Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio
Cassazione Penale, Sezione quarta, sentenza n. 2632 del 23 gennaio 2023
Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 2632 del 23/01/2023
Circolazione Stradale - Art. 186 del Codice della Strada - Guida in stato di ebbrezza alcolica sotto l'influenza dell'alcool - Rifiuto di sottoporsi agli accertamenti presso l'ospedale - Obbligo dell'avviso di farsi assistere dal difensore - Infondatezza - Ove si proceda per il reato di guida in stato di ebbrezza alcolica sotto l'influenza dell'alcool, l'obbligo di dare avviso al conducente della facoltà di farsi assistere da un difensore per l'esecuzione del test di accertamento dell'eventuale stato di ebbrezza non ricorre qualora l'imputato abbia rifiutato di sottoporsi all'accertamento stesso.
RITENUTO IN FATTO
1. (Soggetto 1) ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata, con la quale è stata confermata la pronuncia di condanna emessa in primo grado, in ordine ai reati di cui all'art. 186 C.d.S., comma 7 e art. 187 C.d.S., comma 8.
2. Il ricorrente deduce violazione di legge, poiché in nessun momento della procedura gli è stato dato l'avviso ex art. 114 disp. att. c.p.p., da ritenersi presupposto necessario per il rituale avvio della procedura e quindi per la sussistenza del reato di rifiuto di sottoporsi agli accertamenti. La presenza del difensore è infatti determinante nel processo decisionale che porta l'indagato a prestare o meno il proprio consenso all'accertamento e l'inosservanza del dovere di dare l'avviso ex art. 114 c.p.p. determina una nullità a regime intermedio, con la conseguenza che il conseguente rifiuto perde di rilievo penale ex art. 186 C.d.S., comma 7, e art. 187 C.d.S., comma 8, poiché la relativa richiesta, da parte della polizia giudiziaria, diviene illegittima. Il giudice a quo ha dunque errato laddove ha ritenuto l'avviso necessario solo laddove il conducente accetti di sottoporsi agli accertamenti alcolemici.
2.1. La firma apposta dal ricorrente sul verbale di rifiuto del prelievo ematico non è stata vergata dal (Soggetto 1), il quale ha anche prodotto al riguardo consulenza grafica. Quando il teste (Soggetto 2) afferma che l'imputato firmò "un foglio" si riferisce al foglio di dimissioni dall'ospedale e non al verbale in cui si attesta il rifiuto. D'altronde il rifiuto di sottoporsi all'accertamento non può non risultare da un ben preciso verbale. Un rifiuto orale ad una richiesta altrettanto orale è del tutto abnorme, poiché non si sa come il richiedente abbia prospettato tale adempimento all'indagato e neppure si sa di preciso cosa abbia risposto quest'ultimo. Nel caso di specie risulta dagli atti che il (Soggetto 1) rifiutò il prelievo di sangue ma si dichiarò disponibile all'esame delle urine e all'alcoltest. La mancanza della sottoscrizione sul verbale che attesterebbe il rifiuto dell'accertamento rende dubbia la circostanza relativa al rifiuto stesso, nonché all'ora in cui la richiesta gli sarebbe stata rivolta, anche perché il ricorrente era già stato dimesso dall'ospedale e quindi non vi era più possibilità di procedere.
2.2. Il ricovero in ospedale era stato richiesto dallo stesso (Soggetto 1), affinché venissero accertate le lesioni, ma egli aveva subito soltanto una leggera contusione, onde non vi era alcuna necessità di cure mediche. Non si versa dunque nel caso in cui è possibile l'accertamento del tasso alcolemico in ambito ospedaliero. L'atto del prelievo costituisce d'altronde violazione dell'art. 13 Cost., poiché determina apprensione della sostanza organica in forma invasiva, onde è possibile sottoporre a tale atto soltanto soggetti abbisognevoli di cure e non anche coloro che si rechino in ospedale per mero controllo, con esito negativo, senza alcuna prescrizione di terapia, e, ancor meno, i soggetti affetti da agofobia, come il ricorrente, che per questa ragione ha rifiutato il prelievo di sangue.
2.3. Ingiustificatamente non è stato applicato l'art. 131 bis c.p., considerato che il ricorrente non è stato colui che ha causato il sinistro ma colui che ne è stato vittima, essendo stato violentemente tamponato mentre si era fermato a uno stop. Il (Soggetto 1) era stato sottoposto dalla polizia stradale al precursore dell'alcoltest, che ha dato esito pienamente negativo. Gli venne chiesto il consenso al prelievo ematico mezz'ora dopo che era stato dimesso dal nosocomio. Egli si dichiarò disposto all'esame delle urine e all'alcoltest. Colui che ha causato l'incidente se ne è invece andato via, incolume e senza alcuna conseguenza pregiudizievole.
Si chiede pertanto annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
Essendo stato, infatti, ormai da tempo, superato il contrario orientamento giurisprudenziale (Sez. 4, n. 34383 del 2017, Rv 270526-01), è da ritenersi ius receptum, nella giurisprudenza di questa suprema Corte, il principio secondo il quale, ove si proceda per il reato di guida in stato di ebbrezza, l'obbligo di dare avviso al conducente della facoltà di farsi assistere da un difensore per l'esecuzione del test di accertamento dell'eventuale stato di ebbrezza non ricorre qualora l'imputato abbia rifiutato di sottoporsi all'accertamento stesso.
Trattasi, infatti, di requisito del tutto estraneo alla fattispecie incriminatrice, come risulta dal tenore testuale dell'art. 186 C.d.S., comma 7 e art. 186 C.d.S., comma 8, che si limitano a prevedere il rifiuto dell'accertamento alcolimetrico e tossicologico, senza alcun riferimento all'avviso di cui all'art. 114 disp. att. c.p.p., che è previsto soltanto nella prospettiva, tutt'affatto diversa, in quanto di natura esclusivamente processuale e non sostanziale, della corretta esplicazione del contraddittorio e dell'esercizio del diritto di difesa durante l'espletamento dell'accertamento (Sez. 4, n. 29275, del 12/6/2019, Rv. 278547; Sez. 4, n. 34470 del 13/05/2016, Rv. 267877; Sez. 4, n. 43485 del 2014, Rv. 260603).
2. Anche il secondo motivo di ricorso è infondato.
Al riguardo, il giudice a quo ha posto in rilievo che lo stesso teste della difesa (Soggetto 3), medico di turno in ospedale la sera dei fatti, aveva riferito in modo inequivoco che il (Soggetto 1) rifiutò di sottoporsi agli accertamenti per la rilevazione del tasso alcolemico. L'altro teste della difesa, (Soggetto 2), affermò, a sua volta, che il (Soggetto 1) "alla fine del tutto, firmò il foglio", in ciò smentendo l'assunto difensivo secondo cui la firma apposta dal verbale non sarebbe dell'imputato. E d'altronde - argomenta la Corte territoriale - sarebbe del tutto inverosimile che altri soggetti, come gli infermieri o i medici, possano aver apposto la firma in luogo dell'imputato, esponendosi a responsabilità di carattere penale per ragioni incomprensibili. Trattasi di motivazione del tutto congrua, esauriente ed immune da vizi logico-giuridici, in quanto basata su precise risultanze processuali, puntualmente indicate dal giudice di secondo grado.
3. Anche il terzo motivo di ricorso è infondato, risultando dalla motivazione della sentenza impugnata, che richiama anche, al riguardo, l'apparato argomentativo della pronuncia di primo grado, che l'imputato venne coinvolto in un incidente stradale, a seguito del quale subì lievi lesioni per le quali venne trasportato in ambulanza al Pronto soccorso, per le cure mediche del caso. A seguito dell'intervento dei sanitari dell'ospedale "(Omissis)", il ricorrente venne dimesso con prognosi di due giorni, salvo complicazioni, e con diagnosi di "contusione sovracciliare sinistra". Da tale motivazione si desume che sussistevano le condizioni richieste dall'art. 186 C.d.S., comma 5, a norma del quale l'accertamento del tasso alcolemico viene effettuato, su richiesta degli organi di polizia stradale, dalle strutture sanitarie allorché si tratti, come nel caso in esame, di conducenti coinvolti in incidenti stradali e sottoposti alle cure mediche. Ne' assumono rilevanza la pregnanza di tali cure, la prescrizione o meno di terapie e l'entità delle lesioni riscontrate al soggetto interessato, richiedendo la norma esclusivamente il coinvolgimento in un incidente stradale e la sottoposizione a cure mediche. Non risulta poi che l'imputato abbia documentato di fronte ai giudici di merito alcuna patologia psichica ostativa all'effettuazione del prelievo di sangue.
4. E' invece fondato l'ultimo motivo di ricorso.
Il giudice a quo ha giustificato la mancata concessione della causa di non punibilità di cui all'art. 131 bis c.p. adducendo il difetto del requisito dell'esiguità del pericolo, poiché il (Soggetto 1) era rimasto coinvolto in un incidente stradale, in pieno centro urbano, ad ora tarda, e con altro passeggero a bordo della vettura condotta dall'imputato. Senonché dalla motivazione della sentenza impugnata emerge che l'incidente era stato ricostruito, sulla base delle risultanze dell'istruttoria dibattimentale espletata, nel senso che la vettura dell'imputato, ferma ad uno stop, era stata tamponata da altro veicolo. Non si comprende pertanto sotto quale profilo le modalità del coinvolgimento dell'imputato in questo incidente, relativamente al quale, secondo quanto risulta dall'apparato argomentativo della pronuncia in esame, il (Soggetto 1) non aveva alcuna responsabilità, essendo stato tamponato da un altro veicolo mentre era regolarmente fermo ad uno stop, possano indurre ad una valutazione negativa circa la concedibilità della causa di non punibilità di cui all'art. 131 bis c.p. Ancor meno è dato comprendere come il trovarsi, a tarda ora, in pieno centro urbano, in automobile, in compagnia di un amico, possa costituire circostanza idonea ad indurre a ravvisare l'assenza del requisito dell'esiguità del pericolo. È dunque da ravvisarsi il vizio di manifesta illogicità della motivazione, che impone un pronunciamento rescindente sul punto.
5. La sentenza impugnata va dunque annullata limitatamente alla statuizione in ordine alla causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, con rinvio, per nuovo giudizio sul punto, ad altra Sezione della Corte d'appello di (Omissis). Il ricorso va rigettato nel resto.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla statuizione in ordine alla causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto e rinvia, per nuovo giudizio sul punto, ad altra Sezione della Corte d'appello di (Omissis).
Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma, il 19 ottobre 2022.
Depositato in Cancelleria il 23 gennaio 2023.
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