Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio
Cassazione Civile, Sezione seconda, ordinanza n. 31360 del 6 dicembre 2024
Corte di Cassazione Civile, Sezione II, ordinanza numero 31360 del 06/12/2024
Circolazione Stradale - Art. 201 del Codice della Strada - Verbale di contestazione - Contenuti - Descrizione generica della località e del comportamento violato - Diritto di difesa - Idoneità - Premesso che per confutare la piena idoneità del verbale di accertamento e contestazione il ricorrente deve esperire querela di falso, la violazione contestata immediatamente dall'agente accertatore al trasgressore contenente la sola generica località del fatto e la descrizione dell'avvenuta infrazione fa piena prova, ed è da ritenersi pienamente idonea anche nel momento in cui contiene la trascrizione delle eventuali dichiarazioni di quest'ultimo, cosicché non potrà affermarsi che vi sia stato pregiudizio del diritto di difesa.
RITENUTO IN FATTO
(Soggetto 1) proponeva opposizione avverso un verbale di contestazione elevato dai Carabinieri di (Omissis) per violazione dell'art. 148, co. 10 e co. 16, codice della strada c.d.s. (sorpasso in curva), con applicazione della sanzione accessoria della decurtazione dei punti della patente ai sensi dell'art. 126 bis dello stesso c.d.s.
L'adito Giudice di pace di (Omissis) rigettò l'opposizione con la sentenza n. 241/2020, confermata dal Tribunale di Cuneo, con la sentenza n. 215/2022.
Il (Soggetto 1) ha proposto ricorso per cassazione avverso quest'ultima sentenza pronunciata all'esito del giudizio di appello, sulla base di sei motivi.
Il Prefetto di Cuneo è rimasto intimato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. - In via preliminare, vi è da osservare che nel giudizio di appello si era costituita, ancorché tardivamente, la Prefettura di Cuneo, con la rappresentanza dell'Avvocatura distrettuale dello Stato di Torino. Il ricorso risulta essere stato notificato a quest'ultima (e al Prefetto) e non all'Avvocatura generale dello Stato.
Il Prefetto non ha depositato controricorso.
Tuttavia, la pronuncia sulla questione della necessità o meno della rinnovazione della notificazione del ricorso all'Avvocatura Generale dello Stato va opportunamente differita al termine dell'esame dei motivi di ricorso.
2. - Il primo motivo denuncia violazione degli artt. 201 c.d.s. e 383, co. 1, reg. esec., censurando la sentenza del Tribunale nella parte in cui ha ritenuto valido il verbale di contestazione che indicava genericamente come luogo dell'infrazione "Corso Europa in (Omissis)", senza specificare il punto esatto, mediante numero civico o intersezione più prossima, da considerarsi precisazione necessaria data la notevole estensione della strada e la natura della violazione contestata (sorpasso in curva).
Si deduce che tale genericità, impedendo l'esatta localizzazione del fatto, ha pregiudicato il diritto di difesa di esso ricorrente, non potendo egli dimostrare che il sorpasso era avvenuto dopo l'unica curva presente nel tratto stradale. Si contesta, inoltre, l'argomento del Tribunale secondo cui la contestazione immediata avrebbe sanato il vizio, poiché solo il contenuto del verbale fa piena prova e le dichiarazioni ivi riportate non vertono sul luogo dell'infrazione.
Il motivo non è fondato e va rigettato.
Si osserva che, se è vero che il verbale di contestazione della infrazione deve contenere gli estremi dettagliati e precisi della violazione (artt. 201 c.d.s. e 383 co. 1 reg. es.) con riguardo al giorno, ora e località, prescrizione diretta a garantire l'esercizio del diritto di difesa da parte del presunto contravventore, è altrettanto vero che nel caso di cui trattasi, la violazione era stata contestata immediatamente e le dichiarazioni del trasgressore erano state trascritte sul verbale, cosicché non può affermarsi che vi sia stato pregiudizio del diritto di difesa. Non a caso l'art. 201, co. 1, c.d.s. impone la specificazione degli estremi precisi e dettagliati della violazione solo nel caso in cui quest'ultima non possa essere immediatamente contestata.
Peraltro, l'orientamento giurisprudenziale di questa Corte - cui qui s'intende dare parimenti continuità - è nel senso che il riferimento alla strada può essere ritenuto sufficiente (così, ad es., Cass. n. 9974/2016 e Cass. n. 8939/2005).
2. - Il secondo motivo denuncia violazione degli artt. 148, co. 10 e 16, c.d.s., nonché degli artt. 111, co. 6, Cost. e 132, co. 2, n. 4, c.p.c.
Il ricorrente sostiene che il Tribunale ha erroneamente ritenuto integrata la violazione del divieto di sorpasso in prossimità di curve o in condizioni di scarsa visibilità. Secondo la sua prospettazione, il sorpasso non è avvenuto in prossimità di una curva o in una situazione di visibilità limitata, bensì subito dopo aver superato la curva stessa, in un tratto rettilineo della strada con piena visibilità. Si deduce che il Tribunale abbia frainteso i concetti normativi di "prossimità" e "corrispondenza", limitandosi a sostenere che il verbale di contestazione faccia piena prova fino a querela di falso, senza esaminare le risultanze probatorie che dimostrerebbero l'inesistenza delle condizioni necessarie per l'applicazione dell'art. 148, co. 10, c.d.s.
Inoltre, il ricorrente lamenta che la sentenza d'appello ha eluso l'obbligo di fornire una motivazione adeguata, limitandosi a considerazioni generiche, non pertinenti al caso di specie e prive di una concreta valutazione del dato letterale del citato art. 148, co. 10, c.d.s. e della sua applicabilità.
Il terzo motivo denuncia violazione dell'art. 116 c.p.c., censurando la sentenza del Tribunale per aver erroneamente attribuito al verbale di contestazione valore di prova legale anche per aspetti non caduti sotto la diretta percezione dei verbalizzanti, svalutando illegittimamente le altre prove prodotte. Si sostiene che il Tribunale ha frainteso il principio di fede privilegiata del verbale, estendendolo oltre i fatti attestati come direttamente percepiti dal pubblico ufficiale e ha erroneamente ritenuto che la contestazione immediata precludesse successive contestazioni, in contrasto con la disciplina dell'opposizione ex artt. 203 ss. c.d.s.
In particolare, il ricorrente afferma che il verbale può fare piena prova solo per i fatti che il pubblico ufficiale ha osservato direttamente e descritto senza margini di apprezzamento e che esso non può essere considerato prevalente rispetto ad altre prove, soprattutto quando queste ultime dimostrano circostanze contrarie.
Nella fattispecie, il ricorrente allega che aveva prodotto documentazione fotografica e grafica per dimostrare che il sorpasso non era avvenuto in prossimità di una curva, ma in un tratto rettilineo e con piena visibilità.
I due motivi sono da esaminare congiuntamente per evidente connessione.
Essi non sono fondati.
Per quanto attiene al secondo motivo, il giudice di appello - nel rispondere alla specifica doglianza di cui al gravame - ha adottato una motivazione sicuramente adeguata con riferimento alla ricostruzione della situazione dei luoghi e all'individuazione della condotta vietata da parte del ricorrente, sulla base della documentazione (anche fotografica) prodotta, delle risultanze del verbale di accertamento e della inverosimiglianza o inattendibilità della dinamica prospettata dal ricorrente, peraltro non corroborata da altri idonei riscontri probatori.
Per quanto attiene al terzo motivo (ma l'argomentazione è di per sé dirimente sotto un profilo di ordine generale) è da rimarcare un aspetto relativo all'ambito oggettivo di piena prova ex art. 2700 c.c. del verbale di contestazione della violazione.
In proposito vengono in rilievo i "fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza" di cui il verbale - in quanto atto pubblico - fa piena prova fino a querela di falso. Nel caso di specie il verbale attesta che il ricorrente "pur non trovandosi nei casi consentiti sorpassava altro veicolo in prossimità di curva". Tale dichiarazione rappresenta perfettamente la condotta vietata dall'art. 148, co. 10, c.d.s.: "il sorpasso in prossimità o in corrispondenza delle curve". Pertanto, per confutare la piena idoneità del verbale di accertamento e contestazione a provare tale fatto, il ricorrente avrebbe dovuto esperire querela di falso.
Il Tribunale ha applicato correttamente al caso in questione le regole relative all'ambito oggettivo della prova fino a querela di falso del verbale di contestazione della violazione, come concretizzate dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte, secondo la quale "l'efficacia di prova legale del verbale non può estendersi alle valutazioni espresse dal pubblico ufficiale ed alla menzione di fatti avvenuti in sua presenza, che possono risolversi in apprezzamenti personali, perché mediati attraverso la occasionale percezione sensoriale di accadimenti, che si svolgono così repentinamente da non potersi verificare e controllare secondo un metro obiettivo, senza alcun margine di apprezzamento" (cfr. Cass. SU 17355/2009; ma v., in seguito, anche Cass. n. 2434/2011 e Cass. n. 3705/2013).
Infatti, non può essere condiviso il ragionamento del ricorrente laddove argomenta che il concetto di "prossimità" è un concetto normativo indeterminato o elastico, quindi oggetto di un apprezzamento interpretativo o valutativo che lo collocherebbe fuori (appunto, ex Cass. SU 17355/2009) dal novero dei fatti che il pubblico ufficiale percepisce essere avvenuti in sua presenza e così coperti dall'art. 2700 c.c. L'argomentazione del ricorrente si lascia apprezzare tutt'al più sotto un profilo squisitamente teoretico, cioè sotto la prospettiva delle teorie - beninteso: extragiuridiche, quindi irrilevanti in questa sede - che accreditano la presenza costitutiva di inferenze, quindi di giudizi, in ogni attività di percezione. Tale ragionamento, però, non è idoneo a sortire alcun effetto sul piano tecnico-giuridico sulla scorta del principio enunciato con la citata sentenza delle Sezioni unite n. 17355/2009: ed è ciò quello che ha valore dirimente ai fini della risoluzione della questione posta con le censure qui oggetto di esame.
3. - Il quarto motivo denuncia violazione degli artt. 111, co. 6, Cost. e 132, co. 2, n. 4, c.p.c., censurando la sentenza del Tribunale per aver ravvisato una contraddizione inesistente tra le dichiarazioni rese dal ricorrente al momento della contestazione ("quello davanti andava piano e non c'era nessuno in giro") e la ricostruzione dei fatti offerta negli atti difensivi (sorpasso effettuato dopo la curva per evitare l'urto con l'auto che precedeva, la quale aveva frenato alla vista dell'auto dei carabinieri).
Si deduce che entrambe le versioni sono coerenti nel ricondurre il sorpasso alla necessità di superare un'auto che aveva rallentato e nel collocarlo in un tratto con piena visibilità, e che il Tribunale ha erroneamente utilizzato questa supposta contraddizione per negare valore probatorio alla documentazione fotografica prodotta. Prospetta un vizio di motivazione per essere stata rilevata una contraddizione inesistente tra le dichiarazioni rilasciate dal ricorrente al momento del fermo e quelle rilasciate in sede giudiziale.
Questo motivo è inammissibile, perché investe l'apprezzamento di merito adeguatamente svolto dal Tribunale per desumere che il ricorrente ha commesso la violazione a lui ascritta. Nella sostanza, esso sollecita una rivalutazione - inammissibile in sede di giudizio di legittimità - del merito delle risultanze probatorie.
4. - Il quinto motivo denuncia la nullità della sentenza ex art. 360 n. 5 c.p.c. per l'omessa pronuncia sulla richiesta di riconfigurazione e derubricazione della contestazione nella più lieve ipotesi prevista dall'art. 148, co. 15, c.d.s., che sanziona il sorpasso effettuato senza osservare le disposizioni dei co. 2, 3 e 8, anziché in quella del co. 10 del medesimo articolo.
Pur riqualificato come censura di violazione dell'art. 112 c.p.c. (tale riqualificazione è possibile, poiché il ricorrente parla comunque di nullità della sentenza, anche se rubrica il vizio riconducendolo al n. 5 dell'art. 360 c.p.c.), questo motivo è da dichiarare inammissibile per difetto di specificità.
In esso non si richiama adeguatamente, né si trascrive, lo specifico contenuto della domanda su cui sarebbe mancata la pronuncia del giudice. Si afferma, del tutto genericamente, che "in sede di appello - così come nel giudizio di primo grado - la scrivente difesa aveva sollecitato il giudice a riconfigurare e derubricare la contestazione elevata nei confronti del dott. (Soggetto 1)"
Orbene, l'esercizio del potere della Corte di cassazione di esame diretto degli atti del giudizio di merito al fine accertare gli errores in procedendo presuppone il puntuale rispetto ad opera della parte ricorrente del requisito di specificità della censura (ex art. 366, co. 1, n. 6 c.p.c.). In altri termini, l'accesso al fascicolo di causa presuppone che il ricorso riporti con precisione - ciò che non è accaduto in questo caso - indicazioni che consentano alla Corte di individuare i luoghi rilevanti all'interno dei singoli atti e di confrontarli con una censura formulata in termini così stringenti da sollecitare un efficiente e produttivo esercizio del potere di controllo, evitando di compiere generiche verifiche degli atti o anche solo indagini integrative per colmare lacune nell'indicazione delle circostanze rilevanti per la valutazione della decisività della questione (cfr. Cass. SU n. 34469/2019, Cass. nn. 9878/2020, 23834/2019, 2771/2017).
5. - Il sesto motivo denuncia la violazione dell'art. 4 della L. n. 689/1981 e la nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 111, comma 6, Cost. e 132, comma 2, n. 4, c.p.c.
Si censura la sentenza del Tribunale per aver - con motivazione non sufficiente - escluso la sussistenza dello stato di necessità nonostante fosse emerso, anche dalle controdeduzioni dei verbalizzanti, che il sorpasso era stato effettuato per evitare la collisione con l'auto che precedeva, la quale aveva bruscamente rallentato alla vista della pattuglia dei carabinieri. Si deduce che il Tribunale ha erroneamente ritenuto non provata l'inevitabilità della manovra di sorpasso, omettendo di valutare sia le ammissioni dei verbalizzanti sulla frenata del veicolo che precedeva, sia le dichiarazioni rese dal ricorrente nel verbale.
Quest'ultimo motivo è privo di fondamento e va anch'esso respinto.
Il giudice di appello ha adeguatamente accertato che il ricorrente non ha allegato specificamente le circostanze di tempo di luogo che avrebbero potuto far configurare uno stato di necessità. Il ricorrente intende sollecitare inammissibilmente questa Corte ad una valutazione di merito su asseriti elementi istruttori e, inoltre, vorrebbe - ma in senso del tutto inconferente - vedere configurato lo stato di necessità sol perché il conducente del veicolo che lo precedeva viaggiava a moderata velocità e che, quindi, era stato costretto a sorpassare in curva.
A quest'ultimo riguardo va, sul piano generale, data continuità alla costante giurisprudenza di questa Corte, secondo cui "in tema di sanzioni amministrative, l'esimente dello stato di necessità di cui all'art. 4 L. n. 689 del 1981, in applicazione degli artt. 54 e 59 c.p., presuppone la sussistenza di un'effettiva situazione di pericolo imminente di un grave danno alla persona, non altrimenti evitabile, ovvero l'erronea convinzione, provocata da concrete circostanze oggettive, di trovarsi in tale situazione" (cfr., per tutte, Cass. n. 16155/2019).
6. - Al rigetto del ricorso consegue che è superata la questione sollevata nel paragrafo n. 1. Infatti, "il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 c.p.c.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perché non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da effettive garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l'atto finale è destinato a produrre i suoi effetti" (cfr. Cass. 12515/18, 16858/19, 2434/20).
Nel caso che qui viene in rilievo, il ricorso è da rigettare e quindi si rivela inutile disporre la rinnovazione della notifica del ricorso all'Avvocatura generale dello Stato: vi sarebbe un aggravio di spese e un allungamento di tempi di definizione del processo, senza che ciò comporti alcun beneficio alla garanzia dell'effettività dei diritti processuali della parte, che ha interesse sostanziale alla già attinta conferma del provvedimento impugnato.
7. - In definitiva, il ricorso va integralmente rigettato, senza necessità di provvedere sulle spese, poiché la controparte non ha svolto attività difensiva in sede di giudizio di legittimità.
Inoltre, ai sensi dell'art. 13 co. 1-quater D.P.R. n. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera del ricorrente, di un'ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato a norma dell'art. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un'ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, in data 5 novembre 2024.
Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2024.
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