Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Penale, Sezione quinta, sentenza n. 4866 del 10 febbraio 2022

 

Corte di Cassazione Penale, Sezione V, sentenza numero 4866 del 10/02/2022
Circolazione Stradale - Art. 188 del Codice della Strada e artt. 477 e 482 del C.P. - Circolazione e sosta dei veicoli al servizio di persone invalide - Contraffazione del contrassegno - La circostanza che i colori del contrassegno per la circolazione e sosta dei veicoli al servizio di persone invalide fossero lievemente sbiaditi configura il reato di falso, dato che anche un contrassegno originale, lasciato sul parabrezza di un'auto a lungo, presenta anch'esso i colori sbiaditi.


RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Torino confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Ivrea in composizione monocratica in data 29/04/2016, con cui A. L. era stato condannato a pena di giustizia in relazione al delitto di cui agli artt. 477 e 482 c.p., relativamente alla contraffazione dell'autorizzazione per la circolazione e la sosta riservata a persona diversamente abile, in (OMISSIS).

2. A. L. ricorre, in data 31/12/2020, a mezzo del difensore di fiducia avv.to St. Ca., deducendo tre motivi, di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1:

2.1 vizio di motivazione, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. e), avendo la Corte territoriale fornito una motivazione contraddittoria circa la dedotta grossolanità del fatto, evidenziando come gli agenti avessero immediatamente avuto un dubbio circa l'originalità del contrassegno esposto, ed affermando, poi, che il documento appariva come un originale;

2.2 violazione di legge, in riferimento agli artt. 477 e 482 c.p., ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. b) in relazione alle evidenti anomalie del contrassegno, come descritte in sentenza, volte a dimostrare, con giudizio ex ante, l'inoffensività del fatto; peraltro, il documento era costituito da una fotocopia, il che avrebbe imposto l'applicazione della sentenza delle Sezioni Unite n. 35814 del 2019;

2.3 violazione di legge, in riferimento all'art. 157 c.p., ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. b) in relazione all'epoca di falsificazione del documento, da individuare nella seconda metà del 2010, posto che il permesso originale era stato pacificamente ritirato il 04/05/2010, ne’ si evincono ragioni per collocare in epoca successiva la condotta di falsificazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso di A. L. è inammissibile.

Con motivazione del tutto chiara ed ineccepibile, la sentenza impugnata ha sottolineato come il contrassegno in esame apparisse come una fedele riproduzione dell'originale, anche nei colori, essendo predisposto proprio per apparire come un documento in originale.

Ne discende che, come chiarito da Sez. U, n. 35814 del 28/03/2019, P.G. c. Marcis Walter, Rv. 276285, la formazione della copia, nel caso in esame, integra il reato di falsità materiale proprio in quanto detta copia aveva assunto l'apparenza di un atto originale.

Ne’ vi sono estremi per ritenere la grossolanità del falso, considerato che la Corte di merito ha ricordato come la circostanza che i colori del contrassegno fossero lievemente sbiaditi non risultasse affatto dirimente, dato che anche un contrassegno originale, lasciato sul parabrezza di un'auto a lungo, presenta i colori sbiaditi, come affermato dal teste V.; in ogni caso, gli agenti, pur qualificati, avevano potuto accertare la falsificazione del contrassegno solo a seguito delle informazioni fornite dal competente comune, che ne aveva attestato il ritiro.

Ne discende che il mero sospetto che il contrassegno potesse essere falsificato non può in alcun modo individuare la grossolanità della falsificazione, dedotta dalla difesa, atteso che il concetto di grossolanità del falso necessita di una palese evidenza della falsificazione, riconoscibile ictu oculi da chiunque (Sez. 5, n. 27310 del 11/02/2019, Ikechukwu Theedeos, Rv. 276639; Sez. 6, n. 18015 del 24/02/2015, Ambrosio, Rv. 263279; Sez. 5, n. 36647 del 04/06/2008, Vena, Rv. 241302).

Le argomentazioni del ricorso, quindi, appaiono prive di un reale confronto critico con la sentenza impugnata, limitandosi ad riprodurre i motivi di gravame, con conseguente genericità del ricorso.

Quanto al decorso della prescrizione, va osservato come la circostanza emergente dalla sentenza - secondo cui il permesso in originale era stato ritirato nel 2010, in quanto scaduto - non significa necessariamente che il documento originale fosse stato materialmente sottratto al titolare, posto che in tali casi la competente amministrazione - secondo nozioni di comune esperienza provvede all'annullamento informatico del documento; sul punto, peraltro, la motivazione della sentenza impugnata sottolinea come la parte sia onerata a fornire la dimostrazione del diverso decorso del termine di prescrizione (Sez. 5, n. 46481 del 20/06/2014, Martinelli e altri, Rv. 261525), cosa che non si è verificata, dato che il motivo di ricorso viene formulato in termini meramente dubitativi, prescindendo da qualsivoglia specifica circostanza indicativa di un diverso momento di consumazione del reato.

Dall'inammissibilità del ricorso discende, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 25 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2022.

 

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