Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio
Cassazione Penale, Sezione quarta, sentenza n. 29361 del 25 luglio 2022
Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 29361 del 25/07/2022
Circolazione Stradale - Artt. 141 e 182 del Codice della Strada - Velocità - Circolazione dei velocipedi - L'assenza di tracce di frenata dell'autovettura sul luogo del sinistro non è necessariamente indice di una velocità sostenuta della controparte, conducente di velocipede, ma potrebbe essere imputabile alla condotta di guida non prudenziale dello stesso conducente della vettura e, pertanto, è doverosa una valutazione degli elemeti a disposizione quali i danni riportati dall'auto e la violenza dell'impatto.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 15.2.2017 il Gup del Tribunale di Forlì, all'esito di giudizio abbreviato, ha ritenuto C. D. colpevole del delitto di cui all'art. 589 bis c.p., comma 1, per avere alla guida del proprio veicolo cagionato la morte di D. N. M., conducente del velocipede marca Bianchi, e lo ha condannato alla pena di mesi otto di reclusione con pena sospesa nonché al risarcimento del danno in favore delle parti civili costituite da liquidarsi in separata sede previa concessione di provvisionali immediatamente esecutive.
Interposto gravame, la Corte d'appello di Bologna, con sentenza in data 30.6.2020, in riforma della sentenza di primo grado, ha assolto l'imputato dal reato a lui ascritto ex art. 530 c.p.p., comma 2, perché il fatto non costituisce reato.
I fatti di causa possono essere così brevemente riassunti:
in data (OMISSIS) in (OMISSIS) C. D., alla guida della autovettura Renault (OMISSIS), percorreva (OMISSIS) con direzione Forlimpopoli allorché, giunto alla rotatoria posta all'intersezione con la trasversale (OMISSIS) e dopo essersi diretto verso la rampa di accesso di (OMISSIS) con direzione Meldola, in corrispondenza dell'attraversamento pedonale ivi situato, entrava in collisione con il velocipede marca Bianchi condotto da D. N. M. il quale, proveniente dal cavalcavia pedonale, effettuava manovra di attraversamento della carreggiata da sinistra verso destra sulle strisce pedonali. A seguito dell'impatto, il ciclista veniva caricato sul cofano e sbalzato in alto dopodiché impattava a terra riportando gravi lesioni che in data (OMISSIS) ne causavano il decesso.
Orbene, mentre a parere del primo giudice sussisteva la penale responsabilità del C., seppure mitigata dal concorso di colpa della vittima, per non aver rispettato l'obbligo di moderare la velocità e di adeguare la condotta di guida alle concrete condizioni della circolazione al fine di garantirne la sicurezza nell'approssimarsi degli attraversamenti pedonali, il giudice d'appello aveva invece ritenuto errata detta ricostruzione laddove aveva preteso da parte del C. un comportamento impossibile da richiedere mentre, ferma la velocità tenuta dal medesimo, una condotta di guida prudente del D. N. avrebbe consentito di evitare l'impatto.
2. Avverso detta pronuncia le parti civili, a mezzo del loro difensore, hanno proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi.
Con il primo motivo rubricato "Mancanza e manifesta illogicità della motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato e per omessa motivazione rafforzata (art. 606 c.p.p., lett. e)) nonché violazione di legge (art. 606 c.p.p., lett. b)) in riferimento all'art. 589 bis c.p. e art. 192 c.p.p. per erronea applicazione della legge penale in relazione al delitto contestato, per erronea applicazione delle regole in materia di valutazione della prova e travisamento del fatto" deduce che la sentenza d'appello manca di autonoma rivalutazione del compendio probatorio nei suoi singoli elementi e non si confronta con le argomentazioni sviluppate dal primo giudice rispetto alle quali avrebbe dovuto rendere una motivazione più stringente ovvero rafforzata.
Con il secondo motivo rubricato "Mancanza e manifesta illogicità della motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato e per omessa motivazione rafforzata (art. 606 c.p.p., lett. e)) nonché violazione di legge (art. 606 c.p.p., lett. b)) in riferimento all'art. 141 C.d.S. e artt. 40 e 43 c.p. e art. 192 c.p.p. circa l'insussistenza del nesso causale con evidente travisamento della prova" deduce l'illegittimità della motivazione ed il travisamento della prova con riguardo alla ritenuta insussistenza del nesso causale, all'oggettiva avvistabilità del ciclista, al superamento del limite di velocità da parte del C., all'insussistenza del concorso di colpa del ciclista.
Con il terzo motivo rubricato "Mancanza e manifesta illogicità della motivazione risultante dal testo stesso del provvedimento impugnato e per omessa motivazione rafforzata (art. 606 c.p.p. lett. e)) nonché violazione di legge (art. 606 c.p.p., lett. b)) in riferimento agli artt. 40, 43 e 589 bis c.p., art. 141 C.d.S. e art. 192 c.p.p. circa l'erronea applicazione del principio di affidamento e del mancato rilevamento di un comportamento alternativo lecito" deduce che la Corte territoriale non ha logicamente applicato e motivato in relazione al principio di affidamento nonché riguardo alla sussistenza di un comportamento alternativo lecito che avrebbe evitato l'evento.
3. Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha concluso per l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
Il difensore dell'imputato ha depositato note scritte per l'udienza con cui ha chiesto di confermare la sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1. Il primo motivo di ricorso è fondato.
In via preliminare, va premesso che il giudice d'appello che riformi in senso assolutorio la sentenza di condanna di primo grado non ha l'obbligo di rinnovare l'istruzione dibattimentale mediante l'esame dei soggetti che hanno reso dichiarazioni ritenute decisive, ma deve offrire una motivazione puntuale e adeguata, che fornisca una razionale giustificazione della difforme conclusione adottata, anche riassumendo, se necessario, la prova dichiarativa decisiva (Sez. U., n. 14800 del 21.12.2017, P.G. in proc. Troise, Rv. 272430) e che dia razionale giustificazione della difforme decisione adottata, indicando in maniera approfondita e diffusa gli argomenti, specie se di carattere tecnico-scientifico, idonei a confutare le valutazioni del giudice di primo grado (Sez. 4, n. 2474 del 15.10.2021, Masturzo, Rv. 282612).
In altri termini la sentenza che procede a ribaltare la condanna, pur non richiedendo una motivazione c.d. rafforzata, non può limitarsi ad offrire una diversa lettura complessiva del materiale istruttorio, ma deve confutare le emergenze istruttorie poste dal primo giudice a fondamento invece dell'opposto assunto condannatorio.
Nella specie, la sentenza di appello ha riformato la sentenza di primo grado sull'assunto che il primo giudice "pretende un comportamento da parte del C. impossibile da richiedere" e che "ferma la velocità tenuta dal C., una condotta di guida prudente da parte del D. N. avrebbe consentito di evitare l'impatto" concludendo che "si deve quindi escludere la sussistenza del nesso causale tra la velocità di guida dell'appellante e l'evento, non assumendo rilievo la velocità del mezzo condotto dall'imputato".
L'impianto logico - motivazionale della sentenza impugnata si fonda quindi sull'affermazione di una condotta ritenuta gravemente imprudente tenuta dalla persona offesa, in ragione dell'imprevedibilità della manovra della vittima che a bordo di un velocipede attraversava le strisce pedonali da sinistra verso destra immettendosi peraltro sulla strada tanto velocemente da impiegare 0,6 secondi per trovarsi al centro della carreggiata.
Nel ragionamento della Corte, quindi, il carattere repentino di tale manovra, comprovata dall'assenza di tracce di frenata, esclude la sussistenza del nesso di causalità tra la condotta di guida del C. e l'evento non assumendo rilievo quindi la velocità del mezzo condotto dall'odierno imputato.
Ebbene, l'iter logico - argomentativo seguito dalla Corte territoriale pare tuttavia non aver considerato tutte le evenienze relative al caso di specie come evidenziate dal primo giudice.
In primo luogo non tiene conto delle caratteristiche del luogo del sinistro, in particolare del fatto che il conducente dell'auto si trovasse in prossimità di un attraversamento pedonale la cui presenza imponeva particolari obblighi di cautela, escludendo tout court che il ciclista fosse avvistabile prima dal conducente dell'auto.
Su tale circostanza non si confronta con le emergenze processuali del giudizio di primo grado da cui invece risulta che il tratto di strada percorso dal ciclista è rialzato di circa 40 cm rispetto alla strada di talché sicuramente visibile, nonché con le dichiarazioni dei testi acquisite nel giudizio di primo grado, in particolare del teste A. M., che si trovava immediatamente dopo la vettura guidata dal C. e che ha riferito di aver visto un uomo in sella ad una bicicletta immettersi nell'attraversamento pedonale.
Inoltre la motivazione si rivela illogica laddove l'assenza di tracce di frenata sul luogo del sinistro viene ritenuta prova del carattere repentino della condotta tenuta dal D. N., che non avrebbe consentito all'imputato di frenare, e non già invece, indice di una condotta di guida non prudenziale del C., come posta in rilievo dal giudice di primo grado che ha valutato anche il punto d'urto, i danni riportati dall'auto e la violenza dell'impatto che avrebbe fatto letteralmente "alzare in volo" il D. N., malgrado il considerevole peso del medesimo.
Ne deriva, pertanto, che il giudizio assolutorio del giudice d'appello, ben lungi dal rispondere ai canoni motivatori richiesti nel caso di riforma della sentenza di primo grado, risulta avere viceversa mancato di valutare adeguatamente il quadro probatorio quale delineato dal giudice di primo grado.
2.2. Fondato è anche il secondo motivo di ricorso.
Ed invero, la sentenza d'appello ha ritenuto di escludere il nesso causale tra la condotta del C. e l'evento sostenendo che, ferma la velocità tenuta dal medesimo, una condotta di guida prudente da parte del D. N. avrebbe consentito di evitare l'impatto. In tal modo concludendo che, se anche il C. avesse tenuto una velocità pari e/o inferiore al limite imposto dalla legge in quel tratto di strada, l'incidente si sarebbe comunque verificato.
Ebbene tale lettura non tiene conto degli elementi emersi nel giudizio di primo grado determinandosi un'evidente discrasia in ordine ad elementi indispensabili ai fini della decisione, quali la circostanza che il C. viaggiasse ad una velocità superiore al limite consentito e che si trovasse in prossimità di un attraversamento pedonale, elementi questi correttamente valutati dal giudice di primo grado e con i quali la sentenza di appello non si è confrontata.
Giova ricordare a riguardo che D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 141, impone al conducente del veicolo di regolare la velocità alle caratteristiche e alle condizioni della strada e del traffico e ad ogni altra circostanza di qualsiasi natura, in modo che sia evitato ogni pericolo per la sicurezza delle persone, assicurato il controllo del proprio veicolo e il compimento di tutte le manovre necessarie, specie l'arresto tempestivo entro i limiti del campo visivo e dinanzi a qualsiasi ostacolo prevedibile; la stessa disposizione impone poi di regolare la velocità del veicolo specie nelle ore notturne. L'imputato, con la propria condotta di guida ha violato queste regole, mantenendo una velocità tale, anche se inferiore al limite imposto, che non gli aveva consentito di avvistare per tempo il ciclista e scongiurare l'evento mortale.
Peraltro la velocità tenuta dal conducente del veicolo ha altresì rilievo con riguardo alla violenza ed alle conseguenze dell'impatto con il velocipede come emerso dalle dichiarazioni rese dai testi, emergenze di cui la pronuncia impugnata non tiene conto.
3.3. Fondata è anche la terza censura.
La sentenza di appello ha fondato l'assoluzione dell'imputato sul rilievo secondo cui, alla luce delle prove formatesi nel giudizio di primo grado, non si ritiene esigibile da parte del medesimo un diverso comportamento rispetto a quello tenuto.
Orbene tale conclusione mostra di non fare buon governo dei principi che disciplinano la circolazione stradale.
Ed invero, in tema di circolazione stradale, il principio dell'affidamento trova un temperamento, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, nell'opposto principio secondo il quale l'utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente altrui purché questo rientri nel limite della prevedibilità (Sez. 4, n. 27513 del 10/05/2017, Mulas, Rv. 269997; Sez. 4, n. 5691 del 2/2/2016, Tettamantì, Rv. 265981). Nell'ambito della circolazione stradale tale principio è sotteso ad assicurare la regolarità della circolazione, evitando l'effetto paralizzante di dover agire prospettandosi tutte le altrui possibili trascuratezze. Il principio di affidamento, d'altra parte, sarebbe da connettere pure al carattere personale e rimproverabile della responsabilità colposa, circoscrivendo entro limiti plausibili ed umanamente esigibili l'obbligo di rapportarsi alle altrui condotte.
La possibilità di fare affidamento sull'altrui diligenza viene meno quando l'agente è gravato da un obbligo di controllo o sorveglianza nei confronti di terzi; o, quando, in relazione a particolari contingenze concrete, sia possibile prevedere che altri non si atterrà alle regole cautelari che disciplinano la sua attività. Si registra in ambito stradale, la tendenza ad escludere o limitare al massimo la possibilità di fare affidamento sull'altrui correttezza. Non può essere escluso del tutto che contingenze particolari possano rendere la condotta inosservante non soggettivamente rimproverabile a causa, ad esempio, della imprevedibilità della condotta di guida dell'altro soggetto coinvolto nel sinistro. Tuttavia, tale ponderazione non può essere meramente ipotetica, congetturale, ma deve di necessità fondarsi su emergenze concrete e risolutive, onde evitare che l'apprezzamento in ordine alla colpa sia tutto affidato all'imponderabile soggettivismo del giudice. (Cass., Sez. 4, n. 42100 del 14 ottobre 2021, Lascano; non massimata).
Alla stregua di tali principi non può correttamente evocarsi il principio dell'affidamento con riferimento alla condotta del conducente del velocipede tenuto conto sia della velocità tenuta dal C. che delle circostanze in cui si è verificato il sinistro.
In conclusione la sentenza impugnata va annullata con rinvio alla Corte d'appello di Bologna per un nuovo giudizio che ricostruisca la dinamica del sinistro accertando le conseguenti responsabilità.
Alla stessa demanda altresì la regolamentazione delle spese tra le parti relative al presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia, per nuovo giudizio, alla Corte d'appello di Bologna, altra sezione, a cui demanda altresì la regolamentazione delle spese tra le parti per questo giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 3 maggio 2022.
Depositato in Cancelleria il 25 luglio 2022.
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