Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio
Consiglio di Stato, Sezione quinta, sentenza n. 3142 del 28 marzo 2023
Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza numero 3142 del 28/03/2023
Circolazione Stradale - Art. 85 del Codice della Strada - Servizio di N.C.C. - Rimessa - Sopravvenuta indisponibilità - Vincolo di territorialità - Obbligo - Revoca dell'autorizzazione - Legittimità - Il servizio di noleggio veicolo con conducente è assoggettato a un regime autorizzatorio da parte dell'Amministrazione comunale competente, e tra le condizioni oggettive vi è anche la disponibilità, in base a valido titolo giuridico, di una sede o di una rimessa situati nel territorio del comune che ha rilasciato l'autorizzazione; tale disponibilità deve sussistere non solo al momento del rilascio dell'autorizzazione, ma anche al fine del suo mantenimento, in quanto rappresentativa del vincolo di territorialità, ovvero del collegamento tra il titolare dell'autorizzazione e una determinata popolazione, e la sua sopravvenuta indisponibilità legittima la revoca dell'autorizzazione.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 4688 del 2022, proposto da (Soggetto 1), in proprio e quale socio della (Soggetto 2) rappresentata e difesa dagli avvocati F. L., S. C. e G. L., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
contro
Comune di (Omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato L. C., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania (Sezione sesta) n. 173/2022, resa tra le parti.
Visto il ricorso in appello;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di (Omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del 23 marzo 2023 il Cons. Anna Bottiglieri e viste le conclusioni delle parti come da verbale;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO - MOTIVI DELLA DECISIONE
1. La signora (Soggetto 1), in proprio e quale socia della (Soggetto 2) impugnava davanti al Tribunale amministrativo regionale per la Campania il provvedimento (Omissis) con cui il Comune di (Omissis) ha disposto l'annullamento in autotutela e la revoca dell'autorizzazione al servizio di noleggio veicoli con conducente n. 4662/2011 rilasciata a un terzo e volturata il 24 maggio 2018 alla medesima (Soggetto 1) "relativa alla vettura Mercedes Benz". L'impugnativa è stata estesa agli atti presupposti.
2. Con la sentenza indicata in epigrafe l'adito Tar, nella resistenza del Comune di (Omissis), dichiarata la sopravvenuta carenza di interesse in relazione a una delle proposte censure, respingeva il ricorso e condannava la ricorrente alle spese del giudizio.
3. L'interessata ha appellato la sentenza. Ha dedotto con un unico motivo: error in iudicando; violazione degli artt. 3 e 97 Cost., degli artt. 1, 2, 3 e segg. della L. n. 241 del 1990, della L. n. 21 del 1992; eccesso di potere per carenza di presupposti e di motivazione, difetto di istruttoria, arbitrarietà, illogicità, irragionevolezza, perplessità, sviamento; violazione dei principi di buona fede, proporzionalità, correttezza e affidamento del privato.
Ha poi riproposto i motivi assorbiti in primo grado 1) Violazione degli artt. 3, 4, 21-quinquies e 21-nonies della L. n. 241 del 1990, dell'art. 97 Cost., dell'art. 35 del regolamento comunale sull'esercizio di noleggio con conducente; eccesso di potere per difetto assoluto di presupposto, erroneità manifesta, travisamento e sviamento; 2) Violazione degli artt. 3, 4, 21-quinquies e 21-nonies della L. n. 241 del 1990, dell'art. 97 Cost., dell'art. 35 del regolamento comunale sull'esercizio di noleggio con conducente; eccesso di potere per difetto assoluto di presupposto, erroneità manifesta, travisamento e sviamento; 3) Violazione degli artt. 3, 4, 21-quinquies e 21-nonies della L. n. 241 del 1990, dell'art. 97 Cost., dell'art. 35 del regolamento comunale sull'esercizio di noleggio con conducente; eccesso di potere per difetto assoluto di presupposto, erroneità manifesta, travisamento e sviamento; 4) Violazione degli artt. 3, 4, 21-quinquies e 21-nonies della L. n. 241 del 1990, dell'art. 97 Cost., dell'art. 35 del regolamento comunale sull'esercizio di noleggio con conducente; incompetenza; eccesso di potere per difetto assoluto di presupposto, erroneità manifesta, travisamento e sviamento; 5) Violazione degli artt. 3, 4, 21-quinquies e 21-nonies della L. n. 241 del 1990, dell'art. 97 Cost., dell'art. 35 del regolamento comunale sull'esercizio di noleggio con conducente; eccesso di potere per difetto assoluto di presupposto, erroneità manifesta, travisamento e sviamento; 6) Violazione degli artt. 3, 4, 21-quinquies e 21-nonies della L. n. 241 del 1990, dell'art. 97 Cost., degli artt. 8 e 9 della L. n. 21 del 1992, degli artt. 2 e 3 del regolamento comunale approvato con delibera consiliare n. 18/2009, degli artt. 35 e 36 del regolamento comunale sull'esercizio di noleggio con conducente; eccesso di potere per difetto assoluto di presupposto, erroneità manifesta, travisamento e sviamento; 7) Violazione degli artt. 3, 4, 21-quinquies e 21-nonies della L. n. 241 del 1990, dell'art. 97 Cost., degli artt. 8 e 9 della L. n. 21 del 1992, degli artt. 2 e 3 del regolamento comunale approvato con delibera consiliare n. 18/2009, degli artt. 35 e 36 del regolamento comunale sull'esercizio di noleggio con conducente; eccesso di potere per difetto assoluto del presupposto, erroneità manifesta, travisamento e sviamento; 8) Violazione degli artt. 3, 4, 21-quinquies e 21-nonies della L. n. 241 del 1990, dell'art. 97 Cost., degli artt. 8 e 9 della L. n. 21 del 1992, degli artt. 2 e 3 del regolamento comunale approvato con delibera consiliare n. 18/2009, degli artt. 35 e 36 del regolamento comunale sull'esercizio di noleggio con conducente; eccesso di potere per difetto assoluto di presupposto, erroneità manifesta, travisamento e sviamento; 9) Violazione degli artt. 3, 4, 21-quinquies e 21-nonies della L. n. 241 del 1990, dell'art. 97 Cost., degli art. 8 e 9 della L. n. 21 del 1992, degli artt. 2 e 3 del regolamento comunale approvato con delibera consiliare n. 18/2009, degli artt. 35 e 36 del regolamento comunale sull'esercizio di noleggio con conducente; eccesso di potere per difetto assoluto del presupposto, erroneità manifesta, travisamento e sviamento.
Avanzata istanza istruttoria per acquisizione dei documenti sui quali si è fondato il provvedimento, l'appellante ha concluso per l'accoglimento dell'impugnativa.
4. Il Comune di (Omissis) si è costituito in resistenza con eccezioni di rito e di merito.
5. Con ordinanza (Omissis) la Sezione, tenuto conto della gravità del pregiudizio discendente dall'esecuzione della sentenza di primo grado, ha accolto la domanda cautelare avanzata nell'atto di appello.
6. La causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 23 marzo 2023.
7. Vanno illustrati prioritariamente, e nell'ordine, gli elementi emergenti dal provvedimento impugnato e l'andamento motivazionale della gravata sentenza.
8. L'atto impugnato ha considerato che:
- negli anni 2015/2018 il Comandante della Polizia Municipale del Comune di (Omissis) ha rilasciato in carenza di procedura pubblica n. 44 autorizzazioni per il servizio di noleggio veicoli con conducente nei confronti di vari soggetti, titolari di una società avente sede legale in (Omissis);
- tutte tali autorizzazioni sono state poi volturate a favore di soggetti terzi, titolari di società aventi sede legale in comuni diversi, che hanno comunicato di voler utilizzare come autorimessa porzioni di uno stesso terreno di proprietà privata sita in (Omissis);
- anche l'odierna appellante in occasione della volturazione in suo favore aveva dichiarato di voler utilizzare come autorimessa 30 mq. del predetto terreno privato, producendo il relativo contratto di affitto;
- la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli Nord aveva avviato un'indagine nei confronti del soggetto che aveva rilasciato le licenze e dei danti causa delle volture;
- con ordinanza (Omissis) il Comune aveva accertato che il terreno privato dichiarato come rimessa dall'appellante e dagli altri titolari delle autorizzazioni volturate era stato fatto oggetto di svariati abusi edilizi nel corso degli anni ed era stato posto al servizio di una flotta di oltre 40 mezzi in assenza dei requisiti di legge.
In questo contesto, il provvedimento di autotutela in esame ha rilevato che:
a) la licenza n. 4662/2011 era stata rilasciata al dante causa dell'appellante in violazione della L. 15 gennaio 1992 n. 21, Legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea, che all'art. 8 comma 1 prevede lo svolgimento di una previa procedura concorsuale pubblica;
b) anche la voltura in favore dell'appellante aveva violato la stessa legge, e segnatamente l'art. 9 comma 1, che la prevede al ricorrere di determinate condizioni (titolarità della licenza o dell'autorizzazione da almeno cinque anni; raggiungimento del sessantesimo anno di età; stato di inabilità permanente o inidoneità al servizio per malattia, infortunio o per ritiro definitivo della patente di guida), nella fattispecie inesistenti in quanto nessuna di esse era stata indicata nell'istanza di trasferimento della licenza;
c) la voltura dell'autorizzazione aveva altresì violato il regolamento comunale approvato con delibera consiliare n. 18/2009, che all'art. 3 stabilisce che "La dichiarazione presuppone che l'impresa abbia sul territorio comunale, alternativamente a) la sede legale; b) la principale organizzazione aziendale", prevedendo per la seconda ipotesi una serie di dichiarazioni che nella fattispecie non erano mai state rese (elenco delle organizzazioni aziendali attive sul territorio; orari di apertura e fatturato imponibile alle varie organizzazioni aziendali; relazione descrittiva nella quale si dimostra il carattere di principalità dell'organizzazione aziendale presente sul territorio comunale) e non essendovi neanche prova che la ditta avesse un'organizzazione aziendale nell'ambito del territorio comunale con carattere di principalità;
d) la voltura dell'autorizzazione aveva violato anche l'art. 2 comma 2 dello stesso regolamento comunale, prevedente che "Il trasporto di viaggiatori può essere effettuato con veicoli che, per la loro immatricolazione, siano atti a trasportare da nove a diciassette persone compreso il conducente (minibus) ovvero un numero di passeggeri superiore a diciassette (autobus)", in quanto il provvedimento in favore della dante causa dell'appellante autorizzava l'esercizio del noleggio con conducente mediante un determinato veicolo (Fiat Iveco A90-14) mentre la voltura si riferiva ad altro veicolo (Mercedes Benz) avente un totale di n. 5 posti;
e) l'appellante era sprovvista del requisito di cui all'art. 8 comma 3 della L. n. 21 del 1992 ("Per poter conseguire e mantenere l'autorizzazione per il servizio di noleggio con conducente è obbligatoria la disponibilità, in base a valido titolo giuridico, di una sede, di una rimessa o di un pontile di attracco situati nel territorio del comune che ha rilasciato l'autorizzazione"), in quanto il proprietario del terreno con cui era stato stipulato il contratto di locazione della predetta area di 30 mq. da adibire ad autorimessa aveva concluso contratti analoghi con quasi tutti i soggetti ai quali erano state volturate le autorizzazioni a suo tempo rilasciate dal Comune, sicchè l'immobile era risultato adibito a rimessa di circa 40 automezzi destinati al noleggio con conducente, in assenza dei requisiti di legge. Per tale motivo, con ordinanza (Omissis) il Comune, in ragione degli abusi riscontrati e dell'illegittima destinazione impressa al bene, aveva ordinato la sospensione di ogni attività di commercio e di servizi al suo interno, e l'appellante non aveva comunicato la sede di una nuova rimessa sita nel territorio comunale.
9. A questo punto va riferito che la sentenza appellata:
- ha dichiarato la sopravvenuta carenza d'interesse in riferimento alla censura di incompetenza formulata dall'interessata sul rilievo che l'atto di autotutela, contro le previsioni dell'art. 35 del regolamento comunale per la disciplina del servizio pubblico di noleggio con conducente, era stato adottato dal coordinatore della P.M. del Settore ambiente e vigilanza e non dal responsabile del SUAP.
Al riguardo, il Tar ha osservato che l'organo competente aveva ratificato e confermato il provvedimento nelle more del giudizio con atto 18 marzo 2021. Questo atto sopravvenuto era stato depositato al fascicolo di causa, notificato all'interessata e non impugnato con mezzi aggiunti, da cui la sua definitività;
- ha ritenuto che, contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente, il provvedimento non era né ambiguo ne' violativo del principio di legalità, indicando sia ragioni di annullamento in autotutela della licenza sia ragioni per provvedere alla dichiarazione della sua decadenza per mancanza di uno dei requisiti essenziali per l'esercizio dell'attività;
- ha quindi rilevato trattarsi di un atto c.d. "plurimotivato", che era sorretto anche dal solo accertamento della carenza in capo alla ricorrente del requisito previsto dall'art. 8 comma 3 della L. n. 21 del 1992, che ha confermato ritenendolo immune dalle dedotte censure;
- ha escluso che il Comune, come ventilato in ricorso, dovesse limitarsi all'adozione di un provvedimento di sospensione dell'autorizzazione nelle more della ricostituzione del requisito.
10. Passando all'esame delle censure formulate nell'atto di appello, il Collegio deve anzitutto rilevare che l'assunto del Tar circa l'appartenenza del provvedimento in esame alla categoria degli atti "plurimotivati" non è contestato ed emerge con ogni evidenza da quanto riferito al precedente capo 8.
Ne viene che la sentenza appellata bene poteva fare applicazione, come ha fatto, della regola costantemente affermata dalla giurisprudenza amministrativa, secondo cui quando un provvedimento amministrativo è fondato su una pluralità di autonomi motivi la legittimità di uno solo di essi è sufficiente a sorreggerlo, mentre l'eventuale illegittimità di uno solo o più degli altri motivi non basta a determinarne l'illegittimità (tra tante, di recente, Cons. Stato, V, 14 dicembre 2022, n. 10970; IV, 26 aprile 2022, n. 3176).
Alla stessa conclusione si perviene del resto anche in applicazione del criterio della c.d. "ragione più liquida", tecnica che, senza pregiudicare l'effettività della tutela giudiziale, e in attuazione dei principi del giusto processo, tra cui figurano anche la celerità e le esigenze di economia processuale, consente al giudice - in deroga al dovere "di regola" su lui incombente di vagliare tutti i motivi e le domande proposte - di selezionare le "censure da cui principiare secondo l'ordine dettato dalla maggior pregnanza del vizio di legittimità e dallo sviluppo logico e diacronico del procedimento", rendendo possibile che "in taluni ben delimitati casi, l'esame del giudice si arresti prima di aver esaurito l'intero compendio delle censure (o delle domande) proposte": tra tali casi rientra infatti proprio quello "in cui il provvedimento impugnato si fondi su una pluralità di ragioni autonome, il giudice, qualora ritenga infondate le censure indirizzate verso uno dei motivi assunti a base dell'atto controverso, idoneo, di per sé, a sostenerne ed a comprovarne la legittimità, ha la potestà di respingere il ricorso sulla sola base di tale rilievo, con assorbimento delle censure dedotte avverso altri capi del provvedimento, in quanto la conservazione dell'atto implica la perdita di interesse del ricorrente all'esame delle altre doglianze" (Cons. Stato, Ad. plen. n. 5 del 2015, paragrafo 9; V, n. 10970/2022, cit.; IV, 27 agosto 2019, n. 5891).
11. Similmente, nel presente grado di appello, l'eventuale infondatezza delle censure racchiuse nell'unico motivo che si dirige avverso una delle ragioni dell'autotutela siccome confermata dal Tar sarebbe idonea, anche da sola, a condurre alla reiezione del gravame, con assorbimento delle censure non valutate in primo grado e qui riproposte dall'interessata.
12. Tanto premesso, la causa si rivela matura per la decisione.
Non vi è quindi luogo per disporre l'istruttoria documentale richiesta dall'appellante.
13. L'appellante rivolge varie censure alle conclusioni raggiunte dal Tar.
Innanzitutto, osserva che il Tar avrebbe erroneamente ritenuto la carenza del requisito di cui all'art. 8 comma 3 L. n. 21 del 1992 sia al momento del rilascio della licenza alla sua dante causa che all'atto della volturazione. Sottolinea al riguardo che il requisito, sicuramente presente in tale secondo momento considerato che la stessa Amministrazione comunale lo ha verificato, è venuto a mancare successivamente, in esito all'attività di verifica amministrativa svolta nel 2020 nei confronti del proprietario della rimessa, che si è svolta in totale assenza di partecipazione da parte dell'appellante e si è conclusa con la sopra citata ordinanza (Omissis) di sospensione di ogni attività di commercio e di servizi sul suolo privato in parola, resa nei confronti del solo proprietario e allo stato sub iudice. Con la predetta affermazione il Tar sarebbe quindi andato al di là di quanto accertato dalla stessa Amministrazione.
Inoltre, nel rilevare che l'appellante non aveva contestato la ridetta ordinanza (Omissis) anche dopo il suo deposito agli atti del giudizio, il Tar non avrebbe considerato che la medesima, in assenza di qualsiasi partecipazione procedimentale, non era nelle condizioni di poter avanzare alcuna riserva sul provvedimento diretto al terzo, conoscendone solo gli esiti, peraltro fortemente compromessi dall'indagine penale, sicchè il Comune, in considerazione delle inevitabili ripercussioni lesive che lo stesso poteva comportare sulla sua licenza, avrebbe dovuto consentirle di "ricostituire" il requisito venuto a mancare per cause a lei non imputabili. Tanto in attuazione del dovere di soccorso istruttorio di cui all'art. 6 comma 1 lett. b) della L. n. 241 del 1990, espressione del principio di buon andamento e del dovere di collaborazione esigibile in ogni provvedimento amministrativo, e dei canoni di correttezza di cui all'art. 1 comma 2-bis della L. n. 241 del 1990 come interpretati dalla costante giurisprudenza amministrativa.
Prosegue l'appellante esponendo che la carenza di soccorso istruttorio non troverebbe giustificazione, come ritenuto dal Tar, nel fatto che dopo l'ordinanza di sospensione l'appellante non ha indicato una diversa rimessa, in quanto la medesima, a fronte del procedimento svoltosi nei confronti del proprietario dell'area, cui non ha in alcun modo partecipato, e dell'avvio del procedimento di autotutela e dell'adozione dell'atto impugnato, che non hanno mai accennato alla possibile ricostruzione del requisito, è stata messa di fronte a un "fatto compiuto". La possibilità di ricostituire il requisito sarebbe stata evocata solo nel corso del giudizio, e l'appellante vi avrebbe prontamente provveduto stipulando il contratto di locazione a uso diverso registrato il 2 dicembre 2021.
In definitiva, per l'appellante, sarebbe evidente il travisamento dei fatti e la violazione del legittimo affidamento del privato rispetto alla liceità dell'attività di autorimessa svolta dal proprietario del suolo per tantissimi anni e senza che l'Amministrazione nulla obiettasse al riguardo: per l'effetto, l'azione amministrativa risulterebbe sproporzionata, potendo, al più, il Comune ricorrere al potere di sospensione della licenza come da regolamento comunale, nelle more della ricostruzione del requisito perso dall'appellante suo malgrado.
14. Le predette censure non possono essere favorevolmente valutate.
15. Il servizio di noleggio veicolo con conducente rientra tra gli "autoservizi pubblici non di linea" art. 1 comma 2 lettera b) L. n. 21 del 1992; per tale motivo, è assoggettato a un regime autorizzatorio da parte dell'Amministrazione comunale competente, è accessibile con modalità selettive a connotazione concorrenziale (art. 8 comma 1), deve tenere conto di condizioni oggettive quali "la disponibilità, in base a valido titolo giuridico, di una sede, di una rimessa o di un pontile di attracco situati nel territorio del comune che ha rilasciato l'autorizzazione" (art. 8 comma 3), ed è soggetto a un regime di "trasferibilità", operante "su richiesta del titolare" e a favore di persona da questo "designata", subordinatamente alla verifica del relativi presupposti e dei prescritti requisiti (art. 9, comma 1). La disponibilità della rimessa deve sussistere non solo al momento del rilascio dell'autorizzazione ma anche al fine del suo mantenimento (art. 8 comma 3), in quanto rappresentativa del c.d. "vincolo di territorialità", ovvero del collegamento tra il titolare dell'autorizzazione e una determinata popolazione.
Ciò stante la necessità, propria di ogni caso di definizione legislativa dei soggetti abilitati a offrire talune tipologie di servizi e di configurazione di un determinato settore di attività economica, di assicurare, con specifico riguardo all'attività di N.C.C., la destinazione tendenziale a una utenza specifica e non indifferenziata, costituita dalla comunità locale di cui il Comune che rilascia l'autorizzazione è ente esponenziale, "con l'obiettivo di rafforzare (...) un assetto di mercato definito con norme in cui si esprime il bilanciamento tra libera iniziativa economica e gli altri interessi in gioco" (Corte cost. n. 56 del 2020; Cons. Stato, V, 31 agosto 2021, n. 6124).
L'ubicazione della rimessa entro il territorio dell'Ente comunale è pertanto elemento coessenziale alla natura stessa dell'attività da espletare (Cons. Stato, V, 5151 del 2017; 23 giugno 2016, n. 2806).
16. Alla luce di queste coordinate ermeneutiche, non è necessario accertare se al momento del rilascio dell'originaria autorizzazione al dante causa dell'appellante il requisito di cui trattasi fosse o meno presente, atteso che, in ogni caso, ai sensi dell'art. 8 comma 3 della L. n. 21 del 1992, e ai fini dell'autotutela posta in essere dal Comune resistente, rileva ed è sufficiente la sua successiva perdita, che, come osservato dal Tar, è pacificamente avvenuta dopo la voltura dell'atto in favore dell'appellante per effetto dell'ordinanza comunale (Omissis) (che non risulta sospesa nell'ambito dell'impugnativa cui il motivo fa accenno), che ha ingiunto al proprietario dell'area dichiarata dalla medesima come rimessa di sospendere ogni attività di commercio o di servizio sulla stessa.
Del resto, ancora più a monte, non è vero che, come afferma l'appellante, il Tar ha rilevato che il requisito era già carente al momento della voltura.
Sul punto, il Tar si è invero limitato a ritenere tale seconda ipotesi meramente "verosimile", affermando che "è sufficiente a sorreggere l'atto la circostanza che la ricorrente non era al momento dell'adozione dell'atto (ma anche dopo e, verosimilmente, anche prima quando è stata volturata la licenza in suo favore) in possesso del requisito...", notazione a evidente carattere discorsivo che sfugge, in quanto tale, alla censura di contraddittorietà rispetto agli elementi posti a base del provvedimento.
17. L'appellante lamenta che il Tar abbia stigmatizzato la mancata contestazione nell'ambito del giudizio di primo grado del contenuto della ridetta ordinanza comunale (Omissis) dopo il suo deposito agli atti del fascicolo, senza considerare la sua estraneità a quel procedimento.
La censura è priva di pregio.
Il Tar ha osservato che l'ordinanza in parola ha accertato che l'immobile privato che l'appellante ha comunicato di utilizzare come autorimessa, similmente a quasi tutti i soggetti, circa 40, ai quali sono state volturate le originarie autorizzazioni rilasciate negli anni 2015 - 2018, non aveva, tra altro, i requisiti dimensionali per ospitare detta flotta di automezzi, oltre a non essere in regola con i requisiti previsti in materia di ambiente e sicurezza e quelli ambientali, da cui l'adottato ordine di sospensione di ogni attività di commercio o di servizio.
L'appellante, quale affittuaria dell'immobile, era bene nelle condizioni di conoscere, e quindi di contestare, quanto meno la rilevata carenza dimensionale del terreno per l'uso dichiarato, che è elemento chiaramente ricavabile dal suo utilizzo in concreto piuttosto che dalla partecipazione al procedimento di verifica conclusosi con l'ordinanza (Omissis).
18. Si sostiene che il Comune non avrebbe potuto far constare la sopravvenuta carenza del requisito non avendo precedentemente invitato l'appellante a provvedere alla sua ricostituzione.
La tesi è infondata.
L'appellante non disconosce di essere venuta a conoscenza dell'ordinanza comunale (Omissis), che, sospendendo ogni attività di commercio o di servizio dell'area privata di cui sopra, ha privato di qualsiasi effetto ai fini di cui si discute il contratto di affitto di una porzione dell'area stessa dichiarato dall'appellante in occasione dell'ottenimento della voltura dell'autorizzazione all'attività di noleggio con conducente.
Del resto, questo atto non poteva certo rimanere ignoto all'appellante, riguardando un non secondario aspetto dello svolgimento della sua attività, e, in ogni caso, essendo stato il provvedimento citato nella comunicazione di avvio del procedimento di autotutela (Omissis) del 19 novembre 2020 a lei indirizzata.
Bene, pertanto, il Tar ha potuto rilevare che, anche a seguito di tale comunicazione, l'appellante non aveva provveduto a dotarsi di una diversa autorimessa all'interno del Comune di (Omissis), con ciò integrando una violazione del c.d. "vincolo di territorialità" che legittima, stante la sua gravità e protrazione nel tempo, l'adozione della sanzione della revoca dell'autorizzazione.
Va soggiunto che l'adempimento omesso non necessitava di un espresso invito dell'Amministrazione comunale, trattandosi di un obbligo di legge che l'art. 8 comma 3 della L. n. 21 del 1992 pone in capo al soggetto interessato, prima, all'ottenimento dell'autorizzazione, poi, al suo mantenimento, ne' al riguardo possono essere invocati i principi relativi al soccorso istruttorio e al buon andamento dell'azione amministrativa secondo canoni di collaborazione e correttezza, a cui l'Amministrazione ha dato piena attuazione mediante la comunicazione di avvio del procedimento, che, anche per quanto riguarda la questione qui in esame, ha posto l'interessata nelle condizioni di conoscere con ogni esattezza i profili di possibile illegittimità della sua autorizzazione e quindi, eventualmente, di rimuoverli: in particolare, tale comunicazione ha rappresentato che l'appellante, dopo l'ordinanza (Omissis), non era "in possesso del requisito previsto dall'art. 8 comma 3 della L. n. 21 del 1992 in quanto non ha comunicato la sede di una nuova rimessa sita nel territorio comunale".
Va pertanto escluso che l'appellante sia stata messa di fronte a un "fatto compiuto", mentre è irrilevante il contratto di locazione della nuova rimessa registrato il 2 dicembre 2021, perché successivo alla revoca dell'autorizzazione, disposta il 23 dicembre 2020.
Si rammenta che nei giudizi di impugnazione la legittimità dell'atto impugnato va valutata con riguardo esclusivo alla situazione di fatto e di diritto esistente nel momento della sua adozione, restando irrilevanti le eventuali sopravvenienze, secondo il consolidato principio tempus regit actum (per tutte, Cons. Stato, IV, 6 giugno 2022, n. 4587; 3 giugno 2021, n. 4246; III, 15 maggio 2012, n. 2801; Corte Cost., ord. 13 aprile 2018, n. 76 e sentenza 22 maggio 2013, n. 90).
19. Va ancora escluso che l'appellante possa efficacemente invocare il legittimo affidamento maturato, in tesi, sulla liceità dell'attività di autorimessa svolta dal proprietario dell'area in parola per tantissimi anni e senza che l'Amministrazione nulla obiettasse al riguardo.
Anche in disparte il fatto che, a fronte della carenza del requisito in parola, come visto coessenziale alla natura stessa dell'attività da espletare, l'autotutela amministrativa è dovuta, e non presuppone un bilanciamento tra l'interesse pubblico al ripristino della legalità violata e l'interesse del privato al mantenimento dello status quo ante siccome rafforzato dall'affidamento venutosi a creare per il decorso del tempo in carenza di provvedimenti amministrativi di tipo repressivo, è agevole rilevare che, dal momento in cui l'Amministrazione, con la comunicazione di avvio del procedimento, ha rappresentato all'appellante che l'area privata in parola era stata oggetto di un provvedimento che ne inibiva l'uso ai fini di commercio o di servizio, non è in alcun modo predicabile che la medesima possa avere maturato l'aspettativa di mantenere il requisito integrato dal suo utilizzo contrario all'ordine amministrativo impartito.
20. Infine, l'appellante sostiene la sproporzionatezza della revoca dell'autorizzazione, sostenendo che il Comune poteva, al più, ricorrere al potere di sospensione della licenza, nelle more della ricostruzione del requisito perso dall'appellante suo malgrado.
La censura è inammissibile, consistendo nella mera riproposizione di una doglianza già svolta in primo grado e respinta dal Tar con articolate argomentazioni (pagg. 9 e 10 della sentenza) che l'appellante non ha confutato, in violazione dell'art. 101 comma 1 cod. proc. amm., che, nel richiedere che "Il ricorso in appello deve contenere ... le specifiche censure contro i capi della sentenza gravata", impone al soggetto che agisce nel giudizio amministrativo in sede di appello di rivolgere una critica puntuale alle ragioni poste a fondamento della sentenza impugnata, non essendo sufficiente la mera riproposizione dei motivi contenuti nel ricorso di primo grado: il giudizio di appello dinanzi al giudice amministrativo è infatti una revisio prioris instantiae, i cui limiti oggettivi sono segnati dai motivi di impugnazione (tra tante, Cons. Stato, V, 10 febbraio 2022, n. 3207; 8 aprile 2021, n. 2843; 26 agosto 2020, n. 5208).
La censura è comunque anche infondata, atteso che tutte le ragioni che l'appellante pone a base della tesi ivi spesa si sono rivelate, come sopra, infondate.
21. In definitiva, verificatasi la condizione di cui al precedente capo 11, l'appello deve essere respinto.
Segue l'assorbimento dei motivi non esaminati in primo grado e qui riproposti. Restano assorbite anche le questioni preliminari spiegate dalla parte resistente.
Le spese del grado, in considerazione dell'andamento dell'appello, possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello di cui in epigrafe, lo respinge.
Compensa tra le parti le spese del grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le parti del giudizio.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 23 marzo 2023 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Caringella, Presidente
Angela Rotondano, Consigliere
Stefano Fantini, Consigliere
Anna Bottiglieri, Consigliere, Estensore
Giorgio Manca, Consigliere.
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