Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio
Cassazione Penale, Sezione quinta, sentenza n. 29623 del 10 luglio 2023
Corte di Cassazione Penale, Sezione V, sentenza numero 29623 del 10/07/2023
Circolazione Stradale - Art. 188 del Codice della Strada e artt. 477 e 482 del C.P. - Circolazione e sosta dei veicoli al servizio di persone invalide - Fotocopia del contrassegno - La fotocopia del contrassegno di parcheggio per disabili esattamente coincidente con il veicolo al quale esso si riferisce esposto all'interno del mezzo di proprietà dell'intestatario del contrassegno stesso, anche se in uso a persona diversa, non fa scattare automaticamente il reato di falso materiale.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Roma ha confermato la decisione del Tribunale di (Omissis) - che aveva dichiarato (Soggetto 1) colpevole di detenzione di segni distintivi contraffatti (art. 497 ter cod. pen. (capo A), - per avere detenuto, all'interno dell'autovettura di proprietà della madre, nella sua disponibilità, lasciata parcheggiata in spazi riservati dell'area partenze dell'aeroporto di (Omissis) una paletta di segnalazione recante la scritta (Omissis), non originale e un lampeggiante di colore blu con la scritta "(Omissis)" - e di falso materiale (artt. 477 - 482 cod. pen. (capo B), per avere formato una copia fotostatica del permesso per disabili rilasciato alla madre, condannandolo alla pena di giustizia; lo ha, invece, assolto dal reato di cui agli artt. 490, 477, 482 cod. pen. (capo C).
2. Ha proposto ricorso per cassazione l'avvocato (Omissis) nell'interesse dell'imputato, affidandosi a quattro motivi.
2.1. Con il primo, afferente al capo A), denuncia erronea applicazione dell'art. 497 ter cod. pen., e vizi della motivazione, in quanto mancante, giacché, posto che il bene protetto dalla norma è la riserva alle forze dell'ordine di polizia dei segni identificativi delle stesse, e che il ricorrente è egli stesso un appartenente all'arma dei carabinieri, non si sarebbe prodotta, nella specie, l'offesa giuridica, con conseguente insussistenza del reato.
2.2. Con il secondo motivo, deduce erronea applicazione degli artt. 477 e 482 cod. pen. in relazione al capo B), e correlati vizi della motivazione, anche per travisamento della prova, per avere, la Corte di appello, ravvisato il reato obliterando il consolidato canone ermeneutico a tenore del quale, ai fini della sussistenza del delitto, occorre una divergenza tra il soggetto titolare del permesso e il proprietario del veicolo sul quale viene esposto, giacché, in caso di coincidenza dei predetti elementi non resta integrato il reato dalla esposizione di una fotocopia del permesso di parcheggio di cui l'agente sia l'effettivo titolare. Nel caso di specie, posto che il permesso è risultato intestato alla proprietaria del veicolo, non può escludersi che la fotocopia sia stata realizzata e posta sul cruscotto dalla stessa proprietaria. Si contesta, altresì, l'affermazione che la fotocopia avesse l'apparenza dell'originale, dal momento che nessun accertamento tecnico si è reso necessario e gli operanti hanno immediatamente riconosciuto la copia del permesso come riproduzione fotostatica, risultando, pertanto, inconferente rispetto alla fattispecie concreta, la giurisprudenza citata nella sentenza impugnata. Pertanto, non sarebbe configurabile il reato sub B).
2.3. Analoghi vizi vengono denunciati con il terzo motivo di ricorso, anch'esso afferente al reato sub B), per la mancata riqualificazione del fatto nell'illecito amministrativo di cui all'art. 188 co. 4 C.d.S.. Si invoca a sostegno orientamento giurisprudenziale favorevole (sez. 2, n. 11492/2017), che riconduce alla fattispecie amministrativa - peraltro contestata all'imputato - tutte le possibili ipotesi di abuso delle strutture stradali riservate agli invalidi.
2.4. Con il quarto motivo è denunciata erronea applicazione dell'art. 131 bis cod. pen., laddove la Corte di appello ha escluso la lieve entità del fatto considerando che l'imputato è un rappresentante delle forze dell'ordine, obliterando tutti gli altri elementi fattuali correlati sia alle modalità del fatto, (lampeggiante giocattoli, paletta custodita all'interno dell'autovettura e non visibile dall'esterno; mera riproduzione fotostatica del permesso).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato e la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio.
1. Per quanto emerge dagli accertamenti di merito, l'imputato è un carabiniere, che si trovava fuori dal servizio e, in partenza per (Omissis) aveva lasciato l'auto nel parcheggio riservato alla sosta temporanea dell'aeroporto di (Omissis). All'interno dell'autovettura si trovavano, appoggiata sul sedile del conducente, una paletta del tipo di quelle in uso alle forze dell'ordine, sulla quale si leggeva la scritta (Omissis) e priva di punzonatura identificativa; sulla maniglia poggiamano dello stesso lato guida, c'era un lampeggiante blu, con la scritta (Omissis) ancora, sul cruscotto, era posizionato un contrassegno del parcheggio per invalidi.
1.1. Non si rileva, invece, dalla sentenza impugnata, la natura degli oggetti che si trovavano nell'auto - ci si riferisce alla paletta e al lampeggiante - poiché mancano indicazioni concrete che consentano di comprendere le caratteristiche per le quali essi, pur ritenuti non originali, in quanto evidentemente di provenienza commerciale, siano stati considerati comunque talmente simili all'originale da dissimularli, evidenziando una capacità ingannatoria.
1.2. E' corretto quanto si legge nelle sentenza impugnata, ovvero che l'art. 497 ter non tutela l'autenticità in se e per se' degli oggetti e dei segni distintivi, bensì la riserva alle forze dell'ordine di quei segni e di quegli oggetti in quanto attraverso di essi avviene il riconoscimento della qualifica di appartenente alle forze di polizia in capo a chi le detiene (sez. 5 n. 32964 del 29/05/2014, Rv. 260191). Così come può condividersi l'osservazione di sintesi che "i segni distintivi o sono autentici e illecitamente detenuti, ovvero sono non autentici o non conformi, eppure tali da simulare (imitare)" (pg. 4).
1.3. Ora, sulla base di tali premesse, e posto che si discute di segni distintivi asseritamente non originali, che, in commercio, si trovano comunemente nei negozi di articoli sportivi e di giocattoli - e, in effetti, in tal senso si è difeso l'imputato - i Giudici di merito non hanno chiarito se, essendo riposti all'interno di un'autovettura privata, chiusa e parcheggiata, essi fossero visibili dall'esterno nelle loro fattezze e caratteristiche materiali, così da potersi affermare una tale somiglianza all'originale da ingannare i cittadini sulle qualità personali di colui che ne fa uso e sul potere connesso all'uso stesso del segno, tale, cioè, da integrare, come ritenuto nella sentenza impugnata, la fattispecie di cui all'art. 497 ter, comma primo, n. 1, seconda parte, cod. pen. (Sez. 5, n. 35094 del 23/05/2013, B., Rv. 256951; Sez. 5 - n. 26042 del 25/02/2019, Rv. 276130).
1.4. Ciò che dovrà essere chiarito, nel giudizio di rinvio, è la ragione per la quale una paletta e un lampeggiante, che recavano chiaramente la scritta del produttore/rivenditore ((Omissis) a prima e (Omissis) il secondo), rivelando, ictu oculi, la loro provenienza commerciale, siano stati ritenuti oggetti idonei a trarre inganno l'osservatore medio sulla loro appartenenza a personale istituzionalmente investito delle funzioni di pubblica sicurezza.
2. Quanto al contrassegno del parcheggio per invalidi, è un dato incontestato che l'autovettura, sul cui cruscotto era posto il permesso disabili intestato alla Sig.ra (Soggetto 2) madre del ricorrente, fosse di proprietà della stessa. La fotocopia del permesso per disabile era esposta, dunque, all'interno dell'autovettura di proprietà dello stesso soggetto titolare del permesso e veniva riconosciuta come copia attraverso la mera osservazione della stessa attraverso il vetro.
2.1. Si vuole dire che quello sequestrato, non solo aveva l'apparenza dell'originale, ma era utilizzato proprio come questo, essendo esposto nella macchina del titolare. Il principio che va ribadito è quello della necessaria corrispondenza tra il soggetto titolare del permesso e il proprietario del veicolo sul quale viene esposto, giacché, in tal caso, non resta integrato il reato dalla esposizione di una fotocopia del permesso di parcheggio di cui l'agente sia l'effettivo titolare.
2.2. Nel caso di specie, si assume la falsità del permesso esposto sul cruscotto dell'autovettura, che, tuttavia, è esattamente coincidente con il veicolo al quale si riferisce il permesso, cosicché del tutto legittimamente la proprietaria del veicolo e titolare del permesso poteva averne estratto una fotocopia, esponendola sul cruscotto. La giurisprudenza richiamata nella sentenza impugnata, invero, afferisce all'ipotesi della riproduzione fotostatica dell'originale di un permesso di parcheggio riservato a invalidi, ma attribuito ad altri, e alla esposizione di tale falso permesso sul proprio veicolo, allorché il documento abbia l'apparenza e sia utilizzato come originale.
2.3. Dovrà, dunque, essere chiarito, perché sia stato considerato integrato il delitto contestato sub B) nella fattispecie in esame, in cui il permesso era intestato al titolare del veicolo, e la fotocopia, apposta sul cruscotto, era evidentemente utilizzata come tale.
3. L'epilogo del presente scrutinio di legittimità è l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame al Giudice di merito, secondo le richiamate coordinate ermeneutiche.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Roma.
Così deciso in Roma 16 maggio 2023.
Depositato in Cancelleria il 10 luglio 2023.
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