Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio
Cassazione Penale, Sezione quarta, sentenza n. 32460 del 5 settembre 2022
Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 32460 del 05/09/2022
Circolazione Stradale - Artt. 191 e 193 del Codice della Strada - Incidente stradale - Investimento di pedone - Risarcimento del danno - Circostanze attenuanti - Esclusione - In tema di omicidio colposo, il risarcimento del danno, cagionato a terzi durante la circolazione stradale di un veicolo, intervenuto per effetto di contratto assicurativo concluso dal soggetto titolare della automobile diverso dal conducente, non integra la circostanza attenuante di cui all'art. 62, n. 6, prima parte, c.p. giacché l'intervento risarcitorio non è ricollegabile all'operato dell'imputato.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 28.5.2021 la Corte d'appello di Bologna ha confermato la sentenza con cui in data 11.10.2016 il Tribunale di Bologna aveva ritenuto T. A. colpevole del reato di cui all'art. 589 c.p., comma 2, e, concesse le circostanze attenuanti generiche equivalenti all'aggravante di cui all'art. 589 c.p., comma 2, lo aveva condannato alla pena di mesi sei di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali con i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna.
Il fatto come concordemente ricostruito dalle sentenze di merito è il seguente:
in data (OMISSIS) T. A., mentre circolava a bordo della propria autovettura Audi Q5 tg. (OMISSIS) in (OMISSIS), provenendo da (OMISSIS), dopo aver svoltato a sinistra in (OMISSIS) con direzione (OMISSIS), non consentendo al pedone G. G. che aveva iniziato l'attraversamento delle sede stradale sprovvista di attraversamenti pedonali, di raggiungere il lato opposto in condizioni di sicurezza, urtava con l'angolare anteriore sinistro il trolley portato dalla stessa provocandone la violenta caduta a terra a seguito della quale la G. riportava un trauma cranio-encefalico con lacerazione cerebrale che ne cagionava il decesso.
Entrambi i giudici di merito hanno ritenuto che l'imputato avesse violato la norma di condotta di cui al D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 191 impedendo alla vittima di raggiungere il lato opposto della strada in condizioni di sicurezza avuto altresì riguardo al fatto che l'art. 140 C.d.S. impone che la condotta sia sempre tale da salvaguardare la circolazione stradale.
2. Avverso la pronuncia d'appello l'imputato, a mezzo del difensore, propone ricorso per cassazione articolato in cinque motivi.
Con il primo motivo deduce la mancanza della motivazione ex art. 606 c.p.p., lett. e) in quanto la Corte d'appello non ha preso posizione in ordine alla reciproca possibilità di avvistamento tra pedone e conducente.
Rileva che la sentenza impugnata non si è confrontata con le approfondite deduzioni difensive in ordine alla possibilità che il conducente dell'auto aveva di avvistare il pedone ed al momento in cui tale avvistamento sarebbe stato possibile.
Con il secondo motivo deduce la falsa applicazione degli artt. 140, 141 e 191 C.d.S. ex art. 606 c.p.p., lett. b) nonché omessa motivazione ex art. 606 c.p.p., lett. e) atteso che l'imputato non ha violato alcuna regola cautelare.
Rileva che il pedone aveva attraversato fuori dalle strisce pedonali in prossimità di un incrocio ed inoltre aveva iniziato la sua manovra da una posizione che occultava la sua presenza agli utenti della strada.
Rileva altresì che la sentenza d'appello è riproduttiva di quella di primo grado di cui riporta degli stralci omettendo in tal modo di esaminare adeguatamente le censure sviluppate nell'atto di appello.
Con il terzo motivo deduce la mancata assunzione di una prova decisiva ex art. 606 c.p.p., lett. d) nonché la mancanza e la manifesta illogicità della motivazione ex art. 606 c.p.p., lett. e) per non avere ammesso la perizia cinematica richiesta dalla difesa ritenendo circostanza neutra il senso di attraversamento della sede stradale da parte del pedone.
Con il quarto motivo deduce la falsa applicazione dell'art. 62 c.p., n. 6 ex art. 606 c.p.p., lett. b) per il mancato riconoscimento da parte del giudice di appello della attenuante indicata per essere stato risarcito il danno non già dall'imputato ma da un'impresa assicuratrice.
Con il quinto motivo deduce la mancanza della motivazione ex art. 606 c.p.p., lett. e) in relazione al trattamento sanzionatorio con particolare riguardo al giudizio di equivalenza tra le circostanze del reato ed all'omessa applicazione dell'art. 589 bis c.p., comma 7.
3. Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.
La difesa dell'imputato ha depositato conclusioni scritte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1. Il ricorso è nel complesso inammissibile.
La vicenda oggetto del procedimento è stata ricostruita con chiarezza dalle decisioni di merito, che possono essere lette congiuntamente e costituiscono un unico complessivo corpo decisionale in virtù dei ripetuti richiami che la sentenza d'appello opera alla sentenza di primo grado (Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv. 257595).
Solo apparentemente la difesa lamenta vizi di legittimità, essendo il ricorso incentrato sulla prospettazione di una diversa ricostruzione del fatto e sulla rivalutazione di circostanze già prese adeguatamente in considerazione nelle due sentenze conformi.
Esaminando partitamente le censure, il primo motivo è manifestamente infondato.
La giurisprudenza di questa Corte di legittimità ha condivisibilmente statuito, fin da tempo risalente, che il conducente che noti sul percorso la presenza di pedoni che tardano a scansarsi, deve rallentare la velocità e, occorrendo, anche fermarsi; e ciò allo scopo di prevenire inavvertenze e indecisioni pericolose dei pedoni stessi che si presentino ragionevolmente prevedibili e probabili (così Sez. 4, n. 8859 del 6.5.1988, Colaianni, Rv. 179054), in quanto la circostanza che i pedoni attraversino la strada improvvisamente o si attardino nell'attraversare costituisce un rischio tipico e quindi prevedibile della circolazione stradale.
Questa Corte ha più volte affermato che, in tema di reati colposi (omicidio o lesioni) posti in essere nell'ambito della circolazione stradale, per escludere la responsabilità del conducente per l'investimento del pedone è necessario che la condotta di quest'ultimo si ponga come causa eccezionale ed atipica, imprevista e imprevedibile dell'evento, che sia stata da sola sufficiente a produrlo (così Sez. 4, n. 10635 del 20.2.2013, Calarco, Rv. 255288 e, nello stesso senso Sez. 4., n. 33207 del 2.7.2013, Corigliano, Rv.255995 secondo cui "il conducente del veicolo va esente da responsabilità per l'investimento di un pedone quando la condotta della vittima configuri, per i suoi caratteri, una vera e propria causa eccezionale, atipica, non prevista nè prevedibile, da sola sufficiente a produrre l'evento, circostanza questa configurabile ove il conducente medesimo, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza, si sia trovato nell'oggettiva impossibilità di notare il pedone e di osservarne tempestivamente i movimenti, attuati in modo rapido, inatteso ed imprevedibile").
Nella specie la ricostruzione del sinistro non fa emergere alcuna condotta anomala da parte del pedone.
Quanto al tema dell'avvistabilità del medesimo, dalla sentenza di primo grado si desume, sulla base delle consulenze del Pubblico ministero e della difesa dell'imputato, che la collisione tra l'auto e la vittima era avvenuta a bassa velocità (25 Km/h) così che era da ricondurre ad una insufficiente attenzione da parte del conducente il quale avrebbe potuto evitare l'evento rallentando. In particolare il consulente del Pubblico ministero rilevava che prima dell'urto il pedone si trovava a tre metri dal punto d'urto, l'auto a diciotto metri con possibilità quindi di reciproco avvistamento cosicché la collisione ben poteva essere evitata solo rallentando e consentendo al pedone di terminare l'attraversamento.
2.2. Il secondo motivo è infondato.
In primis giova rammentare che, in presenza di una doppia conforme affermazione di responsabilità, sia ammissibile la motivazione della sentenza d'appello per relationem a quella della decisione di primo grado, sempre che le censure formulate contro la prima sentenza non contengano elementi ed argomenti diversi da quelli già esaminati e disattesi. In tal caso, infatti, le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione, tanto più ove i giudici dell'appello abbiano esaminato le censure con criteri omogenei a quelli usati dal giudice di primo grado e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai passaggi logico-giuridici della decisione, sicchè le motivazioni delle sentenze dei due gradi di merito costituiscano una sola entità (Sez. 6, n. 28411 del 13/11/2012, dep. 2013, Santapaola, Rv. 256435; Sez. 3, n. 13926 del 10/12/2011, dep. 2012, Valerio, Rv. 252615; Sez. 2, n. 1309 del 22/11/1993, dep. 1994, Albergamo, Rv. 197250).
Con riguardo all'addebito colposo mosso all'odierno imputato, costituisce, infatti, ius receptum nella giurisprudenza che il principio di affidamento, in tema di circolazione stradale, trova un temperamento nell'opposto principio secondo il quale l'utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente altrui purché questo rientri nel limite della prevedibilità (Sez. 4 n. 51747 del 27/11/2019, Ripepi e 10062 del 14/2/2019, Nostrani, non massimate e le conformi Sez. 4, n. 27513 del 10/05/2017, Mulas, Rv. 269997 e Sez. 4, n. 5691 del 2/2/2016, Tettamanti, Rv. 265981).
Ebbene, nella specie con motivazione logica e congrua la Corte territoriale ha evidenziando come l'imputato abbia disatteso il rispetto di una fondamentale regola cautelare quale quella statuita dall'art. 191 C.d.S. per non avere consentito al pedone di portare a termine l'attraversamento della strada.
Correttamente la Corte territoriale ha richiamato nella specie le regole generali in materia di circolazione stradale di cui agli artt. 140 C.d.S. e art. 141 C.d.S., commi 1, 2 che prevedono che, all'interno dei limiti di velocità, gli automobilisti devono comunque comportarsi in modo da salvaguardare, in ogni modo, la sicurezza stradale e devono modulare la velocità tenendo conto di ogni circostanza che caratterizza la circolazione in modo da assicurare l'arresto tempestivo del mezzo entro i limiti del campo di visibilità e dinanzi a qualsiasi ostacolo prevedibile e tanto più in caso di visibilità limitata, di ore notturne, in prossimità di intersezioni quando i pedoni che sono sulla strada siano incerti o tardino a scansarsi in modo da compiere le manovre utili e necessarie a tutela della vita umana.
3.3. Il terzo motivo è infondato.
In tema di ricorso per cassazione, deve ritenersi "decisiva", secondo la previsione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d), la prova che, confrontata con le argomentazioni contenute nella motivazione, si riveli tale che, ove esperita, avrebbe sicuramente determinato una diversa pronuncia ovvero quella che, non assunta o non valutata, vizia la sentenza intaccandone la struttura portante (Sez. 3, n. 9878 del 21.1.2020, Rv. 278670).
Nella specie la richiesta perizia cinematica avrebbe dovuto avere ad oggetto la direzione di attraversamento del pedone, circostanza ritenuta non decisiva ai fini dell'accertamento della responsabilità (vedi pg. 5 sentenza).
4.4. Il quarto motivo è infondato.
Ed invero in tema di omicidio colposo, il risarcimento del danno, cagionato a terzi dalla circolazione stradale di un veicolo, intervenuto per effetto di contratto assicurativo concluso dal soggetto titolare della automobile diverso dal conducente, non integra la circostanza attenuante di cui all'art. 62, n. 6, prima parte, c.p. giacché l'intervento risarcitorio non è ricollegabile all'operato dell'imputato (Sez. 3, n. 25326 del 19.2.2019, Perani, Rv. 276276).
5.5. Il quinto motivo è inammissibile.
Le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra le circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell'equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l'adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. 2, n. 31543 dell'8.6.2017, Pennelli, Rv. 270450).
Quanto alla richiesta relativa al riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 589 bis c.p., comma 7, la stessa è inammissibile in quanto dedotta per la prima volta in sede di legittimità ed inoltre trova applicazione solo "qualora l'evento non sia esclusiva conseguenza dell'azione o dell'omissione del colpevole", ipotesi che non ricorre nel caso di specie.
Per le considerazioni svolte il ricorso, palesemente infondato, va dichiarato inammissibile con la conseguente condanna del proponente al pagamento delle spese processuali nonché al pagamento della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 7 luglio 2022.
Depositato in Cancelleria il 5 settembre 2022.
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