Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio
Cassazione Penale, Sezione sesta, sentenza n. 22783 del 10 giugno 2022
Corte di Cassazione Penale, Sezione VI, sentenza numero 22783 del 10/06/2022
Circolazione Stradale - Art. 87 del Codice della Strada e art. 340 C.P. - Servizio di linea per trasporto di persone - Interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità - La circostanza che, durante lo svolgimento di un corteo non autorizzato ne' preannunciato ed a causa delle strade bloccate dallo stesso, i passeggeri abbiano dovuto abbandonare l'autobus di linea a scendere dal veicolo per proseguire a piedi, conferma l'interruzione del servizio pubblico di linea evidentemente compromesso.
PREMESSO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Bologna ha confermato la sentenza del 24 gennaio 2019 del Tribunale di Ferrara che condannava M. F. alla pena di mesi otto di reclusione per i reati di cui agli artt. 340 c.p. e 18 TULPS (capo a) commessi il 15.02.2014 e per il reato di cui all'art. 340 (capo c) commesso il 30.03.2014.
Si contesta, in particolare, all'imputato di avere, in concorso con altri, in occasione di un raduno "NO TAV" non autorizzato nè preannunciato, composto di circa 80 persone e capeggiato dallo stesso M. (referente del movimento anarchico (OMISSIS)), bloccato il traffico in (OMISSIS) in orario di punta (capo a), nonché, in qualità di portavoce e referente del movimento anarchico (OMISSIS) e di referente del corteo (seppure autorizzato non debitamente preannunciato), al quale partecipavano 100 persone, di avere bloccato il traffico per 30 minuti in (OMISSIS), nei pressi del carcere (capo c).
Il compendio probatorio è costituito dalle dichiarazioni dei testi operanti.
2. Avverso la sentenza ricorre per cassazione M., a mezzo del difensore di fiducia, deducendo i seguenti motivi:
2.1. Con il primo motivo il ricorrente si duole dell'avvenuta decorrenza del termine prescrizionale relativamente al reato di cui all'art. 18 TULPS. Segnatamente, il ricorrente evidenzia che i fatti risalgono al 15/02/2014 e che, alla data della celebrazione dell'udienza d'appello (19/01/2021), il termine prescrizionale era ormai decorso.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la carenza degli elementi costitutivi del delitto di cui all'art. 340 c.p..
Con riferimento ai fatti occorsi in (OMISSIS) nella giornata del 30/03/2014 il ricorrente evidenzia, da un lato, che la condotta del condannato ha avuto come unico risultato quello di ostacolare il traffico privato e, dall'altro, che non sarebbe stata data la prova del passaggio di un autobus della linea pubblica al momento del transito del corteo, con la conseguenza che nessun turbamento del servizio pubblico sarebbe intervenuto.
Con riferimento ai fatti del 15/02/2014 occorsi in (OMISSIS), invece, si sostiene che, sebbene in questo caso effettivamente un'interruzione a un pubblico servizio (precisamente al servizio degli autobus della linea pubblica) via sia stata, questa sarebbe stata penalmente irrilevante perché protrattasi solo per il tempo ridotto di quindici minuti.
2.3. Con il terzo motivo di ricorso, il ricorrente censura l'eccessiva severità del trattamento sanzionatorio in relazione alla ridotta gravità del fatto di reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito indicate.
2. Il primo motivo relativo al decorso del termine prescrizionale non può essere devoluto per la prima volta in questa Sede, perché non risulta, né il ricorso si duole della mancata corretta sintesi dei motivi di appello, che tale questione sia stata specificamente sviluppata nell'impugnazione di merito.
3.11 secondo motivo è generico.
3.1. Occorre osservare che, dall'esame del dato testuale della norma incriminatrice, che, in linea con l'interesse tutelato, sanziona non solo la condotta che abbia comportato l'interruzione del servizio pubblico di cui si tratti, bensì anche il comportamento che abbia inciso semplicemente sul regolare svolgimento dell'ufficio o servizio pubblico (cfr., in particolare, Sez. 6, n. 46461 del 30.10.2013, Giannotti, Rv. 257452), la giurisprudenza di legittimità ha sempre puntualizzato che, ferma la rilevanza di un'alterazione anche temporanea del servizio, essa deve tuttavia rivestire un'oggettiva significatività, risultando così esclusi dalla sfera di operatività della fattispecie incriminatrice in questione i casi in cui la condotta contestata - giusta la terminologia usualmente adottata - si sia risolta nell'interruzione o nell'alterazione della regolarità di "un singolo atto..., senza che tale comportamento abbia inciso in modo apprezzabile sulla funzionalità complessiva dell'ufficio" (così Sez. 6, n. 36404 del 28.05.2014, Pippia, Rv. 259901).
Il giudice, quindi, nella doverosa valutazione dell'effettiva offensività del facere del soggetto agente, deve considerare la sua ricaduta sullo specifico servizio colpito dalla condotta contestata in esame, ma non anche sulla totalità in assoluto del servizio: ciò che, ove si tratti di servizi di ampio respiro - come nel caso del trasporto pubblico qui in esame - ben difficilmente potrebbe altrimenti condurre all'affermazione della rilevanza penale della condotta medesima (Sez. 6, n. 1334 del 12/12/2018 - dep. 11/01/2019 -, Carannante, Rv. 274836 - 01).
3.2. Ciò posto, la Corte d'appello, nel motivare la propria decisione, richiamando puntualmente le dichiarazioni dei testimoni, evidenzia, con riferimento a quanto accaduto sia in (OMISSIS) che in (OMISSIS), che "le strade percorse dai cortei erano bloccate", tanto da "impedire la circolazione di mezzi pubblici e da costringere i passeggeri di un autobus di linea a scendere dal veicolo per proseguire a piedi".
Rileva il Collegio che, alla luce del principio sopra enunciato, la circostanza che i passeggeri abbiano dovuto abbandonare il veicolo e proseguire a piedi, esclude l'irrilevanza dell'interruzione del servizio di linea, il quale, al contrario, è stato evidentemente compromesso.
4. Il terzo motivo non è consentito in questa Sede, posto che la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 c.p.; ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, Ferrario, Rv. 259142), ciò che - nel caso di specie - non ricorre in presenza di pena determinata in misura prossima al minimo edittale e dell'apprezzamento del giudice di merito che ha richiamato la gravità del fatto/reato e la capacità a delinquere dell'imputato.
5. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali.
In ragione delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che si ravvisano ragioni di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 23 marzo 2022.
Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2022.
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