Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio
Cassazione Penale, Sezione sesta, sentenza n. 35416 del 22 agosto 2023
Corte di Cassazione Penale, Sezione VI, sentenza numero 35416 del 22/08/2023
Circolazione Stradale - Art. 1 del Codice della Strada e art. 610 C.P. - Sicurezza e tutela della salute delle persone nella circolazione stradale - Reato di violenza privata - Configurabilità - Integra l'elemento del reato di violenza privata la condotta del soggetto che impedisca il libero movimento del conducente del veicolo - nella sua qualità di soggetto passivo - ponendolo nell'alternativa di non muoversi oppure di muoversi con il pericolo di menomare l'integrità di altri, compreso del soggetto che attua il comportamento impeditivo.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l'ordinanza impugnata il Tribunale di (Omissis), in parziale accoglimento dell'appello cautelare proposto dal Pubblico Ministero e, dunque, in riforma dell'ordinanza adottata dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di (Omissis) in data 18 novembre 2022, ha, tra l'altro, applicato a (Soggetto 1) e (Soggetto 3) la misura dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria tre volte a settimana e a (Soggetto 2) l'obbligo di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria.
Il Tribunale ha ritenuto gravemente indiziati (Soggetto 1) e (Soggetto 3) della commissione del delitto di cui all'art. 110 c.p., art. 339 c.p., comma 2, art. 610 c.p., commi 1 e 2, perché nel corso della manifestazione "no Tav", tenutasi in (Omissis), avrebbero bloccato i camion che trasportavano il materiale per la realizzazione della linea ferroviaria (Omissis) (capo 4 dell'imputazione provvisoria).
(Soggetto 2) è, inoltre, stato ritenuto gravemente indiziato di aver concorso alla commissione di tale delitto, oltre che dei delitti di cui all'art. 110 c.p., art. 112 c.p., comma 1, n. 1, art. 635 c.p., commi 1 e 3, (capo 1), di cui all'art. 110 c.p., art. 339 c.p., comma 2, art. 610 c.p., commi 1 e 3, (capo 2) e di cui agli artt. 110, 337 c.p., art. 339 c.p., commi 1 e 2, (capo 3), commessi in (Omissis).
2. L'avvocato N.C., difensore di (Soggetto 1) e (Soggetto 2), e l'avvocato C.V., difensore di (Soggetto 3), ricorrono contro tale ordinanza e ne chiedono l'annullamento.
3. L'avvocato N.C., difensore di (Soggetto 1) e (Soggetto 2), ha presentato tre motivi di ricorso.
3.1. Con il primo motivo, proposto nell'interesse di entrambi gli indagati, il difensore ha censurato, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), la violazione degli artt. 274 e 275 c.p.p. e la mancanza, la contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione in relazione alla sussistenza delle esigenze cautelari e alla ritenuta idoneità della misura dell'obbligo di presentazione periodica alla polizia giudiziaria.
Con tale motivo il difensore censura che le argomentazioni spese dal Tribunale in ordine alla concretezza e all'attualità del rischio di reiterazione criminosa in capo a tutti gli indagati si porrebbero in contrasto con la necessaria individualizzazione della valutazione delle esigenze cautelari.
Il Tribunale, infatti, avrebbe affermato la sussistenza delle esigenze cautelari in termini apodittici e generalizzati per tutti gli indagati, limitandosi a rilevare come gli stessi fossero "impegnati in un'incessante attività di contrasto alla realizzazione dell'opera pubblica" e aggiungendo che "tale attività illecita" perdura da anni "... anche commettendo reati dello stesso tipo di quelli per cui si procede".
3.2. Con il secondo motivo, proposto nell'interesse esclusivo della (Soggetto 1), il ricorrente ha dedotto, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), la violazione dell'art. 610 c.p. in relazione ai gravi indizi di colpevolezza del delitto contestato al capo 4) dell'imputazione cautelare.
Rileva il difensore che, secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, non sarebbe configurabile il delitto di violenza privata allorquando gli atti di violenza non siano diretti a costringere la vittima ad un patì, ma siano essi stessi produttivi dell'effetto lesivo, senza che si verifichi alcuna fase intermedia di coartazione della libertà della persona offesa.
Il Tribunale del riesame avrebbe, dunque, violato il principio della necessaria distinzione e concorrenza, ai fini della sussistenza del reato, di una condotta violenta o minatoria e di un evento costrittivo autonomo, e cioè non coincidente con la mera costrizione a subire la violenza o la minaccia.
Nel caso di specie il delitto di violenza privata non sarebbe, dunque, sussistente, in quanto l'azione intimidatoria della (Soggetto 1) e degli altri coindagati si sarebbe risolta nella presenza in strada dei manifestanti e nella richiesta all'autista di mostrare i documenti di viaggio e, dunque, sarebbe del tutto assente il patì ulteriore, quale l'impedimento del transito del camion. 3.3. Con il terzo motivo, proposto nell'interesse esclusivo del (Soggetto 2), il ricorrente ha dedotto, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), la violazione degli artt. 110, 337 c.p. e art. 392 c.p., comma 2, in relazione ai gravi indizi di colpevolezza del delitto contestato al capo 3) dell'imputazione cautelare.
Rileva il difensore che il Tribunale ha ritenuto, nei limiti propri della delibazione cautelare, che il (Soggetto 2) avrebbe cercato di ostacolare le riprese delle condotte dei manifestamenti da parte di un agente di polizia, ponendo la mano sull'obiettivo della sua fotocamera; in tal modo, il (Soggetto 2) avrebbe tenuto una condotta attiva e tipica, finalizzata ad ostacolare gli atti di polizia giudiziaria in corso.
L'indagato, di seguito, avrebbe manifestato adesione al proposito criminoso degli altri correi, accorrendo in aiuto e intervenendo a supporto del (Soggetto 4), al momento dell'intervento degli agenti della DIGOS. Ad avviso del difensore, tuttavia, difetterebbero gli elementi costitutivi del reato e, in particolare, la violenza e la minaccia al pubblico ufficiale, in quanto porre la mano sull'obiettivo di una fotocamera non integrerebbe violenza sulle cose.
La condotta ascritta al ricorrente non sarebbe, del resto, idonea neppure a fondare la sua responsabilità sul piano concorsuale, in quanto sarebbe stata posta in essere successivamente agli atti di resistenza ascritti al (Soggetto 5) e al (Soggetto 4).
Tutti gli elementi posti a fondamento dell'attualità e della concretezza del pericolo di reiterazione del reato sarebbero, dunque, insussistenti, in quanto frutto dell'illogica generalizzazione di circostanze che non afferiscono alla specifica posizione dell'indagato.
4. L'avvocato C.V., difensore di (Soggetto 3), con unico motivo, deduce, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c) ed e), l'inosservanza dell'art. 276 c.p.p. e la manifesta contraddittorietà della motivazione in ordine ai criteri di scelta della misura cautelare adottati.
Premette il difensore che al (Soggetto 3) è contestato di essersi posizionato sulla carreggiata, unitamente ad altri soggetti, alle ore 11.01, e di aver fermato il mezzo targato (Omissis), costringendolo a stazionare in un parcheggio vicino.
Il difensore censura l'illogicità della motivazione del Tribunale di (Omissis), che ha ritenuto sussistente il pericolo di recidiva per gli indagati in ragione della partecipazione alle azioni di protesta contestate ai capi 1), 2) e 3), in quanto il (Soggetto 3) era stato ritenuto gravemente indiziato di aver partecipato alla sola condotta contestata al capo 4).
Il (Soggetto 3), inoltre, sarebbe stato meramente presente alla successiva manifestazione del 29 settembre 2022, senza, tuttavia, essersi reso autore di alcuna condotta illecita.
Parimenti sarebbe apodittico e destituito di fondamento il rilievo secondo il quale l'indagato sarebbe uno dei soggetti che "sono da anni impegnati in tale attività illecita".
Il (Soggetto 3), infatti, era effettivamente gravato da due pendenze per fatti antecedenti a quello di cui si discute e che ancora non sono state oggetto di giudizio; tali elementi, da soli, tuttavia, non consentirebbero di inferire la sussistenza di esigenze cautelari concrete e attuali.
Il (Soggetto 3), peraltro, avrebbe posto in essere una condotta priva della connotazione della violenza, in quanto, anche se presente sulla carreggiata, non si sarebbe relazionato con il conducente del veicolo, neanche secondo modalità minacciose.
Il pericolo di recidiva, inoltre, non potrebbe essere ritenuto concreto ed attuale, neppure in ragione della gravità del titolo di reato o delle modalità di commissione dello stesso.
5. Non essendo stata richiesta la trattazione orale del procedimento, il ricorso è stato trattato con procedura scritta, ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8, convertito in L. 18 dicembre 2020, n. 176 prorogato per effetto del D.L. 30 dicembre 2021, n. 228, art. 16, comma 1, convertito con modificazioni dalla L. 25 febbraio 2022, n. 15 e per le impugnazioni proposte sino al 30 giugno 2023 dal D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, art. 94, comma 2.
Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 23 maggio 2023, il Procuratore generale ha chiesto di dichiarare inammissibili o, comunque, rigettare i ricorsi.
In data 1 giugno 2023 l'avvocato N.C. ha chiesto l'accoglimento dei ricorsi proposti nell'interesse della (Soggetto 1) e del (Soggetto 2).
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono inammissibili, in quanto i motivi proposti sono manifestamente infondati o, comunque, diversi da quelli consentiti dalla legge.
2. Con il secondo motivo, che assume rilievo preliminare, proposto nell'interesse della (Soggetto 1), l'avvocato N.C. deduce la violazione di legge in ordine alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di violenza privata contestato al capo 4) dell'imputazione cautelare.
3. Il motivo è manifestamente infondato.
Il difensore della ricorrente invoca l'applicazione nel caso di specie del principio di diritto costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo il quale "l'elemento oggettivo del delitto di violenza privata è costituito da una violenza o da una minaccia che abbiano l'effetto di costringere taluno a fare, tollerare od omettere una condotta determinata, poiché in assenza di tale determinatezza, possono integrarsi i singoli reati di minaccia, molestia, ingiuria, percosse, ma non quello di violenza privata; ne deriva che il delitto di cui all'art. 610 c.p. non è configurabile qualora gli atti di violenza e di natura intimidatoria integrino, essi stessi, l'evento naturalistico del reato, vale a dire il patì cui la persona offesa sia costretta" (ex plurimis, Sez. 5, n. 47575 del 2016, Rv. 268405).
La ricorrente afferma, inoltre, la sostanziale sovrapponibilità della vicenda oggetto del presente ricorso con quella esaminata da Sez. 5, n. 10132 del 2018, Rv. 272796, che ha escluso la configurabilità del delitto di violenza privata nella condotta dell'imputato che, affiancando con l'auto la persona offesa in bicicletta, la faceva cadere con una spinta, così costringendola ad interrompere il suo regolare percorso stradale, ravvisando in questa condotta atti di violenza direttamente produttivi dell'effetto lesivo, senza alcuna fase intermedia di coartazione della libertà di determinazione della persona offesa.
Il Tribunale di (Omissis), tuttavia, nell'ordinanza impugnata non certo incongruamente distingue: a) la condotta dell'indagata, colta, nelle videoriprese operate dalla polizia giudiziaria, nell'atto di posizionarsi, con altri undici manifestanti, al centro della carreggiata, al sopraggiungere di uno degli automezzi impegnati nel trasporto di materiale destinato ai cantieri della Tav; la condotta del coindagato (Soggetto 6), che aveva chiesto al conducente del mezzo di esibire i documenti di trasporto per verificare se consentire la prosecuzione del viaggio; b) l'evento autonomo rispetto alla condotta violenta, consistito nel blocco temporaneo della marcia del camion, quale effetto della costrizione ad esibire a soggetti non legittimati i documenti di trasporto.
Il Tribunale di (Omissis) ha, inoltre, valorizzato la dinamica complessiva dell'azione di protesta protrattasi dalle ore 9.30 alle ore 16.00 del 15 settembre 2022, ricostruita attraverso le denunce-querele presentate da numerosi conducenti degli automezzi fermati dai manifestanti, che hanno riportato il carattere ultimativo delle richieste abusive rivolte dai manifestanti al fine di esercitare, "con fare poliziesco", il controllo dei documenti di trasporto.
A tale condotta, materialmente ostativa della circolazione stradale, non incongruamente il Tribunale ha annesso valore di violenza in base ai principi costantemente affermati dalla giurisprudenza di legittimità.
Integra, infatti, l'elemento della violenza la condotta che impedisca il libero movimento del soggetto passivo, ponendolo nell'alternativa di non muoversi oppure di muoversi con il pericolo di menomare l'integrità di altri, compreso l'agente (Sez. 5, n. 41311 del 2008, Rv. 242328, con riferimento al caso di un soggetto che, nell'ambito di una manifestazione di protesta, aveva impedito al guidatore di un'autovettura di procedere liberamente, ostacolandone la marcia; conf. Sez. 5, n. 48369 del 2017, C., Rv. 271267).
4. Con il motivo proposto nell'interesse esclusivo del (Soggetto 2), l'avvocato N.C. ha dedotto la violazione degli artt. 110, 337 c.p. e art. 392 c.p., comma 2, in relazione ai gravi indizi di colpevolezza del delitto contestato al capo 3) dell'imputazione cautelare, con riferimento alla condotta tenuta dall'indagato nei confronti dei poliziotti intervenuti per impedire il rovesciamento dei container contenenti materiale di carotaggio, nel contesto della manifestazione svoltasi a (Omissis).
5. Il motivo è manifestamente infondato.
Il Tribunale di (Omissis) nell'ordinanza impugnata ha descritto, sulla base dell'annotazione di servizio dell'assistente (Soggetto 7) datata 4 luglio 2022, una condotta coordinata, nel contesto della quale il manifestante (Soggetto 5) ha spinto due volte con forza il poliziotto intervenuto per impedire il rovesciamento dei container da parte di (Soggetto 4), mentre il (Soggetto 2) aveva posto una mano sull'obiettivo della fotocamera, con la quale altro operatore della Digos cercava di riprendere la scena.
Il Tribunale di (Omissis) non certo incongruamente ha ritenuto che tale duplice condotta abbia assunto, sinergicamente, il valore di ostruzione dell'attività dei pubblici ufficiali intervenuti e di contributo morale alla violenza fisica esercitata dal (Soggetto 5).
A prescindere dalla ravvisabilità o meno di una violenza sulle cose nel gesto attribuito all'indagato, è non manifestamente illogica l'argomentazione che attribuisce a tale comportamento quanto meno il valore di consapevole e volontario contributo causale atipico alla resistenza del coindagato.
Nella non illogica ricostruzione del Tribunale, del resto, l'azione del (Soggetto 2) sarebbe contestuale agli atti di resistenza posti in essere dal (Soggetto 4) e dal (Soggetto 5) e non già successivo, come sostenuto dal ricorrente; non integrerebbe, dunque, un, inammissibile, concorso postumo del reato.
Non pare sostenibile, peraltro, alla luce del contesto descritto, che si sia trattato di mera resistenza passiva o di sfogo di sentimenti ostili o di disprezzo inidonea ad incidere sull'attività di ufficio o di servizio, e perciò riconducibile ai reati di oltraggio o minaccia (secondo il principio enunciato, da ultimo, da Sez. 6, n. 44976 del 2008, Rv. 241660).
6. Con il primo motivo proposto, proposto nell'interesse di entrambi gli indagati, il difensore ha censurato, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), la violazione degli artt. 274 e 275 c.p.p. e la mancanza, la contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione in relazione alla sussistenza delle esigenze cautelari e alla ritenuta idoneità della misura dell'obbligo di presentazione periodica alla polizia giudiziaria.
7. Anche questo motivo è manifestamente infondato.
Il Tribunale del riesame ha congruamente ravvisato la sussistenza delle esigenze cautelari di cui all'art. 274 c.p.p., lett. c), sulla base delle segnalazioni del coinvolgimento della (Soggetto 1) in fatti analoghi e della pregressa sottoposizione al divieto di dimora.
Tali elementi, valutati sinergicamente con la partecipazione dell'indagata all'altra manifestazione non autorizzata dalla quale hanno tratto origine i fatti contestati nei capi 1), 2) e 3) della contestazione cautelare, integrano una giustificazione non manifestamente illogica della concretezza e attualità del pericolo di recidiva.
Sul piano dell'attualità e concretezza delle esigenze cautelari, non è, inoltre, illogica la motivazione con la quale il Tribunale del riesame, con riferimento al (Soggetto 2), ha valorizzato: a) l'attiva partecipazione del ricorrente sia ai fatti occorsi il 30 giugno 2022 e compendiati nei primi tre addebiti del titolo cautelare, sia ai fatti del 15 settembre 2022, contestati al capo 4, sia, ancora, alla manifestazione del 3 novembre 2022, che ha determinato il blocco dei trasporti di materiale per circa due ore; b) i quattro carichi pendenti per recenti fatti analoghi e la pregressa sottoposizione dell'indagato a misure cautelari per i reati commessi in tali occasioni.
8. L'avvocato C.V., con l'unico motivo proposto nell'interesse di (Soggetto 3), ha censurato l'inosservanza dell'art. 276 c.p.p. e la manifesta contraddittorietà della motivazione in ordine ai criteri di scelta della misura cautelare adottati.
9. Il motivo è manifestamente infondato.
Il Tribunale di (Omissis) ha, infatti, non certo illogicamente ha posto a fondamento della ritenuta sussistenza del pericolo di recidiva i due procedimenti per fatti analoghi nei quali l'indagato è stato già sottoposto alla misura dell'obbligo di presentazione alla P.G. e la successiva partecipazione al blocco del 29 settembre 2022, descritto nell'annotazione della Digos del 4 ottobre 2022, riportata in nota nell'ordinanza impugnata.
Il Tribunale, come con riferimento alla posizione della (Soggetto 1), ha, inoltre, congruamente stimato che la minore gravità della condotta dell'indagato, rispetto a quella di alcuni co-indagati, giustificava l'imposizione della prescrizione di un obbligo di presentazione non quotidiano.
10. Alla stregua di tali rilievi i ricorsi devono deve essere dichiarati inammissibili.
I ricorrenti devono, pertanto, essere condannati, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., comma 1, al pagamento delle spese del procedimento.
In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso siano stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", deve, altresì, disporsi che ciascun ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila Euro in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 28 reg. esec. c.p.p..
Così deciso in Roma, il 6 giugno 2023.
Depositato in Cancelleria il 22 agosto 2023.
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