Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio
Cassazione Penale, Sezione quarta, sentenza n. 6700 del 16 febbraio 2023
Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 6700 del 16/02/2023
Circolazione Stradale - Artt. 11 e 192 del Codice della Strada e art. 337 c.p. - Espletamento dei servizi di polizia stradale - Inottemperanza all'invito a fermarsi - Resistenza a pubblico ufficiale - Specialità dell'illecito - Nel reato di resistenza a pubblico ufficiale, integra l'elemento materiale della violenza la condotta del soggetto che, per sfuggire all'intervento delle forze dell'ordine, non ottempera all'invito a fermarsi dandosi alla fuga alla guida di un'autovettura al fine di ostacolare il compimento di un atto dell'ufficio da parte di un funzionario, ufficiale o agente al quale spetta l'espletamento dei servizi di polizia stradale, ponendo deliberatamente in pericolo, con una condotta di guida pericolosa, quale il mancato rispetto dei limiti di velocità e dei segnali stradali, l'incolumità personale degli altri utenti della strada.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Catania riformava parzialmente la pronuncia di primo grado assolvendo l'imputato dal reato del capo b), escludendo la recidiva e riducendo la pena - e confermava nel resto la medesima pronuncia del 7 luglio 2015 con la quale il Tribunale di Catania, all'esito di giudizio abbreviato, aveva condannato Domenico La Spina in relazione al reato di cui all'art. 337 cod. pen., per avere, in Calatabiano il 27 aprile 2015, usato violenza ai danni di due carabinieri che gli avevano intimato l'alt, mentre lo stesso era alla guida della sua vettura, dandosi alla fuga ad alta velocità ed effettuando manovre di guida tali da creare una situazione di generale pericolo per i veicoli e i pedoni, non arrestando la marcia neppure in prossimità di un istituto scolastico e dopo che i due militari lo avevano affiancato con la loro vettura di servizio, e persino attraversando un incrocio con il semaforo rosso.
2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso il La Spina, con atto sottoscritto dal suo difensore, il quale ha dedotto i seguenti motivi.
2.1. Violazione di legge, in relazione agli artt. 337 cod. pen., 141, 146 e 192 cod. strada, 9 legge n. 689 del 1981, e vizio di motivazione, per mancanza e manifesta illogicità, per avere la Corte territoriale ingiustificatamente disatteso la richiesta difensiva di riqualificare le condotte poste in essere dall'imputato come illeciti amministrativi puniti dal codice della strada ovvero di ritenere tali illeciti speciali rispetto a quello penale.
2.2. Violazione di legge, in relazione all'art. 62-bis cod. pen., e mancanza di motivazione, per avere la Corte distrettuale negato all'imputato le circostanze attenuanti generiche, benché allo stesso fosse stata esclusa la recidiva e sarebbe stata possibile mitigare la pena finale in ragione della personalità del prevenuto, del comportamento dallo stesso tenuto e delle caratteristiche non gravi del fatto.
3. Il procedimento è stato trattato nell'odierna udienza in camera di consiglio con le forme e con le modalità di cui all'art. 23, commi 8 e 9, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, i cui effetti sono stati prorogati da numerose successive disposizioni, da ultimo dall'art. 94, comma 2, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, come introdotto dall'art. 5-duodecies del decreto legge 31 ottobre 2022, n. 162, convertito dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Ritiene la Corte che il ricorso presentato nell'interesse di Domenico La Spina vada rigettato.
2. Il primo motivo del ricorso è infondato.
La decisione della Corte di appello di Catania di confermare l'affermazione della responsabilità penale in ordine al delitto ascrittogli al capo a) risulta pienamente conforme al consolidato orientamento interpretativo della giurisprudenza di legittimità secondo il quale in tema di resistenza a pubblico ufficiale, integra l'elemento materiale della violenza la condotta del soggetto che, per sfuggire all'intervento delle forze dell'ordine, si dia alla fuga, alla guida di un'autovettura, ponendo deliberatamente in pericolo, con una condotta di guida pericolosa, l'incolumità personale degli altri utenti della strada (così, tra le molte, Sez. 1, n. 41408 del 04/07/2019, F., Rv. 277137).
Del tutto fuori fuoco era la richiesta difensiva di applicare, nel caso di specie, la disposizione dettata dall'art. 9, comma 1, della legge n. 689 del 1981, che nel prescrivere che «Quando uno stesso fatto è punito da una disposizione penale e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa, ovvero da una pluralità di disposizioni che prevedono sanzioni amministrative, si applica la disposizione speciale», richiede che le norme in concorso abbiano ad oggetto una medesima condotta: occorre, dunque, l' "idem factum", tale non potendosi all'evidenza considerare quello integrante gli estremi di una specifica violenza diretta ad ostacolare il compimento di un atto dell'ufficio da parte di un pubblico ufficiale o di un incaricato di un pubblico servizio, rispetto alle mere condotte di guida di una vettura senza il rispetto dei limiti di velocità, dei segnali stradali e della intimazioni dei carabinieri, costituenti altrettanti illeciti amministrativi previsti da norme del codice della strada che, non contenendo gli stessi elementi costitutivi dell'anzidetto reato, più ulteriori requisiti specializzanti, non possono di certo dirsi speciali rispetto alla disposizione dettata dall'art. 337 cod. pen.
3. Il secondo motivo del ricorso, oltre che generico, è del tutto privo di pregio.
Nella sentenza di condanna di primo grado l'odierno ricorrente era stato condannato per il reato del capo a) alla pena di mesi otto di reclusione, ridotta poi di un terzo per il rito speciale, così determinata previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza rispetto alla riconosciuta recidiva.
Con la sentenza impugnata la recidiva è stata esclusa con la conseguente 'riespansione' degli effetti delle attenuanti generiche, che sono state tenute in conto nella massima misura possibile con una riduzione della pena originariamente stabilita per quel delitto: ed infatti la Corte di appello ha rideterminato la pena nella misura di sei mesi di reclusione, ridotta poi di un terzo per il rito abbreviato.
Nella decisione della Corte di appello, dunque, non vi è stata alcuna violazione del divieto di "reformatio in peius" ed è manifestamente infondata la doglianza formulata con il ricorso con la quale, in maniera alquanto indeterminata, la difesa si è solo doluta "della mancata concessione delle invocate circostanze attenuanti generiche": circostanze che in pratica i giudici di secondo grado legittimamente hanno considerato, pur non richiamandole espressamente perché già riconosciute dal giudice di primo
grado.
4. Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, 27 gennaio 2023.
Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2023.
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