Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Penale, Sezione quarta, sentenza n. 21690 del 22 maggio 2023

 

Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 21690 del 22/05/2023
Circolazione Stradale - Art. 141 del Codice della Strada - Incidente stradale con esito mortale - Velocità - Regole di condotta - Responsabilità - In tema di omicidio colposo, commesso con violazione delle norme sulla circolazione stradale, anche il rispetto del limite massimo di velocità consentito, o di moderare adeguatamente la velocità in relazione alle caratteristiche del veicolo ed alle condizioni ambientali (inteso nel senso che il conducente deve essere in grado di padroneggiare il veicolo in ogni situazione) tenendo altresì conto di eventuali imprudenze altrui, non esclude la responsabilità del conducente qualora la causazione dell'evento sia comunque riconducibile alla violazione delle regole di condotta stabilite dall'art. 141 C.d.S..


RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 30 novembre 2021 la Corte d'appello di (Omissis) ha confermato la sentenza del 20.1.2021 con cui il Tribunale ordinario di (Omissis) aveva ritenuto (Soggetto 1) colpevole del reato di cui all'art. 589 bis c.p., commi 1, 4 e 5 n. 1 e, ritenuta l'attenuante di cui all'art. 589 c.p., comma 7, valutata la riduzione per il rito, lo aveva condannato alla pena di anni tre di reclusione oltre alla condanna al risarcimento del danno nei confronti di ciascuna delle parti civili costituite disponendo altresì la sospensione della patente di guida per la durata di un anno.

2. Il fatto come ricostruito dalle sentenze di merito è il seguente:

in data (Omissis) (Soggetto 2), che a bordo del proprio motociclo si trovava all'interno del distributore Agip per fare rifornimento, una volta lasciata l'area attraversando la corsia di marcia in senso trasversale, andava a collidere con il veicolo (Omissis) condotto da (Soggetto 1) il quale, viaggiando a velocità superiore a quella consentita, percorreva (Omissis) in direzione di (Omissis) con proiezione in avanti di circa 40 m del motociclo il cui conducente poco dopo decedeva in ospedale.

L'(Soggetto 1) sottoposto ad accertamenti alcolemici rivelava un tasso con una concentrazione di 0,90 g/l.

Entrambi i giudici di merito, sulla scorta delle prove acquisite e della consulenza disposta dal Pubblico ministero, fondavano la responsabilità dell'(Soggetto 1) sulla violazione del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 141 commi 1, 2, 3 e 4 (nonchè sul D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 186) per non aver tenuto la velocità prevista in quel tratto di strada (30Km/h), violazione ritenuta determinante nella causazione del sinistro, tenuto conto altresì che il manto stradale era asciutto ed il tratto di strada dotato di buona illuminazione pubblica.

All'(Soggetto 1) veniva riconosciuta l'attenuante speciale di cui all'art. 589 c.p., comma 7.

3. Avverso la sentenza d'appello l'imputato, a mezzo del difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione articolato in quattro motivi.

Con il primo deduce la violazione per inosservanza e falsa applicazione dell'art. 142 C.d.S. e la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, travisamento delle prove assunte (installazione segnaletica del limite di velocità sulla (Omissis) - modalità di estrazione del video del sinistro da parte degli agenti di P.G. - mancanza di tracce sull'asfalto - mancata valutazione dell'interruzione del nesso causale).

Assume che la sentenza impugnata non ha motivato in ordine alla segnaletica presente al momento del fatto su Via (Omissis)- (Omissis) direzione (Omissis) non tenendo conto dei puntuali motivi di appello a riguardo. Deduce inoltre che la velocità del veicolo condotto dall'imputato era di 87 km/h.

Deduce inoltre la mancanza di motivazione in ordine alle modalità con cui la P.G. operante ha estratto il video del sinistro, permanendo le perplessità in ordine alla legittimità delle modalità di estrazione (video ripreso dal monitor con un telefono cellulare in possesso di un agente di P.G. autorizzato da un superiore) da cui comunque emergeva l'ulteriore elemento che è stato ignorato dell'accensione delle luci di stop del veicolo.

Sostiene altresì che la condotta del conducente del motociclo deve ritenersi assolutamente imprevedibile ed eccezionale tale da interrompere il nesso causale tra la condotta dell'agente e l'evento.

Con il secondo motivo deduce la violazione per inosservanza e falsa applicazione delle norme del Codice della Strada da parte della vittima nonchè mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, travisamento delle prove assunte (condotta di guida della vittima).

Rileva che la Corte territoriale non ha tenuto in considerazione le condizioni di alterazione psicofisica in cui il (Soggetto 2) si era posto alla guida del veicolo limitandosi ad affermare che all'(Soggetto 1) veniva riconosciuta l'attenuante di cui all'art. 589 bis c.p., comma 7.

Con il terzo motivo deduce la violazione per inosservanza e falsa applicazione dell'art. 186 C.d.S., comma 1, lett. b), nonchè mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, travisamento ed omessa valutazione delle prove assunte.

Assume che la Corte territoriale, nella valutazione degli esiti dell'esame alcolemico, non ha adeguatamente vagliato l'elemento temporale, ossia il lasso di tempo intercorrente tra il momento del sinistro ed il momento del prelievo ematico.

Con il quarto motivo deduce la violazione per inosservanza e falsa applicazione dell'art. 589 bis c.p., comma 7, e artt. 132 e 133 c.p. nonchè mancanza di motivazione in ordine alla pena in concreto irrogata all'imputato.

4. Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso.

5. La difesa dell'imputato ha depositato memorie di replica.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è nel suo complesso inammissibile.

Il primo motivo è manifestamente infondato.

Sotto l'egida del vizio di motivazione, il ricorrente sollecita una ricostruzione alternativa del fatto non consentita in sede di legittimità, essendo preclusa in questa sede la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'adozione di una diversa di ricostruzione e valutazione dei fatti (Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, Rv. 280601).

In particolare la ricostruzione della dinamica di un sinistro stradale, nella sua dinamica e nella sua eziologia è rimessa al giudice di merito ed integra una serie di apprezzamenti di fatto che sono sottratti al sindacato di legittimità se sorretti da adeguata motivazione (Sez.4, n. 37838 del 1/7/2009, Rv.245294; Sez.4, n. 43403 del 17/10/2007, n. 238321).

Nel caso di specie, la Corte territoriale, con uno sviluppo motivazionale corretto e logico, ha valutato sulla scorta dei calcoli effettuati dal consulente tecnico del Pubblico Ministero (che risultano altresì coerenti con i filmati tratti dal sistema di videosorveglianza di cui è stata ritenuta l'utilizzabilità) che, se l'imputato avesse tenuto una velocità di guida contenuta nel limite massimo di 30 km/h imposto sulla strada che percorreva, si sarebbe trovato nelle condizioni di accorgersi in tempo della presenza del motociclo ed avrebbe quindi avuto il tempo sufficiente a porre in essere tutte le manovre tese ad evitare l'impatto con lo stesso. Prendendo posizione in ordine alla censura sollevata dalla difesa, la Corte territoriale ha specificamente rilevato che" seppur si considerasse che il limite posto sulla strada ove viaggiava l'(Soggetto 1) era quello di 50 km/h, stante l'assenza dell'obbligo di limite di 30 km/h, comunque bisognerebbe considerare che l'(Soggetto 1) viaggiava a velocità ben maggiore rispetto a quella di cui al limite non potendo, comunque, per detto motivo frenare per evitare "impatto". Va invero richiamato il principio secondo cui in tema di omicidio colposo, commesso con violazione delle norme sulla circolazione stradale, anche il rispetto del limite massimo di velocità consentito non esclude la responsabilità del conducente qualora la causazione dell'evento sia comunque riconducibile alla violazione delle regole di condotta stabilite dall'art. 141 C.d.S. (così la recente Sez. 4, n. 7093 de127/1/2021, Rv. 280549), che impone al conducente di un veicolo di regolare la velocità in modo che, avuto riguardo alle caratteristiche, allo stato ed al carico del veicolo stesso, alle caratteristiche e alle condizioni della strada e del traffico e ad ogni altra circostanza di qualsiasi natura, sia evitato ogni pericolo per la sicurezza e prevede inoltre che il conducente deve conservare il controllo del proprio veicolo ed essere in grado di compiere tutte le manovre necessarie in condizioni di sicurezza, specialmente l'arresto del veicolo entro i limiti del suo campo di visibilità.

Inoltre l'obbligo di moderare adeguatamente la velocità, in relazione alle caratteristiche del veicolo ed alle condizioni ambientali, va inteso nel senso che il conducente deve essere in grado di padroneggiare il veicolo in ogni situazione, tenendo altresì conto di eventuali imprudenze altrui (Sez. 4, n. 25552 del 27/4/2017, Rv. 270176).

Quanto alla condotta di guida del motociclista, che viaggiava contromano a bordo di un motoveicolo privo di casco e di assicurazione con revisione scaduta ed in condizioni psicofisiche alterate, la Corte territoriale, in ragione nel comportamento colposo tenuto dalla vittima ha riconosciuto l'attenuante ad effetto speciale di cui all'art. 589 bis c.p., comma 7. In tal modo confermando il nesso di causalità tra la condotta di guida dell'(Soggetto 1) e l'evento, atteso che è stato acclarato che se l'imputato avesse tenuto la velocità di guida contenuta nel limite massimo imposto dalla strada che percorreva si sarebbe trovato nelle condizioni di poter evitare l'impatto con il motociclo.

E' quindi da escludere la portata interruttiva del comportamento colposo del (Soggetto 2) atteso che, secondo il pacifico indirizzo della giurisprudenza di legittimità, l'utente della strada non è responsabile dell'infortunio patito da un terzo anche per colpa di quest'ultimo soltanto quando la sua condotta risulti immune da qualsiasi addebito, sia sotto il profilo della colpa specifica, che della colpa generica, ponendosi in tal caso come mera occasione dell'evento, e non sua concausa (Sez. 4, n. 32202 del 15/07/2010, F., Rv. 248355).

2. Il secondo motivo è del pari manifestamente infondate per le ragioni già esposte con riguardo alla valutazione del comportamento della vittima.

3. Manifestamente infondato è anche il terzo motivo.

La censura, reiterativa di quanto già esposto nell'atto di appello, non si confronta con la sentenza impugnata laddove ha precisato che il prelievo ematico era stato effettuato all'(Soggetto 1) a distanza di due ore dall'incidente e che, considerato che la curva di Widmark afferma che la concentrazione di alcool ha un andamento crescente tra i 20 e i 60 minuti dall'assunzione per poi assumere un andamento decrescente,il tasso alcolemico misurato sarebbe risultato ben minore rispetto a quello rilevabile se il test fosse stato effettuato subito dopo l'avvenuto sinistro.

4. Manifestamente infondato è anche il quarto motivo.

Va premesso che la determinazione della pena tra il minimo ed il massimo edittale rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito ed è insindacabile nei casi in cui la pena sia applicata in misura media e, ancor più, se prossima al minimo, anche nel caso in cui il giudicante si sia limitato a richiamare criteri di adeguatezza, di equità e simili, nei quali sono impliciti gli elementi di cui all'art. 133 c.p. (così sez. 4, n. 21294, rv. 256197; conf.sez. 2, n. 28852 dell'8.5.2013, rv. 256464; sez. 3, n. 10095 del 10.1.2013, rv. 255153), potendo altrimenti essere sufficienti a dare conto dell'impiego dei criteri di cui all'art. 133 c.p.. Le espressioni del tipo: "pena congrua", "pena equa" o "congruo aumento" come pure il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere (così sez. 2, n. 36245 del 26.6.2009, rv. 245596).

Ebbene, nella specie la Corte territoriale ha adeguatamente motivato il trattamento sanzionatorio alla luce della condotta gravemente colposa posta in essere dall'imputato, della gravità del fatto, oltre che dei criteri di cui all'art. 133 c.p..

5. In conclusione il ricorso manifestamente infondato va dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè della soma di Euro 3000,00 in favore della Cassa delle Ammende. (cfr. sul punto Corte Cost. n. 186 del 2000).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 14 febbraio 2023.

Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2023.

 

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