Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio
Cassazione Penale, Sezione sesta, sentenza n. 10627 del 24 marzo 2022
Corte di Cassazione Penale, Sezione VI, sentenza numero 10627 del 24/03/2022
Circolazione Stradale - Artt. 96 e 181 del Codice della Strada e 317 C.P. - Pagamento tasse automobilistiche - Appropriazione dei proventi - Reato di peculato - Integra il delitto di peculato la condotta del soggetto autorizzato a ricevere il pagamento delle tasse automobilistiche che si appropri delle somme riscosse nell'adempimento della funzione pubblica, atteso che quel denaro entra nella disponibilità della P.A. nel momento stesso della consegna all'incaricato dell'esazione.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d'appello di Milano, in parziale riforma di quella del Tribunale di Milano che aveva dichiarato G. R. responsabile del reato continuato di peculato (per essersi appropriato, come titolare della ricevitoria (OMISSIS), dei proventi relativi alla riscossione delle tasse automobilistiche per la somma di Euro 36.233,36 corrispondente agli importi del periodo contabile dal (OMISSIS)), rideterminava la pena in anni 2 e mesi 10 reclusione (p.b. pari al minimo edittale di anni 4, ridotta ex art. 62-bis c.p. ad anni 2 e mesi 8 e aumentata di giorni dieci per ciascuno dei sei episodi appropriativi), confermando nel resto.
La Corte territoriale, dato atto dell'omesso versamento da parte di G. dell'equivalente delle tasse automobilistiche incassate nel periodo di riferimento dal (OMISSIS), in qualità di delegato alla relativa riscossione, e dell'assenza di qualsiasi spiegazione alternativa o giustificativa di tale comportamento, riteneva documentalmente provata l'indebita appropriazione di quelle somme da parte dell'imputato, che solo successivamente ne restituiva una minima parte alla Regione Lombardia (Euro 5.793,27), nonchè integrati, in linea di diritto, gli elementi costitutivi, materiale e psicologico, della contestata fattispecie di peculato.
3. Il difensore di G. ha proposto ricorso per cassazione avverso la citata sentenza e ne ha chiesto l'annullamento, denunziando la violazione di legge e il vizio di motivazione con riferimento all'illegittima deduzione del dolo appropriativo dal mero fatto storico dell'omesso versamento dei proventi incassati nei termini prescritti e, perciò, all'eccessivo rigore del trattamento sanzionatorio, a fronte della configurabilità del mero peculato d'uso e della parziale restituzione delle somme dovute.
4. Il ricorso è stato trattato, ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, commi 8 e 9, senza l'intervento delle parti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il primo motivo di ricorso la difesa dell'imputato non si confronta affatto con le puntuali argomentazioni contenute nella sentenza impugnata, circa la incontroversa protrazione nel tempo della condotta omissiva, attinente al versamento dei proventi incassati come titolare di una ricevitoria (OMISSIS), delegato alla riscossione delle tasse automobilistiche per conto dell'amministrazione tributaria regionale, nonostante la regolare informativa dell'estratto conto settimanale.
In linea di diritto, la Corte di appello si è altresì uniformata al consolidato orientamento del giudice di legittimità - che il Collegio condivide - secondo il quale: per un verso, integra il delitto di peculato la condotta del soggetto autorizzato a ricevere il pagamento delle tasse automobilistiche che si appropri delle somme riscosse nell'adempimento della funzione pubblica, atteso che quel denaro entra nella disponibilità della P.A. nel momento stesso della consegna all'incaricato dell'esazione (Sez. 6, n. 2693 del 29/11/2017, dep. 2018, De Luca, Rv. 272131; Sez. 6, n. 45082 del 01/10/2015, Marrocco, Rv. 265342); per altro verso, il delitto di peculato si consuma allo spirare del termine indicato nella intimazione che l'amministrazione è tenuta ad inviare, realizzandosi in tale momento non più il mero ritardo del versamento dovuto, bensì la certa interversione del titolo del possesso (Sez. 6, n. 31920 del 06/06/2019, Orsi, Rv. 276805).
Risulta altresì priva di pregio la prospettazione difensiva, meramente enunciata, della meno grave figura criminosa del peculato d'uso di cui all'art. 314 c.p., comma 2, che è configurabile solo quando il colpevole abbia agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa e questa, dopo l'uso momentaneo, sia stata immediatamente restituita.
2. Si palesa infine manifestamente infondata la doglianza circa la pretesa eccessività del complessivo trattamento sanzionatorio, atteso che la Corte di appello ha già definito il trattamento sanzionatorio in termini di estrema mitezza: la pena base è stata fissata in misura pari al minimo edittale; le attenuanti generiche sono state riconosciute nella massima estensione; i singoli aumenti per gli episodi appropriativi in continuazione sono stati contenuti in misura sicuramente benevola.
3. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma ritenuta equa di tremila Euro alla Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 1 marzo 2022.
Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2022.
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