Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Penale, Sezione quarta, sentenza n. 28379 del 19 luglio 2022

 

Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 28379 del 19/07/2022
Circolazione Stradale - Artt. 218, 219 e 222 del Codice della Strada - Sanzione accessoria della sospensione e della revoca della patente - Sanzioni amministrative accessorie all'accertamento di reati - Scelta della sanzione amministrativa accessoria a carico della patente di guida - Ove il giudice applichi la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida, in luogo di quella, più favorevole, della sospensione, egli deve dare conto, in modo puntuale, delle ragioni che lo hanno indotto a scegliere il trattamento più sfavorevole sulla base dei parametri di cui all'art. 218 C.d.S., ed il giudice del merito, con la enunciazione, anche sintetica, della eseguita valutazione di uno o più dei criteri, assolve adeguatamente all'obbligo della motivazione: tale valutazione, infatti, rientra nella sua discrezionalità e non postula una analitica esposizione dei criteri adottati per addivenirvi in concreto.


RITENUTO IN FATTO

1. L'imputata T. C. E. ha proposto ricorso, a mezzo di difensore, avverso la sentenza con la quale il Tribunale di Venezia ha applicato alla stessa una pena per il reato di cui all'art. 589 bis c.p., commi 1 e 8, oltre alla sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida.

Con il ricorso, la parte ha formulato un motivo unico, con il quale ha dedotto inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale e manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione, in relazione al punto inerente alla sanzione amministrativa accessoria, individuata nella revoca della patente di guida.

In particolare, parte ricorrente rileva che il giudice non avrebbe valutato se il continuo utilizzo del titolo abilitativo potesse rappresentare un pericolo per la sicurezza e la incolumità delle persone nella circolazione stradale e così agevolare la commissione di reati di eguale natura e osserva come gli elementi valorizzati dal Tribunale si risolvano nel fatto tipico (gravità e entità dei danni, condotta di guida imprudente e inosservante, condizione di tempo e luogo).

Sotto altro profilo, la difesa sottolinea ulteriori contraddizioni motivazionali, rilevando, da un lato, che il Tribunale non avrebbe considerato la concorrente condotta colposa del conducente del veicolo antagonista, valsa all'imputata il riconoscimento dell'attenuante di cui al comma 7 della norma violata; dall'altro, avrebbe formulato un giudizio prognostico favorevole ai fini del riconoscimento della sospensione condizionale della pena, così escludendo il rischio di recidiva, valutazione che striderebbe palesemente, secondo la prospettiva difensiva, con la revoca del titolo abilitativo alla guida.

3. Il Procuratore generale, in persona del sostituto T. L., il quale ha concluso per l'annullamento con rinvio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è intanto ammissibile, pur avendo a oggetto una sentenza di applicazione pena. La novella di cui alla L. 23 giugno 2017, n. 103, art. 1 comma 50, in vigore dal 03/08/2017, nell'introdurre l'art. 448 c.p.p., comma 2 bis, ha limitato la proponibilità dell'impugnazione della sentenza di applicazione della pena ai motivi concernenti l'espressione della volontà dell'imputato, il difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, l'erronea qualificazione giuridica del fatto e la illegalità della pena o della misura di sicurezza. Tuttavia, nella specie, la violazione dedotta riguarda una statuizione che si pone al di fuori dell'accordo ratificato dal giudice, cosicché le relative statuizioni potranno formare oggetto di ricorso per cassazione secondo la disciplina generale di cui all'art. 606 c.p.p., comma 2, (sez. 4 n. 29179 del 23/5/2018, Stratta, Rv. 273091; n. 18942 del 27/3/2019, Bruna, Rv. 275435; sez. 6, n. 15848 del 5/2/2019, Moretti, Rv. 275224). Tale principio è vieppiù valido, all'indomani della decisione assunta dal Supremo collegio di questa Corte di legittimità, con riferimento alle ipotesi di impugnazione della sentenza di applicazione della pena, con la quale si è riconosciuta l'ammissibilità del ricorso per cassazione con il quale si censuri, per l'appunto, l'erronea ovvero l'omessa applicazione delle sanzioni amministrative accessorie (Sez. U, n. 21369 del 26/9/2019, dep. 2020, Melzani, Rv. 279349).

2. Il ricorso va, tuttavia, rigettato.

Il Tribunale ha motivato la scelta della sanzione accessoria più afflittiva, valorizzando la gravità e entità dei danni (morte di una persona e grave ferimento di altre due, delle quali un giovane di diciotto anni), nonché la gravità della condotta, avendo l'imputata percorso in contromano un lungo tratto di strada a velocità elevata, in condizioni avverse (pioggia e asfalto bagnato) e ha concluso nel senso che la sola sospensione della patente di guida non fosse misura adeguata al pericolo che di un'ulteriore circolazione stradale dell'imputata.

3. Il motivo è infondato.

L'art. 222 C.d.S., al comma 2, terzo periodo, prevede, dopo l'entrata in vigore della L. 23 marzo 2016, n. 41 (applicabile ratione temporis al caso di specie) che "Alla condanna, ovvero all'applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'art. 444 c.p.p., per i reati di cui agli artt. 589 bis e 590 bis c.p. consegue la revoca della patente di guida". Trattasi di una sanzione accessoria da applicarsi ex lege, a prescindere dalle determinazioni delle parti e dal contenuto dell'accordo (sez. 4 n. 3975 del 26/2/2016, Favia, Rv. 267978; n. 18538 del 10/1/2014, Rustemi, Rv. 259209, in cui si è affermato il principio per cui, in tema di patteggiamento, la clausola con cui le parti concordano la durata delle sanzioni amministrative accessorie deve ritenersi come non apposta, non essendo l'applicazione di dette sanzioni nella loro disponibilità; n. 49221 del 30/11/2012, Matteucci, Rv. 253971; n. 8022 del 28/1/2014, Giannella, Rv. 258622; e, in motivazione, n. 32239 del 20/6/2018, Tarini, che rinvia proprio alle sentenze citate).

Tuttavia, com'è noto, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 88 del 19/2/2019, dep. il 24/4/2019, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 222 C.d.S., comma 2, quarto periodo, nella parte in cui esso non prevede, ove non ricorrano le circostanze privilegiate di cui al secondo e all'art. 589-bis c.p., comma 3 e art. 590-bis c.p., la possibilità per il giudice di applicare, in alternativa alla sanzione della revoca della patente di guida, quella della sospensione, secondo il disposto di cui al secondo e terzo periodo dell'art. 222, C.d.S., comma 2. In questi casi il giudice, secondo la gravità della condotta del condannato, tenendo conto degli artt. 218 e 219 C.d.S., potrà sia disporre la sanzione della revoca, ma anche quella meno afflittiva della sospensione della patente di guida per la durata massima prevista dai citati secondo e terzo periodo del medesimo art. 222 C.d.S., comma 2.

4. In conseguenza di ciò, questa Corte di legittimità ha elaborato alcuni principi già consolidati in materia di scelta della sanzione amministrativa accessoria, per il caso di omicidio e lesioni stradali non aggravate dallo stato di ebbrezza o dall'effetto di sostanze stupefacenti: ove, infatti, il giudice applichi la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida, in luogo di quella, più favorevole, della sospensione, egli deve dare conto, in modo puntuale, delle ragioni che lo hanno indotto a scegliere il trattamento più sfavorevole sulla base dei parametri di cui all'art. 218 C.d.S., comma 2, (sez. 4, n. 13882 del 19/2/2020, Vivaldi, Rv. 279139; n. 11479 del 9/3/2021, Conci, Rv. 280832); inoltre, nel caso di applicazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, prevista dall'art. 222 codice strada, la determinazione della durata di essa deve essere effettuata non in base ai criteri di cui all'art. 133 c.p.p., ma in base ai diversi parametri di cui all'art. 218, comma 2, medesimo codice, sicché le motivazioni relative alla misura della sanzione penale e di quella amministrativa restano autonome e non possono essere raffrontate ai fini di un'eventuale incoerenza o contraddittorietà intrinseca del provvedimento (sez. 4, n. 4740 del 18/11/2020, dep. 2021, Di Marco, Rv. 280393).

L'ultimo principio richiamato, peraltro, deve ritenersi valido anche nei casi, come quello di specie, in cui la sanzione applicata sia la revoca del titolo abilitativo, dovendo il giudice fare riferimento alla entità del danno, alla gravità della violazione e alla tutela della collettività, in relazione al pericolo che il perdurare della circolazione possa arrecare alla sicurezza della stessa (in motivazione, sez. 4, n. 13747 del 23/3/2022, De Angelis, Rv. 283022).

5. Nella specie, applicando la sanzione più afflittiva, i giudici di merito hanno esposto le ragioni della scelta sanzionatoria, facendo espresso rinvio al tipo di violazione che aveva riguardato una regola cautelare fondamentale per la circolazione (quella cioè di adeguare la velocità al limite consentito e, in ogni caso, alle condizioni della strada), valutando la condotta in termini di pregnante gravità (quanto all'entità del danno apportato valendo la considerazione che, nella specie, si era trattato della morte del conducente antagonista e del grave ferimento di altre due persone), cosicché la sanzione prescelta è stata ritenuta l'unica a tutela della sicurezza pubblica. In tal modo, hanno congruamente motivato l'operata scelta discrezionale, avendo valorizzato, da un lato, criteri espressamente previsti dalla norma richiamata, e operato, dall'altro, una la prognosi di pericolosità alla stregua della particolare gravità della violazione posta in essere, tale che solo la misura più afflittiva è stata ritenuta idonea a salvaguardare la sicurezza e la incolumità della circolazione stradale. In ogni caso, i criteri di cui alla norma richiamata costituiscono meri parametri di riferimento per orientare la decisione giudiziale, sottraendola all'arbitrio e consentendo il relativo controllo giudiziale su di essa.

Ne deriva che la loro valutazione può anche essere operata complessivamente, ribadendosi in questa sede, pur nella riconosciuta diversità dei parametri di riferimento, il principio già affermato dalla giurisprudenza di legittimità in materia di pena, secondo cui il giudice del merito, con la enunciazione, anche sintetica, della eseguita valutazione di uno (o più) dei criteri assolve adeguatamente all'obbligo della motivazione: tale valutazione, infatti, rientra nella sua discrezionalità e non postula una analitica esposizione dei criteri adottati per addivenirvi in concreto (sez. 2, n. 12749 del 19/3/2008, Gasparri, Rv. 239754; sez. 3, n. 48304 del 20/9/2016, Gioia, Rv. 268575; n. 15811 del 19/9/1990, Leonardi, Rv. 185876).

Del tutto infondate sono, peraltro, le rilevate contraddittorietà del ragionamento giustificativo: quanto alla scelta di concedere il beneficio della sospensione condizionale della pena, valga un rinvio ai principi richiamati, secondo i quali vi è totale autonomia tra le due valutazioni; quanto, invece, all'asserito concorso di colpa della vittima, deve rilevarsi la genericità della doglianza difensiva, in difetto di indicazioni ricavabili dalla sentenza impugnata, ben potendo l'attenuante de qua esser riconosciuta anche per il concorso di cause diverse dal comportamento colposo della persona offesa.

6. Al rigetto segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 28 giugno 2022.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2022.

 

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