Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio
Cassazione Penale, Sezione quarta, sentenza n. 36278 del 26 settembre 2022
Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 36278 del 26/09/2022
Circolazione Stradale - Artt. 94 e 96 del Codice della Strada e art. 640 del c.p. - Adempimenti conseguenti al mancato pagamento della tassa automobilistica - Simulazione vendita veicolo - Truffa - Commette il reato di truffa colui che falsamente simula un atto di vendita del proprio veicolo finalizzato al mancato pagamento della tassa automobilistica.
RITENUTO IN FATTO
1. M. A. ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte d'appello di Campobasso del 15/05/2021 che, in parziale riforma della sentenza del Tribunale della stessa città, ha confermato l'affermazione di responsabilità dell'imputata in ordine al reato di cui all'art. 81 cpv. c.p. e art. 640 c.p., comma 2, n. 1, riducendo la pena inflitta.
Al riguardo, deduce:
1.1. inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 75 e 648 c.p.p., art. 2909 c.c. e art. 324 c.p.c. per avere il giudice del merito ritenuto legittima la costituzione di parte civile della Regione Molise ed avere condannato l'imputata al risarcimento dei danni in violazione del principio del ne bis in idem. Il ricorrente lamenta come il giudice del merito abbia comunque pronunciato condanna al risarcimento del danno patrimoniale in favore della Regione Molise (pari alla misura delle tasse automobilistiche evase), nonostante la CTP del luogo avesse accolto i ricorsi della ricorrente avverso i relativi avvisi di accertamento per mancato pagamento della relativa tassa automobilistica (dichiarando anche prescritti i tributi dovuti). L'esercizio dell'azione dinanzi al giudice tributario ne precludeva il trasferimento dinanzi a quello penale e la sentenza di condanna da quest'ultimo emessa finiva per far "rivivere" la debenza per un tributo non dovuto. Si era così consentito all'ente pubblico di aggirare gli effetti del giudicato tributario sfavorevole mediante la riproposizione di un'azione civile in sede penale avente medesimo contenuto (posto che in sede penale si è chiesto l'esclusivo ristoro dei danni patrimoniali subiti).
1.2. inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 157 e 158 c.p. per avere la Corte di merito omesso di dichiarare la prescrizione del reato sul rilievo che si tratti di una truffa a consumazione prolungata. Si sostiene che del tutto improprio sia il richiamo da parte del giudice del merito alla giurisprudenza di questa Corte formatasi in tema di truffa volta al conseguimento di erogazioni pubbliche. Peraltro, l'imputata aveva utilizzato l'atto di vendita falso unicamente per sottrarsi al pagamento dell'imposta tributaria nel giudizio conclusosi con la sentenza della CTP n. 88/3/2012, mentre per gli anni di imposta successivi l'impugnazione dei relativi avvisi di accertamento innanzi alla CTP avvenne unicamente per eccepire la prescrizione del tributo. Per gli anni ulteriormente successivi sino al 2014 non vi era prova che fosse stato utilizzato l'atto di vendita al fine di sottrarsi al pagamento del tributo ovvero che l'imposta non fosse stata pagata o che l'auto fosse ancora nella disponibilità dell'imputata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile essendo entrambi i motivi manifestamente infondati.
1. Quanto al primo motivo, la ricorrente, infatti, omette di considerare che nessuna azione la Regione Lazio ha esercitato dinanzi al giudice tributario, avendo in quella sede rivestito la qualità di convenuta a fronte di un'azione di accertamento negativo proposta dall'odierna ricorrente, volta a far dichiarare la non debenza del tributo che si assume evaso. Nel processo penale, invece, l'azione civile è stata esercitata dalla Regione Lazio al fine di far accertare l'esistenza del reato di truffa. Si tratta, all'evidenza, di due piani del tutto distinti, ai quali corrispondono, peraltro, fatti costitutivi differenti: nel primo caso si è al cospetto dell'omesso pagamento di una obbligazione tributaria (a carico del contribuente) in cui il fatto costitutivo del diritto si rinviene nell'inadempimento di un obbligo di legge che ha istituito la tassa a carico del proprietario di automobili; nel secondo caso, invece, si è al cospetto di un reato, in cui il fatto costitutivo del diritto rinviene la sua fonte nella condotta penalmente rilevante, tanto che sono anche stabiliti termini di prescrizione differenti (quello tributario è di tre anni decorrenti dal 1 gennaio dell'anno successivo a quello in cui è stato pagato il bollo e termina il 31 dicembre del 3 anno; quello da reato ex art. 2947 c.c. in relazione all'art. 185 c.p. e art. 2059 c.c. nel termine più lungo stabilito per il delitto di truffa). Ne' poi può assumersi l'esistenza di una preclusione alla condanna penale sulla scorta dell'esistenza di un giudicato tributario favorevole alla ricorrente, peraltro pronunciato per prescrizione del tributo, alla luce non solo del principio della piena autonomia del giudizio penale rispetto a quello tributario-civile (salvi i casi di pregiudizialità cd. "rigida" stabiliti dalla legge e non ricorrenti nel caso in esame), ma in forza anche della differente natura della cognizione e dei relativi poteri di accertamento del fatto in capo al giudice penale.
1.2. Quanto al secondo motivo - che lamenta l'erronea applicazione delle norme sulla prescrizione, sul rilievo che sarebbe del tutto improprio il richiamo, da parte della Corte di merito, alla figura del delitto di truffa cd. a consumazione prolungata inerente al conseguimento di erogazioni pubbliche - correttamente la Corte di merito ha rilevato come si sia in presenza di una condotta di tipo commissivo, consistente nella simulata vendita della vettura alla quale era conseguita da parte dei competenti uffici la falsa attestazione sui documenti di circolazione della proprietà del veicolo in favore di una terza persona, rivelatasi poi inesistente, in conseguenza della quale un differente obbligato risultava tenuto al versamento del bollo auto. La condotta dell'imputata, pertanto, generava effetti persistenti, in quanto causalmente utile alla sottrazione periodica del pagamento annuale della relativa tassa di circolazione nell'ambito di una sequenza di disvalore caratterizzata dall'assenza di soluzione di continuità, così determinando, al contempo, effetti dannosi di carattere "persistente" per l'ente territoriale che vedeva inadempiuto l'obbligo di versamento annuale della tassa. La percezione periodica dell'ingiusto profitto - ravvisabile nella mancata diminuzione del patrimonio del soggetto obbligato - ha determinato la protrazione nel tempo della situazione illecita, con la conseguenza che il reato perdura nel tempo e comporta periodicamente un evento di danno per la persona offesa e un corrispondente evento di profitto per l'autore consistente nell'omesso pagamento. Si tratta, in sostanza, di un unico, originario comportamento fraudolento in relazione al quale non è richiesta nel tempo ulteriore attività di carattere decettivo, che trae causalmente origine da un'unica condotta di tipo perdurante.
Costituisce un mero post factum, invece, l'avvenuta opposizione agli avvisi di accertamento: la falsa attestazione di vendita, infatti, è causalmente idonea a determinare una situazione di apparenza volta a sottrarsi al pagamento della tassa di circolazione, tanto che in ragione di ciò sono stati poi emessi gli avvisi di accertamento. La circostanza, poi, che l'imputata nel corso dei giudizi tributari si sia limitata ad eccepire la prescrizione, così non "avvalendosi" in tale sede dell'atto di vendita falso, non incide sulla perfezione del delitto di truffa, i cui elementi integrativi di fattispecie collimano con il momento, ben precedente, in cui si è realizzato, attraverso la falsa simulazione, un fittizio passaggio di proprietà del veicolo, al fine di sottrarsi al pagamento della tassa automobilistica.
Così ricostruita la fattispecie in esame, correttamente il giudice del merito ne ha escluso la prescrizione: il relativo termine, infatti, deve farsi decorrere dal momento della cessazione della situazione di illiceità che coincide, per quanto asseverato dalle decisioni di merito, con la data di accertamento riportata nell'imputazione (11 dicembre 2014). Alla data della sentenza di appello (10/05/2021) la truffa non era, dunque, prescritta e l'inammissibilità del ricorso per cassazione, non consentendo il formarsi di un valido rapporto di impugnazione, preclude al Collegio di rilevare la prescrizione maturata nel corso del giudizio di legittimità (Sez. 2, n. 28848 dell'8/05/2013, Rv. 256463; S.U., n. 6903 del 27/5/2016, dep. 2017, Rv. 268966; S.U., n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Rv. 266818; S.U., n. 32 del 22/11/2000, Rv. 217266).
In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile, reiterando i motivi profili di censura correttamente vagliati dal giudice del merito. Consegue la condanna della ricorrente, ex art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente grado di giudizio dalla parte civile Regione Molise, liquidate come in dispositivo tenendo conto dell'attività defensionale svolta, della tariffa legale e della relativa notula prodotta.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute dalla parte civile Regione Molise che liquida in complessivi Euro 3.015,00, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 16 settembre 2022.
Depositato in Cancelleria, il 26 settembre 2022.
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