Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio
Cassazione Penale, Sezione sesta, sentenza n. 6712 del 16 febbraio 2023
Corte di Cassazione Penale, Sezione VI, sentenza numero 6712 del 16/02/2023
Circolazione Stradale - Art. 186 del Codice della Strada - Finalità rieducativa della pena - Trattamenti sanzionatori alternativi alla detenzione - Lavori di pubblica utilità - Nessuna regola generale, di rango costituzionale e convenzionale, impedisce all'ordinamento statuale di prevedere che l'accesso del reo a trattamenti sanzionatori alternativi alla detenzione quali i lavori di pubblica utilità previsti in materia di circolazione stradale, istituti che non incidono sul necessario rapporto di causa-effetto tra norma incriminatrice e pena detentiva, offrendo al reo l'opportunità di sottrarsi a quest'ultima attraverso percorsi alternativi di risocializzazione.
RITENUTO IN FATTO - CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Milano ha dichiarato l'esistenza delle condizioni per la consegna del cittadino rumeno (Soggetto 1) alla Repubblica di (Omissis), in adempimento del mandato di arresto europeo emesso il 21 aprile scorso dalla Pretura di (Omissis) di quello Stato, per l'esecuzione di parte della complessiva pena detentiva di anni 7 e mesi 6 di reclusione irrogatagli dal Tribunale di (Omissis), con sentenza del 25 settembre 2013, divenuta irrevocabile il 22 ottobre seguente, e che contempla anche le pene inflittegli con altre precedenti sentenze, relative a reati di furto, furto aggravato e di complicità in falsificazione di documenti ufficiali. La Corte milanese ha invece negato la consegna in relazione al reato di guida senza patente in quanto dagli atti è emerso che il consegnando non era recidivo nel biennio quando ha commesso il fatto e dunque la condotta in esame per il nostro ordinamento ha valenza di mero illecito amministrativo.
2. Avverso la sentenza della Corte d'appello propone ricorso l'interessato, con atto del proprio difensore, rilevando: che tali condanne sono state dichiarate esecutive a seguito di un'ulteriore condanna, intervenuta sempre in (Omissis) con sentenza definitiva il 9 ottobre 2021 e relativa ad un fatto non previsto dalla legge come reato dall'ordinamento italiano, ovvero la già indicata guida senza patente in assenza di recidiva nel biennio; che tanto violerebbe il principio della doppia punibilità nell'ordinamento di entrambi gli Stati, che è condizione per la consegna e che deve intendersi esteso a tutte le norme, anche se relative all'esecuzione penale, dalle quali dipende la privazione della libertà personale dell'interessato; che, diversamente, venendo la pena per precedenti fatti ripristinata in conseguenza di un fatto non costituente reato nell'ordinamento italiano, si determinerebbe una violazione dei princìpi di legalità e della finalità rieducativa della pena, in contrasto con gli artt. 25 e 27, terzo comma, Cost., e 3, CEDU.
3. Il ricorso è inammissibile, per la manifesta infondatezza del motivo.
3.1. L'art. 7 della legge n. 69 del 2005, al comma 1, prevede il requisito della doppia punibilità esclusivamente con riferimento al fatto in relazione al quale è emesso il provvedimento giudiziario interno sottostante al mandato d'arresto; per tale motivo, correttamente, la sentenza impugnata ha negato la consegna in relazione alle fattispecie di guida senza patente che, in assenza di recidiva nel biennio, nel nostro ordinamento integrano mero illecito amministrativo. Invece, detto principio non può estendersi fino a ricomprendere anche i fatti, oggetto di altre decisioni giudiziarie, che in qualche modo influiscono sull'eseguibilità del provvedimento giurisdizionale oggetto della richiesta di consegna.
3.2. Ritiene la Corte che la deduzione difensiva, secondo la quale una tale lettura normativa si porrebbe in tensione con il principio di legalità e con la necessaria finalità rieducativa della pena, sia manifestamente infondata.
In verità, nessuna di queste regole generali, di rango costituzionale e convenzionale, impedisce all'ordinamento statuale di prevedere che l'accesso del reo a trattamenti sanzionatori alternativi alla detenzione, e meno incisivi di questa sulla sua libertà personale, sia subordinato all'osservanza di prescrizioni e che, di conseguenza, la violazione delle stesse, ancorché non penalmente rilevante di per sé, renda necessaria l'esecuzione della pena detentiva rimasta - per così dire - quiescente.
Del resto, l'ordinamento italiano conosce da tempo meccanismi sanzionatori di tale specie, a cominciare dalla sospensione condizionale della pena subordinata agli obblighi riparatori del danno od alla prestazione di attività lavorativa (art. 165, secondo, quarto e sesto comma, cod. pen.), per finire - solo a titolo di esempio - ai lavori di pubblica utilità previsti nella materia della circolazione stradale (art. 186, comma 9-bis, C.d.S), passando attraverso i sottosistemi delle sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi (art. 53 ss., legge n. 689 del 1981) o delle misure alternative alla detenzione in senso proprio (artt. 47 ss., legge n. 354 del 1975). E si tratta di istituti che - a ben vedere - non solo non confliggono con quei princìpi, ma anzi ne garantiscono la migliore attuazione, poiché, da un lato, non incidono sul necessario rapporto di causa-effetto tra norma incriminatrice e pena detentiva e, dall'altro, offrono al reo l'opportunità di sottrarsi a quest'ultima attraverso percorsi alternativi di risocializzazione.
4. L'inammissibilità del ricorso comporta obbligatoriamente - ai sensi dell'art. 616, cod. proc. pen. - la condanna del proponente alle spese del procedimento ed al pagamento di una somma in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi una sua assenza di colpa nella determinazione della causa d'inammissibilità (vds. Corte Cost., sent. n. 186 del 13 giugno 2000). Detta somma, considerando la manifesta inconsistenza delle doglianze, va fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 22, comma 5, legge n. 69/2005.
Così deciso in Roma, 15 febbraio 2023.
Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2023.
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