Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Civile, Sezione terza, ordinanza n. 18386 del 27 giugno 2023

 

Corte di Cassazione Civile, Sezione III, ordinanza numero 18386 del 27/06/2023
Circolazione Stradale - Artt. 50 e 193 del Codice della Strada - Velocipedi - Danno cagionato da animale - Responsabilità - Fermo restando il principio secondo cui in tema di responsabilità per danni derivanti dall'urto tra un autoveicolo ed un animale, la presunzione di responsabilità oggettiva a carico del proprietario o dell'utilizzatore di quest'ultimo concorre con la presunzione di colpa a carico del conducente del veicolo, caso ben diverso è la circostanza che si prospetta quando è un ciclista ad essere assalito dal cane proveniente da un piazzale dal cui cancello è uscito l'animale.


FATTI DI CAUSA

1. (Soggetto 1) conveniva in giudizio (Soggetto 3) e (Soggetto 2) al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti, a seguito della caduta dalla bicicletta, a causa di un cane proveniente dallo stabile di proprietà dei convenuti.

Dopo aver istruito la causa mediante prova orale e C.T.U., il Tribunale di (Omissis), con sentenza n. 401/2016, accoglieva la domanda attorea, condannando i convenuti al risarcimento del danno.

2. Avverso tale sentenza (Soggetto 3) e (Soggetto 2) proponevano appello.

La Corte d'Appello di Reggio Calabria, con la sentenza 420/2021 del 6 luglio 2021, accoglieva parzialmente i motivi d'appello dichiarando l'inammissibilità della domanda risarcitoria nei confronti di (Soggetto 3) ma confermando la sentenza di primo grado in riferimento alla responsabilità di (Soggetto 2).

3. Avverso tale sentenza, (Soggetto 2) propone ricorso in Cassazione sulla base di tre motivi illustrati da memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.1. Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2052 e 2054 c.c. in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3.

Sostiene la ricorrente che il Giudice dell'appello avrebbe errato nel riconoscere la responsabilità di (Soggetto 2) sulla sola base dell'art. 2052 c.c. senza tenere conto anche della disciplina prevista dall'art. 2054 c.c..

Lamenta che trattandosi di uno scontro tra un cane e una bicicletta, quest'ultima ricompresa nella categoria dei veicoli dal Codice della Strada, non sarebbe sufficiente accertare ex art. 2052 c.c., l'esistenza del rapporto tra animale e ricorrente ed il mancato raggiungimento da parte di quest'ultima della prova liberatoria. La Corte d'Appello avrebbe dovuto, invece, verificare l'assolvimento da parte del ciclista dell'onere probatorio previsto ex. art. 2054 c.c. in tema di circolazione.

Solo dopo aver verificato entrambe le fattispecie, infatti, il Giudice avrebbe potuto valutare l'effettivo riparto delle rispettive responsabilità.

Il motivo è inammissibile.

Non è in discussione il principio secondo cui in tema di responsabilità per danni derivanti dall'urto tra un autoveicolo ed un animale, la presunzione di responsabilità oggettiva a carico del proprietario o dell'utilizzatore di quest'ultimo concorre con la presunzione di colpa a carico del conducente del veicolo, ai sensi dell'art. 2054, comma 1, c.c., che ha portata generale, applicabile a tutti i soggetti che subiscano danni dalla circolazione, sicché, ove il danneggiato sia il conducente e non sia possibile accertare la sussistenza e la misura del rispettivo concorso - sì che nessuno supera la presunzione di responsabilità a suo carico dimostrando, quanto al conducente, di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno e, quanto al proprietario dell'animale, il caso fortuito - il risarcimento va corrispondentemente diminuito per effetto non dell'art. 1227, comma 1, c.c., non occorrendo accertare in concreto il concorso causale del danneggiato, ma della presunzione di pari responsabilità di cui agli artt. 2052 e 2054 c.c. (Cass. n. 16550/2022).

Ma nel caso di specie, tale giurisprudenza non è conferente al caso perché il giudice del merito non ha accertato un evento di danno derivante dalla circolazione, ossia l'urto fra il veicolo e l'animale preso in esame dalla citata giurisprudenza, ma la circostanza che il ciclista è stato "assalito" dal cane.

4.2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 2052 c.c. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. e la violazione della Cost., artt. 111, 132 comma 2 n. 4 c.p.c. e 118 comma 1 disp. Att. c.p.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 4.

Sostiene che l'art. 2052 c.c. individuerebbe come soggetti responsabili alternativamente il proprietario dell'animale e colui che "se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso" prevedendo che la configurazione della responsabilità di uno dei due soggetti escluda quella dell'altro.

La motivazione della Corte d'Appello, quindi, sarebbe censurabile poiché, affermando la responsabilità della ricorrente sia come proprietaria che come "utilizzatrice" del cane, sarebbe contraddittoria e non consentirebbe l'individuazione dell'iter logico seguito.

Il motivo è infondato.

Non sussiste il vizio di motivazione apparente e/o contraddittoria. Il giudice, con motivazione priva di vizi, ha accertato il rapporto di custodia, senza approfondire il titolo, che è circostanza sufficiente per la giurisprudenza (cfr. Cass. n. 9037/2010, 15895/2011).

4.3. Con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3 e la violazione della Cost, artt. 111, 132 comma 2 n. 4 c.p.c. e 118 comma 1 disp. Att. c.p.c. in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 4 Il Giudice di secondo grado avrebbe erroneamente desunto la prova della proprietà o utilizzazione del cane della ricorrente solamente in via induttiva, basandosi unicamente sul fatto che quest'ultima sarebbe proprietaria o comunque avrebbe la disponibilità del piazzale dal cui cancello è uscito il cane e sul fatto che in detto piazzale vi sarebbe "una struttura destinata al ricovero di un cane".

Per tali ragioni, la Corte d'Appello avrebbe errato, in primo luogo, a ritenere in via presuntiva che la ricorrente disponeva del piazzale e, in secondo luogo, a sussumere da questa prima presunzione la seconda presunzione, ovvero che la parte era la proprietaria o utilizzatrice del cane, in violazione del principio "praesumptum de praesumpto non admittitur".

Secondo la ricorrente, quindi, presentando entrambe le presunzioni carattere di equivocità, il ragionamento seguito dal Giudice risulterebbe scorretto ed irrazionale.

Infine, a giudizio della ricorrente, la sentenza di secondo grado sarebbe nulla per l'assoluta genericità dei riferimenti e per conseguente violazione dei principi inerenti al contenuto minimo costituzionale ex. Cost., art. 111.

Il motivo è infondato.

Va subito osservato che la ratio decidendi è chiaramente percepibile, per cui il requisito motivazionale risulta assolto. Non c'è inoltre presunzione da presunzione perché è stata accertata la proprietà e comunque la disponibilità (e dunque la custodia) degli spazi antistanti il supermercato.

In tema di prova per presunzioni, ai sensi degli artt. 2727 e 2729 c.c., non occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, essendo sufficiente che dal fatto noto sia desumibile univocamente quello ignoto, alla stregua di un giudizio di probabilità basato sull'"id quod plerumque accidit", sicché il giudice può trarre il suo libero convincimento dall'apprezzamento discrezionale degli elementi indiziari prescelti, purché dotati dei requisiti legali della gravità, precisione e concordanza (Cass. n. 21403/2022). Univoco non deve perciò essere l'indizio, ma l'inferenza presuntiva, mentre gli indizi è sufficiente che siano gravi, precisi e concordanti. Gli indizi valutati nel caso di specie possiedono tali caratteristiche in astratto, secondo quanto è dato di apprezzare nella presente sede di legittimità, essendo riservata al giudice del merito la congruità dell'inferenza presuntiva.

5. L'indefensio degli intimati non richiede la condanna alle spese.

P.Q.M.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla l. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione, il 28 marzo 2023.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2023.

 

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