Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Penale, Sezione quarta, sentenza n. 79 del 5 gennaio 2022

 

Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 79 del 05/01/2022
Circolazione Stradale - Art. 79 del Codice della Strada - Efficienza dei veicoli a motore e loro rimorchi in circolazione - Responsabilità - Posizione di garanzia - In capo al responsabile dell'officina meccanica è da individuare una posizione di garanzia, di origine contrattuale in relazione all'impegno assunto di esaminare il veicolo, restituito al conducente da lì a poco coinvolto in un gravissimo incidente stradale a causa di una avaria ai freni, senza avere effettuato alcuna riparazione ma con contestuale consegna di preventivo scritto relativo a riparazioni da effettuare all'impianto frenante, la cui centralità ai fini della sicurezza della circolazione è intuitiva.


RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Potenza il 10 ottobre 2019 ha integralmente confermato la sentenza con cui il Tribunale di Matera il 31 ottobre 2016, all'esito del dibattimento, ha assolto C. S. dall'accusa di omicidio colposo di F. V., fatto contestato come commesso il (OMISSIS) (infortunio) (OMISSIS) (decesso), per insussistenza del fatto.

2. All'imputato la Procura della Repubblica ha addebitato di avere, appunto per colpa, in qualità di titolare dell'officina meccanica "R. C. G. s.n.c." causato la morte di F. V., al quale C. ha restituito un autocarro di proprietà di un'associazione di protezione civile, pur avendo l'imputato - secondo l'accusa - rilevato pericolosi problemi di funzionamento dell'impianto frenante, tra l'altro redigendo un preventivo che prevedeva la sostituzione del distributore dei freni e di due cilindretti, e ciononostante consentendo che F. V. ritirasse il mezzo dall'officina senza previamente ripararlo ovvero senza avvisarlo del pericolo connesso alla circolazione del veicolo, malgrado avesse constatato l'assenza di olio nel serbatoio del circuito delle ruote posteriori oppure avendo effettuato un intervento di spurgo del circuito idraulico dei freni non completato correttamente, così causando una costante perdita di olio dei freni delle ruote posteriori: ebbene, un'ora circa dopo avere ritirato il veicolo, F., affrontando a velocità moderata, comunque non superiore a 40 chilometri orari, un tratto di strada rettilineo asfaltato, asciutto, in discesa con elevata pendenza (10%), non è riuscito a rallentare per svoltare a destra a causa del mancato funzionamento dei freni sicchè ha sterzato a sinistra verso un terreno incolto, abbattendo la recinzione ed effettuando un salto di tre metri: a causa del ribaltamento del mezzo il conducente ha riportato plurime gravi lesioni che lo hanno condotto, dopo alcuni giorni, a morte.

3. In estrema sintesi, le motivazioni assolutorie.

3.1. Il Tribunale ha ritenuto che la tesi del P.M., compendiata nel capo di accusa (che si fonda sugli accertamenti del consulente tecnico della parte pubblica ing. L., in larga parte condivisi dal c.t. della parte civile prof. S.), secondo cui C. S. avrebbe assunto la posizione di garanzia per effetto della redazione del preventivo in cui si indicavano alcuni importanti interventi sul circuito frenante e che è incentrata sull'avere l'imputato consentito che F. V. ritirasse il mezzo senza previamente ripararlo ovvero senza avvisarlo del pericolo connesso alla circolazione del veicolo, malgrado avesse constatato l'assenza di olio nel serbatoio del circuito delle ruote posteriori ovvero malgrado avesse effettuato un intervento di spurgo del circuito idraulico dei freni non completato correttamente, così causando una costante perdita di olio dei freni delle ruote, sia stata validamente confutata dalle osservazioni del consulente della difesa, Dott. L..

Quanto, infatti, all'ipotesi dell'intervento di spurgo male effettuato, tale da provocare una lenta perdita dell'olio del circuito frenante, essa - ha ritenuto il decidente - non tiene conto della circostanza che nessuna perdita di olio è stata notata da alcuno nei luoghi dove il mezzo è transitato dopo essere uscito dall'officina, che comunque dopo soltanto un'ora sarebbe rimasto un poco di olio se non nel serbatoio almeno nel circuito, olio che sarebbe stato sufficiente per frenare, sia pure con meno efficacia, e che il mezzo, rimasto capovolto nell'incidente, è stato periziato dopo mesi, durante i quali l'olio si potrebbe essere disperso anche attraverso eventuali fori nei tubi magari causati per effetto dell'impatto e non visibili "ad occhio nudo" (p. 12 della sentenza di primo grado - vi si tornerà).

Quanto alla ipotesi della constatazione da parte dell'imputato dell'assenza di olio nel circuito frenante delle ruote posteriori, è stata ritenuta plausibile la versione difensiva dell'imputato, di avere fatto cioè il preventivo "ad occhio", dopo avere superficialmente osservato il veicolo, senza averlo smontato ne’ manomesso in alcun modo.

Ulteriori dubbi - stimati insuperabili pur dopo gli accertamenti effettuati dagli esperti - sono stati manifestati dal giudice di merito circa la dinamica dell'incidente ed il nesso di causalità, essendosi osservato che non sarebbe stato dimostrato che la mancanza di olio nell'impianto frenante abbia provocato l'incidente e che, pur in presenza di un eventuale malfunzionamento dell'impianto frenante posteriore, in un sistema come quello del mezzo in questione, i freni anteriori sarebbero stati sufficienti a far rallentare il mezzo e che la frenata del veicolo potrebbe essersi resa necessaria per effetto di un brusco rallentamento del veicolo che lo precedeva, condotto da C. M., che aveva accompagnato F. a ritirare il mezzo, e che potrebbe essere stata impedita o resa difficoltosa dal pessimo stato delle gomme, ormai ingottite e vetuste e prive di aderenza sul terreno.

Il Tribunale, infine, richiamata giurisprudenza di legittimità sulla portata della regola dell'"al di là di ogni ragionevole dubbio", ha sottolineato che "mentre il giudizio di condanna presuppone nel decidente la certezza processuale della colpevolezza, il contrario giudizio l'assoluzione non presuppone la certezza dell'innocenza, bensì la semplice non certezza e, dunque, anche il dubbio ragionevole - della colpevolezza dell'imputato. Orbene, poiché nel caso di specie le risultanze processuali hanno portato a due ipotesi alternative per la eziologia del fatto, che non sono astratte, ma anzi entrambe parimenti credibili con un alto grado di credibilità razionale ed entrambe supportate da motivazioni di ordine tecnico-scientifico parimenti logiche ed accettabili, questo decidente non può che assolvere (...)" (così alla p. 14 della sentenza di primo grado).

3.2. La Corte di appello ha condiviso la riferita impostazione, disattendendo le censure svolte con l'appello della parte civile ed aggiungendo che, essendo il mezzo di proprietà di un ente, il preventivo richiedeva di essere approvato prima di effettuare qualsiasi intervento di manutenzione e riparazione - sottintendendo che F. non era persona abilitata ad accettare o meno il preventivo di spesa ed inoltre che, non essendo stato effettuato dall'officina dell'imputato nessun tipo di intervento, ma soltanto un preventivo, per così dire, "ad occhio", C., in realtà, non aveva accertato concretamente l'entità del pericolo ed il rischio di rottura dell'impianto frenante, con conseguente venir meno nel caso di specie del requisito della prevedibilità dell'evento.

4. Tanto premesso, ricorre per la cassazione della sentenza la parte civile F. G., erede di V., tramite difensore di fiducia, affidandosi ad un solo, complessivo, motivo con il quale, ripercorsi gli antefatti processuali, denunzia promiscuamente violazione di legge, sotto il profilo della erronea applicazione del principio dell'"oltre ogni ragionevole dubbio" (art. 533 c.p.p., comma 1) e vizio di motivazione, che sarebbe contraddittoria.

Il ricorrente premette di non impugnare l'assoluzione quanto alla procedura di spurgo dell'impianto frenante, condividendo al riguardo la incertezza circa la sua effettuazione presso l'officina meccanica di C. S.: residua, dunque, il tema constatazione o meno da parte dell'imputato dell'assenza di olio nel circuito frenante delle ruote posteriori.

4.1. Così delimitato il confine dell'impugnazione, la parte civile lamenta l'erronea applicazione dell'art. 40 c.p. e art. 1173 c.c., da cui discenderebbe motivazione contraddittoria rispetto alle dichiarazioni rese dall'imputato nel corso del suo esame a dibattimento.

Si richiamano le motivazioni che si rinvengono alle pp. 9-10 della sentenza impugnata, osservando che la Corte territoriale avrebbe ritenuto avere l'imputato assolto all'onere di diligenza di segnalare a F. l'anomalia dell'impianto frenante con la sola consegna del preventivo (documento all. sub n. 9 al ricorso) redatto sulla base di una sola "visione esterna" del veicolo.

Tale argomentazione, però, ad avviso della difesa di parte civile, da un lato, prenderebbe le mosse da una premessa che è stata, in realtà, confutata dall'istruttoria dibattimentale e, dall'altro, farebbe cattivo governo dei principi in tema di posizione di garanzia.

4.1.1. Sotto il primo profilo, si sarebbe trascurato che il consulente tecnico della parte civile prof. S. e persino l'imputato nel corso dell'esame (i relativi verbali sono allegati sub nn. 8 e 7 al ricorso) hanno dichiarato che, per verificare la necessità di sostituire i cilindretti dell'impianto di frenaggio, attività che è espressamente prevista nel preventivo, è previamente necessario smontare la ruota: ne discende che la premessa da cui partono i giudici di merito, cioè che vi sia stata una mera "visione esterna" del veicolo, sarebbe erronea e, come ulteriore conseguenza, che sarebbe illogica la esclusione della prevedibilità dell'evento infausto; non senza evidenziare che le problematiche di un impianto frenante di un veicolo, a differenza, ad esempio, della verniciatura, rendono, per definizione, prevedibile un evento dannoso o pericoloso, richiamandosi al riguardo giurisprudenza di legittimità stimata pertinente (Sez. 4, n. 40758 del 19/06/2008, Cattaneo ed altri, Rv. 241470).

4.1.2. Sotto il secondo profilo, la sentenza impugnata violerebbe il combinato disposto dell'art. 40 c.p., comma 2 e art. 1173 c.c. "ritenendo che, con la mera redazione del preventivo (e senza aver avvisato il sig. F. V. del pericolo correlato alla circolazione di un veicolo dotato di un impianto frenante insufficiente) il sig. C. abbia compiutamente assolto agli oneri posti dall'ordinamento a suo carico" (cosi alla p. 14 del ricorso).

Infatti i giudici di merito avrebbero trascurato che l'imputato, in quanto responsabile di un'officina meccanica, è titolare di una posizione di garanzia in base all'art. 1173 c.c. in ragione della "presa in carico" in occasione della consegna (fatto storico) del veicolo, essendo "sorto ex contractu l'obbligo principale e prodromico, a tutela dell'incolumità dell'utilizzatore e degli altri utenti della strada, di eseguire una corretta diagnosi e, in ogni caso, di informarlo - obbligo accessorio - dei pericoli connessi alla guida in presenza di un impianto frenante non funzionante " (così alla p. 15 del ricorso), richiamata anche sul punto giurisprudenza di legittimità stimata pertinente (Sez. 4, n. 14550 del 16/02/2018, B., Rv. 272516).

Tale obbligo di informazione - assume il ricorrente - pacificamente non fu assolto, come peraltro confermato anche dal sig. M. (le cui dichiarazioni rese a dibattimento sono allegate sub n. 6 al ricorso), che aveva accompagnato la vittima a ritirare il veicolo, e che ha riferito circa la consegna del preventivo ed i lavori da farsi, ma non con urgenza, quando ci fosse stata la disponibilità economica da parte dell'ente proprietario del veicolo.

In definitiva, la presa in carico del mezzo e la consegna del preventivo imponevano all'imputato diligenza - nel caso di specie mancata - quanto alla corretta e completa informazione sui rischi connessi alla circolazione con impianto frenante insicuro, aspetto trascurato dal giudice, che ha considerato il titolare dell'officina meccanica un comune cittadino e non già un "garante".

4.2. La parte civile, inoltre, lamenta errata applicazione dell'art. 533 c.p.p. (principio dell'"oltre ogni ragionevole dubbio") e, nel contempo, contraddittorietà della motivazione sotto il profilo della omessa verifica della presenza di olio nel serbatoio dell'impianto frenante, oltre che omesso confronto con talune emergenze probatorie, in quanto la motivazione che si rinviene alla p. 10 della sentenza impugnata trascurerebbe di valutare due rilevanti circostanze oggettive, e segnatamente:

a) l'avere il consulente del P.M. accertato l'assenza di olio nel serbatoio dell'impianto frenante;

b) la collocazione del serbatoio dell'olio frenante, che è esterna al veicolo, vicino al parafango della ruota (come emergente dalla relazione del c.t. di parte civile, oltre che dalle parole dell'imputato) e dunque visibile senza necessità di smontaggio.

Quanto alla prima (assenza di olio), essa, benché non affrontata dagli altri consulenti, viene posta in dubbio dalla Corte di appello, ma solo apoditticamente, affermando che "Sulla presenza dell'olio nel serbatoio, ritiene la Corte che come già evidenziato dal giudice di prime cure, manca la prova certa ed oltre ogni ragionevole dubbio che, da un lato, il serbatoio fosse vuoto quando l'autocarro era stato rilasciato dall'officina e, dall'altro, che il C. avesse riscontrato tale circostanza durante la stesura del preventivo operata con la collaborazione del capo officina" (p. 10 della sentenza impugnata). La Corte territoriale così però trascura, ad avviso del ricorrente, che la possibilità di fuoriuscita dell'olio a seguito di ribaltamento ovvero a causa di fori non visibili nei tubi (cfr. al riguardo p. 12 della sentenza di primo grado) è tema rimasto estraneo all'istruttoria dibattimentale e, dunque, di natura meramente congetturale.

Quanto alla circostanza ulteriore (collocazione del serbatoio dell'olio dei freni all'esterno del veicolo), essa dimostra la inescusabilità dell'errore dell'imputato "quand'anche dovesse ritenersi che il C. non si fosse accorto dell'assenza di olio nel serbatoio essendosi limitato a redigere il preventivo "dall'esterno" (...) in quanto, per accedere non è necessario fare alcunché" (così alle pp. 20-21 del ricorso).

Da ultimo, si evidenzia un ulteriore dato di fatto trascurato dai giudici di merito, ossia il rinvenimento del tappo del serbatoio dell'olio allentato, in occasione dell'accertamento tecnico irripetibile, circostanza che il consulente della parte civile, prof. S., ha spiegato a dibattimento (si allega sub n. 8 il relativo contributo) come segno di una "recente manomissione" poiché "quando è vecchio il veicolo, forse si stenta un po’ a svitarlo" (così alla p. 21 del ricorso).

Si chiede, dunque, l'annullamento della sentenza impugnata.

3. Il P.G. nelle conclusioni scritte del 7 ottobre 2021 ha chiesto accogliersi il ricorso della parte civile ed annullarsi con rinvio la sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato e deve essere accolto, per le seguenti ragioni.

1.1. Sussistono, in effetti, la contraddittorietà e la illogicità interne alla motivazione che sono state puntualmente segnalate dalla parte civile, tra l'affermazione che si legge alla p. 10 della sentenza impugnata ("Sulla presenza dell'olio nel serbatoio, ritiene la Corte che come già evidenziato dal giudice di prime cure, manca la prova certa ed oltre ogni ragionevole dubbio che, da un lato, il serbatoio fosse vuoto quando l'autocarro era stato rilasciato dall'officina e, dall'altro, che il C. avesse riscontrato tale circostanza durante la stesura del preventivo operata con la collaborazione del capo officina"), in riferimento all'ipotesi che si legge alla p. 12 della sentenza di primo grado ossia che sarebbe smentita l'ipotesi del consulente del P.M. secondo cui il serbatoio dell'olio del circuito frenante posteriore si sia svuotato dopo l'uscita dall'officina di C., visto che nessun teste ha notato olio a terra nei posti dove il mezzo è passato prima dell'incidente, e che l'olio potrebbe essere fuoriuscito per essere rimasto dopo l'urto il veicolo capovolto, per essere stato il mezzo periziato dopo quattro mesi ed anche in ragione di fori nei tubi non visibili ad occhio nudo, da un lato, e l'affermazione che si legge alla p. 6 della sentenza di primo grado, ossia che il consulente del P.M. ha constatato che "il serbatoio dei freni (...) delle ruote posteriori (foto n. 38) evidentemente non conteneva olio e, soprattutto, si mostrava perfettamente asciutto nel senso che non ne conteneva da parecchio tempo", dall'altro.

La affermazione che si è da ultimo riferita è peraltro conforme al contenuto della relazione scritta del C.T. del P.M. ing. L. (all. n. 5 al ricorso), ove alla p. 11 si legge - testualmente - che, mentre il serbatoio dell'olio delle ruote anteriori aveva olio in normale quantità, invece, quanto alle ruote posteriori, "il serbatoio dell'olio (era) del tutto vuoto. Detto serbatoio aveva il coperchio normalmente avvitato e nessun residuo di olio all'esterno che dimostrasse un versamento del liquido in seguito al capovolgimento del veicolo nella circostanza del sinistro"; con la ulteriore precisazione che "l'assenza di tracce di olio su/le superfici esterne del serbatoio e la buona tenuta del tappo a vite accertata nel corso delle operazioni consentono di escludere che il tappo del serbatoio dell'olio dei freni si sia svuotato in seguito al ribaltamento del veicolo" (così p. 17 della relazione scritta del C.T. del P.M.).

Ed anche volendo prescindere dalla circostanza da cui la parte civile inferisce la effettuazione di un intervento anche di sola apertura e chiusura del tappo nell'officina meccanica (p. 21 del ricorso) e cioè che il tappo in questione era - sì - avvitato ma non del tutto correttamente ossia un po’ allentato (cfr. pp. 14 e ss. della trascrizione del 1 febbraio 20165, esame C.T. della p.c. S.), coglie nel segno la Difesa dei ricorrenti allorché sottolinea che l'ipotesi della colatura all'esterno dell'olio durante il ribaltamento appare affidata ad una mera ipotesi astratta dei giudici di merito (p. 12 della sentenza impugnata), poiché il C.T. del P.M. ha espressamente dato atto che il tappo era comunque chiuso e che non vi era residuo di olio all'esterno. Appare poi un'illazione, non risultando corroborata da alcun accertamento tecnico o da alcuna verifica, l'affermazione del Tribunale (p. 12) secondo cui l'olio potrebbe essere fuoriuscito da fori non visibili ad occhio nudo.

1.2. Inoltre, i giudici di appello hanno trascurato di prendere in considerazione, prima, e di valutare le eventuali implicazioni, poi, della circostanza di fatto, puntualmente messa in evidenza dalla Difesa di parte civile nell'atto di appello (pp. 18-19), con espresso richiamo sia a dichiarazioni dell'imputato (trascrizione dell'udienza del 2 maggio 2016, pp. 8-9) sia all'esame del C.T. della parte civile, prof. S. (p. 24 dell'udienza del 1 febbraio 2016), sia a fotografie agli stessi mostrate in udienza, che il serbatoio dell'olio dei freni delle ruote posteriori del veicolo in questione è esterno, collocato vicino al parafango della ruota, ed è trasparente, sicché permette di vedere l'interno e l'eventuale contenuto.

La Corte di appello avrebbe dovuto dunque - ma ha omesso di farlo prendere in considerazione la collocazione esterna del serbatoio dell'olio e le caratteristiche di trasparenza del materiale dello stesso e verificarne la eventuale rilevanza nella situazione in esame, ponendo a confronto le indicate circostanze con l'assunto difensivo di un preventivo effettuato dopo il mero esame esterno del mezzo, senza smontare pezzi; e ciò senza trascurare che il consulente della parte civile (p. 18 della trascrizione dell'udienza del 1 febbraio 2016) ha affermato che i cilindretti frenanti, da sostituire, stando al preventivo redatto dall'imputato, non potrebbero essere visti se non smontando la ruota.

2. Le indicate aporie motivazionali dovranno essere affrontate e risolte dal giudice del rinvio, al fine di accertare la eventuale sussistenza di una responsabilità dell'imputato, previo inquadramento dell'accaduto nell'ambito della posizione di garanzia in effetti rivestita (come evidenziato dalla Difesa di parte civile alla p. 7 del ricorso) nella vicenda in esame.

2.1. E' ben noto che con la definizione di posizione di garanzia o di "responsabilità gestoria" si indica la c.d. clausola di equivalenza di cui all'art. 40 c.p., comma 2: "Non impedire un evento, che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo".

Al riguardo si è opportunamente precisato nella giurisprudenza di legittimità che "Si delinea una posizione di garanzia a condizione che:

(a) un bene giuridico necessiti di protezione, poiché il titolare da solo non è in grado di proteggerlo;

(b) una fonte giuridica - anche negoziale - abbia la finalità di tutelarlo;

(c) tale obbligo gravi su una o più persone specificamente individuate;

(d) queste ultime siano dotate di poteri atti ad impedire la lesione del bene garantito, ovvero che siano ad esse riservati mezzi idonei a sollecitare gli interventi necessari ad evitare che l'evento dannoso sia cagionato.

(La Corte ha anche precisato che un soggetto può dirsi titolare di una posizione di garanzia, se ha la possibilità, con la sua condotta attiva, di influenzare il decorso degli eventi, indirizzandoli verso uno sviluppo atto ad impedire la lesione del bene giuridico garantito)" (Sez. 4, n. 38991 del 10/06/2010, Quaglierini e altri, Rv. 248849).

L'intervento delle Sezioni Unite (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri, in motivazione, pp. 102-107) ha evidenziato l'esigenza di sottrarre la problematica dell'attribuzione della posizione di garanzia, specialmente nei reati commissivi mediante omissione, alla teoria dell'imputazione oggettiva dell'evento di derivazione condizionalistica; ed è stato ribadito il principio che la posizione di garante coincide, in linea generale, con quella di soggetto gestore di un determinato rischio (ad es., in materia di sicurezza sul lavoro, in cui - si noti - vi è una pluralità di posizioni di garanzia, in ragione dei valori sottostanti): vi è, cioè, coincidenza fra il soggetto deputato a (ed in condizioni di) governare il rischio del prodursi di un certo evento dannoso e colui il quale è tenuto a impedire la concretizzazione del rischio medesimo e il verificarsi dell'evento.

La corretta individuazione della posizione di garanzia consente di distinguere tra i vari tipi di rischi: un soggetto, infatti, nella stessa situazione di fatto può ben essere gestore di un rischio ma non di un altro tipo di rischio (ad esempio, il datore di lavoro è in posizione di garanzia rispetto al rischio lavorativo ma non contro l'evento infortunio di colui che si sia introdotto abusivamente di notte nel cantiere edile, purché, però, idonee siano le cautele approntate per evitare l'introduzione di un estraneo in un'area oggettivamente pericolosa come un cantiere: cfr. Sez. 4, n. 6506 del 03/02/2000, P.G. e P.V. in proc. Tentindo, Rv. 216601, e Sez. 4, n. 44206 del 25/09/2001, Intrevado, Rv. 221149).

L'interprete deve tenere presente la fonte dai cui scaturisce l'obbligo giuridico protettivo, che, come noto, può essere (1) la legge, (2) il contratto, (3) la precedente attività svolta (esercizio di fatto di responsabilità gestoria) ovvero anche (4) altra fonte obbligante; e al fine di individuare lo specifico contenuto dell'obbligo - come scaturente dalla determinata fonte di cui si tratta - occorre valutare sia le finalità protettive fondanti la stessa posizione di garanzia sia la natura dei beni dei quali è titolare il soggetto garantito, che costituiscono l'obiettivo della tutela rafforzata, alla cui effettività mira la clausola di equivalenza di cui all'art. 40 c.p., comma 2, (v. Cass., Sez. 4, n. 9855 del 27/01/2015, Chiappa, Rv. 262440). Ed è appena il caso di rammentare che fonte della posizione di garanzia può essere anche un comportamento concludente (cfr. Sez. 4, n. 34975 del 29/01/2016, P.M. in proc. Biz, Rv. 267539, e Sez. 4, n. 50606 del 05/04/2013, Manca, Rv. 258126).

2.2. Entro tale cornice generale, la concreta selezione delle diverse posizioni di garanzia, per tutti i casi della vita che non formano oggetto di tipizzazione da parte del legislatore, spetta al Giudice, che è chiamato ad interpretare il contenuto degli obblighi impeditivi - riferibili al soggetto che versi in una posizione di garanzia - in relazione alla fonte da cui essi promanano (in tal senso, tra le altre, cfr. Sez. 4, n. 46191 del 23/05/2019, Fabris, Rv. 277698, in motivazione, sub n. 2, p. 4, del "considerato in diritto").

Ed appare necessario tenere presente, che occorre guardarsi dall'idea ingenua, e foriera di fraintendimenti, in base alla quale la sfera di responsabilità penale di ciascuno possa essere sempre definita e separata con una rigida linea di confine e che questa stessa linea crei la sfera di competenza e responsabilità di alcuno escludendo automaticamente quella di altri; che particolarmente complessa risulta la selezione dei garanti e l'individuazione di aree di competenza pienamente autonome, che giustifichino la compartimentazione della responsabilità penale, specialmente nell'ambito della figura della cooperazione colposa; e che l'interprete deve avere sempre presente lo scopo del diritto penale, che "è proprio quello di tentare di governare tali intricati scenari, nella già indicata prospettiva di ricercare responsabilità e non capri espiatori"" (così, in motivazione, sub n. 7, p. 18, dei "motivi della decisione" di Sez. 4, n. 49821 del 23/11/2012, Lovison e altri, Rv. 254094).

2.3. Applicando i principi di diritto richiamati al caso in esame, occorre rilevare come in capo all'imputato sia individuabile una posizione di garanzia, di origine contrattuale (ex art. 1173 c.c.: "Le obbligazioni derivano da contratto, da fatto illecito, o da ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità dell'ordinamento giuridico"), in relazione all'impegno, appunto, contrattualmente assunto di esaminare il veicolo, veicolo poi restituito alla vittima senza avere effettuato alcuna riparazione e con contestuale consegna di preventivo scritto relativo - anche - a riparazioni da effettuare all'impianto frenante, la cui centralità ai fini della sicurezza della circolazione è intuitiva.

Da tale posizione di garanzia, infatti, potrebbe discendere una responsabilità per l'accaduto nell'evenienza che il giudice di merito, anche tenuto conto delle indicazioni che si sono in precedenza fornite, ritenga, nel suo prudente e motivato apprezzamento, mancante la prova adeguata di avere l'imputato adoperato la diligenza necessaria ex art. 1176 c.c., ad esempio omettendo di fornire, come contestato dal P.M., all'incaricato del ritiro del mezzo adeguato avviso circa il pericolo consistente, nella concreta situazione data, nota all'agente ovvero ignorata per colpa, nel mettersi alla guida dell'autoveicolo.

3. Deve, in conseguenza, in accoglimento del ricorso della parte civile, annullarsi la sentenza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio, al giudice civile competente per valore in grado di appello, che dovrà occuparsi anche della regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia al giudice civile competente per valore in grado di appello cui demanda anche la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 26 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 gennaio 2022.

 

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