Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio
Cassazione Penale, Sezione quarta, sentenza n. 33906 del 2 agosto 2023
Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 33906 del 02/08/2023
Circolazione Stradale - Art. 189 del Codice della Strada - Comportamento in caso di incidente - Inottemperanza all'obbligo di fermarsi e di prestare assistenza alle persone ferite - Condotte diverse - Dolo eventuale - Il reato omissivo di cui all'art. 189, comma 7, codice strada, implica una condotta ulteriore e diversa rispetto a quella del reato di fuga, previsto dal comma 6 del predetto articolo, non essendo sufficiente la consapevolezza che dall'incidente possano essere derivate conseguenze per le persone, occorrendo, invece, che un tale pericolo appaia essersi concretizzato, almeno sotto il profilo del dolo eventuale, ravvisabile in capo all'agente che, in caso di sinistro comunque ricollegabile al suo comportamento ed avente connotazioni tali da evidenziare, in termini di immediatezza, la probabilità, o anche solo la possibilità, che dall'incidente sia derivato danno alle persone e che queste necessitino di soccorso, non ottemperi all'obbligo di prestare assistenza ai feriti.
RITENUTO IN FATTO - CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La Corte d'appello di Venezia ha confermato la sentenza del Tribunale di (Omissis), con la quale (Soggetto 1) era stata condannata, in abbreviato, alla pena di mesi sette, giorni dieci di reclusione e Euro 300,00 di multa, riconosciute le generiche prevalenti sull'aggravante, per lesioni colpose stradali ai danni di (Soggetto 2) e per lesioni colpose ai danni di (Soggetto 3) (così riqualificato il reato originariamente contestato di lesioni stradali, in ragione della lieve entità delle stesse), nonché per i delitti di cui all'art. 189 comma 6 e 7 codice strada, ritenuta la continuazione tra i due (in (Omissis) il (Omissis)). In particolare, si è contestato all'imputata di avere costituito un pericolo per la circolazione, non arrestando il proprio mezzo in maniera tempestiva davanti a un ostacolo prevedibile, rappresentato dalla vettura che la precedeva, ferma per avere la conducente arrestato la marcia per concedere la precedenza agli altri veicoli in transito, tamponando il mezzo e cagionando alle occupanti le lesioni descritte al capo 1) della imputazione, nonché per essersi data alla fuga, dopo aver constatato le ferite delle persone offese e dimostrato di voler compilare il modulo di constatazione amichevole, ritornando alla propria autovettura e allontanandosi, senza fornire le proprie generalità, nonché per avere omesso di prestare assistenza a una delle due persone occupanti il mezzo tamponato.
La Corte territoriale, esaminato il gravame dell'imputata, lo ha ritenuto infondato, in punto affermazione della penale responsabilità, disattendendo l'argomento difensivo per il quale, ai fini della sussistenza delle ipotesi di cui all'art. 189, codice strada, sarebbe necessario che l'incidente sia riconducibile alla sola condotta dell'imputato, reputando invece sufficiente che questi abbia contribuito al suo verificarsi, in ogni caso ritenendo provata l'esclusiva responsabilità della (Soggetto 1). Secondo la ricostruzione dei giudici del merito, effettuata anche alla stregua dei dati ricavati dalla denuncia-querela in atti, l'incidente era avvenuto a causa di un tamponamento - da parte del veicolo condotto dall'imputata - della vettura sulla quale viaggiavano le persone offese; il mezzo precedente aveva rallentato in prossimità di un ingresso in rotatoria e l'imputata aveva omesso di tenere la distanza di sicurezza, imprimendo al proprio mezzo una velocità eccessiva rispetto alle condizioni concrete di guida; la donna, dopo esser scesa dall'auto, vi era ritornata con la scusa di dover prendere i documenti per la constatazione amichevole del sinistro, salvo poi a dileguarsi. Il giudice del gravame ha ritenuto che la ricostruzione dei fatti smentisse la tesi difensiva secondo cui, nell'occorso, la donna avrebbe verificato le condizioni delle persone offese prima di allontanarsi, la stessa avendo utilizzato uno stratagemma (la scusa di prendere i documenti per stilare il modulo di composizione amichevole del sinistro) per darsi alla fuga senza appurare le condizioni in cui versavano le due donne, la cui auto aveva tamponato così violentemente da far esplodere i due airbags anteriori. Infine, ha ritenuto la commisurazione della sanzione accessoria del tutto corretta anche alla luce dei principi in materia, per i quali le sanzioni accessorie, in caso di violazioni plurime, vanno cumulate tra di loro, non operando il meccanismo della continuazione.
2. La difesa ha proposto ricorso, formulando quattro motivi.
Con il primo, ha dedotto erronea applicazione della legge penale con riferimento al reato di cui all'art. 189, comma 6, codice strada, e vizio della motivazione, ritenendo necessario, affinché possa configurarsi una responsabilità a tale titolo, l'accertamento di una lesione effettiva, rilevando, in ogni caso, più che la durata della fermata dell'agente, l'avvenuta soddisfazione, attraverso la sua condotta, degli interessi sottesi alla norma incriminatrice. Nella specie, l'imputata si era fermata dopo il sinistro, accertandosi delle condizioni delle due occupanti l'auto tamponata. Peraltro, da una corretta lettura del materiale probatorio, emergerebbe che solo una delle donne aveva lamentato capogiri, mentre la madre non aveva mai riferito di essersi sentita male ed era uscita senza difficoltà dal veicolo. I capogiri, peraltro, sarebbero sopravvenuti solo dopo lo sfogo della persona offesa nei confronti dell'imputata, essendo stata resa una prognosi modestissima di malattia a distanza di ore dal sinistro, avendo le due donne rifiutato l'intervento di un'ambulanza.
Con il secondo motivo, ha dedotto analoghi vizi, questa volta con riferimento al reato di cui all'art. 189, comma 7, codice strada, contestando la percepibilità da parte dell'imputata di una condizione delle persone offese che rendesse necessario prestarvi soccorso. La (Soggetto 1) si sarebbe adoperata per verificare le condizioni di salute delle due donne, contrariamente a quanto, in maniera contraddittoria rispetto agli elementi probatori, avrebbe affermato la Corte d'appello.
Con il terzo motivo, ha dedotto, rispetto ai due reati di cui all'art. 189, commi 6 e 7, codice strada, anche il vizio di omessa motivazione in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi, nonostante fossero stati contestati con il gravame. In ogni caso, secondo la difesa, difetterebbe la prova dell'elemento soggettivo che, nella specie, sarebbe stato solo "desunto" dai giudici del gravame.
Infine, con il quarto motivo, la difesa ha dedotto erronea applicazione della legge penale quanto alla sanzione accessoria stabilita per i reati di cui ai capi 2) e 3) della imputazione, sussistendo tra il reato di fuga e quello di omissione di soccorso un rapporto di conflitto apparente di norme da risolversi all'insegna del criterio di consunzione/assorbimento, giacché il primo è prodromico al secondo che assorbe il disvalore del comportamento del conducente, con conseguente erroneità dell'operato cumulo.
3. Il Procuratore generale, in persona del sostituto S. S., ha rassegnato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente ai reati di cui al capo 1) perché l'azione penale non doveva essere iniziata per difetto di querela; la rideterminazione ai sensi dell'art. 620 lett. I) c.p.p. della durata della sanzione accessoria in anni 2 e mesi 8; infine, la declaratoria di inammissibilità del ricorso nel resto.
Considerato in diritto 1. Il ricorso va accolto, limitatamente al reato di cui all'art. 189 comma 7, codice strada, con rigetto nel resto.
2. Il primo e il terzo motivo, quest'ultimo limitatamente al reato di cui all'art. 189 comma 6, codice strada, sono infondati.
Sul punto, pare sufficiente richiamare i plurimi arresti giurisprudenziali, con i quali questa Corte di legittimità ha, intanto, precisato che il reato di fuga in caso di investimento di persona ha natura di reato omissivo di pericolo e si perfeziona istantaneamente nel momento in cui il conducente del veicolo investitore viola l'obbligo di fermarsi, ponendo in essere, con il semplice allontanamento, una condotta contraria al precetto di legge, di talché il reato è configurabile anche se il conducente, allontanandosi, abbia agito in modo da rendere possibile la sua identificazione presentandosi successivamente al più vicino posto di polizia, dato che la finalità della norma è anche quella di rendere possibile l'accertamento immediato delle modalità e circostanze dell'incidente (sez. 4, n. 11195 del 12/2/2015, D., Rv. 262709; sez. 4, n. 20235 del 25/1/2006, M., Rv. 234581-01, in cui si è affermato che integra il reato di fuga la condotta di colui che - in occasione di un incidente ricollegabile al suo comportamento da cui sia derivato un danno alle persone - effettui sul luogo del sinistro una sosta momentanea (nella specie "per pochi istanti"), senza consentire la propria identificazione, ne’ quella del veicolo e la Corte ha rilevato che il dovere di fermarsi sul posto dell'incidente deve durare per tutto il tempo necessario all'espletamento delle prime indagini rivolte ai fini dell'identificazione del conducente stesso e del veicolo condotto, perché, ove si ritenesse che la durata della prescritta fermata possa essere anche talmente breve da non consentire ne l'identificazione del conducente, ne’ quella del veicolo, ne’ lo svolgimento di un qualsiasi accertamento sulle modalità dell'incidente e sulle responsabilità nella causazione del medesimo, la norma stessa sarebbe priva di ratio e di una qualsiasi utilità pratica).
Inoltre, affinché il precetto dell'obbligo di fermarsi sia rispettato, occorre che l'agente effettui una fermata che, per le concrete modalità, gli consenta di rendersi conto dell'accaduto ed eventualmente mettersi in condizione di prestare assistenza ai feriti e, comunque, di essere identificato ai fini della compiuta ricostruzione dell'accaduto e di eventuali azioni risarcitorie (sez. 4, n. 9212 del 11/2/2020, M., Rv. 278606-01, in fattispecie nella quale l'imputato si era fermato dopo aver investito un pedone ed era rimasto sul luogo dell'incidente fino all'arrivo dell'ambulanza e la Corte ha annullato la sentenza impugnata che aveva riconosciuto la responsabilità dell'imputato senza accertare se, nel dato contesto di fatto, fosse possibile o meno per lo stesso lasciare i propri dati identificativi alla donna ferita o ad altra persona, prima o dopo l'arrivo dell'ambulanza, e quanto tempo dopo l'incidente fosse sopraggiunta la polizia municipale, non essendo esigibile un'attesa senza termine dell'arrivo sul posto degli operatori di polizia).
Nella specie, dalla lettura integrata delle motivazioni delle sentenze di merito, emerge che l'identificazione dell'imputata era avvenuta solo successivamente, grazie al riconoscimento della (Soggetto 3) che l'aveva vista al volante della medesima auto qualche giorno dopo i fatti, annotando il relativo numero di targa e consentendo così di risalire al nome della intestataria (cfr. pag. 5 della sentenza appellata). Le argomentazioni dei giudici di merito non risultano scalfite da quelle difensive che, peraltro, sembrano incentrate più sulla condotta di omissione di soccorso che sul reato di fuga.
3. Il secondo e il terzo motivo, quest'ultimo limitatamente al reato di cui all'art. 189 comma 7, codice strada, sono fondati nei termini che si vanno a esporre.
Il reato omissivo di cui all'art. 189, comma 7, codice strada, implica una condotta ulteriore e diversa rispetto a quella del reato di fuga, previsto dal comma 6 del predetto art. 189, non essendo sufficiente la consapevolezza che dall'incidente possano essere derivate conseguenze per le persone, occorrendo, invece, che un tale pericolo appaia essersi concretizzato, almeno sotto il profilo del dolo eventuale, in effettive lesioni dell'integrità fisica (sez. 4, n. 23177 del 15/3/2016, T., Rv. 266969-01). Il dolo eventuale è ravvisabile in capo all'agente che, in caso di sinistro comunque ricollegabile al suo comportamento ed avente connotazioni tali da evidenziare, in termini di immediatezza, la probabilità, o anche solo la possibilità, che dall'incidente sia derivato danno alle persone e che queste necessitino di soccorso, non ottemperi all'obbligo di prestare assistenza ai feriti (sez. 4, n. 33772 del 15/6/2017, D. di A. C., Rv. 271046-01, in cui, in motivazione, la Corte ha osservato che il dolo eventuale, pur configurandosi normalmente in relazione all'elemento volitivo, può attenere anche all'elemento intellettivo, quando l'agente consapevolmente rifiuti di accertare la sussistenza degli elementi in presenza dei quali il suo comportamento costituisce reato, accettandone il rischio).
Orbene, nel caso all'esame, il ragionamento giustificativo dei giudici del gravame, a fronte di censure con le quali si era opposto che la (Soggetto 1) si era accertata delle condizioni di salute delle persone offese, che queste non avevano richiesto l'intervento di mezzi di soccorso (che effettivamente non risulta siano intervenuti e della cui necessità non si dà conto nelle sentenze di merito), hanno omesso di argomentare in ordine agli elementi costitutivi della seconda fattispecie, affidando alla sola circostanza dell'allontanamento della (Soggetto 1) - che aveva impedito la sua identificazione - anche la dimostrazione della condotta di omissione di soccorso. Sul punto specifico, non soccorre neppure la sentenza appellata, nella quale altrettanto apoditticamente si era affermato che l'imputata aveva omesso di dare assistenza alle due donne. Il che si pone in termini di palese contraddizione con la ricostruzione dei fatti operata al punto 2 della stessa sentenza appellata, ove si era precisato che, nell'occorso, la (Soggetto 1) era effettivamente scesa dall'auto, aveva interloquito con le occupanti del mezzo tamponato, una delle quali l'aveva anche redarguita, accusando solo dopo dei giramenti di testa, invitando al contempo l'imputata a prendere il modulo per la constatazione amichevole, le persone offese essendosi recate solo successivamente e per conto proprio in ospedale.
A fronte di tale ricostruzione fattuale, la conclusione in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato è dunque priva di adeguata giustificazione, rimanendo sostanzialmente affidata a un ragionamento tautologico che fa discendere la prova del reato di omissione di soccorso da quella del reato di fuga, obliterando la diversità delle due fattispecie, sia quanto alla condotta materiale, che avuto riguardo all'elemento soggettivo e agli stessi interessi tutelati.
Il reato in questione, infatti, richiede che il bisogno dell'investito sia effettivo, sicché non è configurabile nel caso di assenza di lesioni o di morte o allorché altri abbia già provveduto e non risulti più necessario, ne’ utile o efficace l'ulteriore intervento dell'obbligato, ma tali circostanze non possono essere ritenute ex post, dovendo l'investitore essersene reso conto in base ad obiettiva constatazione prima del proprio allontanamento (sez. 4, n. 18748 del 4/5/2022, M., Rv. 283212-01; n. 39088 del 3/5/2016, M., Rv. 267601-01).
È vero che l'obbligo di fermarsi, al pari di quello di prestare assistenza alle persone ferite, non è legato alla consumazione e all'accertamento di un reato, ma al semplice verificarsi di un incidente stradale, comunque ricollegabile al comportamento dell'utente della strada al quale l'obbligo è riferito (sez. 4, n. 33761 del 17/5/2017; sez. 4, n. 34356 del 25/11/2020, R., RV. 280153); ma va altresì precisato che il reato di omissione di assistenza, di cui all'art. 189, comma 7, codice strada, contempla tra gli elementi costitutivi della fattispecie obiettiva, per l'appunto, la necessità di assistenza alle persone ferite. Sicché, ove tale necessità sia insussistente, non rileva che l'autore del fatto ne abbia avuto contezza o meno, trattandosi di reato punibile esclusivamente a titolo di dolo, quantomeno eventuale, nel cui oggetto deve rientrare dunque anche il bisogno di assistenza delle persone ferite (sez. 4, n. 14610 del 30/1/2014, R., Rv. 259216-01).
Nella specie, i giudici del merito, pur investiti della tematica degli elementi costituivi della fattispecie, si sono limitati a motivare sulla sussistenza del reato di fuga, omettendo di considerarne la diversità rispetto a quello di omissione di soccorso, a fronte di elementi fattuali, pur emersi nel giudizio, idonei a incidere sia sulla valutazione dell'esistenza stessa del bisogno di assistenza delle due persone offese e della necessità di un intervento di soccorso dell'imputata (che, ove obiettivamente insussistente, anche per la natura delle lesioni riportate o per la decisione delle persone offese di non ricevere soccorsi immediati, renderebbe del tutto ultroneo verificare che l'agente abbia avuto contezza o meno di tali lesioni); ma anche sull'elemento soggettivo del reato, ove resti accertato il bisogno di assistenza delle persone offese e l'efficacia di un intervento dell'imputata.
4. Il quarto motivo è assorbito, pur dovendosi ribadire in diritto che, in caso di condanna per più reati che comportano l'applicazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, il giudice deve determinare la durata complessiva di questa effettuando la somma dei vari periodi di sospensione previsti per ciascun illecito, atteso che, in proposito, non rilevano discipline tipicamente penalistiche finalizzate o a limitare l'inflizione di pene eccessive (come nel caso dell'art. 81 c.p.) ovvero ad evitare restrizioni troppo ampie della libertà personale (come nel caso dell'art. 307 c.p.p.) (sez. 4, n. 12363 del 4712/2013, dep. 2014, C., Rv. 262135-01; n. 20990 del 30/3/2016, K., Rv. 266704-01; n. 6912 del 12/2/2021, C., Rv. 280544-01).
5. La sentenza deve, dunque, essere annullata, limitatamente al reato di cui all'art. 189, comma 7, codice della strada, con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Venezia, con rigetto degli ulteriori motivi.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui all'art. 189, comma 7 C.d.S., con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Venezia. Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma, il 28 giugno 2023.
Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2023.
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