Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio
Cassazione Penale, Sezione quarta, sentenza n. 8305 del 10 marzo 2022
Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 8305 del 10/03/2022
Circolazione Stradale - Artt. 186 del Codice della Strada - Guida in stato di ebbrezza alcolica sotto l'influenza dell'alcool - Prova etilometrica a mezzo di alcoltest - Validità scientifica - La prova etilometrica a mezzo di alcoltest è dotata di validità scientifica fondata sulla metabolizzazione dell'etanolo e sulla sua reperibilità nell'aria alveolare, misurabile attraverso il prodotto dell'espirazione. L'esito della verifica con apparecchiatura omologata e dotata delle caratteristiche previste dalla normativa vigente ed esente da difetti di funzionamento, ha valore di evidenza del tasso alcolemico. La ripetizione della misurazione determina un dato di natura tecnica il cui significato scientifico viene meno solo qualora lo strumento o la modalità utilizzata per il suo uso siano difettosi od erronei.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 30 settembre 2020 la Corte d'Appello di Brescia confermato la sentenza del Tribunale di Bergamo con cui C. A. è stato assolto, ai sensi dell'art. 131 bis c.p., dal reato di cui all'art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c) e comma 2 bis, per essersi posto alla guida di un'autovettura in stato di ebbrezza alcolica, con tasso alcolemico, riscontrato a mezzo di alcoltest, pari a gr/l 1,54 alla prima prova e gr/l 1,58 alla seconda prova, con l'aggravante di avere provocato un sinistro stradale.
2. Avverso la sentenza propone ricorso l'imputato a mezzo del suo difensore, formulando cinque motivi di impugnazione.
3. Con il primo si duole della violazione della legge penale e vizio di motivazione per avere la Corte territoriale ritenuto di non poter sostituire la pena detentiva con quella del lavoro di pubblica utilità, a ciò ostando l'aggravante di cui all'art. 186 C.d.S., comma 2 bis, nonostante dalla sentenza di primo grado, non impugnata dal pubblico ministero, emerga che la medesima è stata esclusa. Osserva che l'ammissione ai lavori di pubblica utilità conduce alla pronuncia di non doversi procedere per estinzione del reato, con riduzione della sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida alla metà e con la revoca della confisca del veicolo sequestrato, mentre la sentenza di assoluzione ex art. 131 bis c.p., comporta l'iscrizione della medesima nel casellario giudiziario ed ha efficacia extrapenale nei giudici civili ed amministrativi, con conseguente applicazione in sede amministrativa della sospensione della patente di guida e confisca del veicolo, senza i benefici previsti dall'art. 186 C.d.S., comma 9. Sicché sussiste l'interesse all'applicazione di siffatta ultima disposizione, in quanto causa estintiva del reato con effetti più favorevoli rispetto a quelli derivanti dall'applicazione dell'art. 131 bis c.p..
4. Con il secondo motivo fa valere il vizio di motivazione per non avere la Corte territoriale, senza motivare in alcun modo, rinnovato, come richiesto, l'istruttoria dibattimentale, al fine di escutere la teste Co. Co. sull'assunzione da parte dell'imputato di un farmaco antidolorifico influenzante il risultato dell'alcoltest. Rileva che dalla testimonianza dell'agente accertatore V. è emersa l'assenza di sintomi esteriori di alterazione, essendo l'imputato stato descritto come non ubriaco, ma collaborativo ed educato, mentre nessuna valida spiegazione è stata fornita sulla non consecutorietà degli scontrini attestanti le prove, rispettivamente n. 1941 e 1943. La mancanza dello scontrino n. 1942, non conservato e non prodotto in giudizio inficia l'attendibilità delle prove alcolimetriche svolte, ben potendo recare un risultato del tutto diverso da quello precedente e da quello successivo.
5. Con il terzo motivo fa valere la violazione degli artt. 62 e 63 c.p.p. ed il vizio di motivazione. Ricorda che con l'atto di appello l'imputato aveva dedotto l'inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dall'interessato ai Carabinieri nell'immediatezza del fatto, riferite in dibattimento dal teste V., da cui è stato desunto che il medesimo si trovava alla guida dell'autoveicolo, mentre anche Co. Co., che accompagnava C., avrebbe potuto condurre il mezzo.
6. Con il quarto motivo lamenta la falsa applicazione dell'art. 366 c.p.p. ed il vizio di motivazione. Assume che, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte territoriale, il mancato deposito dei risultati della prova alcolimetrica entro i tre giorni successivi al compimento della stessa integra, secondo la Suprema Corte, un'ipotesi di nullità relativa con conseguente inutilizzabilità dell'accertamento.
7. Con il quinto motivo censura la decisione impugnata rilevando la violazione del D.P.R. n. 495 del 1992, art. 379 e del D.M. n. 196 del 1990, art. 4 e la conseguente nullità dell'accertamento etilometrico, per difetto della prova dell'effettuazione delle revisioni periodiche annuali, da ritenersi incombente sul pubblico ministero, secondo la giurisprudenza di legittimità. Conclude per l'annullamento della sentenza impugnata.
8. Con requisitoria scritta ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8, il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I motivi debbono essere trattati nel loro ordine logico.
2. Il quarto motivo è manifestamente infondato. Questa Corte con orientamento sostanzialmente uniforme, recentemente ribadito, ha ritenuto che: "In tema di guida in stato di ebbrezza, l'omesso deposito del verbale contenente gli esiti del cosiddetto alcoltest non integra alcuna nullità, costituendo una mera irregolarità che non incide sulla validità o sull'utilizzabilità dell'atto, rilevando solo ai fini della decorrenza del termine entro il quale è consentito l'esercizio delle attività difensive" (Sez. 4, Sentenza n. 11666 del 02/12/2020, dep. 29/03/2021, Gennaro, Rv. 280957; Sez. 4, n. 49407 del 21/11/2013, Grossi, Rv. 257885; Sez. 4, n. 49407 del 21/11/2013, cit.; Sez. 4, n. 4159 del 15/10/2009, dep.2010, Tamburini, Rv. 246418; Sez. 4, n. 24876 del 08/04/2008, Castelli, Rv. 240296; Sez. 4, n. 27736 del 08/05/2007, Nania, Rv. 236933; Sez. 4, n. 26738 del 07/02/2006, Belogi, Rv. 234512).
3. Il terzo motivo è manifestamente infondato. Le Sezioni unite, con pronuncia risalente, ma mai superata hanno chiarito che "In tema di prova dichiarativa, allorché venga in rilievo la veste che può assumere il dichiarante, spetta al giudice il potere di verificare in termini sostanziali, e quindi al di là del riscontro di indici formali, come l'eventuale già intervenuta iscrizione nominativa nel registro delle notizie di reato, l'attribuibilità allo stesso della qualità di indagato nel momento in cui le dichiarazioni stesse vengano rese, e il relativo accertamento si sottrae, se congruamente motivato, al sindacato di legittimità" (Sez. U, Sentenza n. 15208 del 25/02/2010, Mills, Rv. 246584). Questa stessa Sezione, ribadendo il principio, ha precisato che "la sanzione di inutilizzabilità erga omnes postula che, a carico dell'interessato, siano già stati acquisiti, prima dell'escussione, indizi non equivoci di reità, come tali conosciuti dall'autorità procedente, non rilevando, a tale proposito, eventuali sospetti od intuizioni personali dell'interrogante (Sez. U., n. 23868 del 23/4/2009, Fruci, Rv. 243416). L'inutilizzabilità assoluta, ai sensi dell'art. 63 c.p.p., comma 2, richiede quindi l'originaria esistenza, a carico dell'escusso, di precisi, anche se non gravi, indizi di reità, che non possono automaticamente inferirsi dal solo fatto che il dichiarante risulti essere stato, in qualche modo, coinvolto in vicende potenzialmente suscettibili di dar luogo alla formulazione di addebiti di carattere penale a suo carico. Occorre invece che le predette vicende, così come percepite dall'autorità inquirente, presentino connotazioni tali da indurre a ravvisare concretamente la sussistenza di elementi di spessore indiziante sufficiente ad attribuire al soggetto la qualità di indagato (Cass., Sez. 3, n. 21747 del 26/4/2005, Rv. 231995; Sez. 6, n. 28110 del 16/4/2010, Rv. 247773; Sez. 6, n. 4422/05 del 7/10/2004, Rv. 231446). Solo in tal caso il soggetto può ritenersi irritualmente sentito come persona informata sui fatti, giacché avrebbe dovuto essere interrogato ab origine in qualità di imputato o di indagato, e dunque le sue dichiarazioni non possono essere utilizzate né contra se né contra alios. Se invece gli elementi di reità emergono soltanto nel corso dell'audizione o addirittura nelle ulteriori fasi dell'iter giudiziale, le dichiarazioni rese dal soggetto escusso, a norma dell'art. 63 c.p.p., comma 1, non sono utilizzabili contro quest'ultimo ma lo sono appieno nei confronti dei terzi" (cfr. Sez. 4, Sentenza n. 40786 del 18/07/2018, dep. 13/09/2018, D, Rv. 273926, in motivazione; successivamente anche Sez. 4, Sentenza n. 48778 del 19/11/2019, Scaglione, Rv. 277401).
Nel caso di specie, la Corte dà atto che, immediatamente dopo l'incidente, C. A., dichiarava ai carabinieri di essere conducente dell'autovettura coinvolta nel sinistro, fornendo le proprie generalità, sottoscrivendo il verbale, prima dell'accertamento alcolimetrico, circostanza confermata, nell'occasione anche dall'altro conducente al momento di rassegnare i propri dati a fini assicurativi. Ciò, secondo il giudice di seconda cura è sufficiente per affermare che allorquando l'interessato affermò di essere alla guida del veicolo non vi fossero ancora indizi di reità. Si tratta di una motivazione che soddisfa l'onere motivazionale imposto, nel senso precisato dalla giurisprudenza richiamata, ed è pertanto incensurabile in questa sede.
4. Il quinto motivo è manifestamente infondato.
4.1 Giova rammentare che la prova etilometrica a mezzo di alcoltest è dotata di validità scientifica fondata sulla metabolizzazione dell'etanolo e sulla sua reperibilità nell'aria alveolare, misurabile attraverso il prodotto dell'espirazione. L'esito della verifica, dunque, laddove l'apparecchiatura utilizzata sia omologata e cioè abbia le caratteristiche previste dal Decreto Ministeriale 22 maggio 1990, n. 196 e non presenti difetti di funzionamento, ha valore di evidenza del tasso alcolemico. La misurazione, che deve essere ripetuta due volte ai sensi dell'art. 379 del Reg. esc. C.d.S., determina, infatti, un dato di natura tecnica il cui significato scientifico viene meno solo qualora lo strumento o la modalità utilizzata per il suo uso siano difettosi od erronei.
4.2 Ora, questa Sezione (Sez. 4, Sentenza n. 11679 del 15/12/2020, dep. 29/03/2021, Ibnezzayer, Rv. 28095), prendendo atto del contrasto insorto sull'onere probatorio circa il funzionamento dell'apparecchiatura e l'assolvimento degli obblighi di revisione previste dal Regolamento di attuazione del codice della strada (D.P.R. n. 495 del 1992), dato atto che, da ultimo, alcune decisioni (Sez. 4, n. 38618 del 06/06/2019 - dep. 19/09/2019, Bertossi, Rv. 27718901; Sez. 4, n. 3201 del 12/12/2019 - dep. 27/01/2020, Santini, Rv. 27803201) si sono consapevolmente discostate dal risalente e consolidato orientamento secondo il quale, in tema di guida in stato di ebbrezza, l'esito positivo dell'alcoltest costituisce prova della sussistenza dello stato di ebbrezza, ed è onere dell'imputato fornire eventualmente la prova contraria a tale accertamento dimostrando vizi od errori di strumentazione o di metodo nell'esecuzione dell'aspirazione, non essendo sufficiente la mera allegazione della sussistenza di difetti o della mancata omologazione dell'apparecchio (Sez. 4, n. 17463 del 24/03/2011 - dep. 05/05/2011, Neri, Rv. 25032401; ma così anche Sez. 4, n. 12265 del 09/01/2015, Travagli, non massimata; Sez. 4, n. 42084 del 04/10/2011, Salamone, Rv. 251117; Sez. 4, n. 8591 del 16/01/2008, Letteriello, non massimata; Sez. 4, n. 45070 del 30/03/2004, Gervasoni, Rv. 230489), ha esaminato le ragioni sottese al nuovo indirizzo, secondo cui la prova incomberebbe all'accusa, la quale dovrebbe ogni volta dimostrare la positiva esecuzione di quelle verifiche.
4.3 Nell'affrontare il contrasto, si è osservato che la più recente impostazione "è stata argomentata a partire dalla considerazione data alla sentenza della Corte costituzionale n. 113 del 29 aprile 2015, che, in sede di giudizio di legittimità costituzionale incidentale ha dichiarato la parziale illegittimità del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 45, cc. 6, nella parte in cui non prevede che tutte le apparecchiature impiegate nell'accertamento delle violazioni dei limiti di velocità (c. d. autovelox) siano sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e di taratura, così esonerando, secondo l'interpretazione datane dal diritto vivente, gli utilizzatori dall'obbligo di verifica periodica di funzionamento e taratura delle apparecchiature. Viene rammentato che secondo il Giudice delle leggi, la disposizione censurata, così come risultante dall'interpretazione del "diritto vivente" sviluppatosi in merito (nel senso, cioè, di esonerare i soggetti utilizzatori dall'obbligo di verifiche periodiche di funzionamento e di taratura delle apparecchiature impiegate nella rilevazione della velocità), deve ritenersi contraria al principio di ragionevolezza e al principio logico di non contraddizione. In particolare, il richiamo della Corte costituzionale al canone di "razionalità pratica" appare finalizzato ad affermare che "qualsiasi strumento di misura, specie se elettronico, è soggetto a variazioni delle sue caratteristiche e quindi a modifiche dei valori misurati dovute ad invecchiamento delle proprie componenti e ad eventi 2 quali urti, vibrazioni, shock meccanici e termici, mutamenti della tensione di alimentazione", eventualità queste che rendono intrinsecamente irragionevole l'esonero delle apparecchiature da verifiche periodiche. La Consulta nell'occasione ha ribadito la legittimità dell'utilizzo di tali apparecchiature, siccome ragionevole nell'ottica del bilanciamento tra la tutela della sicurezza stradale e quella delle situazioni soggettive dei sottoposti alle verifiche, in qualche modo compressa, quest'ultima, per effetto della parziale inversione dell'onere della prova (dal momento che sarà il ricorrente contro l'applicazione della sanzione a dover eventualmente dimostrare il cattivo funzionamento dell'apparecchiatura); ha evidenziato, di contro, che una tale limitazione trova spiegazione proprio nel ragionevole affidamento derivante dalla custodia e dalla permanenza della funzionalità delle apparecchiature, garantita quest'ultima da verifiche periodiche conformi alle relative specifiche tecniche, affidamento che degrada in assoluta incertezza se queste ultime non vengono effettuate. La pronuncia che ha ispirato l'orientamento in esame ha anche rilevato che il principio affermato dalla Corte costituzionale in tema di autovelox era stato applicato al caso dell'etilometro dalla Cassazione civile, secondo cui, in tema di violazione al codice della strada, il verbale dell'accertamento effettuato mediante etilometro deve contenere, alla luce di un'interpretazione costituzionalmente orientata, l'attestazione della verifica che l'apparecchio da adoperare per l'esecuzione del cd. "alcooltest" è stato preventivamente sottoposto alla prescritta ed aggiornata omologazione ed alla indispensabile corretta calibratura; l'onere della prova del completo espletamento di tali attività strumentali grava, nel giudizio di opposizione, sulla P.A. poiché concerne il fatto costitutivo della pretesa sanzionatoria (Sez. 6 civ., Ord. n. 1921 del 24/01/2019, Rv. 652384; a superamento del contrario indirizzo espresso da Sez. 6 civ., n. 4255 del 23/10/2014, dep. 2015). Nell'occasione la Cassazione civile aveva ripercorso il quadro normativo sulle caratteristiche rigorosamente previste per l'etilometro in funzione della configurazione della piena attendibilità della correlata attività di accertamento (D.P.R. n. 495 del 1992, art. 379, commi 5, 6, 7 e 8 e il disciplinare tecnico richiamato dal citato comma 5, precedentemente approvato con decreto del Ministero dei Trasporti n. 196 del 22 maggio 1990) ed era pervenuta alla conclusione che l'effettiva legittimità dell'esecuzione dell'accertamento mediante etilometro non può prescindere dall'osservanza di appositi obblighi formali, dalla cui violazione può discendere l'invalidità dell'accertamento stesso, tra i quali, in particolare, l'attestazione - al momento del controllo - dell'avvenuta preventiva sottoposizione dell'apparecchio alla prescritta ed aggiornata omologazione oltre che alla 3 indispensabile corretta calibratura (da riportare sul libretto di accompagnamento), tali da garantire l'effettivo "buon funzionamento" dell'apparecchio e, quindi, la piena attendibilità del risultato conseguito attraverso la sua regolare utilizzazione; il verbale di accertamento deve contenere - anche per garantire l'effettività della trasparenza dell'attività compiuta dai pubblici ufficiali - l'attestazione dei dati relativi allo svolgimento dei suddetti adempimenti, in modo tale da garantire la controllabilità della legittimità della complessiva operazione di accertamento. In tale quadro la Cassazione civile attribuiva l'onere della prova circa il completo assolvimento dell'espletamento dell'evidenziata attività preventiva strumentale ai fini della legittimità - e della piena attendibilità - dell'accertamento alla Pubblica Amministrazione, siccome attinente al fatto costitutivo della pretesa sanzionatoria costituente oggetto del giudizio di opposizione instaurato o ai sensi dell'art. 6 o ai sensi dell'art. 7 del D.Lgs. n. 150 del 2011. Sulla scorta di simili premesse si è ritenuto di dover affermare che nel giudizio penale grava sull'accusa l'onere di dimostrare l'avvenuta esecuzione della taratura e l'avvenuta omologazione dell'apparecchiatura utilizzata per l'accertamento del tasso alcolemico. La sentenza Bertossi ha rilevato che la questione dell'onere della prova della regolarità dell'etilometro era già venuta all'attenzione della Quarta Sezione di questa Corte penale, consapevole dell'esigenza di affrontare il problema della coerenza della soluzione fino ad allora prescelta coi principi espressi dalla Corte costituzionale e dalla giurisprudenza civile (Sez. 4, n. 17494 del 29/03/2019, Scalera, non massimata; Sez. 4, n. 25132 del 21/02/2019, Picardi, non massimata). Ha ritenuto che in concreto, tuttavia, tale tematica non fosse stata affrontata, perché nelle fattispecie esaminate risultava dimostrata l'effettuazione dell'omologazione e della revisione dell'apparecchio, con conseguente declaratoria di inammissibilità del relativo motivo di ricorso. Tracciate simili premesse, la Corte ha ritenuto che l'insegnamento della Corte costituzionale, e la posizione assunta dalla giurisprudenza civile, dovesse indurre a modificare il tradizionale orientamento che, a suo dire, aveva privilegiato le esigenze di tutela della sicurezza stradale, a fronte dell'interesse dell'imputato ad ottenere tutela in presenza di accertamenti automatici effettuati da apparecchi quali gli autovelox o gli etilometri, dei quali spesso le amministrazioni non sono in grado di dimostrare l'aggiornata taratura della funzionalità. L'orientamento tradizionale, per il quale è sufficiente l'omologazione dell'apparecchio, ha comportato il gravoso onere per il privato, sia in sede civile sia penale, di dimostrare la sussistenza, nel caso concreto, di un difetto di funzionamento. La prova del malfunzionamento dell'etilometro appare tanto più difficoltosa in considerazione della disponibilità dell'apparecchio in capo alla pubblica amministrazione. I principi affermati dalla citata giurisprudenza costituzionale in tema di autovelox erano stati estesi dalla giurisprudenza civile in relazione all'etilometro, per cui non v'è ragione di non riconoscerli anche in sede penale. In caso contrario, si creerebbe un'evidente ed irragionevole distonia - e in particolare tra i settori civile, amministrativo e penale nella parte in cui l'onere della prova del funzionamento dell'etilometro spetterebbe alla pubblica amministrazione in sede civile e all'imputato in sede penale. Addirittura, ne deriverebbe la conseguenza irrazionale - incidente anche sul profilo sostanziale secondo cui una medesima fattispecie potrebbe costituire solo illecito penale e non illecito amministrativo, in totale contrasto col principio di sussidiarietà del diritto penale e, cioè, dell'utilizzazione dello strumento penale solo quale extrema ratio, in caso di insufficienza degli strumenti sanzionatori previsti dagli altri rami dell'ordinamento. Sotto il profilo processuale, il principio qui sopra affermato è conforme a quello di carattere generale secondo cui l'accusa deve provare i fatti costitutivi del fatto reato, mentre spetta all'imputato dimostrare quelli estintivi o modificativi di una determinata situazione, rilevanti per il diritto. La parte che allega un fatto (nella specie: superamento del tasso alcolemico), affermandolo come storicamente avvenuto, deve introdurre nel processo elementi di prova idonei a dimostrarne la veridicità. L'onere della prova dell'imputato di dimostrare il contrario può sorgere solo in conseguenza del reale ed effettivo accertamento da parte del pubblico ministero del regolare funzionamento e dell'espletamento delle dovute verifiche dell'etilometro. Alla luce di tali considerazioni, pertanto, in tema di guida in stato di ebbrezza, allorquando l'alcoltest risulti positivo, costituisce onere della pubblica accusa fornire la prova del regolare funzionamento dell'etilometro, della sua omologazione e della sua sottoposizione a revisione.
3.2. In realtà, già con la sentenza Sez. IV. n. 27489 del 12.1.2017, Gueli, n. m. era stata presa in considerazione la pronuncia del Giudice delle leggi osservando che nell'occasione il tema era stato quella della legittimità costituzionale di una disciplina che non prevedeva, secondo il consolidato orientamento delle sezioni civili della Corte di cassazione, la sottoposizione degli strumenti di misurazione della velocità alla procedura di verifica periodica prevista dalla L. n. 273 del 1991 istitutiva del sistema nazionale relativo alla verifica della taratura. Per contro, per l'apparecchiatura con la quale si effettua l'alcoltest sono previsti controlli periodici successivi all'omologazione e alla taratura, funzionali a verificare il perdurante regolare funzionamento. Il Regolamento esecutivo del 5 codice della strada (D.P.R. n. 495 del 1992), all'art. 379, rimanda a disposizioni ministeriali per la disciplina di tali controlli. Ne consegue in primo luogo la coerenza della disciplina ai principi posti dalla Corte costituzionale; in secondo luogo, risulta confermata la validità dell'interpretazione data dalla giurisprudenza di legittimità, la quale ponendo a carico dell'imputato di dare dimostrazione dell'irregolare funzionamento dello strumento, poggia su una ragionevole presunzione di affidabilità del medesimo perchè concretamente utilizzato in una cornice, normativa che ne prevede il controllo periodico. Ragionevole presunzione che permette all'accusa di adempiere al proprio onere probatorio; e al tempo stesso consente all'imputato di dare in modo agevole ad esempio attraverso la richiesta di escussione del dirigente del reparto dal quale dipendono gli operatori o la produzione di copia del libretto metrologico dell'etilometro (acquisibile mediante una semplice istanza trasmessa al C.S.R.P.A.D. di Roma: csrpad - roma.pec.mit.gov.it; lo stesso Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha pubblicato sul proprio sito istituzionale tutte le informazioni necessarie per l'accesso agli atti di cui alla L. n. 241 del 1990 e dal detto sito è possibile scaricare il "modello richiesta accesso a documenti amministrativi") - di dare dimostrazione dell'assenza o della inattualità delle verifiche. Non v'è dubbio, peraltro, che l'intera tematica nulla ha a che vedere con le categorie processuali della nullità degli atti e della inutilizzabilità della prova, vertendosi piuttosto nell'ambito della rispondenza della motivazione al modello legale, quale definito dalla giurisprudenza di questa Corte. L'incidere della tematica sulla ripartizione degli oneri probatori - causa di una non inusuale discordanza tra processo penale e processo civile - esclude anche che possa prefigurarsi con qualche fondamento quella contraddittoria concomitanza di sussistenza dell'illecito penale ed insussistenza dell'illecito amministrativo evocata dalla sentenza Bertossi." (Sez. 4, Sentenza n. 11679 del 15/12/2020, Ibnezzayer, in motivazione).
4.4 Deve, dunque, concludersi, in conformità con la decisione appena riportata, il cui tracciato interpretativo è condiviso da questo Collegio, che "In tema di guida in stato di ebbrezza, l'esito positivo dell'alcoltest costituisce prova dello stato di ebbrezza - stante l'affidabilità di tale strumento in ragione dei controlli periodici rivolti a verificarne il perdurante funzionamento successivamente all'omologazione e alla taratura - con la conseguenza che è onere della difesa dell'imputato fornire la prova contraria a detto accertamento, dimostrando l'assenza o l'inattualità dei prescritti controlli, tramite l'escussione del dirigente del reparto addetto ai controlli o la produzione di copia del libretto metrologico dell'etilometro".
5. Il secondo motivo è inammissibile.
5.1 Da un lato, infatti, il ricorrente che ripropone il motivo sull'influenza dell'assunzione di farmaci sul controllo alcolimetrico, non si pone a confronto con la decisione impugnata, che ha ritenuto l'allegazione sfornita di un principio di prova, nè ha tecnicamente chiarito in quale modo il principio attivo del farmaco avrebbe condizionato l'esito della prova. Dall'altro, non tiene in considerazione che ricade fra gli obblighi del conducente quello di mettersi alla guida in efficienza psico-fisica, tenendo in considerazione anche gli effetti dei farmaci utilizzati per la cura di patologie croniche o transitorie, nonché il loro riverberarsi su condizioni temporanee determinate dall'assunzione di sostanze, che possono condizionare la sicurezza della circolazione.
5.2 Sotto l'ulteriore profilo, invece, riguardante la discontinuità degli scontrini attestanti il risultato del test, va rilevato che la Corte territoriale ha dato spiegazione delle ragioni del salto di numero, precisando che l'operante escusso l'ha giustificato con la necessità del cambio del rotolo di carta. Trattandosi di un vaglio sul fatto e sulle prove, la logicità e congruità della motivazione esimono questo giudice da ulteriori valutazioni, non rientranti nel sindacato di legittimità.
6. Il primo motivo è manifestamente infondato.
7. Invero, ancorché debba prendersi atto del fatto che il primo giudice ha ritenuto di escludere l'aggravante di cui all'art. 186 C.d.S., comma 2 bis ed ancorché debba ritenersi che il beneficio di cui all'art. 186 C.d.S., comma 9 bis, possa essere concesso, con la sentenza di secondo grado, all'imputato che ne faccia richiesta, vi è che la sua applicazione implica la condanna, cioè l'accertamento del disvalore penale del fatto, mentre l'applicazione dell'art. 131 bis c.p., che pure contiene l'accertamento del fatto in sé, implica l'insussistenza dell'interesse dello Stato alla punizione per la sua particolare tenuità. Si tratta di un giudizio che non è nella disponibilità dell'imputato, il quale, pertanto, non può dolersene in relazione alle conseguenze che ritiene più favorevoli, non essendo siffatta valutazione rimessa alla sua convenienza.
8. All'inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro tremila alla Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2022.
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