Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Penale, Sezione quinta, sentenza n. 27411 del 14 luglio 2022

 

Corte di Cassazione Penale, Sezione V, sentenza numero 27411 del 14/07/2022
Circolazione Stradale - Art. 12-bis del Codice della Strada - Prevenzione ed accertamento delle violazioni in materia di sosta e fermata - Ausiliario della sosta - Aggressione - Querela - Formulazione - Configura un principio consolidato l'affermazione secondo cui, in tema di reati perseguibili a querela, la sussistenza della volontà di punizione da parte della persona offesa non richiede formule particolari e, pertanto, può essere riconosciuta dal giudice anche in atti che non contengono la sua esplicita manifestazione, i quali, ove emergano situazioni di incertezza, vanno, comunque, interpretati alla luce del "favor querelae", come la relazione di servizio dettagliata nella ricostruzione dell'aggressione subita per ragioni di contestazione della segnaletica stradale redatta dall'ausiliario della sosta al Comandante della polizia locale.


RITENUTO IN FATTO

1. S. I., tramite il difensore, ha proposto ricorso avverso la sentenza del Tribunale di Ragusa, emessa in sede d'appello e datata 17.3.2021, con cui è stata confermata la sua condanna alla pena di 600 Euro di multa, decisa in primo grado dal Giudice di Pace di Modica il 20.7.2020, in relazione al reato di lesioni ai danni di R. T., ausiliare di sosta in servizio su un'autovettura della Polizia municipale insieme ad altro collega. L'aggressione, determinata dal rilievo di una contravvenzione al codice della strada a carico dell'imputata, ha causato alla vittima lesioni giudicate guaribili in sette giorni, quali conseguenza di un pugno sul collo sferratole da S. I..

2. La ricorrente deduce tre motivi difensivi.

2.1. Il primo eccepisce violazione in legge in relazione all'art. 529 c.p.p., per non aver pronunciato il Tribunale di Ragusa una sentenza di non doversi procedere per mancanza di condizione di procedibilità, nonostante l'assenza di querela da parte della persona offesa dal reato.

Erroneamente è stata ritenuta configurare querela la relazione di servizio redatta dalla vittima al Comandante della Polizia Municipale di Modica in data 8.8.2015, non avente veste formale di querela; nè tale relazione di servizio può essere ritenuto che configuri una forma di querela solo perché in essa si è espressa l'intenzione di procedere nei confronti dell'aggressore.

2.2. Il secondo motivo di ricorso denuncia vizio di motivazione avuto riguardo al travisamento delle prove acquisite al processo: i testi sentiti in giudizio non hanno mai riferito di aver visto l'imputata sferrare un pugno nei confronti della vittima.

Mancherebbe, altresì, un'adeguata valutazione circa l'attendibilità soggettiva e la credibilità della persona offesa dichiarante, costituitasi parte civile e, dunque, sottoposta allo statuto valutativo che imporrebbe la necessità di riscontri alle proprie dichiarazioni. Né un riscontro può essere costituito, a dispetto di quanto ritenuto dal Tribunale, dal certificato medico del pronto soccorso, che attesta soltanto le lesioni subite, senza procedere ad alcun accertamento diagnostico radiografico e soltanto sulla base di quanto riferito dalla paziente, che peraltro si è recata al pronto soccorso circa nove ore dopo i fatti.

L'intera motivazione si basa su supposizioni piuttosto che su elementi di prova certi.

2.3. La terza censura si muove lungo il crinale di contestazione generale della violazione del canone di giudizio dell'oltre ogni ragionevole dubbio: la sentenza impugnata sarebbe viziata per violazione di legge in relazione all'art. 530 c.p.p., comma 2, poiché non ha fatto buon governo di tale superiore principio, di derivazione costituzionale.

3. Il PG, con requisitoria scritta, ha chiesto l'inammissibilità del ricorso.

3.1. L'imputata, tramite il difensore di fiducia, ha depositato memoria datata 18.5.2022, con cui ribatte alla requisitoria del PG, evidenziando l'insostenibilità della tesi che ha ritenuto "querela" la relazione di servizio della persona offesa e l'ammissibilità degli altri motivi di censura, in relazione ai quali ribadisce le ragioni del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Il primo motivo è manifestamente infondato.

La relazione di servizio con cui l'ausiliaria della sosta, vittima del reato, ha denunciato il fatto deve, invero, essere considerata un atto con valenza di querela di parte, in ragione del suo esplicito contenuto, che si conclude con una formula lessicale, secondo cui la persona offesa, inequivocabilmente, dichiara che intende perseguire ai sensi di legge la responsabile dell'aggressione.

In detta relazione di servizio, infatti, dettagliata nella ricostruzione dell'aggressione subita per ragioni di contestazione della segnaletica stradale della zona ove stavano transitando l'ausiliaria della sosta e l'imputata, la persona offesa ha specificato: "dichiara, inoltre, che intende perseguire ai sensi di legge la responsabile dell'aggressione".

Ebbene, poiché la querela non richiede formule sacramentali, se non l'espressione della chiara ed inequivoca volontà di procedere contro l'autore del reato, in tale indicazione di volontà si esprimono quelle caratteristiche che l'interpretazione di questa Corte regolatrice da tempo ritiene che integrino l'utile e necessaria manifestazione dell'intenzione di voler perseguire l'autore della condotta criminosa.

Ed infatti, se configura un principio consolidato l'affermazione secondo cui, in tema di reati perseguibili a querela, la sussistenza della volontà di punizione da parte della persona offesa non richiede formule particolari e, pertanto, può essere riconosciuta dal giudice anche in atti che non contengono la sua esplicita manifestazione, i quali, ove emergano situazioni di incertezza, vanno, comunque, interpretati alla luce del "favor querelae" (cfr., tra le molte, da ultimo, Sez. 5, n. 2665 del 12/10/2021, dep. 2022, Baia, Rv. 282648), a maggior ragione la visione sostanzialistica ed il favor querelae devono essere applicati ad una fattispecie come quella in esame, in cui la manifestazione di volontà punitiva di parte è stata esplicitamente chiarita dalla persona offesa, sebbene in un atto - la relazione di servizio destinata al comandante della polizia municipale di Modica - che riveste anche valenza pubblica ed è funzionale a riferire l'accaduto per ogni eventuale valutazione da parte dell'autorità di pubblica sicurezza.

D'altra parte, la veste di ausiliario del traffico, assegnato alle forze di polizia municipale, con cui la vittima del reato ha redatto e sottoscritto la relazione di servizio, in cui è contenuta la manifestazione di volontà di querela di parte, non può escludere, evidentemente, la sua qualità di persona offesa, direttamente incisa dall'azione delittuosa.

3. Gli altri due motivi di ricorso sono inammissibili, anzitutto poiché formulati secondo schemi di censura sottratti al sindacato di legittimità, nonché per genericità e manifesta infondatezza.

3.1. Il Collegio rammenta, sotto il primo profilo, che, in tema di giudizio di cassazione, sono precluse al giudice di legittimità - a meno che non si rivelino fattori di manifesta illogicità della motivazione del provvedimento impugnato - la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (cfr., tra le più recenti, Sez. 6, n. 5465 del 4/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601; Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, Musso, Rv. 265482).

3.2. Inoltre, in un'ottica di più specifica valutazione delle circostanze dell'accaduto messe in discussione dalla ricorrente dal punto di vista dell'affidabilità probatoria, fino a giungere a negare la verifica positiva del superamento della soglia di affermazione della colpevolezza costituita dall'accertamento oltre ogni ragionevole dubbio - va evidenziato come la "doppia pronuncia conforme" di merito abbia con nettezza dato atto della tenuta delle prove dichiarative sulla base delle quali, principalmente, si è giunti a decidere della condanna dell'imputata: la testimonianza della persona offesa - che la giurisprudenza di legittimità ritiene del tutto autosufficiente a fondare la colpevolezza in relazione al reato subito, senza necessità di riscontri ai sensi dell'art. 192 c.p.p. (cfr., per tutte, l'orientamento più volte ribadito anche recentemente di Sez. U, n. 41461 del 19/7/2012, Bell'Arte, Rv. 253214) - si combina perfettamente con quella del collega presente con lei in pattuglia nonché con quella di altre due testimoni; l'inattendibilità delle dichiarazioni della vittima, altresì, è solo apoditticamente affermata e non tiene conto della coerenza ricostruttiva dell'accaduto da parte sua, del tutto in linea con gli altri risultati probatori. Costituisce, infine, un importante elemento di conferma la certificazione medica delle lesioni subite dalla vittima del reato, che, a dispetto di quanto sostenuto dalla difesa, dà atto delle risultanze del Pronto Soccorso, all'esito dell'esame obiettivo: "collo in asse, dolente con i movimenti di flesso-estensione e di rotazione. Dolorabilità alla palpazione della regione paravertebrale". Si attesta, così, una diretta osservazione del medico e non la mera denuncia di lesioni da parte della vittima (si tratta di certificazione medica da infortunio sul lavoro INAIL, peraltro): alla descrizione delle lesioni, fa eco l'indicazione "trauma contusivo distorsivo del rachide cervicale", con l'indicazione dei sette giorni di prognosi.

Tali dati di anamnesi obiettiva danno un'innegabile ed ulteriore forza alla prova dichiarativa.

I motivi proposti, dunque, si svelano anche manifestamente infondati, oltre che, come si è anticipato, pervasi da una diffusa genericità, in quanto non si confrontano realmente con le ragioni argomentative della sentenza impugnata.

4. Alla declaratoria d'inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., la condanna della ricorrente che lo ha proposto al pagamento delle spese processuali nonché, ravvisandosi profili di colpa relativi alla causa di inammissibilità (cfr. sul punto Corte Cost. n. 186 del 2000), al versamento, a favore della Cassa delle Ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 3.000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 25 maggio 2022.

Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2022.

 

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