Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio
Cassazione Penale, Sezione quarta, sentenza n. 49297 del 12 dicembre 2023
Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 49297 del 12/12/2023
Circolazione Stradale - Artt. 189 del Codice della Strada e artt. 589-bis e 589-ter c.p. - Omicidio stradale - Fuga del conducente in caso di omicidio stradale - Dichiarazioni spontanee dei passeggeri presenti sul veicolo dell'indagato - Garanzie difensive - Condizioni - Valutazioni - Anche in ordine ai reati di omicidio stradale e fuga del conducente in caso di omicidio stradale, le dichiarazioni spontanee rese dai passeggeri non formalmente indagati presenti sul veicolo dell'indagato che, in quanto tali, non soggetti alle garanzie di cui all'art. 63 c.p.p., risultano pienamente utilizzabili.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Reggio Calabria, parzialmente riformando in punto di pena, ha confermato l'affermazione di responsabilità pronunciata dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di (Omissis) nei confronti di (Soggetto 1) in ordine ai reati di cui all'art. 589-bis c.p., commi 4 e 6 e art. 589-ter c.p., per avere travolto, mentre era alla guida della vettura Fiat (Omissis) (tg. (Omissis)), in stato di ebbrezza alcolica e con patente di guida revocata, la bicicletta condotta da (Soggetto 2) che moriva sul colpo, per via delle lesioni riportate a seguito dell'investimento: reato aggravato dall'essersi il prevenuto dato alla fuga subito dopo il sinistro stradale. L'imputato è stato altresì condannato a risarcire alle parti civili costituite i danni conseguenti al reato, da liquidarsi in separata sede, nonché al pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva pari ad Euro 30.000.
1.2. All'imputato, al quale il Giudice di primo grado ha riconosciuto la circostanza attenuante di cui all'art. 589-bis c.p., comma 7, è stato rimproverato di aver tenuto una condotta di guida non attenta, caratterizzata da colpa generica, consistita in negligenza ed imprudenza - per avere proceduto ad una velocità elevata, non consona al tratto di strada e alle condizioni di visibilità (trattandosi di strada non illuminata percorsa in orario notturno), con conseguente prevedibilità dell'esistenza di altri utenti della strada, nonché da colpa specifica, consistita nell'aver condotto la vettura, nei momenti direttamente antecedenti l'impatto sul tratto rettilineo, ad una velocità oraria di circa 140 km/hm, in violazione del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 142, comma 1, che fissa il limite massimo (per le strade extraurbani locali) in 90 km/h e, infine, nell'essersi posto alla guida in condizioni di ebbrezza alcolica di cui al D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 186, comma 2, lett. b), essendogli stato riscontrato un tasso alcolemico pari ad 1,00 g/l.
2. Avverso la sentenza di appello propone ricorso il difensore dell'imputato che solleva i seguenti motivi:
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'art. 125 c.p.p., comma 3 e art. 546 c.p.p., comma 1, lett. e), con specifico riferimento all'art. 589-bis c.p., commi 4 e 6, e art. 589-ter c.p., per avere i Giudici del merito ritenuto che fosse l'imputato il soggetto alla guida dell'auto al momento dell'impatto: si tratta di convinzione che trova esclusivo fondamento nelle dichiarazioni dei due occupanti del veicolo, i quali avevano il chiaro intento di discolparsi, quantomeno dall'accusa di omissione di soccorso. La Corte territoriale nulla osserva in merito alle contestazioni difensive relative a quanto dichiarato da (Soggetto 3), sentito a sommarie informazioni la sera stessa dell'incidente e le cui affermazioni farebbero crollare l'intero impianto accusatorio nei confronti del (Soggetto 1);
2.2. Violazione di legge in relazione all'art. 125 c.p.p., comma 3 e art. 546 c.p.p., comma 1, lett. e), con specifico riferimento agli artt. 63 e 350 c.p.p.. La difesa reitera l'eccezione di inutilizzabilità delle spontanee dichiarazioni rese da (Soggetto 4) e (Soggetto 5) innanzi alla polizia giudiziaria in data 19/12/2020, poiché essi avrebbero dovuto essere sentiti con le garanzie di cui all'art. 64 c.p.p., atteso che in quel momento rivestivano a tutti gli effetti la qualità di indagati per il reato di omicidio stradale e di omissione di soccorso, quantomeno nella veste di concorrenti;
2.3. Mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione al giudizio circa la prevedibilità ed evitabilità dell'evento e con riguardo all'accertamento della cosiddetta efficacia impeditiva del comportamento alternativo lecito.
La sentenza impugnata omette ogni valutazione circa le doglianze difensive relative al nesso di causalità. Le considerazioni del consulente del Pubblico ministero sulla velocità tenuta dal conducente del veicolo al momento dell'impatto sono meramente presuntive, non supportate da alcuna adeguata argomentazione logica o scientifica. Non vi sarebbe, in sostanza, alcuna dimostrazione circa il fatto che il conducente della vettura procedesse ad una velocità superiore ai 90 km/h ne’ che l'impatto sarebbe stato evitabile o comunque non avrebbe causato la morte del (Soggetto 2) nel caso di rispetto del limite di legge. Non si dà in sentenza alcuna valutazione in ordine all'ulteriore accertamento circa la probabilità che l'evento non si sarebbe verificato nel caso fosse stata rispettata la velocità di guida;
2.4. Violazione di legge e vizio di motivazione con specifico riferimento alle aggravanti di cui all'art. 589-bis c.p., comma 2 e art. 589-ter c.p.. Si evidenzia come il tasso alcolemico rilevato sul (Soggetto 1) sia il risultato del test effettuato dopo ore dal sinistro e, dunque, non vi sarebbe alcuna prova che al momento dell'incidente lo stesso fosse sotto l'effetto di alcool. Quanto all'aggravante di cui all'art. 589-ter c.p., non è emerso da alcun atto di indagine che il prevenuto fosse consapevole di aver investito con la propria autovettura un essere umano;
2.5. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'art. 125 c.p.p., comma 3 e art. 546 c.p.p., comma 1, lett. e), con specifico riferimento all'art. 62-bis c.p.. La sentenza sarebbe del tutto priva di valutazione sul punto;
2.6. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'art. 125 c.p.p., comma 3, e art. 546 c.p.p., comma 1, lett. e), con specifico riferimento all'art. 20-bis c.p., L. n. 689 del 1981, art. 53 e art. 545-bis c.p.p.. La Corte territoriale, nel ridurre la condanna ad anni 4 di reclusione, avrebbe dovuto applicare la nuova normativa, verificando la sussistenza delle condizioni per la sostituzione della pena.
3. Con requisitoria scritta, il Procuratore generale ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso è infondato e deve, pertanto, essere rigettato.
2. Il secondo motivo con cui il ricorrente lamenta l'inutilizzabilità delle spontanee dichiarazioni rese da (Soggetto 4) e (Soggetto 5) innanzi alla polizia giudiziaria in data 19/12/2020, da cui sono stati desunti elementi a carico dell'imputato, è privo di pregio. Come si è sopra ricordato, la difesa del ricorrente sostiene che le dichiarazioni di costoro sarebbero inutilizzabili, ai sensi dell'art. 63 c.p.p., comma 2, trattandosi, a suo dire, di soggetti "chiaramente" indagati.
Giova innanzitutto ricordare, sotto un profilo d'ordine generale, che la sanzione di inutilizzabilità erga omnes delle dichiarazioni assunte senza garanzie difensive da un soggetto che avrebbe dovuto fin dall'inizio essere sentito in qualità di imputato o persona soggetta alle indagini, postula che a carico dell'interessato siano già acquisiti, prima dell'escussione, indizi non equivoci di reità, come tali conosciuti dall'autorità procedente, non rilevando a tale proposito eventuali sospetti od intuizioni personali dell'interrogante (Sez. U, n. 23868 del 23/04/2009, Fruci, Rv. 243417; Sez. 2, n. 39380 del 02/10/2008, G., Rv. 241867); o il fatto che il dichiarante risulti essere stato coinvolto in vicende potenzialmente suscettibili di dar luogo alla formulazione di addebiti penali a suo carico. (Sez. 1, n. 48861 del 11/07/2018, M. G., Rv. 280666).
A fronte di tali principi, reiteratamente affermati dalla giurisprudenza di questa Suprema Corte, la sentenza impugnata ha chiaramente esplicitato che, nel caso di specie, si tratta di dichiarazioni rese da soggetti "non formalmente indagati e che, in quanto tali, non erano soggette alle garanzie di cui all'art. 63 c.p.p., per cui esse risultano pienamente utilizzabili". Come si vede, la definitiva valutazione dei Giudici del merito al riguardo esclude del tutto la sussistenza di quelle condizioni, appena accennate, che avrebbero imposto l'inutilizzabilità delle anzidette dichiarazioni, risolvendosi l'assunto difensivo in una proposizione meramente assertiva, priva peraltro di qualsivoglia allegazione o riscontro.
Le argomentazioni del ricorrente al riguardo si limitano, in sostanza, a rappresentare una diversa prospettazione dei fatti ed una opposta valutazione degli elementi valutati in sede di merito, trascurando di considerare che compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici del merito, ma solo quello di verificare la congruità logica dell'apparato argomentativo che sorregge il provvedimento impugnato (cfr. Sez. U., n. 930 del 13/12/1995, dep. 1996, C., Rv. 203428).
Il primo motivo, con cui il difensore esclude che l'imputato fosse alla guida dell'auto al momento dell'impatto, osservando come detto convincimento trovi esclusivo fondamento nelle dichiarazioni dei due occupanti del veicolo, è conseguentemente infondato, tenuto altresì conto che è stato lo stesso imputato, dopo essere stato tempestivamente bloccato dagli operanti, a spontaneamente dichiarare di avere investito "qualcosa" (senza tuttavia dire che cosa) mentre si trovava alla guida dell'auto, a bordo della quale vi erano, quali passeggeri, i due (Soggetto 4). Dichiarazioni che la Corte di merito osserva essere state rese spontaneamente dal (Soggetto 1) alla polizia giudiziaria, ai sensi dell'art. 350 c.p.p., comma 7, e che sono, pertanto, utilizzabili nella fase procedimentale, e dunque nell'incidente cautelare e negli eventuali riti a prova contratta (quale, nella specie, il rito abbreviato), l'unico limite alla loro utilizzabilità essendo rappresentato dalla presenza di coercizione o sollecitazione (ex multis, Sez. 4, n. 2124 del 27/10/2020, dep. 2021, M. A., Rv. 280242). E che fosse proprio l'imputato alla guida al momento dell'incidente trova inoltre ulteriori conferme nelle condizioni in cui egli si presentava subito dopo, reputate dai Giudici di merito "elementi utili per risalire alla posizione occupata dallo stesso, all'interno del veicolo... cioè quella di conducente". Analoghe considerazioni sono state svolte con riguardo alle posizioni occupate dalle altre persone a bordo del veicolo.
Infondato è anche il terzo motivo di ricorso. La Corte territoriale, nel richiamare la motivazione offerta dal Giudice di primo grado - il quale aveva fondato il proprio convincimento sugli esiti della consulenza tecnica relativa alla dinamica del sinistro e sulla relazione tecnica afferente al materiale informatico -, ha correttamente osservato che il prevenuto, in stato di ebbrezza alcolica, procedendo, nelle ore serali, a velocità assai sostenuta, ben superiore rispetto a quella consentita e assolutamente sconsiderata rispetto alle condizioni della strada, che si presentava non illuminata, aveva determinato la condizione di rischio che le regole stesse erano intese a prevenire e il cui rispetto avrebbe reso l'evento evitabile; e ciò anche in considerazione dell'eventuale presenza di altri utenti della strada, evenienza che appariva del tutto prevedibile. La sentenza impugnata ha ricordato come lo stesso consulente del pubblico ministero, nel corso del proprio esame, avesse precisato che, se la velocità fosse stata inferiore a quella tenuta (stimata intorno ai 140 km/h, nonostante su quella strada fosse imposto il limite di velocità di 50 km/h), il (Soggetto 1) avrebbe, con elevata probabilità, potuto avvistare la bicicletta ed evitare l'impatto. L'aumento di energia cinetica ha dunque avuto un'incidenza causale sulla verificazione dell'evento lesivo, inducendo i Giudici di merito a ritenere, con assoluta ragionevolezza, che una condotta dell'imputato osservante delle prescrizioni cautelari avrebbe significativamente diminuito il rischio di verificazione dell'evento mortale o avrebbe avuto significative, non trascurabili, probabilità di salvare la vita della persona offesa.
Con riguardo al quarto motivo di ricorso, il Collegio osserva che la doglianza relativa alla sussistenza dell'aggravante di cui all'art. 589-bis c.p., comma 2, è inammissibile, in quanto dedotta per la prima volta con il presente ricorso. Privo di pregio è il motivo con cui si contesta la ricorrenza dell'aggravante di cui all'art. 589-ter c.p. Sul punto, la sentenza impugnata ricorda che alle ore 20:22 del giorno dell'incidente,(era pervenuta segnalazione telefonica alla Centrale Operativa dei Carabinieri della Compagnia di (Omissis) da cui si evinceva che i soggetti coinvolti nel sinistro si erano rifugiati al civico (Omissis), senza prestare soccorso alla persona investita; e che, nel prosieguo delle indagini, da una consulenza disposta dal pubblico ministero, volta ad estrarre dai telefoni cellulari sequestrati agli occupanti dell'autovettura fotografie e registrazioni vocali dei frangenti immediatamente precedenti e successivi all'impatto, emergeva che il (Soggetto 1) si era avveduto di questo, dandosi poi alla fuga.
Il quinto motivo di ricorso, con cui il ricorrente lamenta la mancata motivazione sul diniego delle circostanze attenuanti generiche, è inammissibile, in quanto la motivazione della Corte al riguardo, non illogica e sorretta da adeguato esame delle deduzioni difensive, non può essere sindacata in sede di legittimità. I Giudici di appello hanno ritenuto non ravvisabili elementi di segno positivo tali da giustificare una mitigazione del trattamento sanzionatorio (in tal senso, Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, S., Rv. 270986). Hanno, al contrario, rimarcato l'oggettiva gravità della condotta illecita contestata e il comportamento tenuto dall'imputato "scappato subito dopo la commissione del sinistro, il quale ha, poi, persino tentato, alla vista delle forze dell'ordine tempestivamente intervenute, di allontanarsi dal luogo in cui si era rifugiato"; a ciò aggiungendosi la mancata allegazione, da parte della difesa, di alcun elemento positivo su cui fondare il riconoscimento delle attenuanti in parola.
Con riguardo al sesto motivo di ricorso, con cui il ricorrente invoca l'applicazione di una pena sostitutiva ai sensi della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 53, così come modificato dal D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, trova applicazione la disposizione di cui all'art. 95 di tale D.Lgs. per la quale "Il condannato a pena detentiva non superiore a quattro anni, all'esito di un procedimento pendente innanzi la Corte di cassazione all'entrata in vigore del presente decreto, può presentare istanza di applicazione di una delle pene sostitutive di cui al Capo III della L. 24 novembre 1981, n. 689, al giudice dell'esecuzione, ai sensi dell'art. 666 c.p.p., entro trenta giorni dalla irrevocabilità della sentenza".
3. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 4 ottobre 2023.
Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2023.
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