Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio
Cassazione Penale, Sezione quarta, sentenza n. 28435 del 20 luglio 2022
Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 28435 del 20/07/2022
Circolazione Stradale - Art. 115 del Codice della Strada - Idoneità e requisiti fisici e psichici per la guida dei veicoli - Configurabilità dell'elemento soggettivo del reato (colpa) - Il conducente che provoca un sinistro stradale a causa della perdita del controllo del veicolo per un malore legato ad una consapevole patologia, per la quale era già sottoposto a terapia farmacologica, che provoca episodi di perdita di coscienza non eliminabili con l'uso della comune prudenza e diligenza, non può invocare l'assenza di colpa nel porsi alla guida di un autoveicolo consapevole della sua malattia e di potere cagionare l'evento.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 14.10.2020, la Corte di appello di Cagliari - sez. distaccata di Sassari, ha confermato la sentenza di primo grado che ha dichiarato la responsabilità di S. M. in ordine al reato di cui all'art. 589 c.p., comma 2, per avere cagionato, con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, la morte di P. G.; perché, alla guida di un'autovettura, ben consapevole del suo stato di soggetto affetto da epilessia, a causa di un improvviso attacco epilettico, perdeva il controllo dell'autovettura, andando ad urtare dapprima alcuni mezzi regolarmente posteggiati sulla pubblica via, poi i coniugi P. G. e R. M. T., che stavano passeggiando lungo il marciapiede, provocando gravissime lesioni al P. che ne determinavano il decesso (fatto del (OMISSIS)).
2. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione il difensore dell'imputato, lamentando (in sintesi, giusta il disposto di cui all'art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1) quanto segue.
I) Violazione di legge, per la ritenuta suitas della condotta, nonché vizi motivazionali in ordine alla ritenuta sussistenza dei requisiti che rendevano l'imputato inidoneo alla guida.
Deduce che la circostanza per cui il S. fosse a conoscenza della malattia di epilessia che lo affliggeva non assurge ad argomentazione di per se’ valida ad ascrivergli una responsabilità penale, trattandosi nel caso della prima volta che un attacco epilettico era insorto durante la guida e comunque mai di entità tale da perdere completa conoscenza. L'imputato era seguito da uno specialista neurologo e sotto cura farmacologica e mai, durante le visite di controllo per il rinnovo della patente, la Commissione competente - pure a conoscenza della cartella clinica del ricorrente - aveva mai posto limitazioni e/o inibizioni a tale rinnovo. Su tali censure la Corte di appello non ha risposto.
II) Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio.
Deduce che non è stato affrontato adeguatamente il punto sulla mancata concessione delle attenuanti generiche, trascurando di valorizzare l'integrale risarcimento del danno intervenuto, pur dopo la sentenza di primo grado, in favore delle parti lese.
3. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il primo motivo il ricorrente, non senza evocare in larga misura censure in fatto non proponibili in questa sede, si è nella sostanza limitato a riprodurre le stesse questioni già devolute in appello, e da quei giudici puntualmente esaminate e disattese con motivazione del tutto coerente e adeguata, senza in alcun modo sottoporle ad autonoma e argomentata confutazione. Ed è ormai pacifica acquisizione della giurisprudenza di questa Suprema Corte come debba essere ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che riproducono le medesime ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, infatti, va valutata e ritenuta non solo per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, dal momento che quest'ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità che conduce, a norma dell'art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), alla inammissibilità della impugnazione (in tal senso Sez. 2, n. 29108 del 15/7/2011, Cannavacciuolo non mass.; conf. Sez. 5, n. 28011 del 15/2/2013, Sammarco, Rv. 255568; Sez. 4, n. 18826 del 9/2/2012, Pezzo, Rv. 253849; Sez. 2, n. 19951 del 15/5/2008, Lo Piccolo, Rv. 240109; Sez. 4, n. 34270 del 3/7/2007, Scicchitano, Rv. 236945; Sez. 1, n. 39598 del 30/9/2004, Burzotta, Rv. 230634; Sez. 4, n. 15497 del 22/2/2002, Palma, Rv. 221693). Ancora di recente, questa Corte di legittimità ha ribadito come sia inammissibile il ricorso per cassazione fondato sugli stessi motivi proposti con l'appello e motivatamente respinti in secondo grado, sia per l'insindacabilità delle valutazioni di merito adeguatamente e logicamente motivate, sia per la genericità delle doglianze che, così prospettate, solo apparentemente denunciano un errore logico o giuridico determinato (Sez. 3, n. 44882 del 18/7/2014, Cariolo, Rv. 260608).
Si devono, inoltre, qui ribadire i limiti del sindacato di legittimità, che non può investire profili di valutazione della prova e di ricostruzione del fatto, riservati alla cognizione del giudice di merito, le cui determinazioni, al riguardo, sono insindacabili in cassazione ove siano sorrette da motivazione congrua, esauriente e idonea a dar conto dell'iter logico-giuridico seguito dal giudicante e delle ragioni del decisum. In tema di sindacato del vizio di motivazione, infatti, il compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine all'affidabilità delle fonti di prova, bensì di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (Sez. U, n. 930 del 13/12/1995 - dep. 1996, Clarke, Rv. 20342801).
2. Nel caso di specie, la Corte territoriale ha adeguatamente risposto alla censura già proposta in sede di gravame di merito in punto di configurabilità dell'elemento soggettivo del reato (colpa), muovendo dal presupposto che l'art. 115 C.d.S., richiede che chi guida debba essere idoneo, per requisiti fisici e psichici, al momento in cui si pone alla guida. Nella specie, è stato accertato che tali requisiti difettavano nel S., anche alla luce della Direttiva Europea n. 112/09 invocata dalla difesa, sulla base della quale il S. ricadeva nella categoria più grave per il rilascio delle patenti di guida, secondo cui un soggetto può essere autorizzato alla guida dopo un periodo, documentato e certificato da parte dello specialista neurologo, di un anno senza ulteriori crisi epilettiche. Nel caso, invece, il S. soffriva di epilessia da oltre dieci anni ed era sottoposto a terapia farmacologica; tuttavia, la sua malattia era farmaco-resistente; pertanto, la possibilità di incorrere in crisi epilettiche non era annullata dall'assunzione dei farmaci che gli erano stati prescritti. Inoltre, il teste Ro., neurologo dell'imputato, aveva confermato che il S. aveva avuto una frequenza di crisi pluriannuali, vale a dire più volte all'anno; la teste Pi. aveva anche ricordato che il S. era già stato colpito un paio di volte da crisi epilettiche durante la guida, anche se in forma leggera, tale da consentirgli di fermarsi in tempo; una volta, inoltre, pur non alla guida, il prevenuto aveva avuto un forte attacco, tale da fargli perdere conoscenza.
Pertanto, del tutto plausibilmente i giudici di merito hanno ritenuto che l'imputato avesse piena cognizione che la patologia da cui era affetto comportasse episodi di perdita di coscienza e che lo rendesse inidoneo alla guida, escludendo che l'evento verificatosi fosse del tutto straordinario e imprevedibile per l'agente; configurando così, legittimamente, una ipotesi di colpa cosciente, trattandosi di soggetto consapevole della sua malattia, per cui egli avrebbe dovuto prevedere in concreto la possibilità di cagionare l'evento, e ciò nonostante, agì con l'erroneo convincimento di poterlo evitare.
La decisione è in linea con il condivisibile insegnamento della Corte regolatrice, secondo cui l'improvviso malore, per configurare assenza di colpa, presuppone l'imprevedibilità dell'evento da cui derivi la perdita di coscienza e la conseguente ingovernabilità della condotta; altrimenti, se il malore non costituisce una accidentalità non conoscibile e non eliminabile con l'uso della comune prudenza e diligenza, in quanto riconducibile a patologia nota all'agente, per avere questi in precedenza già subito episodi di assenza di coscienza, non è possibile invocare l'assenza di colpa nel porsi alla guida di un autoveicolo (cfr. Sez. 4, n. 11638 del 07/07/1999, Rv. 214995 - 01; vedi anche, più di recente, Sez. 4, n. 11142 del 24/02/2015, Rv. 262712 - 01).
3. E', invece, fondato il secondo motivo, in quanto la Corte territoriale, pur preso atto dell'integrale risarcimento del danno da parte dell'imputato, avvenuto nel corso del giudizio e quindi tardivamente ai fini del riconoscimento dell'attenuante ex art. 62 c.p., n. 6, ha illogicamente omesso di valutare tale nuovo elemento, indubbiamente favorevole al S., quantomeno ai fini del riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 62 bis c.p.. Ciò in linea con l'insegnamento, che va qui ribadito, secondo cui il risarcimento dei danni intervenuto tardivamente, pur non consentendo il riconoscimento della circostanza attenuante di cui all'art. 62 c.p., n. 6, può essere positivamente valutato dal giudice al fine della concessione delle circostanze attenuanti generiche (cfr. Sez. 2, n. 21511 del 07/04/2021, Rv. 281233 - 01).
4. Consegue l'annullamento parziale della sentenza impugnata, in relazione alla omessa valutazione dell'intervenuto risarcimento del danno da parte dell'imputato ai fini dell'eventuale riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ex art. 62 bis c.p., con rinvio per nuovo giudizio sul punto alla Corte di appello di Cagliari.
Il ricorso va rigettato nel resto; pertanto, ai sensi dell'art. 624 c.p.p., la sentenza impugnata può essere dichiarata irrevocabile quanto all'affermazione di responsabilità dell'imputato.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla valutazione in ordine alle attenuanti generiche ex art. 62 bis c.p., e rinvia per nuovo giudizio sul punto alla Corte di appello di Cagliari.
Rigetta nel resto il ricorso e dichiara irrevocabile l'affermazione di responsabilità.
Così deciso in Roma, il 25 maggio 2022.
Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2022.
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