Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio
Cassazione Penale, Sezione quarta, sentenza n. 5715 del 10 febbraio 2023
Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 5715 del 10/02/2023
Circolazione Stradale - Artt. 142 e 186 del Codice della Strada e art. 589-bis c.p. - Delitto di omicidio stradale aggravato dallo stato di ebbrezza - Velocità - Circostanze attenuanti generiche - Elementi al vaglio del giudice - In tema di omicidio stradale è motivato il diniego delle circostanze attenuanti generiche alla luce dell'evidente gravità del fatto e del grado elevato della colpa dell'imputato che conduceva il veicolo in stato di ebbrezza alcolica ad una velocità più che doppia rispetto al limite imposto ed in orario notturno poiché il giudice, al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche, può limitarsi a prendere in esame anche il singolo elemento attinente alla personalità del colpevole o all'entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio.
RITENUTO IN FATTO - CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La Corte d'appello di Napoli, con sentenza emessa in data 18/2/2022, in parziale riforma della pronuncia resa dal Tribunale di (Omissis) ha disposto nei confronti di (Soggetto 1) la revoca della patente di guida, ha confermato nel resto la pronuncia di condanna a carico del predetto per il delitto di omicidio stradale aggravato dall'avere commesso il fatto in stato di ebbrezza.
Secondo la ricostruzione offerta dai giudici di merito l'imputato, viaggiando a bordo della vettura Fiat (Omissis) ad una velocità stimata di 136 km/h, di gran lunga superiore a quella consentita nel tratto di strada percorso, nel quale era previsto limite di 60 km/h, violentemente tamponava il motociclo condotto da (Soggetto 2), provocando la morte immediata del centauro, che veniva dapprima sbalzato sul parabrezza dell'auto e successivamente trascinato sull'asfalto per 93 metri.
2. L'imputato ha proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza sopra indicata, a mezzo di difensore, formulando i seguenti motivi di impugnazione, riassumibili come segue giusta il disposto di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
I) Contraddittorietà della motivazione in relazione all'art. 589-bis, comma 7, cod. pen.
II) Omessa e contraddittoria motivazione in relazione all'art. 62- bis cod. pen.
3. Il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, con requisitoria scritta, ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.
La difesa dell'imputato ha prodotto memoria conclusiva nella quale, riportandosi ai motivi di ricorso, ha insistito nel richiedere l'annullamento della sentenza impugnata.
4. I motivi dedotti sono manifestamente infondati, pertanto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Le censure contenute nel primo motivo di doglianza propongono questioni che riguardano la ricostruzione della dinamica del sinistro stradale e la interpretazione delle prove assunte, profili già adeguatamente vagliati nel giudizio di merito e disattesi sulla base di argomentazioni giuridiche corrette, in alcun modo meritevoli di essere censurate in questa sede.
La Corte territoriale, con motivazione logica, del tutte coerente rispetto alle evidenze probatorie illustrate in sentenza, ha offerto ampia giustificazione dei motivi posti a fondamento del rigetto delle deduzioni difensive riguardanti il prospettato concorso di colpa della vittima nel verificarsi dell'evento.
Già il primo giudice aveva evidenziato come l'utilizzo di un casco un po' vetusto non costituisse ex se causa sufficiente ad interrompere il nesso di causalità tra la condotta dell'imputato e l'evento, specificando che, anche qualora (Soggetto 2) avesse utilizzato un casco di più recente fabbricazione, l'esito sarebbe stato il medesimo, avendo la vittima riportato in conseguenza dell'impatto una gravissima e letale lesione all'aorta.
La Corte territoriale ha aggiunto, con argomentare logico, che il casco della vittima non presentava alcun graffio e che le fibbie spezzate erano una conseguenza del violento urto (come accertato dal consulente nominato dal P.M., il quale aveva anche effettuato un esperimento su un casco similare, a seguito del quale si era prodotto il medesimo risultato a causa della forza d'urto impressa dall'impatto).
Deve pertanto ritenersi del tutto destituita di fondamento l'ipotesi prospettata dalla difesa in base alla quale l'evento letale sarebbe una conseguenza del fatto che la vittima non indossasse il casco.
E' il caso di aggiungere come, in tema di sindacato del vizio di motivazione, il compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai Giudici di merito in ordine all'affidabilità delle fonti di prova, bensì quello di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi - dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti - e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (Sez. U., n. 930 del 13/12/1995, dep. 29/01/1996, C., Rv. 203428).
Esula, quindi, dai poteri della Corte la rilettura della ricostruzione storica dei fatti posti a fondamento della decisione di merito, dovendo l'illogicità del discorso giustificativo, quale vizio di legittimità denunciabile mediante ricorso per Cassazione, essere di macroscopica evidenza (cfr. Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, S., Rv. 214794; Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, D., Rv. 207944; cfr. altresì Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, P., Rv. 226074).
Per altro verso, in virtù di consolidato orientamento della Corte di legittimità, gli aspetti riguardanti la ricostruzione della dinamica di un sinistro stradale, che attengono necessariamente al fatto, sono rimessi all'apprezzamento del Giudice della cognizione e risultano insindacabili ove non si individuino, come nel presente caso, evidenti vizi di carattere logico nella motivazione (si veda in argomento, ex multis, Sez. 4, n. 54996 del 24/10/2017, Rv. 271679, così massimata: "La ricostruzione di un incidente stradale nella sua dinamica e nella sua eziologia è rimessa al giudice di merito ed integra una serie di apprezzamenti di fatto che sono sottratti al sindacato di legittimità se sorretti da adeguata motivazione").
Reiterativo di doglianza già valutata e disattesa dai giudici di merito nelle due sentenze conformi è il profilo riguardante la mancanza di luci posteriori del motociclo.
Secondo la difesa l'imputato non avrebbe avvistato il motociclo a causa della mancanza delle luci posteriori. Il dato, hanno rimarcato i giudici di merito, non ha trovato alcuna conferma in atti. La doglianza si appalesa pertanto del tutto generica e fondata su argomentazioni di carattere congetturale ed ipotetico.
5. Egualmente inammissibile è il secondo motivo di ricorso.
La Corte di merito ha offerto congrua giustificazione in ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, ponendo in evidenza la gravità del fatto, il grado elevato della colpa (l'imputato conduceva il veicolo in stato di ebbrezza ad una velocità più che doppia rispetto al limite imposto ed in orario notturno).
E' noto l'orientamento consolidato di questa Corte in materia, in base al quale la "ratio" della disposizione di cui all'art. 62-bis cod. pen. non impone al giudice di merito di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo, invece, sufficiente l'indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti (cfr. Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, M., Rv. 279549 - 02: "Al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall'art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all'entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può risultare all'uopo sufficiente"; precedenti conformi Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, D. C., Rv. 265826; Sez. 5, Sentenza n. 43952 del 13/04/2017, P., Rv. 271269).
6. Consegue alla declaratoria di inammissibilità del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, a norma dell'art. 616, cod. proc. pen., al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 17 gennaio 2023.
Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2023.
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