della caduta al suolo del centauro.
Si chiede, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata.
3.Il PG ha anticipato le proprie conclusioni con memoria scritta del 15 novembre.
In data 19 novembre 2024 è stata depositata memoria scritta nell'interesse dell'imputato (Soggetto 1), a firma dell'Avv. M. F., con cui si chiede il rigetto del ricorso con condanna dell'imputato alle spese, come precisato in udienza.
In data 13 novembre 2024 è stata presentata memoria scritta a firma dell'Avv. G. M. per il responsabile civile V. Assicurazioni Spa con cui si chiede il rigetto del ricorso delle parti civili.
Le parti hanno poi concluso alla pubblica udienza partecipata come riportato in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I motivi sopra illustrati appaiono manifestamente infondati e, pertanto, i ricorsi proposti dalle parti civili vanno dichiarati inammissibili.
2. Ed invero, con una motivazione che si palesa priva di aporie logiche e corretta in punto di diritto - e che, pertanto, si sottrae alle proposte censure di legittimità che si palesano tendenti a chiedere a questa Corte di legittimità una rivalutazione del fatto che non le è consentita - la Corte territoriale mostra di avere adempiuto all'obbligo che ha il giudice di appello che riformi totalmente la decisione di primo grado di delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del provvedimento impugnato (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, M., Rv. 231679; Sez. 3, n. 6880 del 26/10/2016, D., Rv. 269523; Sez. 6, n. 10130 del 20/01/2015, M., Rv. 262907; Sez. 2, n. 50643 del 18/11/2014, Fu, Rv. 261327).
Parimenti, i giudici del gravame del merito si sono attenuti anche al dictum secondo cui il giudice d'appello che riformi in senso assolutorio la sentenza di condanna di primo grado non ha l'obbligo di rinnovare l'istruzione dibattimentale mediante l'esame dei soggetti che hanno reso dichiarazioni ritenute decisive, ma deve offrire una motivazione puntuale e adeguata, che fornisca una razionale giustificazione della difforme conclusione adottata, anche riassumendo, se necessario, la prova dichiarativa decisiva (per tutte, Sez. U, n. 14800 del 21/12/2017, T., Rv. 272430). In caso di ribaltamento da condanna ad assoluzione, il giudice non può, pertanto, limitarsi ad inserire nella struttura argomentativa della decisione impugnata, genericamente richiamata, delle notazioni critiche di dissenso, essendo, invece, necessario che egli riesamini, sia pure in sintesi, il materiale probatorio vagliato dal primo giudice, considerando quello eventualmente sfuggito alla sua valutazione e quello ulteriormente acquisito per dare, riguardo alle parti della prima sentenza non condivise, una nuova e compiuta struttura motivazionale che dia ragione delle difformi conclusioni (Sez. 6, n. 1253 del 28/11/2013, R., Rv. 258005; Sez. 6, n. 46742 del 08/10/2013, H. R., Rv. 257332).
Ebbene, nel caso in esame, la Corte di appello di Messina si è conformata al canone della c.d. "motivazione puntuale ed adeguata" di cui parlano le sopra ricordate S.U. T., in quanto non si è limitata a contrapporre il proprio convincimento a quello della sentenza di primo grado, ma ha effettuato l'operazione di riesame in maniera incisiva su un materiale probatorio peraltro più ampio rispetto a quello valutato dal primo giudice, in quanto ha disposto un'ulteriore perizia per far luce sugli elementi ritenuti dirimenti ritenuti ancora non chiari nella dinamica dell'incidente (l'individuazione del punto d'urto tra l'autovettura dell'(Soggetto 1) e il motoveicolo del (Soggetto 2), la posizione del motoveicolo al momento dell'urto e la velocità tenuta dai due conducenti) ed ha offerto una convincente motivazione atta a sostenere le ragioni delle difformi conclusioni assunte (ex plurimis, Sex. 2, n. 50643 del 18/11/2014, Rv. 261327).
Non appare rilevante il tema - su cui insiste il ricorso delle parti civili - che, in fondo, il perito non abbia sconfessato in toto le conclusioni cui erano giunti i consulenti delle parti (anche se, in realtà, come si dirà, l'Ing. (Soggetto 3) ha confermato il punto d'impatto, ma ha precisato il punto rimasto dubbio sul fatto che il segno lasciato sull'asfalto apparteneva al lato anteriore sinistro dell'auto dell'imputato, con la conseguenza di non poco rilievo che la stessa al momento dell'impatto era all'interno della propria carreggiata e ha rettificato "in ribasso" la velocità dell'autovettura al momento dell'impatto), in quanto il ribaltamento della pronuncia di primo grado sarebbe potuto avvenire anche diversamente valutando il compendio accusatorio che aveva indotto il giudice di primo grado a diversa conclusione. C'era, alla luce dei principi in precedenza ricordati, da soddisfare gli obblighi di adeguata motivazione di cui si è detto. E ciò appare avvenuto.
3. La Corte territoriale, dunque, non si è limitata a vagliare il medesimo compendio valutato dal giudice di primo grado, ma è giunta alla riforma integrale della sentenza assolutoria solo all'esito dell'espletamento di una perizia che ha ricostruito dettagliatamente la dinamica del sinistro, chiarendo che, con certezza, alcun profilo di responsabilità poteva essere rinvenuto nella condotta dell'(Soggetto 1) "procedendo questi nella propria corsia di pertinenza e ad una velocità che rientrava nei limiti consentiti e non avendo il predetto in alcun modo contribuito a determinare la perdita di controllo del mezzo da parte del (Soggetto 2) e la successiva invasione di corsia da parte di quest'ultimo" (così pag. 10 della sentenza impugnata).
I giudici del gravame del merito, confrontandosi criticamente con la decisione di primo grado, danno atto di come il nominato perito abbia, in modo del tutto convincente, in quanto riscontrato dai rilievi fotografici e dalle tracce rinvenute sul luogo e sui mezzi, confutato la tesi del consulente del PM, Ing. (Soggetto 5), il quale aveva invece concluso che al momento dell'urto l'(Soggetto 1) viaggiava in prossimità della mezzeria e ad una velocità superiore al limite di legge.
In proposito va ricordato che, per assunto pacifico, la ricostruzione di un incidente stradale nella sua dinamica e nella sua eziologia - valutazione delle condotte dei singoli utenti della strada coinvolti, accertamento delle relative responsabilità, determinazione dell'efficienza causale di ciascuna colpa concorrente - è rimessa al giudice di merito ed integra una serie di apprezzamenti di fatto che sono sottratti al sindacato di legittimità se sorretti da adeguata motivazione (ex multis Sez. 4, n. 54996 del 24/10/2017, B., Rv. 271679; Sez. 4, n. 10335 del 10/2/2009, P., non mass.; Sez. 4, n. 43403 del 17/10/2007, A., Rv. 238321). E in altra condivisibile pronuncia si è chiarito che sono sottratti al sindacato di legittimità, se sorretti da adeguata motivazione, gli apprezzamenti di fatto necessari alla ricostruzione di un incidente stradale nella sua dinamica e nella sua eziologia quali la valutazione delle condotte dei singoli utenti della strada coinvolti, l'accertamento delle relative responsabilità e la determinazione dell'efficienza causale di ciascuna colpa concorrente (Sez. 4, n. 37838 del 01/07/2009, Tarquini, Rv. 245294).
Va anche ribadito il costante dictum di questa Corte secondo cui, in virtù del principio del libero convincimento del giudice e di insussistenza di una prova legale o di una graduazione delle prove, il giudice ha la possibilità di scegliere fra varie tesi, prospettate da differenti periti, di ufficio e consulenti di parte, quella che ritiene condivisibile, purché dia conto con motivazione accurata ed approfondita delle ragioni del suo dissenso o della scelta operata e dimostri di essersi soffermate sulle tesi che ha ritenuto di disattendere e confuti in modo specifico le deduzioni contrarie delle parti, sicché, ove una simile valutazione sia stata effettuata in maniera congrua in sede di merito, è inibito al giudice di legittimità di procedere ad una differente valutazione, poiché si è in presenza di un accertamento in fatto come tale insindacabile dalla Corte di Cassazione, se non entro i limiti del vizio motivazionale (Sez. 4, n. 5691 del 02/02/2016, T., Rv. 265981; conf. Sez. 4, n. 34747 del 17/5/2012, Rv. 253512; Sez. 4, n. 45126 del 6/11/2008, Rv. 241907; Sez. 4, n. 7591 del 20/5/1989, Rv.181382).
Nel caso in esame il sovvertimento della decisione del Tribunale appare esser avvenuto, motivatamente, sulla base degli esiti di una prova scientifica ulteriore meglio precisata rispetto a quella assunta in precedenza, idonea a disarticolare da sola il ragionamento posto a fondamento della sentenza di primo grado.
4. Va sottolineato, peraltro, che la questione relativa alle cause dello scivolamento della moto condotta dal (Soggetto 2) e alla conseguente invasione della opposta corsia di marcia, oggi riproposta con il ricorso, oltre che essere una questione tendente alla rivalutazione del fatto, non pare risolutiva.
Entrambi i giudici di merito hanno chiarito, infatti, come, alla luce del compendio probatorio acquisito, non sia stato comunque possibile individuare con certezza la causa che aveva determinato la perdita di controllo del mezzo da parte del (Soggetto 2), dovendosi anche tenere conto del fatto che la vittima si trovava in uno stato di alterazione dovuto ad un elevato indice alcolemico.
Sotto tale profilo, pertanto, alcuna illogicità può ravvisarsi nella sentenza impugnata, e la tesi per cui la caduta potesse ricondursi ad una sensazione di pericolo determinata dal fatto che l'(Soggetto 1) non viaggiasse nella propria corsia è stata ritenuta dalla Corte territoriale non dimostrata. Ed invece, in sede di legittimità, perché sia ravvisabile la manifesta illogicità della motivazione ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., è necessario che la ricostruzione dei fatti prospettata che si intenda far valere, contrastante con il procedimento argomentativo seguito dal giudice, sia sostenibile e non, cioè, desunta da elementi meramente ipotetici o congetturali, seppure plausibili.
Come già si diceva in precedenza, con motivazione logica e congrua, quanto al punto d'urto, la Corte messinese dà atto che l'Ing. (Soggetto 3) ha ritenuto - concordemente al consulente di parte civile - che la traccia rinvenuta al suolo cinque giorni dopo il sinistro dall'Ing. (Soggetto 4) sia stata effettivamente rilasciata dall'(veicolo 1) guidata dall'imputato.
Il perito ha sostenuto ciò sul presupposto che, già nelle riprese fotografiche effettuate dai Carabinieri subito dopo il sinistro - e, segnatamente, nella foto n.45 - si nota una traccia ricadente entro la semicarreggiata di percorrenza della vettura e che, quindi, se si esamina la fotografia n. 1 allegata alla CTP dell'ing. (Soggetto 4) si nota che, subito prima della traccia riportata nella fotografia n. 45 dei Carabinieri, è evidente una traccia di frenata che si sviluppa in perfetto allineamento con la successiva traccia ripresa nella fotografia n. 45 degli operanti, essendo, dunque, assolutamente ragionevole ipotizzare che si tratti di una traccia rilasciata al suolo proprio dall'autovettura dell'(Soggetto 1)
Tuttavia - si legge sempre in sentenza - l'Ing. (Soggetto 3) ha rilevato che, ai fine di ricostruire la dinamica dell'incidente e individuare il punto d'urto, fosse determinante comprendere quale delle due ruote anteriori dell'autovettura avesse rilasciato la predetta traccia e, sulla base dell'esame della foto n. 45 effettuata dai Carabinieri al momento dei rilievi - nella quale si nota, a sinistra rispetto alle due tracce al suolo allineate tra loro e attribuibili alla vettura, un'ulteriore scalfittura ha concluso ritenendo che la traccia fosse stata rilasciata dall'autovettura con la ruota anteriore sinistra.
I giudici del gravame del merito danno conto di ritenere assolutamente convincenti tali conclusioni, posto che, ritenendosi che la traccia al suolo sia stata rilasciata dalla ruota sinistra, si potrebbe ipotizzare che l'ulteriore scalfittura presente sia invece attribuibile al motoveicolo e ciò sarebbe assolutamente in linea tanto con la posizione dei mezzi al momento dell'urto, quanto con i danni presenti sull'autovettura; nel caso in cui, invece, si attribuisse la traccia al suolo alla ruota destra dell'(veicolo 1), la scalfittura non potrebbe essere ritenuta riconducibile al mezzo del (Soggetto 2), posto che sostenere ciò equivarrebbe ad ammettere che l'urto tra i mezzi sia avvenuto sul lato destro della vettura e ciò sarebbe impossibile visto che i danni da urto sulla vettura sono a sinistra.
Ritenuto, dunque, che la traccia sia stata rilasciata dalla ruota anteriore sinistra dell'autovettura, l'Ing. (Soggetto 3) ha concluso sostenendo che la vettura marciava entro la propria semicarreggiata ad una distanza di 1,40 mt dalla mezzeria e che, quindi, l'urto è avvenuto nella semicarreggiata di percorrenza di questa, a seguito dello sconfinamento operato dal motoveicolo guidato dal (Soggetto 2) nella semicarreggiata opposta.
5. Quanto all'ulteriore punto controverso della dinamica del sinistro, ovvero quello attinente alla posizione del motoveicolo al momento, dell'urto, ossia se questo si trovasse in marcia, e quindi in verticale, o se, invece, si trovasse in posizione di scivolamento la Corte territoriale dà atto che, concordemente con il consulente della Procura e con quello della parte civile, l'Ing. (Soggetto 3) ha chiarito che fosse ragionevole ritenere che il mezzo condotto dal (Soggetto 2) fosse in posizione di inizio scivolata, inclinato sul fianco destro, anche se non ancora steso completamente al suolo. Tale dato risultando chiaramente dimostrato dai danni riportati dall'autovettura che si rinvengono nella parte anteriore sinistra in basso e che dimostrano che l'urto non può essere avvenuto con la moto in posizione di marcia normale, posto che, in questo caso, i danni sarebbero stati presenti sulla parte alta del frontale della vettura con conseguente schiacciamento delle lamiere.
Allo stesso modo, anche i danni presenti sul motoveicolo sono stati ritenuti una conferma di tale conclusione; in particolare, la circostanza che i collettori di scarico del mezzo e, soprattutto, quello sinistro che in caso di urto con posizione del motoveicolo in scivolata è quello più esposto, fossero tutti danneggiati dimostra tale assunto, posto che, in caso d'urto con la moto in posizione verticale, l'impatto sarebbe avvenuto con la ruota anteriore della moto, che avrebbe subito un arretramento verso l'indietro per bloccarsi successivamente; tale circostanza avrebbe, quindi, impedito il contatto tra la parte anteriore della vettura e i collettori di scarico, con la conseguenza che questi non sarebbero stati danneggiati tutti, ma solo uno o due in coincidenza del punto in cui la ruota anteriore arretrando si sarebbe arrestata.
Quanto alla velocità dei mezzi coinvolti, convincenti sono state ritenute ancora una volta le conclusioni del consulente (Soggetto 3), secondo cui la velocità della vettura era compresa tra 85 e 90 km/h, mentre quella della moto tra 40 e 45 km/h.
Si dà conto in sentenza che, secondo il perito, al riguardo, non sarebbe valido il calcolo effettuato dal consulente della Procura, in quanto fondato su un metodo, quello della "conservazione della quantità di moto", da applicare solo nel caso in cui siano note con assoluta certezza le traiettorie pre-urto e post-urto dei mezzi e mai nel caso in cui tali traiettorie siano state solo ipotizzate. L'Ing. (Soggetto 3) ha ritenuto, invece, che il metodo corretto sia quello della "conservazione dell'energia", utilizzato anche dai consulente della parte civile, il quale ha, infatti, individuato dei valori di velocità pressoché simili a quelli del perito, le cui uniche differenze attengono, all'individuazione di alcuni dati, tra cui il coefficiente d'attrito che, secondo il consulente nominato in appello, in considerazione del manto stradale bagnato al momento del sinistro, andava calcolato in percentuale minore rispetto a quello indicato dall'Ing. (Soggetto 4).
Quanto al dato della velocità, la Corte territoriale si confronta motivatamente anche con la documentazione depositata dalla difesa di parte civile ritenendola appare assolutamente inconferente con la decisione, trattandosi di una certificazione rilasciata dal Comune di (Omissis) nella quale si attesta che il limite di velocità nella strada interessata dall'occorso era di 70 Km/h a partire dal (Omissis) e, quindi, a partire da una data successiva al sinistro stradale. E dando atto che, ad ogni modo, anche sul punto appaiono convincenti le conclusioni dell'Ing. (Soggetto 3), avendo questi sostenuto che l'autovettura dell'(Soggetto 1) viaggiava ad una velocità compresa tra gli 85 e i 90 km/h e che tale velocità, probabilmente elevata in considerazione del marno stradale bagnato, era comunque entro il limite consentito.
Viene anche dato conto in sentenza che il perito ha, in ogni caso, aggiunto che non sussiste alcun nesso di causalità tra la dinamica del sinistro e la velocità tenuta dalla vettura, essendosi l'incidente verificato a causa dell'invasione della corsia opposta da parte del motoveicolo e non da parte della vettura ((Soggetto 3): "non c'è nesso tra la velocità e incidente, l'incidente si verifica perché la moto va contromano. Non c'è nesso, se la vettura fosse sbandata e fosse arrivata contromano avrebbe avuto rilevanza, ma la vettura continua, resta sempre nella sua carreggiata").
Ciò posto, il dato trinciante - e, quindi, idoneo ad escludere qualsivoglia profilo di responsabilità nella condotta dell'(Soggetto 1) - è stato rinvenuto nel fatto che risulta certo, sulla base della traccia di frenata rilasciata dalla sua autovettura e delle considerazioni prima svolte relativamente al punto d'urto, che questi, nella fase pre-urto, si trovasse nella propria semicarreggiata di percorrenza e che l'urto si sia verificato nella corsia di pertinenza di quest'ultimo.
In ragione di ciò, pur non essendo possibile determinare con certezza quale sia stata la causa che ha determinato la perdita di controllo del mezzo da parte del (Soggetto 2) e la conseguente invasione della corsia opposta (essendo il motoveicolo penetrato per circa 1,40 metri entro la carreggiata di percorrenza della vettura), se imputabile questa, al fatto che la vittima si trovasse in uno stato di alterazione psicofisico dovuto ad indice alcolemico pari a 1,76 o al fatto che il (Soggetto 2) procedesse in prossimità della linea di mezzeria ciò che è stato ritenuto assolutamente è che non vi è prova che sia riconducibile ad una sensazione di pericolo determinata dal fatto che l'(Soggetto 1) non fosse nella propria corsia.
6. In altri termini, il dato probatorio che ha condotto all'assoluzione dell'imputato, ne restituisce un comportamento immune dai profili di colpa ipotizzati in imputazione essendo risultati esclusi o comunque non provato uno dei comportamenti ipotizzati nell'editto accusatorio (il viaggiare a cavallo della linea di mezzeria) e ininfluente ai fini del sinistro - tenuto conto che la moto si è parata dinanzi all'imputato in caduta e proveniente dall'opposto senso di marcia - l'aver tenuto una velocità non adeguata allo stato di tempo e di luogo, seppur all'interno del vigente limite di velocità.
Il difensore ricorrente torna sul tema secondo cui l'automobilista non tenesse correttamente la destra, con ciò violando l'art. 143 cod. strada.
Il tema, laddove è rimasto provato che l'autovettura dell'(Soggetto 1) è rimasta all'interno della propria carreggiata di marcia, è del tutto ininfluente.
Questa Corte di legittimità, infatti, ha da tempo chiarito che, in tema di circolazione stradale, l'obbligo di "circolare sulla parte destra della carreggiata e in prossimità del margine destro della medesima, anche quando la strada è libera", previsto dall'art. 143 cod. strada, ha la finalità di garantire un'andatura corretta e regolare nell'ambito della propria corsia di marcia per la tutela del veicolo procedente e degli altri che la percorrono, e non di evitare il rischio dell'improvvisa occupazione della corsia da parte di un veicolo proveniente dalla direzione opposta, sicché, in caso di inosservanza di tale regola cautelare, deve comunque escludersi la responsabilità del conducente per l'incidente dovuto ad invasione della corsia da parte di altro veicolo (Sez. 4, n. 18802 del 11/04/2019, C., Rv. 275655 - 01; conf. Sez. 4, n. 50024 del 4/10/2017, D., Rv. 271490; Sez. 4 n. 32126 del 16/6/2010, Z. e altri, non massimata).
7. Essendo i ricorsi inammissibili e, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna delle parti civili ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla difesa dell'imputato (Soggetto 1) nel presente giudizio di legittimità, che liquida come in dispositivo, con distrazione in favore dell'Avv.to M. F. che se ne è dichiarato antistatario.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna le parti civili ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila ciascuna in favore della cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla difesa dell'imputato (Soggetto 1) nel presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro tremila, oltre accessori come per legge, con distrazione in favore dell'Avv.to M. F. che se ne è dichiarato antistatario.
Così deciso in Roma, il 6 dicembre 2024.
Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2024.
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