Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Civile, Sezione terza, sentenza n. 2376 del 24 gennaio 2024

 

Corte di Cassazione Civile, Sezione III, sentenza numero 2376 del 24/01/2024
Circolazione Stradale - Artt. 14 e 193 del Codice della Strada - Buca presente nel manto stradale - Inciampo da parte del pedone - Responsabilità da cose in custodia - Risarcimento - Nesso causale - Condizioni - In ambito di responsabilità da cose in custodia, nel caso di caduta di pedone in una buca stradale non risulta predicabile la ricorrenza del caso fortuito a fronte del mero accertamento di una condotta colposa del soggetto danneggiato, il quale, per poter interrompere il nesso causale con la "res" in custodia, questa deve presentare natura autonoma, eccezionale, imprevedibile ed inevitabile.


RITENUTO IN FATTO

1. (Soggetto 2) e (Soggetto 1), nella dichiarata qualità di esercenti la responsabilità genitoriale sulla figlia minore (Soggetto 3), ricorrono, sulla base di un unico motivo, per la cassazione della sentenza n. 1475/20, del 2 settembre 2020, della Corte d'appello di Catania, che - in accoglimento del gravame proposto dalla Citta Metropolitana di (Omissis) contro la sentenza n. 4117/16, del 14 ottobre 2016, del Tribunale (Omissis) - ha rigettato la domanda risarcitoria relativa ai danni patititi da (Soggetto 3), a causa della caduta originata dall'inciampo in una buca, presente nel manto stradale della via (Omissis), in S.

2. Riferiscono, in punto di fatto, gli odierni ricorrenti di aver convenuto in giudizio la Provincia Regionale di (Omissis) (che ha poi assunto, in corso di causa, l'attuale denominazione di Città M), al fine di conseguire il ristoro dei pregiudizi subiti dalla figlia - all'epoca dei fatti, di tredici anni - in ragione del sinistro occorsole, il 2 aprile 2013, in prossimità dell'abitazione in cui vive con i propri familiari.

La domanda risarcitoria, accolta dal primo giudice, veniva rigettata in appello, che riformava la decisione del Tribunale su gravame della convenuta.

A tale esito il giudice di appello perveniva sul rilievo che la minore - anche in considerazione del fatto che, in occasione del sinistro, risultava accompagnata dalla madre - "se avesse usato una minima attenzione, avrebbe senz'altro potuto vedere la buca, evitandola", dato che la strada luogo dell'incidente è quella in cui risiede l'intero nucleo familiare.

3. Avverso la sentenza della Corte etnea ricorrono per cassazione (Soggetto 2) e (Soggetto 1), sulla base - come detto - di un unico motivo.

3.1. Esso denuncia - ex art. 360, comma 1, nn. 3) e 5), cod. proc. civ. - violazione e falsa applicazione degli artt. 2051, 1227 e 2043 cod. civ., nonché violazione dell'art. 2051 cod. civ. per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

Assumono i ricorrenti che la sentenza impugnata avrebbe falsamente applicato la nozione di "caso fortuito" (di cui all'art. 2051 cod. civ.), giacché, se è vero che lo stesso può consistere anche nel contegno assunto dal medesimo soggetto danneggiato, risulta pur sempre necessario che tale condotta -perché possa interrompere il nesso causale tra cosa e danno - si presenti "autonoma, eccezionale, imprevedibile ed inevitabile", così da essere "dotata di efficacia causale esclusiva nella produzione dell'evento lesivo".

Nel caso specifico del sinistro occorso a (Soggetto 3), non potrebbe sostenersi che la condotta della stessa fosse "imprevedibile (rientrando nel notorio che la buca possa determinare la caduta del passante) e imprevenibile (sussistendo, di norma, la possibilità di rimuovere la buca o, almeno, di segnalarla adeguatamente)", con la conseguenza, pertanto, che "il mero rilievo di una condotta colposa del danneggiato" non poteva essere ritenuto, nella specie, "idoneo a interrompere il nesso causale", come, invece, affermato dalla Corte etnea. Tale nesso, viceversa, doveva ritenersi "manifestamente insito" nel fatto stesso che la caduta fosse stata "originata dalla (prevedibile e prevenibile) interazione tra la condizione pericolosa della cosa e l'agire umano".

4. Ha resistito all'avversaria impugnazione, con controricorso, la Citta Metropolitana di (Omissis), chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata.

5. Inizialmente fissata per il 19 gennaio 2022 - innanzi all'ormai soppressa Sesta Sezione di questa Corte - l'adunanza camerale ex art. 380-bis cod. proc. civ., comunicata la proposta del relatore alle parti, esse depositavano memorie illustrative. All'esito dell'adunanza, il collegio giudicante pronunciava ordinanza interlocutoria n. 14052/22, con cui - non senza previamente rilevare che (Soggetto 3), dichiarando di agire "anche in proprio per aver raggiunto la maggiore età", risultava aver sanato il difetto di legittimazione dei genitori, per avere i medesimi proposto il ricorso "nella qualità di esercenti la patria potestà sulla figlia minore" - ha disposto rinvio in pubblica udienza, in considerazione del rilievo nomofilattico della questione trattata.

6. In vista dell'udienza pubblica entrambe le parti hanno depositato memoria, insistendo nelle rispettive conclusioni.

7. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha presentato conclusioni scritte, nel senso dell'accoglimento del ricorso.

8. Il Collegio si è riservato il deposito nei successivi sessanta giorni.

CONSIDERATO IN DIRITTO

9. Il ricorso va rigettato.

9.1. L'unico motivo da esso proposto non è, infatti, fondato.

9.1.1. Deve, invero, ritenersi superato quell'indirizzo - al quale i ricorrenti si richiamano e che aveva rappresentato una temporanea deviazione rispetto alle decisioni assunte da questa Corte con le pronunce nn. 2477-2483, rese pubbliche in data primo febbraio 2018 - secondo cui, "in ambito di responsabilità da cose in custodia ex art. 2051 cod. civ., nel caso di caduta di pedone in una buca stradale non risulta predicabile la ricorrenza del caso fortuito a fronte del mero accertamento di una condotta colposa della vittima (la quale potrà invece assumere rilevanza, ai fini della riduzione o dell'esclusione del risarcimento, ai sensi dell'art. 1227, commi 1 o 2, cod. civ.), richiedendosi, per l'integrazione del fortuito, che detta condotta presenti anche caratteri di imprevedibilità ed eccezionalità tali da interrompere il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno" (Cass. Sez. 3, sent. 20 novembre 2020, n. 26524; in senso conforme anche Cass. Sez. 3, sent. 16 febbraio 2021, n. 4035).

Sull'ormai indiscusso presupposto della natura oggettiva della responsabilità del custode e della ontologica distinzione tra caso fortuito e fatto del danneggiato o del terzo, salva l'omogeneità delle ricadute "funzionali" sul piano della responsabilità e del risarcimento (per tutte, Cass. Sez. 3, sent. 27 aprile 2023, n. 11152, e successive conformi), è stato, anche di recente, ribadito da questa Corte che "il requisito legale della rilevanza causale del fatto del danneggiato e la colpa" (ed essa soltanto), "intesa come oggettiva inosservanza del comportamento di normale cautela correlato alla situazione di rischio percepibile con l'ordinaria diligenza", e ciò perché, mentre, al pari della concausa naturale, il fatto non colposo del danneggiato non incide sull'evento di danno sul piano della causalità materiale, al contrario il fatto colposo comporta la riduzione del risarcimento sul piano della causalità giuridica, "secondo la gravità della colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate" (cfr. Cass. Sez. 3, ord. 23 maggio 2023, n. 14228, Rv. 667836-02).

In particolare, si è confermato che la condotta del danneggiato, "nella motivata valutazione del giudice del merito, potrà dunque assumere un rilievo causale meramente concorrente (cosicché vi sarà una percentuale di danno ascrivibile al fatto del danneggiato e una percentuale ascrivibile al fatto della cosa, e dunque imputabile al custode di essa), ma anche un'efficienza causale esclusiva, ove, per il grado della colpa e il rilievo delle conseguenze, si ponga come causa assorbente del danno, sicché ne sia del tutto esclusa la derivazione dalla cosa", fermo restando, però, che nel "formulare il giudizio di concorrenza o di esclusività causale del fatto del danneggiato, il giudice del merito deve dunque tenere conto solo del parametro oggettivo delle conseguenze e del parametro della colpa" mentre "non occorre che il contegno del danneggiato, oltre che oggettivamente colposo, nel senso appena sopra precisato, sia anche abnorme, eccezionale, imprevedibile e inevitabile" (così, nuovamente, Cass. Sez. 3, ord. n. 14228 del 2023, cit.), secondo quello che è "l'orientamento assolutamente maggioritario di questa Corte", peraltro "ribadito e definitivamente "suggellato" anche dal suo massimo consesso" (il riferimento e Cass. Sez. Un., sent. 30 giugno 2022, n. 20943, Rv. 665084-01).

A questi principi questa Corte intende dare, anche qui, continuità, donde il rigetto del presente ricorso, basato sull'assunto che - ricorrendo la fattispecie di cui all'art. 2051 cod. civ. - la condotta del soggetto danneggiato, per poter interrompere il nesso causale con la "res" in custodia, debba presentare natura "autonoma, eccezionale, imprevedibile ed inevitabile".

10. Le spese di questo giudizio di legittimità seguono la soccombenza, essendo pertanto poste a carico dei ricorrenti e liquidate come da dispositivo.

11. A carico dei ricorrenti, stante il rigetto del ricorso, sussiste l'obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all'amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 657198-01), ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, condannando (Soggetto 2), (Soggetto 1) e (Soggetto 3) a rifondere, alla Citta Metropolitana di (Omissis), le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 3.200,00, più Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, all'esito dell'udienza pubblica della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, svoltasi l'11 luglio 2023.

Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2024.

 

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