Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Penale, Sezione quarta, sentenza n. 4600 del 3 febbraio 2023

 

Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 4600 del 03/02/2023
Circolazione Stradale - Artt. 145 e 172 del Codice della Strada - Mancato rispetto segnale STOP - Sinistro stradale - Omesso uso dei sistemi di ritenuta della controparte - Esenzione - Nesso eziologico - Esclusione - In occasione del mancato rispetto del segnale di STOP con il conseguente urto tra i veicoli, il mancato uso delle cinture di sicurezza da parte del soggetto esentato dal codice della strada dall'uso delle stesse per le mansioni svolte, non può ritenersi causa sopravvenuta, da sola, sufficiente a determinare l'evento traumatico che si riconnetta ad una condotta colposa dell'imputato, nella specie costituita dalla scorretta manovra effettuata, poiché il mancato uso delle cinture di sicurezza costituisce mera concausa dell'evento, idonea a radicare un concorso di colpa in capo alla vittima, ma non ad elidere il nesso eziologico.


RITENUTO IN FATTO - CONSIDERATO IN DIRITTO

1. (Soggetto 1) ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata, con la quale è stata confermata, in punto di responsabilità, la pronuncia di condanna emessa in primo grado, in ordine al reato di cui all'art. 590 bis cod. pen., in relazione ad un incidente stradale, con causazione di lesioni guarite in giorni 67.

2. Il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione, poiché il giudice a quo non ha considerato l'interruzione del nesso di causalità tra la condotta dell'imputato e le lesioni derivante dal mancato uso delle cinture di sicurezza da parte della persona offesa. È vero infatti che quest'ultima beneficiava dell'esenzione dall'uso delle cinture, in quanto svolgeva attività di portavalori ma è anche vero che, ove il (Soggetto 2) avesse usato le cinture di sicurezza, queste ultime gli avrebbero permesso di rimanere ancorato al sedile, senza spostamenti dalla posizione di guida. Ciò avrebbe consentito alla persona offesa di evitare l'urto della spalla con qualsivoglia parte della vettura e, quindi, il traumatismo nel quale si è concretata la lesione riportata. Il mancato uso delle cinture di sicurezza costituisce dunque causa esclusiva delle lesioni riportate dalla persona offesa e il comportamento dell'imputato ne è stato solo l'occasione. Una perizia medico - legale avrebbe potuto fornire ulteriori lumi al riguardo, anche al fine di stabilire la durata delle lesioni, atteso che non vi è stata querela da parte della persona offesa.

3. Con requisitoria scritta, ex art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020, il Procuratore generale presso questa Corte ha chiesto declaratoria di inammissibilità del ricorso.

4. La doglianza formulata è manifestamente infondata. L'interruzione del nesso causale tra condotta ed evento è, infatti, configurabile soltanto allorché la causa sopravvenuta inneschi un rischio nuovo e del tutto incongruo rispetto al rischio originario, attivato dalla prima condotta (Sez. 4, n. 25689 del 3-5-2016, Rv. 267374; n. 43168 del 2013, Rv. 258085; n. 17804 del 2015, Rv. 263581). Nel caso di specie risulta dalla motivazione della sentenza impugnata che le risultanze acquisite hanno dimostrato che il veicolo condotto dall'imputato si immise nella carreggiata di pertinenza della persona offesa senza rispettare il segnale di stop, cagionando così l'impatto tra i mezzi da cui derivarono le lesioni personali subite dal (Soggetto 2). Dunque non può certamente sostenersi che il mancato uso delle cinture di sicurezza abbia innescato un rischio nuovo e del tutto eccentrico rispetto al rischio determinato dalla condotta colposa dell'imputato. Non può, infatti, ritenersi causa sopravvenuta, da sola sufficiente a determinare l'evento, il comportamento negligente di un soggetto, nella specie costituito dal mancato allaccio della cintura di sicurezza da parte della persona offesa, che si riconnetta ad una condotta colposa dell' imputato, nella specie costituita dalla scorretta manovra effettuata dal (Soggetto 1), che, violando la normativa in materia di circolazione stradale, non concesse la precedenza al veicolo condotto dalla parte lesa ( Sez. 4, n. 18800 del 13-4-2016, Rv. 267255; n. 17804 del 2015, Rv. 263581; n. 10626 del 2013, Rv. 256391). Il mancato uso delle cinture di sicurezza costituisce dunque mera concausa dell'evento, idonea a radicare un concorso di colpa in capo alla vittima ma non a elidere il nesso eziologico. Infatti, in ordine alla problematica relativa alle concause, il codice penale vigente, nel disciplinare il rapporto di causalità, ha accolto il principio dell'equivalenza delle cause, secondo cui le cause concorrenti sono tutte e ciascuna causa dell'evento (Cass., 22-12-1988, G.). Ne deriva che l'azione od omissione dell'agente è considerata causa dell'evento anche se altre circostanze a lui estranee, di qualsiasi genere, preesistenti, concomitanti o successive, concorrano alla sua produzione perché il comportamento dell'agente ha pur sempre costituito una delle condizioni dell'evento. Non ha dunque alcun rilievo in ordine alla giuridica esistenza del nesso di causalità che le concause siano indipendenti dal comportamento del colpevole, nemmeno quando esse rivestano una efficienza causale prevalente (Cass., 8-3-1983, Q.). Ciò che rileva, ai fini della sussistenza del nesso eziologico, è che l'agente abbia posto in essere una condizione necessaria dell'evento, di guisa che quest'ultimo risulti essere conseguenza di quella condotta e non di circostanze aventi un'efficienza causale esclusiva (Cass.,13-12-1983, O.). Ciò, per quanto attiene alle condotte commissive, come quella che viene in rilievo nel caso di specie, implica che il giudizio controfattuale sia operato valutando se l'evento si sarebbe ugualmente verificato anche in assenza della condotta commissiva (Sez. 4, n. 15002 del 1-3-2011, Rv. 250268). E, nel caso di specie, certamente l'impatto tra i veicoli, con le conseguenti lesioni subìte dal (Soggetto 2), non si sarebbe verificato se il conducente, in ottemperanza a un preciso obbligo su di lui gravante, si fosse fermato allo stop.

5. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila, determinata secondo equità, in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, 3 novembre 2022.

Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2023.

 

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