Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Penale, Sezione quarta, sentenza n. 6592 del 16 febbraio 2023

 

Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 6592 del 16/02/2023
Circolazione Stradale - Artt. 186 del Codice della Strada - Guida in stato di ebbrezza alcolica sotto l'influenza dell'alcool - Aggravante dell'aver provocato un incidente stradale in ore notturne - Applicazione concordata della pena su richiesta delle parti - Determinazione della pena - Vizio di calcolo - Con particolare riferimento alla determinazione della nozione di «pena illegale» quale limite alla ricorribilità per cassazione avverso sentenze emesse ex art. 444 cod. proc. pen., si è osservato che nel procedimento di applicazione della pena su richiesta delle parti, l'accordo si forma non tanto sulla pena inizialmente indicata e sulle eventuali operazioni con le quali essa viene determinata, bensì sul risultato finale delle operazioni stesse, sicché sono irrilevanti gli errori relativi.


RITENUTO IN FATTO - CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con sentenza ex art. 444 cod. proc. pen. del 7 febbraio 2022, il Tribunale di (Omissis) ha applicato nei confronti di (Soggetto 1) in ordine al reato di cui all'art. 186, comma 2, lett. c), 2 bis, e 2 sexies d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285 la pena concordata fra le parti di anni 1 di arresto e euro 3000 di ammenda, con la sospensione della patente di guida per anni 1.

2. Avverso la sentenza l'imputato ha proposto ricorso, a mezzo del difensore, formulando un unico motivo con cui ha dedotto la erronea applicazione della legge in relazione alla disposta riduzione della pena per il rito. Il difensore osserva che il giudice, pur avendo applicato la pena finale concordata, era incorso in un errore nei calcoli effettuati per arrivare a tale pena. In particolare il giudice aveva effettuato il calcolo seguente: pena base mesi 6 di arresto e euro 1500 di ammenda, aumentata del doppio ex art. 186 comma 2 bis CdS alla pena di mesi 12 di arresto e euro 3000 di ammenda, aumentata di un terzo ex art. 186 comma 2 sexies CdS alla pena di mesi 16 di arresto ed euro 4500 di multa, ridotta di un terzo per il rito ad anni 1 di arresto ed euro 3000 di multa. il Tribunale era incorso nel segnalato errore, in quanto nel computare la seconda aggravante aveva operato l'aumento della pena pecuniaria di euro 3000 in misura superiore ad un terzo (4500 in luogo di 4000) e nel computare la riduzione per il rito, aveva diminuito la pena in misura inferiore ad un terzo (anni 1 di reclusione in luogo di mesi 10 e gg 20 di reclusione).

3. Il Procuratore Generale, nella persona del sostituto, ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso.

4. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

5. Ai sensi dell'art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. (introdotto con la legge 23 giugno 2017, n. 103), il Pubblico Ministero e l'imputato possono ricorrere per cassazione contro la sentenza di applicazione di pena su richiesta delle parti solo per motivi attinenti all'espressione della volontà dell'imputato stesso, al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, all'erronea qualificazione giuridica del fatto e all'illegalità della pena o della misura di sicurezza. Ne consegue l'inammissibilità del ricorso per cassazione con cui si deducano vizi di violazione di legge differenti da quelli tassativamente indicati nel citato comma 2-bis (ex plurimis, Sez. 5, n. 19425 del 19/04/2021, C., in motivazione; Sez. 6, n. 1032 del 7/11/2019, dep. 2020, P., Rv. 278337-01; Sez. F, n. 28742 del 25/8/2020, M., Rv. 279761-01).

6. Nel caso di specie il vizio di calcolo, che ha portato in ogni caso ad una pena finale uguale a quella concordata, non può farsi rientrare nella nozione di illegalità della pena. Tale ultima nozione si è attestata attraverso una progressiva elaborazione da parte della giurisprudenza di legittimità, compresi plurimi interventi delle Sezioni Unite. Come chiarito da Sez. U, n. 21368 del 26/09/2019, dep. 2020, S. (in motivazione, paragrafo 4.7, pag. 17-18), la Suprema Corte ha inizialmente correlato la pena illegale ai casi di illegalità ab origine della pena, inflitta extra o contra legem perché non prevista dall'ordinamento giuridico ovvero non corrispondente, per specie ovvero per quantità (sia in difetto che in eccesso), a quella astrattamente prevista per la fattispecie incriminatrice concreta, così collocandosi al di fuori del sistema sanzionatorio delineato dal codice penale (tra le altre, Sez. 6, n. 32243 del 15/07/2014, T., Rv. 260326; Sez. 2, n. 20275 del 07/05/2013, S., Rv. 255197; Sez. 2, n. 22136 del 19/02/2013, N., Rv. 255729; si vedano altresì, tre quelle più recenti: Sez. 5, n. 1205 del 20/11/2020, dep. 2021, M., Rv.280434; Sez. 5, n. 45360 del 04/10/2019, Q., Rv, 277956). La nozione in esame è stata poi estesa anche alla pena determinata dal giudice attraverso un procedimento di commisurazione basato su una norma dichiarata costituzionalmente illegittima e, quindi, inesistente sin dalla sua origine (Sez. U, n. 37107 del 26/02/2015, M. Rv. 264857; Sez. U, n. 33040 del 26/2/2015, J., Rv. 264205; Sez. U, n. 18821 del 24/10/2013, dep. 2014, E., Rv. 258651), ovvero in violazione del principio di irretroattività della legge penale più sfavorevole sancito dall'art. 24, comma secondo, Cost.3 (Sez. U, n. 40986 del 19/7/2018, P.).

In linea con tale delineato ambito della illegalità della pena, si è quindi escluso che vi rientri la pena che risulti complessivamente legittima, anche se determinata secondo un percorso argomentativo viziato (come evidenziato da Sez. U, n. 21368/2020, S., cit., in motivazione). Con particolare riferimento proprio alla determinazione della nozione di «pena illegale» quale limite alla ricorribilità per cessazione avverso sentenze emesse ex art. 444 cod. proc. pen., anche prima della introduzione dell'art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., si è osservato che nel procedimento di applicazione della pena su richiesta delle parti, l'accordo si forma non tanto sulla pena inizialmente indicata e sulle eventuali operazioni con le quali essa viene determinata, bensì sul risultato finale delle operazioni stesse (Sez. 4, n. 1853 del 17/11/2005, dep. 2006, F., Rv. 233185; conf., ex plurimis, Sez. 4, n. 518 del 28/01/2000, C., Rv. 216881; Sez. 5, n. 3351 del 29/05/1998, dep. 1999, C., Rv. 212379), sicché sono irrilevanti gli errori relativi ai vari «passaggi» attraverso i quali si giunge al «risultato finale», a meno che conducano a una «pena illegale».

Tra i casi, invece, individuati dalla giurisprudenza di legittimità come integranti ipotesi di pena illegale con riferimento al patteggiamento sono invece richiamati dalla citata Sez. U. «P.» quelli: della pena inferiore al minimo edittale ex art. 23 cod. pen. (Sez. 3, n. 29985 del 03/06/2014, L., Rv. 260263; conf., ex plurimis, Sez. 6, n. 4917 del 03/12/2003, dep. 2004, P., Rv. 229995); dell'applicazione di una pena congiunta per una contravvenzione punita con pena alternativa (Sez. 1, n. 17108 del 18/02/2004, M., Rv.228650; Sez. 1, n. 2174 del 14/03/1997, S., Rv. 207246; Sez. 1, n. 2322 del 22/05/1992, R., Rv. 191362); dell'erronea applicazione della pena detentiva in luogo di quella pecuniaria (Sez. 5, n. 5018 del 19/10/1999, dep.2000, R., Rv. 215673) e della mancata applicazione della pena prevista per il reato rientrante nella competenza del giudice di pace (Sez. 5 n. 13589 del 19/02/2015, P.G. in proc. B., Rv. 262943).

I principi sopra richiamati consentono di escludere che nel caso in cui il giudice sia incorso in un mero errore di calcolo nei passaggi per addivenire alla pena finale concordata, si versi in ipotesi di illegalità della pena.

7. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, 9 febbraio 2023.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2023.

 

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