Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Civile, Sezione terza, ordinanza n. 14930 del 29 maggio 2023

 

Corte di Cassazione Civile, Sezione III, ordinanza numero 14930 del 29/05/2023
Circolazione Stradale - Artt. 37, 40 e 143 del Codice della Strada - Intersezioni - Manovra di svolta - Apposizione della segnaletica stradale - Indicazioni di direzioni consentite o vietate - Sinistro stradale - Nel caso di incrocio con strada a doppia carreggiata, nessuna norma impone all'ente proprietario della strada di indicare nella segnaletica orizzontale con apposito segnale il divieto di svoltare a sinistra nella prima semicarreggiata, che l'utente incontra andando ad impegnare l'incrocio in quanto verrebbe a trovarsi contromano, poiché è prevista la sola facoltà, e non l'obbligo, di utilizzare la segnaletica orizzontale per segnalare le direzioni consentite o quelle vietate.


FATTI DI CAUSA

1. (Soggetto 1), (Soggetto 2) e (Soggetto 3) convennero in giudizio innanzi al Tribunale di (Omissis) la Città metropolitana di (Omissis) chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti per la morte del proprio congiunto (Soggetto 4) avvenuta il (Omissis) in conseguenza di sinistro stradale da essi ascritto a responsabilità della convenuta, ex art. 2051 o, in subordine, 2043 c.c., a causa della equivoca segnaletica esistente sui luoghi.

Esposero a fondamento che nel tragico occorso il predetto, alla guida di una (Omissis), percorreva di notte la via (Omissis), strada provinciale in (Omissis), per tornare a casa; giunto alla intersezione stradale con corsie di preselezione per tre direzioni diverse, delimitate da striscia continua, trovò frecce sia orizzontali che verticali le quali indicavano di svoltare a sinistra; compì tale manovra, ma in tal modo si immise in contromano sulla quarta corsia di viale (Omissis), anch'essa strada provinciale a doppia carreggiata, divisa da spartitraffico alberato; resosi conto dell'errore, scese dalla (Omissis), che sospinse, e percorse appiedato un tratto di viale (Omissis) mantenendosi al margine, ove però venne travolto da un autoveicolo proveniente dal corretto senso di marcia, rimanendo ucciso sul colpo.

2. Instaurato il contraddittorio - all'esito dell'istruzione condotta con l'acquisizione degli atti del procedimento penale svolto a carico dell'investitore e conclusosi con la condanna dello stesso per il reato p. e p. dall'art. 589 c.p. con un concorso di colpa del 20%, la residua percentuale di colpa essendo stata ascritta alla vittima - il Tribunale rigettò la domanda condannando gli attori alla rifusione delle spese in favore della convenuta, avendo ritenuto che per la conformazione dell'incrocio, nonostante le carenze segnaletiche evidenziate da parte attrice, la circolazione sarebbe potuta avvenire in modo corretto, e senza il rischio, evitabile con una diligenza minima, di entrare contromano.

3. Con sentenza n. 3377/2019, depositata il 31 luglio 2019, la Corte d'appello di Milano ha rigettato il gravame interposto dai soccombenti, confermando integralmente la decisione di primo grado e condannando gli appellanti alle spese del grado.

4. Ha infatti, anzitutto, escluso che la segnaletica, sia orizzontale che verticale, posta sul viale (Omissis) all'intersezione con viale (Omissis), fosse errata o ingannevole, ritenendola al contrario "del tutto conforme alle prescrizioni del codice della strada e del suo regolamento d'attuazione".

4.1. Quanto in particolare a quella orizzontale ha rilevato che:

- quella presente in viale (Omissis), sulla semicarreggiata percorsa da (Soggetto 4), in prossimità dell'intersezione con viale (Omissis), è costituita dalla delimitazione della semicarreggiata in tre corsie con linea continua; in quella di sinistra è presente sull'asfalto una freccia che indica la svolta a sinistra, nelle due corsie centrali è presente la freccia che indica la direzione diritto e nella corsia aggiunta a destra è presente la freccia che indica svolta a destra;

- tale segnaletica è del tutto conforme a quanto previsto dall'art. 147 reg. att. C.d.S., secondo cui, nel caso di strade suddivise in più corsie per senso di marcia, su ogni corsia deve essere apposta una freccia indicativa della direzione che l'utente della strada, una volta giunto all'incrocio, può prendere in relazione alla corsia su cui si è posizionato; si tratta cioè di segnaletica che determina la preselezione del flusso di traffico, nel senso che l'utente che si posiziona sulla corsia, in cui è apposta la freccia di svolta a sinistra, una volta giunto all'incrocio, è tenuto ad eseguire la svolta a sinistra; essa però non obbliga affatto, come sostenuto dagli appellanti, ad effettuare, una volta impegnato l'incrocio, la svolta a sinistra nella prima corsia o nella prima semicarreggiata che si incontra, ma impone, se si è posizionati sulla corsia con freccia di svolta a sinistra, di effettuare la svolta a sinistra nella strada incrociata, ma ovviamente imboccando la corsia libera più a destra della semicarreggiata di destra, come previsto dall'art. 143 C.d.S.;

- per converso, nessuna disposizione impone all'ente proprietario della strada, nel caso di incrocio con strada a doppia carreggiata, di indicare nella segnaletica orizzontale con apposito segnale il divieto di svoltare a sinistra nella prima semicarreggiata, che l'utente incontra andando ad impegnare l'incrocio, in quanto si verrebbe a trovare contromano; il comma 4 dell'art. 147 reg. att. cit., infatti, prevede solo la facoltà e non l'obbligo per l'ente proprietario della strada di utilizzare la segnaletica orizzontale per segnalare le direzioni consentite o quelle vietate.

4.2. Quanto poi alla segnaletica verticale ha osservato che:

- nella specie è costituita da tre cartelli di indicazione, di forma quadrangolare, posti subito prima dell'inizio dell'intersezione con viale (Omissis): in quello di sinistra è apposta la freccia di svolta a sinistra e l'indicazione "(Omissis)", in quello di centro sono poste due frecce diritto e l'indicazione "(Omissis)", in quello di sinistra è apposta la freccia di svolta a destra e l'indicazione "(Omissis)";

- essa è conforme alle prescrizioni di cui agli artt. 124 e 128 reg. att. C.d.S., dal momento che segnala le località raggiungibili da ciascuna corsia; conferma, all'altezza dell'incrocio, le suddette località raggiungibili come da preventiva canalizzazione; segnala le manovre consentite nell'intersezione, cioè la necessità di svoltare a sinistra se l'utente è posizionato nella corsia di sinistra, quella di procedere diritto se è posizionato nelle due corsie centrali, etc.;

- nessuna disposizione impone invece all'ente proprietario di segnalare all'utente che la strada che sta per incrociare è una strada a doppia carreggiata, di guisa che, qualora intenda svoltare a sinistra, dopo essersi incanalato nella corsia di sinistra, non può svoltare immediatamente nella prima semicarreggiata che incontra, ma deve invece superare lo spartitraffico e quindi svoltare a sinistra nella semicarreggiata immediatamente successiva;

- a tanto l'utente della strada è già obbligato dall'art. 143 C.d.S. e non vi è alcuna ragione per cui tale obbligo generale gli debba essere esplicitamente ricordato;

- l'art. 127 reg. att. C.d.S., con riguardo ai segnali di indicazione di preselezione, che siano apposti sulle strade a doppia carreggiata con più corsie per carreggiata, prevede solo la facoltà ma non l'obbligo di rappresentare nel cartello, nell'ambito di una determinata corsia, un eventuale segnale di pericolo o di prescrizione riferiti a quella corsia;

- la figura 236, allegata al reg. att. C.d.S., citata dagli appellanti, illustra un cartello di indicazione di preavviso di intersezione, nel caso in cui la strada incroci due differenti strade ravvicinate tra loro, in una della quali non è consentito l'accesso, e non già il caso, quale è quello in esame, in cui la strada incrocia un'altra unica strada a doppia carreggiata.

4.3. Ha inoltre escluso che la segnaletica potesse considerarsi carente dal momento che - ha osservato - "nessuna disposizione prevede che, nell'intersezione di una strada con altra a doppia carreggiata, divise da spartitraffico, debba essere posto un segnale di divieto d'accesso sulla prima semicarreggiata, incontrata dall'utente, proveniente dalla strada incrociata, che abbia effettuato la svolta a sinistra, trattandosi con tutta evidenza di semicarreggiata riservata alla circolazione dei veicoli provenienti dal senso opposto; ne’ che debba essere posto sulla strada, che incrocia quella a doppia carreggiata, un segnale di direzione consentita o di direzione obbligatoria, in quanto, come appare chiaramente dalle figure illustrative di tali prescrizioni (allegate all'art. 122 commi 2 e 3 reg. att. C.d.S.), tali segnali si riferiscono chiaramente ai casi in cui le direzioni consentite ovvero le direzioni obbligatorie riguardino l'intera strada incrociata e non già la singola semicarreggiata di una strada a doppia carreggiata, posto che... è il D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 143 a prevedere in generale che le strade devono essere sempre percorse, anche quelle a doppia carreggiata, sul lato destro (e quindi sulla carreggiata destra rispetto al senso di marcia), senza necessità di alcun apposito segnale che prescriva tale comportamento".

Ha al riguardo ancora soggiunto che "peraltro, nella fattispecie in esame, sia pure non all'altezza della linea di arresto definitivo tracciata sul viale (Omissis) bensì all'altezza della prima linea di arresto di qualche metro immediatamente precedente, era posto un cartello di divieto di accesso posto sull'estrema destra della carreggiata rivolto proprio nella direzione di chi l'avesse imboccata contromano; tale segnale di prescrizione non era ovviamente diretto a segnalare la direzione contromano a chi provenisse dall'incrocio con viale (Omissis), non sussistendo, come detto, alcuna necessità di tale segnalazione, era invece diretto agli utenti provenienti dalla breve corsia, che, in prossimità dell'incrocio con viale (Omissis), univa le due semicarreggiate di viale (Omissis), per segnalare loro il divieto di svoltare a destra al fine di evitare che imboccassero la semicarreggiata contromano".

4.4. Ha infine osservato che:

- "la semicarreggiata di viale (Omissis), erroneamente imboccata... da (Soggetto 4) dall'incrocio di viale (Omissis), presentava immediatamente una serie di elementi dai quali, anche di notte (tenuto conto che l'intersezione risultava adeguatamente illuminata), un utente della strada, doverosamente attento, avrebbe potuto subito rendersi conto che si trattava della semicarreggiata riservata alla circolazione dei veicoli provenienti dalla direzione opposta alla sua";

- pertanto (Soggetto 4), "anche qualora non fosse stato più in tempo a proseguire lungo viale (Omissis) fino a superare lo spartitraffico di viale (Omissis) ed imboccare quindi correttamente la semicarreggiata di destra di tale viale, avrebbe potuto quanto meno continuare la svolta a sinistra, compiendo un'inversione a U su viale (Omissis) senza alcun rischio, atteso che l'eventuale flusso di traffico proveniente da viale (Omissis) doveva essere evidentemente fermo (visto che lui aveva avuto la possibilità di impegnare l'incrocio), e ritornare quindi indietro in viale (Omissis)".

4. Avverso tale sentenza (Soggetto 1), (Soggetto 2) e (Soggetto 3) propongono ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, cui resiste la Città Metropolitana di (Omissis) depositando controricorso.

È stata fissata la trattazione per la odierna adunanza camerale con decreto del quale è stata data rituale comunicazione alle parti.

Non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero.

La controricorrente ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano "violazione e/o falsa applicazione ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3 degli artt. 38, comma 2, 40 e 143 C.d.S. per avere la Corte d'appello considerato prevalente la regola generale di circolazione seppur in presenza di segnaletica; violazione dell'art. 137, comma 2, reg. att. C.d.S., per non avere la Corte d'appello considerato il valore prescrittivo della segnaletica, secondo il significato suo proprio conferitole dalla normativa; conseguente violazione e/o falsa applicazione dell'art. 2051 o in subordine dell'art. 2043 c.c.; responsabilità da segnaletica errata".

Lamentano che erroneamente i giudici a quibus, in presenza di segnaletica stradale verticale ed orizzontale di svolta a sinistra errata, hanno fatto applicazione delle norme generali sulla circolazione stradale, ritenute prevalenti sulla segnaletica presente, mancando di attribuire alla segnaletica il valore di prescrizioni normative dotate di forza precettiva e di interpretarla secondo il significato suo proprio di indicazione dell'obbligo di svoltare subito a sinistra, così inducendo la vittima a imboccare la carreggiata contromano.

Al riguardo, premesso che l'interpretazione dei segnali stradali non può essere che quella letterale, oggettiva e invariabile stabilita dal codice della strada e dal relativo regolamento, dalla figura di riferimento e dalla sua didascalia, a nulla rilevando "l'eventuale diversa intenzione o convinzione di chi ha apposto il segnale o la particolare conformazione dell'incrocio", sostengono che, nella specie, l'interpretazione del segnale di svolta a sinistra, posto all'altezza della linea d'arresto in corsia di canalizzazione, secondo il codice della strada, conduce ad un solo risultato: quello della svolta immediata.

2. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano, con riferimento all'art. 360, comma 1, num. 3, c.p.c., "violazione e/o falsa applicazione degli artt. 143 e 147, comma 4, reg. att. C.d.S. con influenza diretta sul dispositivo per aver considerato regolare l'apposizione del segnale di svolta semplice al posto del segnale di obbligo di proseguire diritto prima di svoltare a sinistra perché su strada a doppia carreggiata, in violazione dell'art. 127 reg. att. C.d.S. e del principio di sicurezza di cui all'art. 1 C.d.S., nonché degli obblighi ex artt. 14 e 37 stesso codice; diretta conseguenza sulla mancata applicazione dell'art. 2051 c.c. per responsabilità da segnaletica errata e perciò ingannevole: errata valutazione ex art. 115 c.p.c.".

Rilevano che:

- in appello la segnaletica era stata detta da essi errata non per la mancanza di corrispondenza all'art. 147 ma per la mancanza di conformità ai luoghi nei quali è stata apposta, sul rilievo, condiviso dal consulente tecnico in sede penale, che la freccia direzionale avrebbe dovuto "segnalare oltre che la direzione consentita, anche quella vietata (art. 147, comma 4, reg. att. C.d.S.)";

- l'art. 127, comma 2, reg. att. C.d.S. prevede che i segnali di preavviso di intersezione contengano lo schema dell'intersezione, realizzato mediante frecce;

- come evidenziato nella tabella II.23 riferita al predetto art. 127, i segnali di indicazione, a seconda del punto di posa, hanno funzioni diverse, se posti alla soglia dell'intersezione/inizio corsia di decelerazione/corsia di svolta, la funzione è di direzione, non di preselezione;

- si ricava dal comma 9 di detta disposizione che i segnali da adottare sulle strade divise in carreggiate, e quest'ultime in corsie, cambino solo di nome ma non nella sostanza rispetto a quelli previsti per strade a singola carreggiata: i primi si chiamano preavvisi di intersezione, e i secondi segnali di preselezione, ma entrambi adottano gli stessi criteri e colori; la norma prevede anche che entro le corsie possano essere rappresentati in forma ridotta eventuali segnali di pericolo o di prescrizione riferiti alla singola corsia;

- la disposizione di cui al comma 4 dell'art. 147 reg. att. C.d.S., al quale si collega la fig. II.439, va applicata in "zone di preselezione e attestamento fra intersezioni molto ravvicinate" (come specificato nella didascalia della figura), senza escludere che si possa trattare di strade a doppia carreggiata;

- l'assunto secondo cui mancherebbe un obbligo normativo in capo alla P.A. di apporre il segnale previsto dal comma 4 dell'art. 147, è opposta a quella affermata dalla Cassazione (sent. n. 13364 del 2014), per la quale l'attività relativa all'apposizione della segnaletica di cui all'art. 37 C.d.S. "può (e dunque deve)" essere realizzata con criteri di completezza e adeguatezza per ogni tipo di strada, anche l'extraurbana.

3. Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano "violazione e/o falsa applicazione, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 38, comma 2, e 143 C.d.S., in relazione all'art. 122, commi 2 e 3, disapplicazione del comma 4 dell'art. 127 reg. att. C.d.S., dell'art. 2051 c.c. e dell'art. 115 c.p.c.; omessa o contraddittoria o insufficiente motivazione, ai sensi dell'art. 360 n. 5, in relazione alla ritenuta completezza della segnaletica in mancanza di segnali di divieto d'accesso e di passaggio obbligatorio di cui al comma 4 dell'art. 122 reg. att. C.d.S.; diretta conseguenza sulla mancata applicazione dell'art. 2051 c.c. per responsabilità da segnaletica mancante".

Contestano la ritenuta completezza della segnaletica in mancanza di cartelli di divieto d'accesso e di direzione obbligata su testata spartitraffico, ritenuti non obbligatori in strade a doppia carreggiata.

Rilevano al riguardo la contraddittorietà della giustificazione addotta in sentenza circa l'irrilevanza della collocazione arretrata del segnale di divieto di accesso posto sull'estrema destra della semicarreggiata del viale (Omissis) erroneamente imboccata dal (Soggetto 4).

4. Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano infine "violazione e/o falsa applicazione ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione all'art. 115 c.p.c. e vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5, per non aver considerato l'ampiezza della intersezione e l'ora notturna come direttamente incidenti sulla percezione della difformità dei luoghi rispetto alla segnaletica presente, considerando contemporaneamente preferibile uscire dal contromano mediante inversione a U".

Contestano come irrilevante e comunque illogica l'affermazione contenuta in sentenza secondo cui il (Soggetto 4) avrebbe potuto subito avvedersi della sua erronea manovra e rimediarvi compiendo una inversione ad U.

5. Nell'approcciarsi allo scrutinio dei motivi, giova preliminarmente evidenziare che - pur nell'ipotesi, esclusa nel caso di specie dal giudice a quo, in cui l'evento sia causalmente ascrivibile ad errori o lacune della segnaletica stradale - del tutto impropriamente risulterebbe evocata a fondamento della responsabilità dell'ente gestore della strada la fattispecie del danno da cose in custodia ex art. 2051 c.c..

Questa Corte ha già avuto modo di chiarire in proposito, e va qui ribadito, che "la responsabilità oggettiva ex art. 2051 c.c. è configurabile, nel concorso degli altri presupposti, in presenza di un nesso causale tra la cosa in custodia e l'evento dannoso. Perché un tale nesso possa affermarsi è necessario che la cosa si inserisca, con qualificata capacità eziologica, nella sequenza che porta all'evento e non rappresenti mera circostanza esterna o neutra o elemento passivo di una serie causale che si esaurisce all'interno e nel collegamento di altri e diversi fattori. Nel caso di scontro tra veicoli ad un incrocio non assistito da segnaletica non può a quest'ultimo attribuirsi un siffatto ruolo causale per il solo fatto che l'incidente si sia in esso verificato; in tal caso, infatti, la cosa in custodia costituisce mero teatro o luogo dell'incidente, mentre la serie causale determinativa dell'evento origina dal comportamento dei soggetti coinvolti nello scontro e in esso interamente si esaurisce. Resta in tale ipotesi configurabile una eventuale responsabilità dell'ente per colpa, secondo la generale clausola aquiliana, ove il danneggiato alleghi e dimostri la sussistenza di una situazione di pericolo determinata dal contrasto tra le condizioni di transitabilità reali e quelle apparenti non percepibile dall'utente della strada con l'uso della normale diligenza e non rimediabile con l'osservanza delle regole del codice della strada" (Cass. n. 4161 del 13/02/2019).

È stato infatti evidenziato che, nell'ipotesi considerata, sul piano strettamente materiale la serie causale determinativa dell'evento origina e si esaurisce interamente nel comportamento dei conducenti dei veicoli che non ha trovato alcun contributo causale oggettivo riferibile alla fisica conformazione o modo di essere della cosa o nelle sue condizioni di manutenzione.

Prova ne sia che nella stessa prospettazione dei danneggiati l'evento non si sarebbe (probabilmente) verificato se fosse stata presente una diversa o più adeguata segnaletica, con il che però: a) da un lato, si attribuisce non già alla cosa ma, come detto, a un comportamento umano omissivo un ruolo causale; b) dall'altro, come pure s'è già detto, supponendosi la violazione di obblighi di regolamentazione dell'area, ci si muove nel campo della responsabilità per colpa del tutto estraneo alla fattispecie invocata.

6. Anche in tale diversa prospettiva (della responsabilità per colpa ex art. 2043 c.c.), contestualmente posta a fondamento della domanda, la sentenza impugnata resiste, tuttavia, alle critiche svolte in ricorso.

Dirimente in tal senso si rivela la ratio decidendi (sopra riferita al par. 4.4 della parte narrativa della presente ordinanza) costituita dal rilievo secondo cui, indipendentemente da ogni valutazione circa la correttezza ed adeguatezza della segnaletica esistente, le condizioni dei luoghi (anche in relazione all'ampiezza, alla illuminazione notturna, alla segnaletica orizzontale presente sul viale (Omissis)) avrebbero consentito all'utente, con l'uso della diligenza ordinariamente esigibile, di avvedersi dell'errata manovra e di porvi rimedio per tempo e senza rischi.

7. Le censure che, con il quarto motivo, sono dirette contro tale parte della motivazione - la quale, in buona sostanza, esprime il convincimento dell'assenza di un nesso causale tra il contenuto della segnaletica esistente sui luoghi e il tragico evento e l'esistenza, piuttosto, di un assorbente rilievo eziologico della condotta disattenta e negligente della vittima - palesano una consistenza fattuale e meramente oppositiva che le rendono non riconducibili ne al dedotto error in procedendo per violazione dell'art. 115 c.p.c., ne' al pure dedotto vizio ex art. 360, comma 1, num. 5, c.p.c., peraltro evocato secondo il non più attuale paradigma del vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.

7.1. Sotto il primo profilo va rammentato che, secondo principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, in tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell'art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall'art. 116 c.p.c. (v. ex aliis Cass. Sez. U. n. 20867 del 30/09/2020).

7.2. Sotto l'altro profilo occorre al riguardo rammentare che, ai sensi dell'art. 360, comma 1, num. 5, c.p.c. quale risultante dalla modifica introdotta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 (applicabile ai ricorsi proposti avverso sentenze depositate dall'11 settembre 2012), dà luogo a vizio della motivazione sindacabile in cassazione l'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia) e che, in tale nuova prospettiva, l'omesso esame di elementi istruttori non integra di per sè vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Sez. U 07/04/2014, n. 8053; Id. 22/09/2014, n. 19881).

8. Le considerazioni che precedono, conducendo alla declaratoria di inammissibilità del quarto motivo, assorbono e rendono ultroneo lo scrutinio dei primi tre motivi di ricorso, che non investono la suddetta distinta e autonoma ratio decidendi, essendo diretti a denunciare vizi di violazione di legge sotto il profilo, ad un tempo, della erronea ricognizione del contenuto precettivo di varie norme del codice della strada e del relativo regolamento di attuazione ovvero la loro erronea applicazione nella fattispecie concreta quale accertata in sentenza.

Se ne può comunque incidentalmente rilevare l'inammissibilità e l'infondatezza sotto diversi profili.

9. Il primo motivo è in parte inammissibile, in parte infondato.

Da un lato, infatti, la censura non si confronta con la motivazione addotta in sentenza che non è rappresentata, come erroneamente postulato dai ricorrenti, dalla supposta mancanza di valore precettivo nella segnaletica stradale o della sua subvalenza rispetto alle norme generali sulla circolazione stradale, ma ben diversamente dalla assegnazione a quella segnaletica di un significato diverso da quello ad essa attribuito dai ricorrenti.

Sotto quest'ultimo profilo, pure attinto dalla censura, questa deve dirsi invece infondata.

Corretta, infatti, deve ritenersi l'esegesi delle norme del regolamento di attuazione accolta dalla Corte di merito secondo cui la segnaletica, sia orizzontale che verticale, determina la preselezione del flusso di traffico - nel senso che l'utente che si posiziona sulla corsia, in cui è apposta la freccia di svolta a sinistra, una volta giunto all'incrocio, è tenuto ad eseguire la svolta a sinistra - ma non obbliga affatto ad effettuare, una volta impegnato l'incrocio, la svolta a sinistra nella prima corsia o nella prima semicarreggiata che si incontra, ma impone soltanto, se si è posizionati sulla corsia con freccia di svolta a sinistra, di effettuare la svolta a sinistra nella strada incrociata, ma ovviamente imboccando la corsia libera più a destra della semicarreggiata di destra, come previsto dall'art. 143 C.d.S..

10. Il secondo motivo, al di là della irrilevanza, scarsa perspicuità e, a tratti, anche contraddittorietà di talune delle affermazioni che lo sostengono, è parimenti infondato.

Anche in tal caso corretta deve ritenersi l'affermazione contenuta in sentenza secondo cui nessuna disposizione impone all'ente proprietario della strada, nel caso di incrocio con strada a doppia carreggiata, di indicare nella segnaletica orizzontale con apposito segnale il divieto di svoltare a sinistra nella prima semicarreggiata, che l'utente incontra andando ad impegnare l'incrocio, in quanto si verrebbe a trovare contromano; il comma 4 dell'art. 147 reg. att. cit., infatti, prevede solo la facoltà e non l'obbligo per l'ente proprietario della strada di utilizzare la segnaletica orizzontale per segnalare le direzioni consentite o quelle vietate.

Vero è che il mancato esercizio di tale facoltà, ove comunque idoneo a cagionare equivoci e dunque situazioni di pericolo, potrebbe di per se’ esporre comunque la P.A. a responsabilità per colpa per la mancata adozione di opportune misure di cautela; tale situazione però nella specie è stata esclusa, avendo la Corte di merito, come detto, evidenziato che comunque le condizioni dei luoghi consentivano all'utente di avvedersi comunque di quale fosse la semicarreggiata da imboccare.

Nè appare pertinente il riferimento alla fig. II.439 che, in relazione alla citata previsione di cui al comma 4 dell'art. 147 reg. att. C.d.S. (a mente della quale "le frecce direzionali possono essere tracciate anche per segnalare le direzioni consentite o quelle vietate"), descrive forma e dimensioni delle "frecce direzionali per zone di preselezione e attestamento tra intersezioni molto ravvicinate", dal momento che esso non contrasta con l'esegesi accolta in sentenza che esclude che una tale esigenza possa ravvisarsi con riferimento alla divisione in diverse (semi)carreggiate dell'unico viale con il quale si realizza l'intersezione. Quella segnaletica, infatti, presuppone, per l'appunto, l'esistenza di più "intersezioni" (molto ravvicinate), laddove nella specie, come rimarcato in sentenza, si era in presenza di "una sola intersezione", sebbene per la sua ampiezza divisa in due semicarreggiate.

9. Per analoghe considerazioni anche il terzo motivo si appalesa infondato.

Anche in tal caso risulta corretta e, peraltro, non specificamente censurata l'affermazione contenuta in sentenza secondo cui nessuna disposizione prevede che, nell'intersezione di una strada con altra a doppia carreggiata, divise da spartitraffico, debba essere posto un segnale di divieto d'accesso sulla prima semicarreggiata, incontrata dall'utente, proveniente dalla strada incrociata, che abbia effettuato la svolta a sinistra, trattandosi con tutta evidenza di semicarreggiata riservata alla circolazione dei veicoli provenienti dal senso opposto.

Priva di rilievo censorio, prima ancora che infondata, alla luce del già ricordato vigente paradigma del vizio di motivazione ex art. 360, comma 1, num. 5, c.p.c., si rivela poi la contestazione circa l'intrinseca coerenza della giustificazione addotta in sentenza circa la ritenuta irrilevanza della collocazione arretrata del segnale di divieto di accesso posto sull'estrema destra della semicarreggiata del viale (Omissis) erroneamente imboccata dal (Soggetto 4).

10. Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere in definitiva dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo.

11. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell'art. 1-bis dello stesso art. 13.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell'art. 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 11 maggio 2023.

Depositato in Cancelleria il 29 maggio 2023.

 

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