Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Consiglio di Stato, Sezione quinta, sentenza n. 4901 del 17 maggio 2023

 

Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza numero 4901 del 17/05/2023
Circolazione Stradale - Art. 3 del Codice della Strada - Golfo di fermata e Drop off - Il golfo di fermata, normato dall'art. 3, comma 1, n. 24 del C.d.S., è destinato alla fermata dei veicoli per il tempo necessario alle operazioni di salita e discesa dei passeggeri e/o di carico e scarico delle merci, e solo per motivi di interesse pubblico non previsto a vantaggio di esercizi privati, contrariamente al drop off, neanche normato dal C.d.S., che necessita del rilascio della concessione in quanto attribuisce l'uso esclusivo di suolo pubblico a determinate attività, solitamente alberghi e ristoranti, per la movimentazione di oggetti e persone.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 804 del 2019, proposto da (Soggetto 1) S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati G. Sa., F. Fu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Napoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati A. An., F. M. Fe., G. Pi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio L. Le. in Roma, via (Omissis); A. - Azienda (Omissis) S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato G. Ru., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Sesta) n. 7427/2018

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Napoli e di A. - Azienda (Omissis) S.p.A. e di Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod. proc. amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 28 febbraio 2023 il Cons. Sergio Zeuli e, ai sensi dell'art. 87, comma 4-bis c.p.a. e dell'art. 13-quater disp. att. c.p.a. (articolo aggiunto dall'art. 17, comma 7, D.L. 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2021, n. 113), uditi gli avvocati Ru., Fu. e Fe., in collegamento da remoto;

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La sentenza impugnata ha rigettato il ricorso con cui la parte appellante aveva chiesto l'annullamento della nota del Comune di Napoli (Servizio Attività Tecniche Municipalità II) prot. (...) del 14 marzo del 2018, con la quale l'Amministrazione ha negato ex abrupto, a distanza di circa 5 anni, la validità dell'autorizzazione prot. (...) rilasciata l'11 settembre del 2013 per la realizzazione di un Drop Off, nonché di ogni altro atto e/o provvedimento presupposto, precedente, connesso, conseguente e/o collegato, oltre che la richiesta di condanna del Comune al risarcimento dei danni, ai sensi dell'art. 30 del c.p.a..

2. A supporto del gravame, la parte appellante espone le seguenti circostanze:

- il Comune di Napoli ha rilasciato, l'11 settembre del 2013, alla parte appellante l'autorizzazione prot. (...) alla realizzazione di un Drop Off sul marciapiede prospiciente l'ingresso dell'esercizio di via (Omissis) n. 5, a seguito di regolare procedimento amministrativo;

- dopo il rilascio, i lavori per realizzare lo slargo sono stati eseguiti e, per circa cinque anni, l'attività della parte appellante si è svolta regolarmente, tramite l'utilizzo dello scalo, consentendo sia ai mezzi di trasporto collettivo a vocazione turistica che a quelli commerciali e privati, l'uso dell'area per la fermata;

- il predetto Drop Off rappresentava un elemento strategico di fondamentale importanza per l'azienda, perché offriva la possibilità agli avventori di sostare per il periodo necessario alle operazioni di discesa e salita garantendo uno standard di accoglienza, particolarmente per i turisti in transito proveniente dalla vicina zona portuale;

- l'8 marzo del 2018 si presentavano sul posto dipendenti dell'A. che procedevano, dopo avere reso nota l'Ordinanza Sindacale n. 571 del 2 novembre del 2012, alla realizzazione delle strisce blu per il parcheggio pubblico nello spazio immediatamente esterno alla zona di "Drop Off", nonostante fosse stata esibita l'autorizzazione del 2013, strisce che rendevano inutilizzabile la zona autorizzata;

- tanto premesso la parte appellante avviava un'interlocuzione con il competente ufficio comunale, rappresentando che l'ordinanza in forza della quale erano state realizzate le strisce blu, era precedente di un anno a quella che aveva autorizzato il Drop Off;

- l'ordinanza che aveva istituito la sosta a pagamento era invece stata revocata;

- l'ente locale rispondeva con la nota del 14 marzo del 2018, impugnata con il ricorso principale, con cui: negava validità all'autorizzazione del 2013, sostenendo che la stessa non era supportata da una Concessione di Suolo Pubblico ed era contraria all'art. 8 del Regolamento del 2017; rappresentava che gli atti emessi in fase istruttoria non erano stati confermati, in virtù di un parere richiesto al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, tuttavia non comunicato alla società interessata ne' a questa altrimenti nota.

La sentenza impugnata ha dichiarato la sopravvenuta carenza di interesse in relazione all'annullamento degli atti impugnati con il ricorso introduttivo, in quanto l'autorizzazione è venuta alla sua naturale scadenza quinquennale e ha dichiarato altresì inammissibili i motivi aggiunti presentati dalla parte avverso il parere del M.I.T., ritenuto non avente portata lesiva. La decisone appellata ha infine respinto la domanda risarcitoria, mancando il presupposto dell'illegittimità dell'azione amministrativa, come anche un danno ingiusto lamentato.

Avverso la decisione sono sollevati i seguenti motivi di appello, così rubricati:

1. Erronea valutazione delle risultanze procedimentali e documentali. Difetto di istruttoria. Erronea motivazione. Travisamento. Contraddittorietà. Illogicità. Omessa considerazione del prospetto calcolo oneri concessori COSAP.

2. Erronea e/o omessa valutazione della documentazione depositata dal Comune di Napoli (nota prot. (...) del 14.3.2018) e dei riconoscimenti espressi negli atti processuali. Violazione dell'art. 64 C.P.A.

3. Omessa applicazione dell'art. 64 C.P.A. in tema di mancata contestazione. Omessa valutazione e pronuncia sul terzo motivo di ricorso.

4. Erronea qualificazione della vicenda amministrativa e del bene oggetto della richiesta all'Amministrazione. Difetto di istruttoria. Perplessità. Travisamento. Contraddittorietà. Erronea considerazione degli elementi documentali. Violazione art. 3 L. n. 241 del 1990.

5. Erronea valutazione, sotto altro profilo, delle risultanze procedimentali e documentali. Difetto di istruttoria. Erronea motivazione. Travisamento. Contraddittorietà. Illogicità. Erronea valutazione delle note inoltrate da (Soggetto 1) [S.p.A.] successivamente alla realizzazione dell'area di Drop Off.

Violazione e falsa applicazione dell'art. 20 L. n. 241 del 1990.

6. Violazione e falsa applicazione dell'art. 21 nonies L. n. 241 del 1990. Erronea valutazione delle risultanze procedimentali e documentali in tema di violazione del legittimo affidamento e della buona fede

7. Omessa considerazione della Ordinanza del Consiglio di Stato n. 2573/2018. Violazione e falsa applicazione dell'art. 21 nonies L. n. 241 del 1990 e dell'affidamento

8. Parere Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti prot. (...) del 24.3.2014. Difetto di istruttoria. Erronea e carente motivazione.

9. Richiesta di condanna al risarcimento dei danni subiti.

Difetto di istruttoria e di motivazione. Abnormità. Perplessità. Erronea valutazione delle risultanze documentali ed omessa pronuncia.

10. Abnormità della condanna alle spese di lite. Violazione e falsa applicazione degli artt. 26, comma II, e 64, comma IV, C.P.A.

2. Si sono costituiti in giudizio il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti (MIT), il Comune di Napoli e l'A.N., tutti contestando l'avverso dedotto e chiedendo il rigetto del gravame.

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. La controversia ha ad oggetto il Provv. del 14 marzo del 2013, con il quale il servizio attività tecniche della seconda municipalità, a seguito di richiesta di chiarimenti formulata dalla parte appellante, ha comunicato che costei non aveva alcuna legittimazione ad occupare la parte di suolo pubblico, prospiciente l'esercizio commerciale "(Soggetto 1) [S.p.A.]", sita in (Omissis), alla via (Omissis) n. 5.

Il giudice di primo grado ha ritenuto improcedibile il ricorso principale, nella parte relativa alla domanda di annullamento dei provvedimenti impugnati, per carenza di interesse, essendo l'originaria autorizzazione venuta meno alla naturale scadenza quinquennale, ossia l'11 settembre del 2018.

La parte appellante non ha espressamente impugnato questo capo di sentenza, tuttavia ha riproposto i motivi di doglianza avverso l'atto impugnato, già prospettati in primo grado. Pertanto, poiché insiste nella richiesta che le siano risarciti i danni derivanti dall'attività illecita della Pubblica Amministrazione, le ridette censure vanno necessariamente riesaminate in questa sede.

4. Va premesso che le stesse si articolano, in buona sostanza, attorno a due direttrici di fondo: da un lato, contestano alla sentenza gravata di avere ritenuto che, avuto riguardo al suolo pubblico in discussione, non fosse stata rilasciata dal Comune una regolare concessione, e, dall'altro, contestano che l'oggetto della pretesa non fosse - come ritenuto dal giudice di prime cure - un "golfo di fermata", ma un più ampio "drop off", laddove la, significativa, differenza fra le due figure risiederebbe nel fatto che la prima, diversamente dal secondo, non consente la sosta, ma solo la fermata dei veicoli per il tempo necessario alle operazioni di discesa dei passeggeri e/o di carico e scarico delle merci e solo per motivi di interesse pubblico, non privato ne' commerciale.

Nella prima direttrice censoria vanno annoverati il primo, il secondo, il terzo ed il sesto motivo di appello, nella seconda direttrice il quarto motivo di appello, e, in parte, il quinto motivo di appello.

I restanti motivi, ancorché connessi ai precedenti, meritano trattazione autonoma.

4.1. Il primo motivo di appello contesta alla sentenza impugnata di avere erroneamente ritenuto che l'area in discussione non sia stata oggetto di una regolare concessione in favore della parte appellante, che, viceversa, sarebbe titolare di un valido e legittimo titolo concessorio di suolo pubblico, per realizzare il cd. "drop off", ossia un'area riservata alla sosta temporanea di veicoli, davanti l'ingresso principale dell'esercizio.

Dunque, sostiene la parte appellante, la concessione di suolo pubblico, avente durata quinquennale, sarebbe stata rilasciata. Questo emergerebbe, nella sua prospettazione, dalla comunicazione del 27 agosto del 2013 con cui il RUP, il referente del servizio e il dirigente del settore attestavano l'esito positivo dell'istruttoria, quantificando gli importi dovuti per la cauzione e per il canone di concessione, con la precisazione che la concessione avrebbe dovuto essere rinnovata dopo un quinquennio.

Del resto, continua il motivo, erano state espletate le formalità successive, avendo l'appellante provveduto ad eseguire i pagamenti relativi alla cauzione ed al primo canone annuale, dopo aver ritirato l'autorizzazione.

4.2. Come anticipato, anche il secondo motivo di appello ribadisce che il Comune aveva formalmente autorizzato il drop off, con la connessa concessione, il che si evincerebbe dalla nota del dirigente del servizio mobilità sostenibile del 22 ottobre del 2013 che chiedeva espressamente chiarimenti in ordine al rilascio della relativa autorizzazione, benché mancasse il richiesto parere dell'ufficio di cui era titolare.

4.3. Il terzo motivo di appello, che è parzialmente in contraddizione coi primi due, ma comunque si collega alla medesima tematica, contesta alla sentenza impugnata di non essersi pronunciata sul motivo col quale si faceva valere la violazione dell'art. 10 bis della L. n. 241 del 1990 e dell'art. 5, comma II, del Regolamento COSAP, a norma dei quali i motivi del rigetto dell'istanza di occupazione devono essere, entro i termini indicati dal regolamento, comunicati al richiedente. Il motivo aggiunge che, sul punto specifico, il Comune di Napoli non ha rassegnato alcuna replica, il che avrebbe fatto divenire inoppugnabile la relativa circostanza.

4.4. Il sesto motivo di appello contesta la violazione dell'articolo 21 nonies della L. n. 241 del 1990, nonostante si fosse ingenerato nella parte appellante - che aveva fruito per quasi cinque anni dell'area - un affidamento incolpevole nella legittimità dell'originario provvedimento. Buona fede che sarebbe giustificata da: 1. la presenza di due distinti titoli abilitativi; 2. l'intervenuta realizzazione dei lavori necessaria a rendere utilizzabile l'area; 3. il pagamento di oneri concessori e delle polizze fideiussorie; 4. le tre note con le quali la parte appellante aveva informato il Comune della circostanza che la società stava utilizzando l'area.

5. Come anticipato, conviene esaminare la contestazione attorno alla quale ruotano tutti i motivi sopra-esposti, che attiene al se, alla parte appellante, sia stata o meno rilasciata effettivamente una concessione di suolo pubblico, così come da lei sostenuto.

La prospettazione in fatto della parte appellante non è accoglibile. Vi sono infatti plurimi elementi che depongono in senso contrario, primo di essi è quello sistematico; abilitando, infatti, il provvedimento concessorio la fruizione individuale di un bene pubblico, la volontà dell'amministrazione, in tale senso, avrebbe dovuto essere univoca sennonché, di tale inequivocità, negli atti sottoposti all'attenzione di questo giudice, non v'è traccia. Vale osservare che, con il Provv. dell'11 settembre del 2013, la 2 municipalità ha autorizzato il richiedente a realizzare i lavori necessari al drop off, senza espressamente concedere il suolo pubblico, e subordinando l'esecuzione di detti lavori al rispetto delle norme di sicurezza della Polizia Stradale e del Codice della Strada.

Che la concessione non fosse ancora perfezionata era circostanza condivisa anche dal legale rappresentante della società appellante che infatti, il 17 ottobre del 2013, comunica al Comune di aver sospeso il servizio di drop off, malgrado il completamento dei lavori, in attesa della concessione, il cui rilascio lo stesso amministratore sollecitava con successive note del 6 novembre del 2013 e del 7 gennaio del 2014.

Verosimilmente ciò accadeva perché, nel frattempo, con una nota del 22 ottobre del 2013, il referente del servizio di mobilità aveva contestato al suo dipendente il rilascio della suddetta autorizzazione ad effettuare i lavori, e questo aveva creato una stasi del relativo procedimento, inducendo l'interessato a sollecitarne la definizione.

Sia come sia, il dato certo e incontroverso è che la concessione di suolo pubblico - malgrado i lavori eseguiti - non si era ancora perfezionata e di tanto erano convinte entrambe le parti del rapporto giuridico-amministrativo.

Che le note fossero espressione della correttezza riversata dalla parte appellante nella gestione del rapporto con il concedente, è invece un dato indimostrato ed illogico, oltre che contraddittorio dal momento che, da un certo momento in poi, il suolo cominciò ad essere utilizzato dall'esercizio commerciale, e ciò non sarebbe avvenuto se si fosse prestato ossequio al principio di buona fede.

Ne', in assenza di una espressa previsione di legge, all'asserito silenzio serbato dal Comune sul punto poteva attribuirsi alcun significato. A prescindere dal fatto che il Comune non rimase inerte di fronte a dette richieste, perché era in corso il relativo procedimento, come attestano anche gli atti impugnati.

A comprova di quanto appena rilevato, si deve considerare che: 1. nell'atto dell'11 settembre del 2013 - che si limita ad autorizzare i lavori - non vi è alcuna indicazione di efficacia, né iniziale né finale, ne' tanto meno è indicato il canone concessorio; 2. nello stesso atto si precisa che quel provvedimento dovrà essere ritirato dagli interessati e che sarebbero state notificate, al responsabile dell'esercizio, l'importo della cauzione e quello del canone da versare, il che fa, parimenti, ritenere che solo all'esito di questi adempimenti vi sarebbe stato il perfezionamento della fattispecie; 3. incontestatamente, la parte ha pagato, insieme al deposito cauzionale, il canone per il solo anno 2013, benché - per sua stessa ammissione - abbia continuato ad utilizzare il suolo pubblico per ulteriori quattro anni. Ed anche questo fa ritenere che fosse consapevole di non avere acquisito la veste di concessionario.

Infine, va altresì considerato che, a tutto voler concedere, la concessione sarebbe stata nulla perché, ai sensi del punto 24, comma 1, dell'art. 3 del codice della strada, il cd. "Golfo di fermata" è consentito per le sole fermate dei mezzi collettivi di linea, e non può essere previsto a vantaggio di esercizi privati, e poiché l'atto dell'11 settembre del 2013 subordinava la propria efficacia al rispetto delle norme della strada, conteneva in sé un'intrinseca contraddittorietà. Dunque, se anche potesse - e non è possibile - interpretarsi quale concessione, l'atto sarebbe nullo per illiceità dell'oggetto.

Tanto meno può ritenersi probante la nota di contestazione - inviata al RUP, che aveva sottoscritto l'autorizzazione dell'11 settembre del 2013, il 22 ottobre del 2013 dal dirigente dell'unità organizzativa, perché quest'ultima giammai parla di concessione, ma sempre di autorizzazione e perché, in ogni caso, a tutto concedere, quella nota denuncerebbe l'illegittimità del provvedimento, e non potrebbe avere alcuna efficacia sanante, ma neppure valenza interpretativa rispetto a quest'ultimo.

In definitiva quella nota presenta, nella migliore delle ipotesi, una valenza assolutamente neutra rispetto alle deduzioni della parte appellante.

Quanto precede, infine, esclude che possa essersi ingenerato un affidamento incolpevole in capo alla parte appellante.

5.1. Tanto premesso, poiché come anticipato il primo, il secondo ed il sesto motivo si fondano sull'esistenza di un valido titolo concessorio, che non risulta essere in realtà mai stato rilasciato, da ciò deriva l'infondatezza di questi tre mezzi di gravame.

5.2. Per quanto concerne il terzo motivo di appello - che, come detto, lamenta la violazione dell'art.10 bis della L. n. 241 del 1990 - in disparte la sua contraddittorietà con gli altri tre, perché reclama il preavviso di diniego di una concessione che la parte appellante assume di avere già ottenuto - si osserva che è comunque infondato perché, tra la parte appellante ed il comune intimato, si è avuta una ricca interlocuzione procedimentale, con scambio di note e documenti, per il tramite della quale la società ha potuto avere piena contezza di quali fossero i motivi ostativi all'ottenimento della concessione, dunque, a tutto concedere, le prerogative partecipative della cui mancanza ci si duole, sono state rispettate per equipollenza.

D'altronde la suddetta interlocuzione - unita allo stato di apparente incertezza della configurazione in diritto della fattispecie - si è svolta lungo un arco temporale nel corso del quale la parte ha fruito di detto suolo pubblico, dunque l'asserita violazione delle garanzie partecipative, assumerebbe, in questa prospettiva, valenza di mera irregolarità, a fronte della quale, in considerazione delle circostanze appena esposte, è evidente che il diniego della concessione rappresentava comunque un atto dovuto, con conseguente dequotazione della doglianza per effetto di quanto previsto dal comma 2 dell'art. 21 octies della L. n. 241 del 1990.

6. Come si diceva, il quarto, il quinto e, in parte, il primo motivo di appello censurano la sentenza impugnata nella parte in cui non ha ritenuto assentito il cd. drop off.

Or bene, poiché il rilascio del drop off presupporrebbe comunque l'intervenuta concessione, è evidente che l'accertata mancanza di quest'ultimo titolo, dequota significativamente i motivi in esame.

Ciò non pertanto la ridetta deduzione è, di per se', a prescindere dalla mancanza del titolo concessorio, infondata.

In proposito va osservato che, come condivisibilmente rilevato dal giudice di prime cure, la figura è sconosciuta al codice della strada, che disciplina il solo Golfo di fermata, all'art. 3, comma 1, punto 24, riservato ai soli mezzi pubblici. Il che avrebbe richiesto una maggiore precisione del provvedimento abilitativo riferibile ad essa.

Il drop off - da qui la necessità della concessione - diversamente dal "Golfo", attribuisce l' uso esclusivo di suolo pubblico ad alberghi e ristoranti per la movimentazione di oggetti e persone e per il tempo necessario alle relative operazioni, e nel caso di specie non poteva essere rilasciato perché l'area era interessata dalle cd. "strisce blu", ossia era destinata, dal vigente piano parcheggi, al parcheggio pubblico a pagamento, incompatibili con uso esclusivo privato. Né risponde al vero che l'ordinanza che le aveva istituite era stata revocata, giuste le emergenze documentali in atti.

Da ciò consegue che l'atto autorizzatorio dell'11 settembre del 2013, ad onta del nomen iuris utilizzato, al più avrebbe potuto consentire un Golfo di fermata, che sarebbe stato comunque illegittimo perché non destinato a mezzi pubblici, ma ad usi privati. Da tali considerazioni discende l'infondatezza dei suddetti motivi, tutti ruotanti attorno ad una proposta diversa classificazione dell'oggetto controverso.

7. Il settimo motivo di appello contesta alla sentenza impugnata di essere in contraddizione con l'ordinanza cautelare del Consiglio di Stato n. 2573 del 2018, che aveva escluso la sussistenza di un interesse pubblico prevalente rispetto a quello privato.

7.1. L'obiezione non è convincente, considerata la natura interinale e provvisoria dei provvedimenti cautelari, destinati fisiologicamente ad essere superati dalla valutazione conseguente al merito pieno.

8. L'ottavo motivo di appello contesta alla sentenza impugnata di aver ritenuto inammissibile il ricorso presentato dalla parte appellante avverso il Parere del MIT del 24 marzo del 2014, perché, sostiene la parte appellante, è esclusivamente su di esso che si è formata la decisione negativa gravata.

8.1. Il motivo è infondato. Innanzitutto perché detto parere - essendo relativo all'ammissibilità del cd. "Golfo di fermata" - non ha inciso sulla posizione della parte appellante che, da subito, ha sostenuto essere titolare di un drop off, ossia di una pretesa avente una consistenza tutt'affatto diversa.

In secondo luogo, e comunque, perché detto parere non ha alcuna portata costitutiva e perciò tanto meno lesiva, perché si limita a riportare il contenuto di una disposizione di legge, ossia il già ricordato punto 24, dell'art. 1, comma 3, del codice della Strada.

9. Il nono motivo insiste nella richiesta di risarcimento dei danni, e conseguente condanna del Comune, derivanti dall'asserita illegittimità degli atti impugnati.

Il motivo è infondato, dal momento che - non essendo questi ultimi affetti dai vizi denunciati - non può dirsi integrata, a carico dell'amministrazione appellata, la fattispecie illecita di cui all'art. 2043 c.c.

In ogni caso la richiesta sarebbe in sé infondata, sia perché si basa sull'erroneo presupposto che la parte appellante avrebbe ottenuto il drop off , ma senza concessione tanto era impossibile, e comunque era incompatibile con il piano parcheggi, come visto, sia perché i criteri di calcolo proposti si fondano su dati presuntivi, conducono a risultati contraddittori e comunque non sono sorretti da adeguate allegazioni documentali.

10. Conclusivamente questi motivi inducono al rigetto dell'appello. Data la complicata articolazione che, nei suoi snodi fondamentali, ha avuto la vicenda procedimentale di cui alla presente controversia, ricorrono giustificati motivi per compensare le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso nella camera di consiglio del giorno 28 febbraio 2023, tenuta da remoto ai sensi dell'art. 17, comma 6, del D.L. 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2021, n. 113, con l'intervento dei magistrati:

Fabio Franconiero, Presidente FF

Giovanni Sabbato, Consigliere

Sergio Zeuli, Consigliere, Estensore

Giorgio Manca, Consigliere

Annamaria Fasano, Consigliere.

 

DISCLAMER: Il testo della presente sentenza o odinanza non riveste carattere di ufficialità e non sostituisce in alcun modo la versione pubblicata dagli organismi ufficiali. Vietata la riproduzione, anche parziale, del presente contenuto senza la preventiva autorizzazione degli amministratori del portale.


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