Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio
Cassazione Civile, Sezione seconda, ordinanza n. 8882 del 29 marzo 2023
Corte di Cassazione Civile, Sezione II, ordinanza numero 8882 del 29/03/2023
Circolazione Stradale - Artt. 202, 203 e 204-bis del Codice della Strada - Pagamento in misura ridotta della sanzione - Successivo ricorso avverso il verbale - Limiti dell'opposizione - In tema di violazioni al codice della strada, il pagamento in misura ridotta della sanzione estingue la sola sanzione principale, e non anche quella accessoria, con l'effetto che mentre l'eventuale opposizione alla prima diventa improponibile, il sanzionato può avanzare legittimamente opposizione alla seconda, ma, in tale ipotesi l'opposizione può denunziare esclusivamente vizi attinenti alla sanzione accessoria, e non anche alla violazione principale.
FATTI DI CAUSA - RAGIONI DELLA DECISIONE
Con sentenza n. 11 del 14.1.2020 il Tribunale di (Omissis) rigettò, previa riunione, gli appelli principali proposti da (Soggetto 1) avverso le sentenze del Giudice di pace di (Omissis) n. 332 del 2017 e n. 31 del 2018, accogliendo gli appelli incidentali avanzati dal Comune di (Omissis).
La sentenza di primo grado n. 332 del 2017 aveva rigettato l'opposizione proposta da (Soggetto 1) avverso il verbale che gli aveva contestato la violazione dell'art. 142, comma 8, codice della strada ed applicato la sanzione accessoria della decurtazione di tre punti della patente di guida. Il Tribunale dichiarò infondato l'appello dello (Soggetto 1) rilevando che la decisione appellata, che aveva dichiarato inammissibile il ricorso per avere la parte estinto la sanzione mediante il pagamento in misura ridotta, ai sensi dell'art. 202 codice della strada, era corretta ed andava confermata limitatamente alla sanzione principale, di natura pecuniaria, sussistendo comunque, anche in caso di pagamento in misura ridotta, la possibilità per il sanzionato di impugnare la sanzione accessoria, sia pure per ragioni sue proprie; aggiunse che, comunque, il motivo addotto avverso di essa dall'opponente, consistente nella tardiva notifica del verbale, era infondato, atteso che il verbale di accertamento della violazione gli era stato tempestivamente notificato nel termine di legge, tenuto conto che, rispetto alla violazione commessa il 27.12.2016, il comune aveva proceduto, in data 4.4.2017, ad una prima notifica non andata a buon fine con la dicitura " trasferito " e quindi, acquisita la visura anagrafica in data 5.6.2017, proceduto ad una seconda notifica con consegna del plico al destinatario l'8.6.2017; che tale conclusione si imponeva alla luce del principio che, nel caso di mutamento di residenza del destinatario, il termine iniziale per la notifica del verbale di contravvenzione decorre dalla annotazione del mutamento nel P.R.A. o negli atti dello stato civile e che, nella specie, tale annotazione non risultava provata dall'opponente, che non aveva documentato o chiesto di provare la data, precedente la prima notifica, dell'iscrizione di tale variazione e non potendosi al riguardo ritenere rilevante la carta d'identità rilasciatagli dal comune di (Omissis) e gli altri documenti prodotti a tal fine. In accoglimento dell'appello incidentale riformò inoltre la regolamentazione delle spese, che il primo giudice aveva compensato, condannando al loro pagamento l'opponente, in applicazione del principio di soccombenza.
La decisione del giudice di pace n. 31 del 2018 aveva accolto il ricorso dello (Soggetto 1) avverso il verbale che gli aveva comminato la sanzione pecuniaria ai sensi dell'art. 126 bis codice della strada, per non avere comunicato l'identità della persona che conduceva la sua autovettura al momento dell'accertamento della violazione dell'art. 142 stesso codice. In relazione a tale sentenza, il Tribunale dichiarò fondato l'appello incidentale del comune, rigettando quello principale avanzato dallo (Soggetto 1) sulla compensazione delle spese. Il giudice di secondo grado motivò tale conclusione dichiarando che, diversamente da quanto ritenuto dal primo giudice, il termine di 60 giorni previsto dall'art. 126-bis per comunicare i dati del conducente in caso di violazioni che comportino la decurtazione di punti dalla patente decorre dalla data di notifica del verbale principale e non dalla definizione dell'eventuale procedimento di opposizione all'infrazione, trattandosi di condotta del tutto distinta ed autonoma. In riforma della sentenza impugnata, il Tribunale rigettò quindi l'opposizione al predetto verbale avanzata dallo (Soggetto 1), condannandolo alle spese del giudizio.
Per la cassazione di questa sentenza, con atto notificato il 5.2.2010, ricorre (Soggetto 1), affidandosi a tre motivi.
Resiste con controricorso il Comune di (Omissis).
Il Procuratore Generale ha depositato le conclusioni scritte in epigrafe indicate.
Parte ricorrente ha depositato memoria.
La trattazione del ricorso si è svolta, ai sensi del D.L. 28.10.2010, n. 137, art. 23, comma 8 bis, convertito con la L. 18.12.2010, n. 176, in camera di consiglio senza l'intervento del procuratore generale e dei difensori delle parti, non essendo stata presentata richiesta di discussione orale.
Il primo motivo del ricorso, che denunzia violazione degli artt. 201, commi 5 e 1, e 226 codice della strada e dell'art. 139 c.p.c., censura la sentenza impugnata per avere ritenuto tempestiva la notifica del verbale di contestazione della violazione, pur avvenuta dopo la scadenza del termine di legge, sul presupposto della variazione medio tempore della residenza dell'opponente, senza considerare a tal fine i documenti, in particolare la nuova carta di identità rilasciata a seguito di smarrimento dal comune di (Omissis), e facendo carico allo stesso dell'onere di provare la data di iscrizione di tale variazione presso l'anagrafe comunale.
Il secondo motivo del ricorso denunzia violazione dell'art. 204-bis codice della strada e dell'art. 139 c.p.c., assumendo che il giudice di appello avrebbe dovuto accogliere l'opposizione rilevando la tardività della notifica e quindi, per l'effetto, l'avvenuta estinzione della violazione.
Entrambi i motivi vanno dichiarati inammissibili.
Il Tribunale ha correttamente richiamato il principio fatto proprio dall'arresto a Sezioni unite di questa Corte n. 20544 del 2008 e poi da altre pronunce successive (Cass. n. 22848 del 2009; Cass. n. 37999 del 2021), secondo cui, in tema di violazioni al codice della strada, il pagamento in misura ridotta della sanzione, ai sensi dell'art. 202 codice strada, estingue la sola sanzione principale, non anche quella accessoria, con l'effetto che mentre l'eventuale opposizione alla prima diventa improponibile, il sanzionato può avanzare legittimamente opposizione alla seconda, ma, in tale ipotesi, stante il collegamento di quest'ultima all'altra, che ne rappresenta il presupposto giuridico, l'opposizione può denunziare esclusivamente vizi attinenti alla sanzione accessoria, non alla violazione principale. In particolare, si è precisato, l'interessato potrà contestare che la sanzione accessoria non è prevista dalla legge per la violazione per cui è stata applicata la sanzione principale, ovvero che essa è prevista in misura diversa.
La decisione del Tribunale non appare però condivisibile laddove ha applicato questo principio alla fattispecie completa, non traendo dal richiamato orientamento tutte le conseguenze giuridiche del caso. Poiché infatti, nella ipotesi di pagamento in misura ridotta della sanzione principale, la sanzione accessoria può essere opposta soltanto per vizi propri, l'opposizione ad essa fondata sulla tardiva notifica del verbale avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile. La relativa contestazione, infatti, investiva la sanzione principale e quindi non era proponibile, producendo il pagamento in misura ridotta, con l'estinzione della stessa, anche una implicita rinunzia a far valere qualsiasi censura avverso la sanzione principale e la violazione contestata, nel cui ambito va ricompresa anche la doglianza relativa alla tardività della notifica del verbale di accertamento dell'infrazione.
La sentenza impugnata, che, avendo rigettato l'opposizione, appare conforme a diritto nel dispositivo, va pertanto corretta, nel senso appena precisato, nella sua motivazione, a mente dell'art. 384, comma 4, c.p.c..
Il terzo motivo di ricorso denunzia omesso esame di un fatto decisivo e violazione della Cost., artt. 111 e 161 c.p.c., censurando la sentenza impugnata per avere respinto l'opposizione avverso il verbale di irrogazione della sanzione di cui all'art. 126-bis codice della strada, senza considerare l'impossibilità incolpevole per il proprietario dell'autoveicolo di ricordare, trascorsi sei mesi dal fatto, chi ne avesse fatto uso, attesa l'utilizzazione familiare promiscua del veicolo.
Il mezzo è infondato.
Si richiama in proposito l'orientamento consolidato di questa Corte, che individua la ratio della disposizione sanzionatoria di cui si discute nel principio che il proprietario del veicolo, in quanto responsabile della sua circolazione, nei confronti delle pubbliche amministrazioni non meno che dei terzi, è tenuto sempre a conoscere l'identità dei soggetti ai quali ne affida la conduzione e, di conseguenza, a comunicarla all'autorità amministrativa che gliene faccia legittima richiesta per contestare un'infrazione amministrativa, rispondendo, per l'inosservanza di tale dovere di collaborazione, a titolo di colpa per negligente osservanza del dovere di vigilanza su tale affidamento (Cass. n. 13748 del 2007; Cass. n. 12842 del 2009; Cass. n. 29593 del 2017). Si aggiunga che, nel caso di specie, la giustificazione fornita dall'opponente appare del tutto generica e che, come risulta dagli atti di causa, egli, a fronte dell'invito a comunicare i dati personali del conducente dell'autovettura al momento della accertata violazione, è rimasto del tutto inerte e non ha inviato alcuna dichiarazione negativa adducendone le ragioni, dichiarazione che avrebbe potuto formare oggetto di esame e valutazione in via amministrativa ovvero da parte del giudice di merito (Cass. n. 9555 del 2018).
In conclusione, il ricorso è respinto.
Le spese del giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in Euro 745,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre accessori e spese generali.
Dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 26 ottobre 2022.
Depositato in Cancelleria il 29 marzo 2023.
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