Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio
Cassazione Civile, Sezione terza, ordinanza n. 27137 del 22 settembre 2023
Corte di Cassazione Civile, Sezione III, ordinanza numero 27137 del 22/09/2023
Circolazione Stradale - Art. 14 del Codice della Strada - Poteri, obblighi e compiti degli enti proprietari delle strade - Manutenzione, gestione e controllo tecnico - Pertinenze - L'ente proprietario di una strada aperta al pubblico transito, anche non essendo custode dei fondi privati che la fiancheggiano e non avendo alcun obbligo di provvedere alla manutenzione dei medesimi ha, tuttavia, l'obbligo di vigilare affinché dai suddetti fondi non sorgano situazioni di pericolo per gli utenti della strada e - in caso affermativo - di attivarsi per rimuoverle o farle rimuovere.
RITENUTO IN FATTO
1. (Soggetto 1) convenne dinanzi al Tribunale di (Omissis) la parrocchia (Omissis) (odierna controricorrente), e la Provincia di (Omissis) (odierna ricorrente), per sentirle condannare al risarcimento del danno subito a seguito di una caduta in un fossato-intercapedine nei pressi della chiesa, mentre il medesimo stava partecipando ad una sagra estiva in (Omissis) ((Omissis)) avvenuta circa tre anni prima (08/08/2010).
2. Le convenute rimasero contumaci.
3. Istruita la causa con CTU medico-legale, il Tribunale di (Omissis) condannò la Provincia di (Omissis) e la parrocchia (Omissis) a pagare, in solido, all'attore Euro 91.333,62, oltre interessi legali dalla pubblicazione della sentenza al saldo e spese di lite e di CTU. Il Tribunale ritenne che il fatto storico fosse provato sulla base delle dichiarazioni del teste e della documentazione in atti.
4. Avverso la predetta sentenza la provincia di (Omissis) propose gravame dinanzi alla Corte d'appello di Genova, con motivi inerenti: (i) alla identificazione della proprietà del terreno ove si verificò un fatto; (ii) al mancato rilievo del comportamento del danneggiato tale da integrare il caso fortuito o, quantomeno, il concorso nella causazione dell'evento; (iii) alla erronea "parificazione" della responsabilità ex art. 2051 c.c. della Provincia rispetto a quella della Parrocchia; (iv) all'avere il Tribunale calcolato e liquidato il risarcimento del danno in violazione di principi di legge e dell'orientamento giurisprudenziale univoco.
5. La Parrocchia (Omissis) si costituì chiedendo la riforma della sentenza di primo grado, con reiezione di ogni domanda del (Soggetto 1), e, in subordine, di dichiarare il prevalente concorso di colpa di quest'ultimo, e per l'effetto di ridurre della metà della somma liquidata all'esito del giudizio di primo grado, con conferma, in ogni caso, della responsabilità solidale della Provincia di (Omissis).
6. Nelle more del giudizio di appello il (Soggetto 1) è deceduto, e gli sono succedute le eredi (Soggetto 2) e (Soggetto 3).
7. Con sentenza n. 406/2020, depositata in data 27/4/2020, la Corte di Appello di Genova: (i) ha parzialmente accolto l'appello proposto dalla Provincia di (Omissis), riformando la sentenza di primo grado limitatamente alla parte relativa alla quantificazione del danno; (ii) ha confermato per il resto la sentenza impugnata; (iii) ha dichiarato inammissibile l'appello incidentale proposto dalla Parrocchia (Omissis); (iv) ha provveduto, di conseguenza, sulle spese.
8. Avverso la predetta sentenza la provincia di (Omissis) propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui la Parrocchia S.mo (Omissis) e (Soggetto 2) e (Soggetto 3) (nella qualità di eredi di (Soggetto 1)) resistono con separati controricorsi.
9. La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell'art. 380-bis 1 c.p.c. 10. Le controricorrenti (Soggetto 2) e (Soggetto 3) hanno depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all'art. 360, 1 co., n. 3, c.p.c., "Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2043 e/o 2051 c. c. con riferimento alla loro applicazione in materia di responsabilità dell'ente proprietario della strada", lamentando che la Corte territoriale ha erroneamente ritenuto responsabile del sinistro la Provincia, quale ente proprietario della strada, poiché era la medesima a dover prevenire la situazione di pericolo. Al contrario, la ricorrente sostiene che il sinistro si è verificato all'interno della proprietà privata limitrofa, e non sulla sede stradale o sulla c.d. banchina sita a margine ed a livello della stessa, in quanto il fossato intercapedine, non rientrando nel concetto di banchina, non poteva ricadere sotto la responsabilità della Provincia.
2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all'art. 360, 1 co., n. 3, c.p.c., "Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 190 del codice della strada e consequenziale violazione e falsa applicazione degli artt. 2051 e/o 2043 c.c. nonché dell'art. 1227 così come richiamato dall'art. 2056 c.c.", sostenendo che la Corte territoriale ha errato nel non ritenere sussistente una qualsiasi responsabilità, esclusiva o concorrente, del danneggiato nella causazione dell'incidente anche ai sensi dell'art. 1227 c.c., che si sarebbe concretizzata nella violazione dell'art. 190 del Codice della Strada. La ricorrente assume che, ai sensi del citato art. 190 C.d.S, il (Soggetto 1) avrebbe dovuto camminare sui marciapiedi, sulle banchine, sui viali e sugli altri spazi per essi predisposti e - qualora questi mancassero, come nel caso di specie - circolare sul margine della carreggiata opposta al senso di marcia dei veicoli, e non spingersi oltre il margine di questa, margine che coincide con il limite della superficie sita a livello della sede stradale.
3. Sul primo motivo. Questa S.C. si è espressa in più occasioni nel senso che l'ente proprietario di una strada aperta al pubblico transito, pur non essendo custode dei fondi privati che la fiancheggiano, e non avendo alcun obbligo di provvedere alla manutenzione dei medesimi, tuttavia, ha l'obbligo di vigilare affinché dai suddetti fondi non sorgano situazioni di pericolo per gli utenti della strada e - in caso affermativo - di attivarsi per rimuoverle o farle rimuovere. L'ente proprietario della strada versa pertanto in colpa, che costituisce fonte di responsabilità, quando, pur potendo avvedersi con l'ordinaria diligenza di una situazione di pericolo proveniente da un fondo privato, non la segnali al proprietario e non adotti i presidi e provvedimenti cautelativi atti a prevenire ed evitare pregiudizi agli utenti della strada.
3.1 La responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia, di cui all'art. 2051 c.c., opera anche per la P.A. in relazione ai beni demaniali, con riguardo, tuttavia, alla causa concreta del danno, rimanendo l'amministrazione liberata dalla responsabilità suddetta ove dimostri che l'evento sia stato determinato da cause estrinseche ed estemporanee create da terzi, non conoscibili ne’ eliminabili con immediatezza, neppure con la più diligente attività di manutenzione, ovvero da una situazione la quale imponga di qualificare come fortuito il fattore di pericolo, avendo esso esplicato la sua potenzialità offensiva prima che fosse ragionevolmente esigibile l'intervento riparatore dell'ente custode (cfr. Cass., sez. 6-3, ord. 27/03/2017, n. 7805; Cass., sez. III, ord. 14/03/2018, n. 6141).
3.2 La S.C. ha specificato che "l'obbligo di prevenire le situazioni di pericolo e di mantenere in efficienza le strade aperte al pubblico transito comporta, per l'ente proprietario, il correlato obbligo di prevenire e, se del caso, segnalare qualsiasi situazione di pericolo o di insidia inerente non solo alla sede stradale ma anche alla zona non asfaltata sussistente ai limiti della medesima, posta a livello tra i margini della carreggiata e i limiti della sede stradale ("banchina"), tenuto conto che essa fa parte della struttura della strada, e che la relativa utilizzabilità, anche per sole manovre saltuarie di breve durata, comporta esigenze di sicurezza e prevenzione analoghe a quelle che valgono per la carreggiata (Sez. 3, Sentenza n. 5445 del 14/03/2006 (Rv. 588851 - 01; Sez. 3, Sentenza n. 22755 del 04/10/2013, Rv. 629057 - 01). Pertanto, la circostanza che sulla sede stradale fosse presente un ostacolo proveniente da un'area esterna alla sede stradale non bastava di per sè ad escludere la responsabilità per custodia, ex art. 2051 c.c., dell'amministrazione comunale, salvo che questa non avesse provato il caso fortuito" (così Cass., Sez. III, ord. 14/03/2018, n. 6141; conforme Cass., Sez. III, ord. 12/07/2018, n. 18325).
3.3 In particolare, secondo Cass., Sez. III, ord. 17/02/2023, n. 5116 "In materia di responsabilità ex art. 2051 c.c., la custodia esercitata dal proprietario o gestore della strada non è limitata alla sola carreggiata, ma si estende anche agli elementi accessori o pertinenze, ivi comprese eventuali barriere laterali con funzione di contenimento e protezione della sede stradale, sicché, ove si lamenti un danno derivante dalla loro assenza (o inadeguatezza), la circostanza che alla causazione dello stesso abbia contribuito la condotta colposa dell'utente della strada non è idonea ad integrare il caso fortuito, occorrendo accertare giudizialmente la resistenza che la presenza di un'adeguata barriera avrebbe potuto opporre all'urto da parte del mezzo (Cass. n. 26527/20209)" (conforme Cass., Sez. III, ord. 18/06/2019, n. 16295).
3.4 La sentenza gravata, ad esito dell'esame approfondito di tutto il materiale probatorio, ha motivato che nella fattispecie in questione fosse esigibile che il personale addetto alla manutenzione della strada provinciale si avvedesse della situazione di pericolo in cui versava il tratto adiacente al ciglio della strada ove è caduto il (Soggetto 1). L'assunto dell'appellante, ed in particolare che la zona in cui è caduto (Soggetto 1) si trovasse a distanza di sicurezza dalla carreggiata, "ben oltre la carreggiata destinata al transito dei veicoli, ben oltre il bordo della strada in cui parcheggiano i veicoli, ben oltre il tratto asfaltato successivo alla linea bianca lungo almeno un metro, ben oltre il tratto (di almeno mezzo metro di lunghezza) ricoperto di erba; ben oltre gli arbusti posti al termine del suddetto tratto di ricoperto di erba" non appare coerente con le emergenze processuali e per tale motivo non è condiviso dalla Corte (così a p. 6, ultimo p., della sentenza).
3.5 Inoltre la pronuncia gravata motiva che la fattispecie in esame rientra a pieno titolo nelle ipotesi cui fa riferimento la giurisprudenza sopra richiamata, nelle quali scatta l'obbligo per l'ente proprietario di prevenire e, se del caso, segnalare qualsiasi situazione di pericolo o di insidia inerente non solo alla sede stradale ma anche alla zona non asfaltata sussistente ai limiti della medesima, al fine di evitare danni non solo ai mezzi, anche ai pedoni. La Corte territoriale motiva altresì che è infondato l'assunto per cui dovrebbe individuarsi una responsabilità concorrente del (Soggetto 1), tenuto conto che il buco era "mascherato" a causa della presenza di erba alta che impediva di visualizzare il "vuoto" sottostante e della semioscurità data dall'ora notturna, e che il (Soggetto 2) si trovava nelle immediate vicinanze della strada, oltre che in prossimità dello spigolo dell'edificio, sicché non era esigibile ne’ prevedibile l'improvvisa mancanza di terreno (così a p. 8 della sentenza).
3.6 Il motivo in esame non si confronta con il filtro previsto dall'art. 360 bis, n. 1, c.p.c., omettendo di esporre gli elementi e le ragioni per le quali la Corte, avendo deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di legittimità, avrebbe dovuto discostarsene; con l'effetto che il ricorso è inammissibile ex art. 360 bis, n. 1, c.p.c. (Cass., Sez. Un., n. 7155/2017; Cass., Sez. VI-2 Ord. 02/03/2018, n. 5001; Cass., 13524/2017; Cass., 1351/2018).
4. Sul secondo motivo. Con il motivo in esame, che risulterebbe comunque assorbito dalla inammissibilità del primo motivo, la ricorrente in realtà sollecita, cercando di superare i limiti istituzionali del giudizio di legittimità, un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi all'attenzione dei giudici della Corte Suprema di fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi.
Come ribadito di recente da Cass., Sez. II, 8/3/2022, n. 7523: "Compito della Corte di Cassazione non è quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, ne’ quello di procedere a una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici del merito, dovendo invece la Corte di legittimità limitarsi a controllare se costoro abbiano dato conto delle ragioni della loro decisione e se il ragionamento probatorio, da essi reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato, si sia mantenuto entro i limiti del ragionevole e del plausibile".
5 Il ricorso è pertanto infondato, per le ragioni sopra esposte.
6. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo in favore dei controricorrenti, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 4.700,00, oltre agli esborsi, liquidati in Euro 200,00, oltre al rimborso spese generali e accessori di legge, in favore di ciascuno dei controricorrenti, Parrocchia (Omissis), da un lato, e (Omissis) e (Soggetto 2) e (Soggetto 3), dall'altro.
Ai sensi dell'art. 13, 1 comma, quater del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 3 luglio 2023.
Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2023.
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