Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio
Cassazione Penale, Sezione quarta, sentenza n. 8344 del 11 marzo 2022
Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 8344 del 11/03/2022
Circolazione Stradale - Art. 193 del Codice della Strada - Incidente stradale - Nesso di causalità tra l'incidente e l'evento morte - Il nesso causale tra l'incidente stradale e il decesso non può considerarsi interrotto solo a causa delle volontarie dimissioni dalla struttura sanitaria dove la vittima si trovava in degenza poiché la gravità delle lesioni riportate in seguito all'incidente stradale e le alterazioni psicofisiche derivanti dalle fratture e dalle lesioni cerebrali ben possono favorire l'insorgenza di complicanze che possono condurre alla morte la persona offesa così da considerare le lesioni come concausa della morte.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza resa in data 3/7/2020, la Corte di appello di Catania ha confermato la pronuncia del Tribunale di Ragusa, con cui C. F. è stato ritenuto responsabile del reato di omicidio colposo commesso con violazione delle norme in materia di circolazione stradale, con condanna alla pena di mesi otto di reclusione ed al risarcimento del danno in favore delle parti civili costituite.
All'imputato si rimproverava, per colpa generica e specifica, di avere cagionato la morte di Ca. Vi., poichè, in data (OMISSIS), alla guida della vettura Lancia Y, in violazione degli artt. 140, 141 e 142 C.d.S., serbando una velocità superiore al limite imposto nel tratto di strada percorso e, comunque, non adeguata alle caratteristiche della strada e alle condizioni di visibilità, non avvedendosi tempestivamente del motocarro Ape Piaggio condotto da Ca. Vi. - il quale aveva interamente occupato la sua corsia di marcia, provenendo da un viale privato e mancando di dare la precedenza urtava il motocarro. In seguito al violento impatto il Ca. riportava diffusi traumi per tutto il corpo (ematoma subdurale sx, pneumotorace dx, fratture costali multiple IIL IV, V, VI, VII emitorace dx, frattura rocca petrosa dx, trauma addominale chiuso con sottile falda di versamento Douglas) ragione per la quale era immediatamente ricoverato dapprima presso l'Azienda ospedaliera "(OMISSIS)" di (OMISSIS) e, successivamente, presso la clinica "(OMISSIS)", dalla quale, in data (OMISSIS) usciva volontariamente, contro il parere dei sanitari, decedendo in data (OMISSIS).
2. Avverso la sentenza di cui sopra, ha proposto ricorso per Cassazione l'imputato, a mezzo del difensore, che ha articolato plurimi motivi di impugnazione deducendo sotto più profili violazione di legge.
3. Le parti civili costituite, B. I. e B. M., hanno presentato memoria difensiva, concludendo per il rigetto del ricorso e chiedendo la condanna dell'imputato alla rifusione delle spese di costituzione nel grado di legittimità come da nota spese.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso è infondato e va pertanto disatteso.
Con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge in relazione all'art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c) e art. 179 c.p.p.; omessa applicazione del D.L. n. 18 del 2020, art. 83, comma 7.
Si deduce che, in seguito alla emergenza epidemiologica, era stato adottato un protocollo d'intesa tra la Corte di appello di Catania ed i Consigli dei diversi Ordini degli Avvocati del distretto, contenente l'elencazione dei processi penali da trattarsi secondo determinati criteri di priorità. Il protocollo stabiliva, al punto i), che sarebbe stato trattato anche "ogni altro processo che, secondo valutazione del presidente di sezione, abbia carattere di urgenza, tenuto conto dei criteri di priorità...ed in particolare della prescrizione..."; il contenuto del protocollo era ribadito nel decreto del Presidente della Corte di appello di Catania.
Al successivo art. 2 del citato protocollo era previsto: "I procedimenti non ricompresi nel suindicato elenco saranno rinviati d'ufficio a data da determinarsi, successiva al 31 luglio 2020".
Poiché il processo oggetto del presente ricorso non rientrava in alcuna delle categorie prioritarie previste nell'elenco di cui al protocollo, la difesa, convinta che il processo sarebbe stato rinviato a data da destinarsi, non compariva all'udienza di trattazione innanzi alla Corte d'appello, che, invece, veniva svolta regolarmente.
Aver celebrato il processo, che non presentava alcuna priorità e che non era prossimo alla prescrizione, avrebbe determinato la nullità del giudizio celebrato in Corte d'appello, risultando palese la violazione del diritto di difesa dalla quale deriverebbe, ai sensi dell'art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c) e art. 179 c.p.p., comma 1, una nullità assoluta, essendo irrilevante la nomina, in sostituzione, di un difensore d'ufficio quale sostituto.
Osserva la Corte: non si individua dalla lettura degli atti (Protocollo d'intesa allegato al ricorso tra la Corte d'appello di Catania ed i Consigli degli ordini degli Avvocati) e dalla ricostruzione fornita in ricorso delle ragioni della doglianza alcuna violazione del diritto di difesa. Nel protocollo, all'art. 2, è infatti precisato che: "In relazione ai procedimenti per i quali sarà disposto il rinvio d'ufficio a data successiva al 31 luglio, il decreto, contenente la data della nuova udienza, sarà notificato, a mezzo p.e.c., dalla cancelleria alle parti interessare almeno sette giorni prima dell'udienza da rinviare". Il difensore non risulta essere stato avvisato di tale rinvio, ne’ lo deduce nel ricorso. In mancanza di tale comunicazione il difensore non aveva motivo di ritenere che l'udienza sarebbe stata rinviata e nessun equivoco, atteso il chiaro tenore della disposizione, può avere ingenerato.
2. Con il secondo motivo si lamenta falsa applicazione dell'art. 192 c.p.p.; motivazione apparente, apodittica e contraddittoria.
La Corte del merito avrebbe redatto una motivazione apodittica, per nulla coerente con i dati acquisiti, contravvenendo ai criteri di cui all'art. 192 c.p.p..
Per quanto concerne il teatro del sinistro, meritava approfondimento la classificazione della strada su cui si è verificato l'incidente, definita nella consulenza "...Strada Statale (OMISSIS) nel tratto (OMISSIS)...", la cui velocità massima consentita dovrebbe essere di 90 Km/h. La Corte di appello sarebbe incorsa in un equivoco, sostenendo che si tratti di una strada statale con limite di velocità 50 Km/h, ignorando che nella consulenza è riportato che la strada era stata declassata in strada comunale qualche giorno prima. In sentenza non si tiene conto del fatto che questa tipologia di strada avrebbe potuto essere percorsa ad una velocità di 70 Km/h, ai sensi dell'art. 142 C.d.S. ("...possibilità di elevare tale limite fino ad un massimo di 70 km/h per le strade urbane le cui caratteristiche costruttive e funzionali lo consentano..."), essendo rettilinea e non presentando particolari interferenze o curve.
L'accertamento della velocità della vettura condotta dal ricorrente è stata stimata dal consulente, in modo approssimativo, in 70 Km/h. Tale accertamento tuttavia non sarebbe pienamente affidabile, poiché, come risulta a pag. 37 della relazione tecnica redatta dall'Ing. P., non fu possibile rilevare la esatta posizione dell'autovettura ed il punto d'urto, essendo stato il veicolo spostata dalla sua posizione di quiete.
La Corte di merito non avrebbe considerato le argomentazioni difensive, avvalorate dalla deposizione del teste Ba., secondo le quali, in considerazione di tutti i dati disponibili noti sull'incidente, si sarebbe dovuti pervenire alla conclusione che il ricorrente viaggiava ad una velocità inferiore a 50 km./h.
Il motivo è manifestamente infondato. La Corte di appello ha confermato il giudizio di responsabilità espresso dal Giudice di primo grado, ribadendo e precisando le argomentazioni contenute nella sentenza del Tribunale. Pertanto, ricorre l'ipotesi di una "doppia conforme" pronuncia di responsabilità, in cui le motivazioni delle sentenze di primo e di secondo grado si saldano per formare un unico apparato logico-argomentativo a cui il Giudice di legittimità deve riferirsi per valutare la congruità e la completezza della motivazione che sorregge la decisione assunta.
Deve precisarsi che in caso di "doppia conforme", il travisamento della prova, per utilizzazione di un'informazione inesistente nel materiale processuale o per omessa valutazione di una prova decisiva, può essere dedotto con il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti - con specifica deduzione - che il dato probatorio asseritamente travisato sia stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado (così ex multis Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 20/02/2017, Rv. 269217).
Ciò in quanto il limite del devolutum non può essere superato prospettando recuperi in sede di legittimità, salva l'ipotesi in cui il giudice di appello, al fine di rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato atti a contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice, circostanza, quest'ultima, nemmeno dedotta dal ricorrente e, comunque, non riscontrabile dalla lettura della sentenza.
Permane, infine, il divieto di deducibilità, nel giudizio di legittimità, del travisamento del fatto, stante la preclusione per la Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (Sez. 6, sn. 25255 del 14/2/2012, Rv. 253099, conformi: n. 27429 del 2006 Rv. 234559 - 01; n. 39048 del 2007 Rv. 238215 01).
Le ragioni del ricorso, alla luce di tali precisazioni, sono inammissibili: la difesa non lamenta l'utilizzazione di una prova inesistente o la mancata utilizzazione di una prova decisiva, ma prospetta una erronea interpretazione delle emergenze probatorie, sovrapponendo una propria versione del fatto a quella dei Giudici di merito.
Tali censure, non sono proponibili in sede di legittimità, poiché si risolvono in una rilettura delle emergenze processuali rispetto alle quali, la Corte di legittimità, non può esercitare alcun sindacato.
A ciò deve aggiungersi che, per consolidato orientamento della Corte di legittimità, la ricostruzione di un incidente stradale nella sua dinamica e nella sua eziologia è rimessa al giudice di merito ed integra una serie di apprezzamenti in fatto che sono sottratti al sindacato di legittimità se sorretti, come nel caso in esame, da adeguata motivazione (così, ex multis Sez. 4, n. 54996 del 24/10/2017, Rv. 271679).
Ciò premesso la ricostruzione in fatto offerta dai giudici poggia su valide basi argomentative, del tutto coerenti rispetto alle emergenze processuali richiamate in sentenza; gli apprezzamenti e le valutazioni desunte dalla ricostruzione operata in sentenza sono del tutto logiche.
La corte ha ritenuto che, sebbene il Ca. avesse serbato una condotta imprudente e negligente, mancando di dare la precedenza all'imputato, ove questi si fosse accorto per tempo della presenza dell'autocarro e avesse mantenuto una velocità commisurata allo stato dei luoghi (si trattava di una strada dove erano presenti diverse intersezioni, ben conosciuta dall'imputato che risiedeva nella zona) e al fondo stradale bagnato, nel rispetto dell'art. 141 C.d.S., lo scontro sarebbe stato evitato.
In tale contesto argomentativo risultano non dirimenti i rilievi posti dalla difesa sul limite di velocità esistente sulla strada e sulla sua classificazione.
I rilievi mossi dal difensore sull'accertamento della dinamica del sinistro sono parimenti privi di pregio. La Corte offre sul punto adeguata spiegazione, rimarcando come, sebbene la vettura del ricorrente fosse stata spostata dalla sua posizione di quiete, il punto d'urto e la dinamica del sinistro è stata affidabilmente determinata nella consulenza tecnica espletata dal Dott. ing. P., sulla base della posizione del motocarro in stato di quiete dopo l'impatto, delle macchie ematiche rinvenute, dei danni riportati dai veicoli, delle loro traiettorie. Da tali elementi si è stabilito, si legge in motivazione, che il ricorrente viaggiava ad una velocità superiore ai 70 km/h.
3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia erronea applicazione dell'art. 141 C.d.S. La norma obbliga il conducente di un'autovettura a "regolare" la velocità del mezzo con riferimento alle "caratteristiche" dell'auto, al "carico" del momento, alle "caratteristiche e alle condizioni della strada e del traffico". La Lancia Y del C. è un'auto di cilindrata medio-piccola, con caratteristiche che consentono una velocità di 70 Km/h in massima sicurezza, risultando adeguato l'impianto frenante ed ogni altro accorgimento tecnico. La velocità accertata, sia pure in via di approssimazione, non creava alcun pericolo per se’ o per altri. Non sarebbe quindi applicabile al caso in esame neanche l'ulteriore previsione di cui all'art. 141 C.d.S., comma 2, che impone l'adeguamento della velocità al fine del mantenimento del controllo dell'auto per consentire le manovre necessarie in condizione di sicurezza dinanzi a qualsiasi ostacolo prevedibile. La strada percorsa dal ricorrente si presentava larga, rettilinea e pianeggiante, seppure ancora un pò umida (non bagnata). La dinamica del sinistro dimostrerebbe che il ricorrente ha mantenuto il controllo della vettura e che la manovra di emergenza è stata attuata.
La causa del sinistro andrebbe dunque unicamente ricercata nell'improvvida immissione nel flusso stradale del conducente del motocarro e nella manovra assolutamente imprevedibile - svolta ad "U"- compiuta dal conducente. Sul punto la Corte di merito ha ritenuto che la condotta del Ca. non fosse del tutto imprevedibile ed eccezionale, atteso che la presenza dell'accesso laterale doveva suggerire maggiore prudenza all'automobilista, rendendo possibile una immissione sulla strada principale senza rispetto dell'obbligo di precedenza. Tale ragionamento non può condividersi, rassegnando un'interpretazione erronea dell'art. 141 C.d.S.. Inoltre si travisa il contenuto della relazione tecnica nella parte in cui si dà atto della esistenza di una segnaletica di preavviso dell'intersezione con la strada subordinata da cui si è immesso il conducente del motocarro.
La giurisprudenza della Suprema Corte ha più volte sottolineato il ruolo fondante della prevedibilità ed evitabilità dell'evento con particolare riferimento alla circolazione stradale, ritenendo che contingenze particolari, da accertarsi all'esito di un'indagine concreta, possano rendere il comportamento colposo posto in essere dall'imputato non rimproverabilè a causa della condotta di guida dell'altro soggetto coinvolto nel sinistro.
Il ricorrente avrebbe dovuto essere mandato assolto, non potendosi chiedere al fruitore della strada un comportamento prudenziale che vada oltre l'umana previsione: si può ipotizzare la sconsiderata manovra di immissione nel flusso stradale senza dare la dovuta precedenza ai mezzi che la percorrono, ma non è prevedibile la contestuale manovra di svolta ad "U" su un percorso che lo vieta espressamente per la presenza della striscia continua.
Anche questo motivo è infondato: la Corte di merito ha fatto buon governo dell'art. 141 C.d.S., a cui conferisce grande rilievo nella economia della decisione. La interpretazione offerta dalla difesa nel ricorso si discosta dai canoni predicati in questa sede. Ivi si evidenzia che il veicolo del ricorrente era in perfette condizioni e che il conducente ne ha mantenuto il controllo, effettuando una manovra idonea ad impedire l'evento. L'art. 141 C.d.S. è una norma "elastica", diretta, secondo la previsione del comma 1, ad imporre l'esercizio di una vigilanza costante da parte del conducente del veicolo sulle condizioni della strada, sulle condizioni atmosferiche e su ogni altra circostanza di tempo e luogo suscettibile di rivelare situazioni di potenziale pericolo, a cui corrisponde l'obbligo ivi stabilito di adeguamento della velocità.
La manovra posta in essere dal ricorrente, come rimarcato correttamente in sentenza, è stata del tutto vana, a causa della elevata velocità a cui viaggiava il ricorrente (pag. 14 della sentenza: "Nel caso a mano, la velocità tenuta dall'imputato nella guida della propria autovettura Lancia Y, nel tratto di strada prima dell'impatto era superiore ai 50 km/h e precisamente addirittura superiore a 70 km/h, velocità non adeguata tenuto conto delle circostanze di tempo e luogo (strada bagnata) tratto di strada in cui vi era divieto di sorpasso, presenza di numerosi accessi laterali peraltro anche segnalati, strada particolarmente trafficata, peraltro conosciuta dal C. perché ivi residente, striscia bianca di mezzeria continua per 550 metri in prossimità di una intersezione segnalata 150 metri prima del luogo del sinistro con segnale di precedenza a T con diritto di precedenza che presegnalava la intersezione con strada subordinata SP (OMISSIS), ubicata dopo l'ingresso al civico (OMISSIS). Ne consegue che, tenuto conto delle peculiari caratteristiche della strada nonché delle condizioni specifiche della stessa, la velocità della autovettura condotta dall'imputato non era assolutamente adeguata, prudente e rispettosa dell'obbligo imposto dall'art. 141 C.d.S., comma 1 tant'è che non consentiva allo stesso di evitare l'impatto o quanto meno di renderlo meno devastante e di determinare lo sbalzo del conducente dalla motoape").
La motivazione è rispettosa dei principi espressi in questa sede (cfr. ex multis Sez. 4, n. 25552 del 27/04/2017, Rv. 270176 - 01:" In tema di responsabilità colposa da sinistri stradali, l'obbligo di moderare adeguatamente la velocità, in relazione alle caratteristiche del veicolo ed alle condizioni ambientali, va inteso nel senso che il conducente deve essere in grado di padroneggiare il veicolo in ogni situazione, tenendo altresì conto di eventuali imprudenze altrui, purché ragionevolmente prevedibili. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto ragionevolmente prevedibile la presenza, di sera, in una strada cittadina poco illuminata, in un punto situato nei pressi di una fermata della metropolitana, di persone intente all'attraversamento pedonale nonostante l'insistenza "in loco" di apposito sottopassaggio)).
Anche il tema della prevedibilità è stato adeguatamente vagliato in motivazione. La possibilità che, in prossimità di un incrocio, il soggetto tenuto a dare precedenza possa violare tale disposizione, si legge in motivazione, è evenienza del tutto prevedibile. Questa Corte, in plurime pronunce, ha ribadito come il conducente favorito, nell'avvicinarsi ad un incrocio, è tenuto a moderare la velocità e a serbare massima prudenza essendo prevedibile che il diritto di precedenza non sia rispettato (cfr. Sez. 4, n. 1826 del 23/11/1990, dep. 08/02/1991, Rv. 186307 - 01:"In tema di responsabilità da sinistri stradali, il conducente favorito dal diritto di precedenza deve comunque, in prossimità di un incrocio, moderare la velocità, per essere in grado di affrontare qualsiasi evenienza, compresa quella che non gli venga accordata la precedenza spettantegli. Ne consegue che non è sorretta da congrua ed adeguata motivazione la sentenza che, in sede di valutazione del nesso di causalità tra l'accertata velocità eccessiva di uno dei veicoli e l'incidente verificatosi, abbia escluso la sussistenza del nesso medesimo, con riferimento al diritto di precedenza di cui godeva detto veicolo"; Sez. 4, Sentenza n. 2648 del 31/01/1995, Rv. 201419 - 01:"La materia della precedenza in crocevia, sia sotto il codice della strada abrogato (art. 105, comma 1) che sotto quello attualmente vigente (art. 145, comma 1), è assoggettata, alla regola generalissima, della massima prudenza da usare al fine di evitare incidenti, con ciò intendendo che nei crocevia, e in tutti i casi in cui si pongano problemi di precedenza, debba adoperarsi un grado elevatissimo di cautela ed avvedutezza, affinché non vi siano collisioni tra veicoli").
4. Con un ulteriore motivo si sostiene l'erronea applicazione dell'art. 41 c.p..
Secondo il ricorrente la censura mossa alla prima sentenza sul punto, sarebbe rigettata dalla Corte di Catania sulla semplice scorta delle conclusioni della perizia medico-legale, nella quale è dato leggere: "Le lesioni riportate dal Ca. non sono state causa diretta della morte del paziente: vanno ritenute concausa efficiente".
Il Ca. Vi. venne ricoverato il (OMISSIS), dimesso in data (OMISSIS) per essere ricoverato, in un reparto di terapia riabilitativa, in altra struttura, da cui si dimise volontariamente e contro il parere dei sanitari il (OMISSIS). Vene ricoverato all'ospedale di (OMISSIS), in data (OMISSIS), ove decedette il giorno successivo "per grave acidosi metabolica da insufficienza renale". L'efficienza causale delle lesioni riportate in seguito al sinistro stradale non può assumere una valenza eziologica tale da determinare la colpevolezza del ricorrente. Il nesso di causalità tra l'incidente e l'evento morte, infatti, non può individuarsi nelle patite lesioni, bensì nella determinazione del Ca. di dimettersi dall'ospedale ad onta del parere contrario dei sanitari: se la persona offesa non avesse deciso di dimettersi, l'insufficienza renale manifestatasi, causa del suo decesso, sarebbe stata curata in ospedale e l'evento non si sarebbe prodotto.
Ciò si evincerebbe dalla lettura dell'intera relazione tecnica, ove il Dott. Ci. Vi. ha cura di annotare che: "al momento del ricovero in riabilitazione la fase acuta delle lesioni era stata superata e... le lesioni riportate erano in via di guarigione" (pag. 20).
Le lesioni patite a seguito dell'incidente stradale non possono ritenersi causa del decesso in mancanza del necessario giudizio controfattuale da svolgersi: si dovrebbe raggiungere la ragionevole certezza che, se il Ca. non si fosse allontanato dalla clinica, egli sarebbe ugualmente deceduto.
Deve anche considerarsi che l'insufficienza renale sopravvenuta era verosimilmente una patologia propria del defunto, non avendo il consulente riferito essere stata la causa delle lesioni. Anche per tale ragione l'assenza di causalità tra le lesioni e il decesso risulta maggiormente rafforzata, tenendo presente l'orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte, secondo la quale "in caso di omicidio colposo di persona già affetta da malattia, l'azione dell'imputato deve considerarsi in rapporto di causalità con l'evento quando risulti dimostrato che essa abbia prodotto un trauma che ha influito sulla evoluzione dello stato morboso, provocando o accelerando la morte, mentre va escluso il rapporto di causalità quando si accerti che il trauma non era, nemmeno in via indiretta, sufficiente a cagionare l'evento letale. (Fattispecie in cui, in un caso di investimento della vittima, che decedeva dopo varie settimane dal fatto, la Corte ha riconosciuto il nesso causale tra la condotta dell'agente ed il decesso, atteso che questo era dovuto ai politraumatismi e alla frattura scomposta del bacino derivanti dal fatto, mentre la pregressa patologia da cui la vittima era affetta - una neoplasia mammaria con metastasi ossee - non rivestiva il ruolo di causa che da sola potesse escludere il nesso di causalità tra la condotta colposa dell'imputato e l'evento morte). (Sez. 4, n. 3903 del 08/03/1983, Rv. 15878901).
In ordine al IV motivo di ricorso, si osserva quanto segue. La Corte di merito ha ritenuto, con argomentare logico, che il nesso causale tra l'incidente stradale e il decesso non si fosse interrotto a causa delle volontarie dimissioni dalla struttura sanitaria in cui il Ca. si trovava in degenza.
Si attribuisce rilievo, in motivazione al fatto che la gravità delle lesioni riportate in seguito all'incidente stradale e le alterazioni psico fisiche derivanti dalle fratture e dalle lesioni cerebrali hanno favorito l'insorgenza dello squilibrio metabolico con acidosi ed insufficienza renale che hanno condotto a morte la persona offesa, pertanto, le lesioni sono state concausa della morte.
Orbene, va premesso che la nozione di "causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento" - che, secondo il ricorrente, sarebbe per l'appunto ravvisabile nel decisione della vittima di allontanarsi dalla struttura sanitaria contro il parere dei medici, si riferisce non solo al caso di un processo causale del tutto autonomo, ma anche a quello di un processo non completamente avulso dall'antecedente, a condizione che esso sia caratterizzato da un percorso causale completamente atipico, di carattere assolutamente anomalo ed eccezionale, ossia di un evento che non si verifica se non in casi del tutto imprevedibili a seguito della causa presupposta (Sez. 2, n. 17804 del 18/03/2015, Vasile, Rv. 263581; Sez. 4, n. 20272 del 16/05/2006, Lorenzoni ed altro, Rv. 234596).
Con specifico riguardo al caso in esame, come rappresentato in maniera puntuale dalla Corte d'appello, la causa della morte è dipesa comunque dallo squilibrio e dalla condizione patologica causata dalle gravissime lesioni riportate dalla vittima in seguito al sinistro.
5. L'ultimo motivo di ricorso (Violazione di legge per omessa applicazione dell'art. 530 c.p.p.) secondo cui i giudici di merito avrebbero dovuto mandare assolto l'imputato essendo insufficiente e contraddittoria la prova della sua responsabilità, mentre la regola che governa l'affermazione di responsabilità impone che sia pronunciata sentenza di condanna solo ove la colpevolezza sia accertata "al di là di ogni ragionevole dubbio", è assorbito dalle considerazioni che precedono.
6. Il ricorso va pertanto rigettato. Ne consegue la condanna ex art. 616 c.p.p. del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese sostenute.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute dalle costituite parti civili che liquida quanto a B. I. e B. M. in complessivi euro 3500, quanto a CA. PA. in complessivi euro 3000,00 oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 28 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2022.
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