Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio
Cassazione Civile, Sezione seconda, ordinanza n. 5758 del 24 febbraio 2023
Corte di Cassazione Civile, Sezione II, ordinanza numero 5758 del 24/02/2023
Circolazione Stradale - Art. 219 del Codice della Strada - Revoca della patente di guida - Irrogazione della sanzione - Termini - La sanzione amministrativa della revoca della patente di guida, quale sanzione accessoria che consegue alla violazione di determinate norme del codice della strada, costituisce adempimento per il quale la legge non prevede alcun termine, sicché la sanzione può essere irrogata nel termine generale di prescrizione quinquennale.
FATTI DI CAUSA
1. (Soggetto 1) impugnava innanzi al Giudice di Pace di (Omissis) l'ordinanza n. prot. 413/10079/2020 Area 3^ Pat. con la quale la Prefettura di (Omissis) gli aveva revocato la patente di guida, nonché il verbale di accertamento n. (Omissis), lamentando la violazione dei termini di definizione del procedimento amministrativo.
Si costituiva in giudizio, in prossimità dell'udienza, la Prefettura di (Omissis), resistendo alla domanda.
All'esito, il Giudice di Pace di (Omissis) rigettava l'opposizione.
2. L'(Soggetto 1) proponeva appello e denunciava in via preliminare la nullità del procedimento di primo grado per violazione del principio del contraddittorio, deducendo di non aver potuto prendere visione della comparsa di risposta avversaria, depositata dalla Prefettura in Cancelleria oltre il termine concesso dal Giudice di Pace, e non seguita dallo scambio di note telematiche in vista dell'udienza di comparizione, di cui era stata disposta la celebrazione con modalità cartolari in ragione delle misure di contenimento della pandemia da Covid-19 allora vigenti. Nel merito, l'appellante reiterava l'eccezione di tardività del provvedimento amministrativo impugnato.
4. Nella contumacia della Prefettura, il Tribunale di (Omissis) rigettava il gravame e confermava la pronuncia del Giudice di Pace, rilevando che la costituzione della Prefettura, come effettuata, non poteva ritenersi lesiva del diritto di difesa dell'(Soggetto 1), ritenuto che alla prima udienza di comparizione la causa era stata rinviata per la decisione con la concessione di un termine per note, che aveva dato modo all'opponente di prendere posizione sulla comparsa avversaria. Nel merito, il Tribunale confermava la tempestività del provvedimento di revoca della patente, siccome reso entro il termine di prescrizione quinquennale dalla data di contestazione dell'illecito amministrativo.
5. Per la cassazione di detta decisione ha proposto ricorso (Soggetto 1), affidandosi a tre motivi.
6. La Prefettura di (Omissis), intimata, non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità. Si è invece costituito il Ministero dell'Interno, ai soli fini dell'eventuale partecipazione all'udienza di discussione.
7. Con memoria depositata in prossimità dell'adunanza camerale, il ricorrente ha insistito nelle proprie richieste.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: «Violazione e falsa applicazione dell'art. 111 della Costituzione - Violazione del principio del contraddittorio tra le parti e del diritto di difesa legittima ex art. 24 Costituzione». Il ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui non ha ritenuto sussistente la lamentata lesione del diritto di difesa, in quanto in prima udienza la causa era stata rinviata per la decisione con termine per il deposito di note, sicché il ricorrente non aveva patito alcun pregiudizio, avendo potuto replicare alle deduzioni della controparte. L'(Soggetto 1) ribadisce che l'amministrazione aveva depositato la propria comparsa e la documentazione di corredo oltre il termine concesso dal giudice, senza darne comunicazione all'opponente e senza poi scambiare alcuna nota telematica in vista dell'udienza di comparizione, celebrata in forma cartolare. Il che, prosegue il ricorrente, gli avrebbe impedito di avere conoscenza della stessa presenza della controparte nel giudizio, che si sarebbe svolto, a suo dire, "al buio", anche in considerazione dell'impossibilità di accedere presso l'Ufficio del Giudice di Pace di (Omissis) per visionare gli atti della Prefettura, in ragione delle misure di contenimento della pandemia da Covid-19 allora vigenti, con conseguente impossibilità di prendere posizione sulle deduzioni avversarie e formulare eventuali eccezioni di rito e di merito.
1.1. La censura è inammissibile.
1.2. Fermo restando che il ricorrente non riferisce alcuna ragione che gli avrebbe impedito anche solo di monitorare lo stato del fascicolo e verificare l'eventuale costituzione della controparte, e premesso che il vizio processuale denunciato non rientra in alcuna delle ipotesi tassative di remissione della causa al primo giudice ex art. 354 c.p.c., ma si converte in motivo di gravame, si deve rilevare che ai fini dell'ammissibilità della censura l'(Soggetto 1) avrebbe dovuto indicare specificamente l'incidenza che il dedotto vizio avrebbe avuto sull'esito della lite, così da consentire al giudice un effettivo controllo di causalità dell'errore lamentato (il ricorrente avrebbe dovuto indicare specificamente, cioè, quali eccezioni di rito o di merito o, comunque, quali argomentazioni e facoltà processuali gli sarebbero state precluse in ragione della violazione processuale lamentata, e in che termini il tutto avrebbe avuto incidenza causale sull'esito della controversia). Ciò a maggior ragione nel caso di specie, in cui il giudice di seconde cure, ritenuta insussistente la violazione del diritto di difesa lamentata dal ricorrente, ha esaminato e respinto anche i motivi di appello relativi al merito dell'opposizione, confermando integralmente la sentenza di primo grado. Invero, "In tema di ricorso per cassazione è inammissibile, per difetto di interesse, il motivo con cui si censuri una violazione processuale non correttamente valutata dal giudice d'appello, allorché essa non rientri tra i casi tassativi di rimessione della causa al primo giudice e non si sia tradotta in un effettivo pregiudizio per il diritto di difesa. In tal caso, infatti, convertendosi l'eventuale nullità della sentenza in motivi di impugnazione, l'impugnante deve, a pena d'inammissibilità, indicare specificamente quale sia stato il pregiudizio arrecato alle proprie attività difensive dall'invocato vizio processuale" (cfr. Cass., Sez. 2, Sentenza n. 20834 del 30/06/2022, Rv. 665171; in senso conforme, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 3712 del 09/03/2012, Rv. 621429).
1.4. La censura deve essere pertanto disattesa.
2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: «Violazione e falsa applicazione dell'art. 131 cpc, art. 134 c.p.c., art. 156 c. 2 cpc, art. 111 c. 6 Costituzione - carenza di motivazione della sentenza impugnata - violazione al diritto di difesa ex art. 24 Costituzione». Il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata si sarebbe limitata a riportare le ragioni del rigetto dell'opposizione adottate dal Giudice di Pace, senza in alcun modo argomentare sui motivi di appello sollevati dall'(Soggetto 1), con particolare riferimento alla denunciata lesione del principio del contraddittorio.
2.1. La censura è manifestamente infondata.
2.2. Secondo l'orientamento oramai consolidato di questa Corte, "La riformulazione dell'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall'art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall'art. 12 delle preleggi, come riduzione al "minimo costituzionale" del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in se', purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", nella "motivazione apparente", nel "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili" e nella "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile", esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di "sufficienza" della motivazione" (cfr. Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830; in senso conforme, ex plurimis, Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 7090 del 03/03/2022, Rv. 664120).
2.3. Nel caso di specie, la pronuncia impugnata risulta adeguatamente motivata, nel rispetto del minimo costituzionale, avendo il Tribunale indicato le ragioni per le quali ha ritenuto insussistente la denunciata violazione del principio del contradditorio, valorizzando, in particolare, la circostanza che il ricorrente aveva potuto esercitare il proprio di diritto di difesa con il termine per note concesso alle parti in vista dell'udienza di discussione. Anche il rigetto dell'eccezione di tardività del provvedimento impugnato risulta adeguatamente motivato dal giudice di merito, il quale ha osservato che per l'emissione dell'ordinanza di revoca della patente non è previsto alcun termine di decadenza, salva la prescrizione del diritto dell'amministrazione di adottare il provvedimento col decorso del termine di cinque anni dalla contestazione dell'illecito amministrativo, termine, quest'ultimo, nel caso di specie rispettato.
2.4. Anche il secondo motivo di ricorso, pertanto, deve essere respinto.
3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: «Violazione e falsa applicazione dell'articolo 2 della legge 241/1990 e dell'art. 219 del Codice della Strada». Il ricorrente sostiene che il Tribunale avrebbe errato a non ritenere applicabili all'ordinanza di revoca della patente i termini tassativi di definizione del procedimento amministrativo, e in particolare il termine di 90 giorni previsto dall'art. 2 della Legge n. 241 del 1990.
3.1. La censura è manifestamente infondata.
3.2. La pronuncia del Tribunale è infatti coerente con l'insegnamento di questa Corte, cui si intende assicurare continuità, secondo cui "La revoca della patente di guida, quale sanzione accessoria che consegue alla violazione di determinate norme del codice della strada, costituisce adempimento per il quale la legge non prevede alcun termine, sicché la sanzione può essere irrogata nel termine generale di prescrizione quinquennale" (cfr. Cass., Sez. 6-2, Ordinanza n. 15694 del 23/07/2020, Rv. 658783; in senso conforme, Cass., Sez. 1, Sentenza n. 10373 del 05/05/2006, Rv. 590949).
4. Il ricorso è rigettato.
5. Nulla per le spese, non avendo la parte intimata nel presente giudizio di legittimità provveduto a notificare controricorso.
6. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall'art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso principale a norma dell'art. 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione Civile, il 23 gennaio 2023.
Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2023.
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