Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio
Cassazione Civile, Sezione terza, ordinanza n. 138 del 3 gennaio 2024
Corte di Cassazione Civile, Sezione III, ordinanza numero 138 del 03/01/2024
Circolazione Stradale - Artt. 186 e 193 del Codice della Strada - Incidente stradale - Risarcimento - Terzo trasportato - Eventuale responsabilità del passeggero nella causazione del sinistro - Circostanze - A carico del terzo trasportato, deceduto in un sinistro stradale, è da escludere ogni responsabilità per avere accettato di farsi trasportare su un'autovettura guidata da un conducente in stato di ebrezza alcolica alla luce anche dell'assenza di prova sia del superamento della soglia del tasso alcolico consentito da parte del conducente che della consapevolezza del passeggero di tale circostanza, notoriamente non percepibile, con immediatezza, da ogni persona di media attenzione e prudenza.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., (Soggetto 1) conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di (Omissis), (Soggetto 3) e (Soggetto 2) nonché (Soggetto 4) [Assicurazioni] Italia Spa (già (Soggetto 5) Assicurazioni Spa), per sentirli condannare, in solido, al risarcimento dei danni patiti e patiendi a seguito di un sinistro stradale in cui era rimasto coinvolto.
In particolare, lamentava che il 30 dicembre 2012, verso 2.30, si trovava nel centro di (Omissis) e aveva chiesto un passaggio a (Soggetto 3) che stava transitando alla guida di un’auto di proprietà di (Soggetto 2) Dopo qualche centinaio di metri, però, a causa dell'elevata velocità, il conducente perdeva il controllo del veicolo e finiva contro un muro.
Il ricorrente riportava gravissime lesioni fisiche, tra cui un'invalidità permanente dovuta alla riduzione di 7 centimetri di un arto. Ciò incideva sulla sua capacità lavorativa, generica e specifica, futura legata alla professione di attore. Quanto al danno biologico, all'esito di a.t.p., il consulente tecnico d'ufficio lo aveva quantificato nel 47%, precisando che, in futuro, gli sarebbe stata preclusa qualunque attività nello spettacolo.
Si costituiva in giudizio l'assicurazione, contestando la fondatezza della pretesa attorea e deducendo la colposa e negligente condotta del (Soggetto 1), da valutarsi ex art. 1227 c.c., avendo accettato il passaggio da persona in evidente stato di ebbrezza.
Il Tribunale di (Omissis), dichiarata la contumacia degli altri resistenti e disattese tutte le richieste istruttorie, con ordinanza del 7.11.2015, accoglieva la domanda risarcitoria del (Soggetto 1), ravvisando però nella sua condotta un concorso colposo, quantificato nella misura del 20%. Secondo il primo giudice, infatti, il tasso alcolemico del conducente era talmente elevato da rendere evidenti le sue condizioni psico-fisiche alterate al (Soggetto 1). Quindi, dopo aver quantificato in Euro 791.285,94 il danno del ricorrente, condannava solidalmente i resistenti al pagamento di: i) Euro 633.028,752, a titolo risarcitorio, oltre interessi legali, compensativi e rivalutazione; ii) Euro 21.092,62, a titolo di spese legali (comprese quelle dell'a.t.p.), oltre accessori.
2. Il (Soggetto 1) proponeva appello, chiedendo, per quel che rileva in questa sede, di escludere il concorso colposo del danneggiato per mancanza di prova e di rivalutare il quantum risarcitorio.
La compagnia assicurativa contestava la fondatezza della impugnativa e proponeva appello incidentale, per avere l'ordinanza erroneamente riconosciuto al (Soggetto 1) il danno da perdita da capacità lavorativa generica e specifica. In subordine, si opponeva alla sua quantificazione.
2.1. La Corte d'Appello di Campobasso, con sentenza n. 10/2021, del 19 gennaio 2021, accoglieva il ricorso principale, condannando gli appellati, in solido, al pagamento di Euro 750.132,10, oltre interessi legali, spese di lite dell'a.t.p. e del doppio grado di giudizio.
In particolare, il Collegio escludeva una responsabilità concorsuale del (Soggetto 1) non essendo provata dalla assicurazione (su cui gravava il relativo onere), la sua conoscenza dello stato di ebbrezza del conducente. In ogni caso, tale concorso non era configurabile mancando la cooperazione attiva del danneggiato nel fatto colposo.
Quindi, quantificava i danni: Euro 476.688,75 per invalidità permanente, pari al 47% stabilito dal c.t.u. e avuto riguardo all'età del ragazzo al momento del sinistro (20 anni), comprensivo del danno non patrimoniale, della sua personalizzazione al 25%, giustificata dalla giovane età del danneggiato e dalla gravissima e irreversibile compromissione delle sue future condizioni di vita; Euro 22.601,25 per inabilità temporanea; Euro 23.183,81 per le spese sostenute, documentate in atti. Quindi, devalutate le prime due voci di danno, applicando, perché debito di valore, gli interessi compensativi e la rivalutazione, stabiliva che l'inabilità temporanea e l'invalidità permanente ammontavano ad Euro 590.506,70. Riconosceva al (Soggetto 1) il danno patrimoniale futuro da perdita della capacità lavorativa specifica, quantificandolo in Euro 136.441,59.
Respingeva, invece, l'appello incidentale.
3. Avverso tale sentenza il signor (Soggetto 1) propone ricorso per cassazione, sulla base di nove motivi.
Resiste con controricorso e ricorso incidentale (Soggetto 4) [Assicurazioni] Italia Spa a cui resiste con controricorso (Soggetto 1).
3.1. Il Collegio si è riservato il deposito nei successivi sessanta giorni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4.1. Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia la "Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 132, co. 2, n.4, in relazione all'art. 360, co. 1, n. 4 c.p.c. nullità della sentenza per contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e contraddittorietà intrinseca nell'indicazione dell'età del danneggiato".
La Corte d'appello avrebbe erroneamente individuato l'età del danneggiato all'epoca del sinistro in 20 anni, mentre ne aveva 19, con conseguente nullità della sentenza per violazione dei doveri decisori di cui all'art. 132, comma 4, c.p.c.
4.2. Con il secondo motivo, si censura la sentenza per "Violazione e/o falsa applicazione dell'artt. 1223, 1226, 2056 c.c. e 137 del codice delle assicurazioni private (D.Lgs. n. 209/2005) in relazione all'art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c.: lesione del principio dell'integralità del ristoro del danno, per erroneo computo dell'età del (Soggetto 1) ai fini dell'esatta quantificazione del danno".
La Corte molisana avrebbe erroneamente quantificato il danno del (Soggetto 1) applicando, nel relativo conteggio, come parametro dell'età 20, anziché 19, con conseguente violazione delle norme di legge richiamate.
4.3. Con il terzo motivo, il ricorrente prospetta "Violazione e/o falsa applicazione dell'artt. 1223, 1226, 2056 c.c. e 137 del codice delle assicurazioni private (D.Lgs. n. 209/2005) in relazione all'art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c.: lesione del principio dell'integralità del ristoro del danno, per erroneo computo dell'incapacità lavorativa specifica ("P") ai fini dell'esatta quantificazione del danno".
Il giudice dell'appello ha erroneamente parametrato l'incapacità lavorativa specifica (P) alla percentuale del 47% (corrispondente al danno biologico da invalidità permanente/incapacità lavorativa generica), invece che al 100%, percentuale accertata dal consulente tecnico d'ufficio in sede di a.t.p. e condivisa dal primo giudice.
4.4. Con il quarto motivo, si lamenta la "Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 132, co. 2, n. 4, in relazione all'art. 360, co. 1, n. 4 c.p.c. Nullità della sentenza per contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e contraddittorietà intrinseca nel computo dell'incapacità lavorativa specifica ("P")".
La decisione della Corte molisana sarebbe contraddittoria e obiettivamente incomprensibile, in quanto, dopo aver respinto sul punto l'appello incidentale, aver condiviso le conclusioni del consulente tecnico d'ufficio e affermato che l'incapacità lavorativa futura del (Soggetto 1) era totale, l'ha parametrata a quella del danno biologico, ossia 47%, anziché al 100%.
4.5. Con il quinto motivo, si censura la decisione della Corte d'appello per "Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c., in relazione all'art. 360, co. 1, n. 4 c.p.c. Nullità della sentenza per omessa motivazione nella quantificazione della percentuale dell'incapacità lavorativa specifica nella misura del 47%".
La statuizione impugnata sarebbe viziata da omessa motivazione in ordine all'applicazione della percentuale del 47% al danno da incapacità lavorativa specifica.
4.6. Con il sesto motivo, il ricorrente prospetta la "Violazione e/o falsa applicazione dell'artt. 1223, 1226, 2056 c.c. e 137 del codice delle assicurazioni private (D.Lgs. n. 209/2005) in relazione all'art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c.: lesione del principio dell'integralità del ristoro del danno, per erronea applicazione del coefficiente di capitalizzazione ("C")".
La Corte molisana, nella quantificazione del danno da perdita della capacità lavorativa specifica, avrebbe erroneamente applicato il coefficiente di capitalizzazione indicato nel R.D. n. 1403/1922, anziché quello previsto dai Quaderni del CSM (cfr. p. 24, sentenza impugnata). Su tale somma, andranno calcolati gli interessi compensativi dal sinistro sino alla sentenza definitiva.
4.7. Con il settimo motivo, formulato dal ricorrente in via alternativa al precedente, si lamenta la "Violazione e/o falsa applicazione dell'artt. 1223, 1226, 2056 c.c. e 137 del codice delle assicurazioni private (D.Lgs. n. 209/2005) in relazione all'art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c.: lesione del principio dell'integralità del ristoro del danno e dei principi regolatori le obbligazioni di valore, per omessa rivalutazione della somma liquidata quale danno da invalidità lavorativa specifica dalla data del sinistro (30/12/2012) sino alla data del deposito della sentenza; nonché per omessa applicazione degli interessi compensativi nella misura del 2.5% computati sulla somma-base via via rivalutata anno per anno dalla data del sinistro sino alla data del deposito della sentenza".
4.8. Con l'ottavo motivo, formulato in subordine all'eventuale rigetto del sesto motivo, denuncia la "Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c., in relazione all'art. 360, co. 1, n. 4 c.p.c. Nullità della sentenza per omessa motivazione sulla domanda relativa alla liquidazione della rivalutazione monetaria sulla somma liquidata quale danno da invalidità lavorativa specifica dalla data del sinistro (30/12/2012) sino alla data del deposito della sentenza; nonché per omessa applicazione degli interessi compensativi nella misura del 2.5% computati sulla somma-base via via rivalutata anno per anno dalla data del sinistro sino alla data del deposito della sentenza".
4.9. Infine, con il nono motivo, lamenta la "Violazione e falsa applicazione dell'art. 346 c.p.c. anche in relazione agli artt. 702 ter e 183 c.p.c., nonché degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione ex art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c".
La sentenza avrebbe erroneamente affermato la decadenza dell'appellante dalla prova per interpello e testimoniale articolata in primo grado, quando sarebbero state tempestivamente reiterate in primo grado.
5. I primi due motivi di ricorso, esaminabili congiuntamente perché denunciano entrambi l'erroneo computo dell'età del (Soggetto 1) nella liquidazione del danno, sono fondati.
Questa Corte ha, ripetutamente, affermato che il giudice di merito che commette un errore nel calcolo del danno, utilizzando un moltiplicatore sbagliato rispetto all'età della vittima, incorre in error in iudicando, non emendabile con la procedura di correzione prevista dall'art. 287 c.p.c.. Tale error non consiste in una inesatta applicazione delle regole matematiche, ma cade sulla individuazione dei dati numerici posti alla base del calcolo, traducendosi in un vizio logico della motivazione, perché impedisce la ricostruzione del ragionamento seguito dal giudice per giungere alla decisione. Ciò comporta la nullità della sentenza nella parte relativa alla liquidazione del danno, per difetto del requisito di cui all'art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 (v. ex plurimis Cass. civ., Sez. I, Ord., 25/11/2022, n. 34873; Cass. civ., Sez. III, Ord., 13/12/2021, n. 39424; Cass. civ., Sez. III, Ord., 21/02/2020, n. 4598; Cass. civ., Sez. III, 22/11/2016, n. 23704).
Nel caso di specie il giudice dell'appello non ha applicato tali principi. Infatti, nel calcolare il danno biologico permanente spettante al (Soggetto 1), ha commesso un grave errore in quanto, pur applicando correttamente i valori tabellari milanesi del 2018, in relazione alla sua età, ha effettivamente utilizzato come parametro il valore "20", anziché "19", reale età del ragazzo al momento del sinistro (30 dicembre 2012), nonostante tale data fosse ricavabile dall'intestazione della decisione (cfr. pp. 1, 21, 22 e 24 sentenza impugnata).
L'errore di calcolo, nella fattispecie, ha determinato una liquidazione del danno errata, inferiore a quella spettante al (Soggetto 1) applicando il parametro anagrafico corretto.
Tutto ciò rende la sentenza di secondo grado nulla ai sensi dell'art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. per error in iudicando.
5.1. I motivi dal terzo al quinto investono tutti la sentenza nella parte relativa alla liquidazione del danno patrimoniale da riduzione della capacità lavorativa specifica, erronea perché parametrata sulla invalidità del danno biologico (47%), anziché al 100%, stante la totale preclusione allo svolgimento di attività lavorativa futura nello spettacolo da parte del (Soggetto 1).
I motivi sono infondati. Si richiede infatti una rivalutazione dei dati fattuali e in particolare probatori, il cui giudizio rimane nella piena discrezionalità del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità.
5.2. È, invece, fondato il sesto motivo di ricorso.
La Corte d'Appello, infatti, ha disatteso il principio di diritto enunciato da questa Corte secondo cui il "danno permanente da incapacità di guadagno non può essere liquidato in base ai coefficienti di capitalizzazione approvati con R.D. n. 1403 del 1922, i quali, a causa dell'innalzamento della durata media della vita e dell'abbassamento dei saggi di interesse, non garantiscono l'integrale ristoro del danno, e con esso il rispetto della regola di cui all'art. 1223 c.c." (v. tra le molte, Cass. sez. III 28 aprile 2017 n. 10499; Cass. civ. III 10 aprile 2015 n. 20615; Cass. civ., Sez. III, 21/03/2022, n. 9002; Cass. civ., Sez. III, Ord., 5/05/2021, n. 11719 Cass. civ., Sez. VI-3, Ord., 31/08/2020, n. 18093; Cass. civ., Sez. III, 31/05/2019, n. 14891; Cass. civ., Sez. III, Ord., 4/10/2018, n. 24189; Cass. civ. Sez. III, 14/10/2015, n. 20615; per l'impossibilità di applicazione dei coefficienti suddetti si veda anche: Cass. civ., Sez. III, Ord., 2/05/2022, n. 13727Cass. civ., Sez. III, 28/04/2017, n. 10499).
Sul punto, la giurisprudenza, per scongiurare l'applicazione dei suddetti coefficienti, ne ha indicati altri, tra cui il giudice di merito resta ovviamente libero di scegliere, purché siano aggiornati e scientificamente corretti. Ebbene, tra i più diffusi vi sono quelli indicati dal CSM, allegati agli Atti dell'Incontro di studio per i magistrati svoltosi a Trevi il 30 giugno - 1° luglio 1989, Tabella B (in Nuovi orientamenti e nuovi criteri per la determinazione del danno, Quaderni del CSM, 1990, n. 41, pp. 127 e ss.) (cfr. da ultimo Cass. civ., Sez. III, 25/10/2022, n. 31574; Cass. civ., Sez. III, 31/05/2019, n. 14891; Cass. n. 20615/2015 cit.).
La sentenza impugnata deve quindi essere cassata sul punto e rinviata alla Corte d'appello di Campobasso che, nel riesaminare il caso, applicherà il citato principio di diritto, individuando pertanto come coefficiente di capitalizzazione del danno patrimoniale da incapacità lavorativa specifica quello riportato nei Quaderni del CSM, Tabella B, ovvero altro criterio ritenuto parimenti congruo, sulla base delle indicazioni che precedono, con ogni conseguente effetto in ordine alle eventuali ulteriori componenti di determinazione del quantum risarcitorio.
L'accoglimento del sesto motivo assorbe il settimo, ottavo e nono motivo del ricorso principale.
6. Ricorso incidentale.
6.1. (Soggetto 4) [Assicurazioni] Italia Spa lamenta la "violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1227, comma I, e 2056 c.c. in relazione all'art. 360, comma I, n. 3 c.p.c.". Segnatamente, tale decisione sarebbe erronea perché non avrebbe considerato il concorso di colpa del danneggiato nella misura del 20%, essendosi esposto volontariamente al rischio delle conseguenze negative derivanti dall'aver accettato il passaggio malgrado l'evidente stato di ebbrezza del conducente.
7. Il motivo non merita accoglimento per un triplice ordine di ragioni.
In primo luogo perché, per orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, colui che denuncia il vizio di cui all'art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c. deve non solo indicare le norme di legge asseritamente violate, come fatto da (Soggetto 4) [Assicurazioni] Italia, ma anche esaminarne il contenuto precettivo, confrontandolo con le affermazioni in diritto contenute nella decisione impugnata, richiamandole poi in modo specifico (cfr. ex multis, Cass. civ., SS. UU., 28/10/2020, n. 23745; Cass. civ., Sez. III, Ord., 18/08/2023, n. 24819; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 20/07/2023, n. 21798; Cass. civ., Sez. II, 13/07/2023, n. 20059; Cass. civ., Sez. II, Ord., 19/06/2023, n. 17430; Cass. civ., Sez. III, Ord., 11/05/2023, n. 12954).
In secondo luogo perché il motivo si sostanzia in una richiesta di rivalutazione del materiale probatorio non consentita in questa sede. (cfr. ex plurimis, Cass. civ., Sez. III, Ord., 21/07/2023, n. 21972; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 19/07/2023, n. 21242;).
In terzo luogo, perché tutte le censure svolte non colgono l'effettiva portata della ratio decidendi della sentenza, in quanto la Corte di appello di Campobasso ha compiutamente esaminato tutte le risultanze istruttorie e, sulla base anche degli esiti della consulenza tecnica d'ufficio nell'a.t.p., ha ritenuto non configurabile una responsabilità del (Soggetto 1) nella causazione del sinistro ex art. 1227, comma 1, c.c., evidenziando come la compagnia assicurativa non avesse assolto al relativo onere probatorio sulla stessa gravante (v. pp. 11-12, 15-24 sentenza impugnata).
Inoltre, per costante insegnamento di questa Corte regolatrice, il fatto colposo del danneggiato, rilevante ai fini dell'applicazione dell'art. 1227, comma 1, c.c., deve connettersi causalmente all'evento dannoso, non potendo quest'ultimo essere pretermesso nella ricostruzione della serie causale giuridicamente rilevante, né potendosi collegare direttamente la condotta colposa del danneggiato con il danno da lui patito; ne consegue che non ogni esposizione a rischio da parte del danneggiato è idonea a determinarne un concorso giuridicamente rilevante, all'uopo occorrendo, al contrario, che tale condotta costituisca concreta concausa dell'evento dannoso. (ex multis, Cass. n. 1295/2017: nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso il concorso colposo del danneggiato, deceduto in un sinistro stradale, per avere accettato di farsi trasportare su un'autovettura guidata da un conducente in stato di ebrezza, e ciò sul rilievo che la responsabilità causativa del sinistro era stata integralmente ascritta al conducente dell'altro veicolo in esso coinvolto, ma non senza sottolineare, peraltro, l'assenza di prova sia sull'effettivo superamento - da parte del guidatore trasportante - del tasso alcolico consentito, che sulla consapevolezza, in capo al trasportato, di tale circostanza, siccome notoriamente non percepibile, con immediatezza, da ogni persona di media attenzione e prudenza).
La giurisprudenza di legittimità, con specifico riferimento alla posizione del terzo trasportato, danneggiato da un sinistro, ha poi affermato, su di un piano più generale, che, quando quest'ultimo non partecipa attivamente alla sua causazione, non ne è configurabile alcuna responsabilità (v. ex plurimis Cass. civ., Sez. III, Ord., 6/09/2023, n. 26013; Cass. civ., Sez. lavoro, Ord., 15/12/2022, n. 36855; Cass. civ. Sez. VI-3, Ord., 20/09/2022, n. 27445; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 5/08/2021, n. 22352; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 25/01/2019, n. 2226; Cass. civ., Sez. III, Ord., 12/10/2018, n. 25391; Cass. civ., Sez. III, 19/01/2017, n. 1295 Cass. civ., Sez. III, 09/02/2004, n. 2422).
Nel caso di specie, la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione anche di tali principi, ritenendo sussistere in capo al (Soggetto 1) il diritto ad ottenere l'integrale risarcimento del danno, non essendo allo stesso ascrivibile alcuna colpa per il verificarsi dell'incidente.
7.1. Il rigetto del ricorso incidentale determina l'assorbimento del nono motivo di ricorso principale.
8. Pertanto, la Corte accoglie il primo, secondo, terzo e sesto motivo del ricorso principale, dichiara assorbiti il quarto, quinto, settimo, ottavo e nono motivo, cassa in relazione ai motivi accolti la sentenza impugnata e rinvia anche per la liquidazione delle spese di questo giudizio, alla Corte di Appello di Campobasso. Rigetta il ricorso incidentale.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo, secondo, terzo e sesto motivo di ricorso principale, dichiara assorbiti il quarto, quinto, settimo, ottavo e nono motivo, cassa in relazione ai motivi accolti la sentenza impugnata e rinvia, anche per la liquidazione delle spese di questo giudizio, alla Corte di Appello di Campobasso, in diversa composizione.
Rigetta il ricorso incidentale.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione in data 20 settembre 2023.
Depositato in Cancelleria il 3 gennaio 2023.
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