Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio
Cassazione Penale, Sezione prima, sentenza n. 10390 del 24 marzo 2022
Corte di Cassazione Penale, Sezione I, sentenza numero 10390 del 24/03/2022
Circolazione Stradale - Artt. 52 e 218 del Codice della Strada - Misure di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza - Guida senza patente o con patente negata, sospesa o revocata - Natura del veicolo condotto - Ciclomotore - Insussistenza - Non integra il reato previsto dal D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, art. 73 la condotta del soggetto sottoposto, con provvedimento definitivo, ad una misura di prevenzione personale che conduca un ciclomotore con cilindrata fino a 50 c.c., per il quale è previsto unicamente il conseguimento di un certificato di idoneità, poiché la fattispecie incriminatrice fa univoco riferimento alla conduzione degli autoveicoli e dei motoveicoli per i quali è richiesta la patente di guida.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza indicata in rubrica, pronunciata in parziale riforma di quella emessa il 13.06.2018 dal Tribunale di Cosenza all'esito di giudizio abbreviato, la Corte d'appello di Catanzaro ha confermato, per quanto qui interessa, la condanna di M. F. per il reato di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 73, commesso il (OMISSIS) e consistito nell'essersi posto alla guida di un ciclomotore sprovvisto di patente, perché mai conseguita, in periodo in cui l'imputato era sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, rideterminando la pena per il relativo titolo di reato in mesi due e giorni venti di arresto.
2. Ricorre per cassazione M. F., a mezzo del difensore, deducendo due motivi di doglianza, con cui lamenta violazione degli artt. 192 e 533 c.p.p., art. 546 c.p.p., lett. e) e D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 73, sotto il profilo dell'omessa valutazione delle deduzioni difensive circa lo stato di necessità che aveva determinato la condotta dell'imputato e circa l'insussistenza del reato in relazione alla natura di ciclomotore del veicolo condotto (primo motivo), nonché violazione dell'art. 546 c.p.p., lett. e) in relazione alla determinazione del trattamento sanzionatorio (secondo motivo).
3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha rassegnato conclusioni scritte, chiedendo l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non sussiste; il difensore dell'imputato ha fatto pervenire conclusioni scritte con cui insiste per l'accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è fondato, e riveste natura assorbente, nei termini e per le ragioni che seguono, nella parte in cui deduce l'insussistenza del reato in relazione alla natura del veicolo condotto dall'imputato
2. Questa Corte, con orientamento più volte ribadito e che deve essere confermato, ha affermato il principio per cui non integra il reato previsto dal D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, art. 73 la condotta del soggetto sottoposto, con provvedimento definitivo, ad una misura di prevenzione personale che conduca un ciclomotore con cilindrata fino a 50 c.c., per il quale è previsto unicamente il conseguimento di un certificato di idoneità, poiché la fattispecie incriminatrice fa univoco riferimento alla conduzione degli autoveicoli e dei motoveicoli per i quali è richiesta la patente di guida (Sez. 1 n. 58468 del 5/11/2018, Rv. 276152; Sez. 1 n. 6752 del 19/11/2018, dep. 2019, Rv. 274803; e, da ultima, Sez. 1 n. 4927 del 3/10/2019, dep. 5/02/2020).
La norma incriminatrice sanziona, infatti, con la pena dell'arresto da sei mesi a tre anni la condotta della persona sottoposta, con provvedimento definitivo, a misura di prevenzione personale che sia sorpresa alla guida di "un autoveicolo o motoveicolo", senza patente, o dopo che la patente sia stata negata, sospesa o revocata; nella nozione di motoveicolo richiamata dalla norma suddetta non può farsi rientrare anche quella di "ciclomotore", e ciò sulla scorta delle norme definitorie di tali categorie contenute nel codice della strada; oggetto di distinta definizione sono, invero, nel D.Lgs. n. 285 del 1992, i "ciclomotori", indicati nell'art. 52 quali "veicoli a motore a due o tre ruote", contraddistinti da a) motore di cilindrata non superiore a 50 c.c., se termico, e b) capacità di sviluppare su strada orizzontale una velocità fino a 45 km/h", da un lato, e i "motoveicoli", indicati quali "veicoli a motore, a due, tre o quattro ruote", a loro volta distinti in varie specie, dall'altro; è vero che a partire dal 19 gennaio 2013, per effetto del D.Lgs. n. 59 del 2011, art. 116, comma 1, anche per guidare i ciclomotori è necessario aver conseguito la patente di guida, ma ciò non ha fatto venire meno la distinzione tra le due categorie di veicoli anche sotto il profilo della diversità del titolo abilitativo alla guida per essi richiesto, in relazione sia all'età dei conducenti che alle differenti caratteristiche tecniche, nel senso che mentre per i ciclomotori a due ruote, con velocità massima di costruzione non superiore a 45 km/h, la cui cilindrata è inferiore o uguale a 50 cmc se a combustione interna (oppure la cui potenza nominale continua massima è inferiore o uguale a 4 kW per i motori elettrici), è prevista la patente "AM", per i motocicli sono invece richieste le patenti Al, A2 e A in base alla cilindrata e potenza massima, nonché al rapporto potenza/peso.
Alla stregua del quadro normativo di riferimento, il mero fatto dell'intervenuta previsione del conseguimento di una patente di guida anche per i conducenti di ciclomotore, con decorrenza dal 19 gennaio 2013 (e dunque in data antecedente alla condotta di guida ascritta al ricorrente) non legittima una interpretazione in virtù della quale il soggetto sottoposto a misura di prevenzione che sia stato colto alla guida di un ciclomotore privo di patente sia responsabile del reato previsto dal D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 73, e ciò perché tale veicolo non può essere, comunque, ricondotto alla nozione di motoveicolo.
L'art. 73 citato, infatti, non ha fatto altro che operare la ricognizione e l'attrazione nel testo unico, di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, del previgente L. n. 575 del 1965, art. 6, norma che, nel caso di guida di un autoveicolo o motoveicolo senza patente, o dopo che la patente fosse stata negata, sospesa o revocata, ai sensi delle disposizioni del D.P.R. n. 393 del 1959, comminava la medesima pena dell'arresto da sei mesi a tre anni, qualora si trattasse di persona già sottoposta, con provvedimento definitivo, a misura di prevenzione.
La struttura della fattispecie penale, rimandando alle norme integratrici dell'allora vigente "Testo unico sulla circolazione stradale" - fonte che già conosceva il concetto tecnico-giuridico di "ciclomotore", distinguendolo da quello di "motoveicolo" - prevedeva, proprio in virtù di tale distinzione, solo per i motoveicoli il possesso della patente quale documento necessario per la relativa guida, mentre per il conducente del ciclomotore era sufficiente avere con se’ un documento dal quale si potesse rilevare l'età del conducente; il chiaro riferimento, operato dalla norma, al duplice presupposto oggettivo della guida di un motoveicolo - categoria normativamente distinta da quella del ciclomotore - e del difetto di patente (documento necessario per la guida dei motoveicoli, ma non per quella dei ciclomotori) in capo al conducente sottoposto a misura di prevenzione definitiva costituiva frutto evidente di una scelta legislativa volta a escludere per il conducente di un ciclomotore le conseguenze sanzionatorie previste dalla L. n. 575 del 1965, art. 6.
Il legislatore delegato del 2011, procedendo alla ricognizione delle norme vigenti in materia di misure di prevenzione, ha riprodotto il citato art. 6 nel D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 73, senza alcuna sostanziale innovazione.
Poiché il D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, è entrato in vigore (per la parte che qui rileva) il 13 ottobre 2011, dopo l'emissione, il 18 aprile 2011 del D.Lgs. n. 59 del 2011, che ha previsto, a far data dal 19 gennaio 2013, la necessità del conseguimento della patente di guida (di categoria "AM") per i conducenti dei ciclomotori, deve concludersi che, ove il D.Lgs. n. 159 del 2011 avesse voluto rimodellare la fattispecie penale di cui all'art. 73, recependo la novità normativa introdotta nel codice della strada, al fine di estendere la punibilità della condotta ivi sanzionata ai conducenti di ciclomotori, avrebbe modificato i dati strutturali della fattispecie incriminatrice, essendo già nota la sopravvenuta necessità di abilitazione anche per la guida dei ciclomotori.
Tutti gli indici interpretativi rilevanti per chiarire l'ambito di applicazione del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 73 inducono dunque a concludere che, in mancanza di un intervento normativo, è rimasta immutata la distinzione riguardante le categorie dei motoveicoli e dei ciclomotori, con l'effetto che la platea dei destinatari della norma incriminatrice in esame non può ritenersi suscettibile di ampliamento mediante l'inserimento nella sua sfera di disciplina anche dei conducenti di ciclomotori per il solo fatto che anche per loro è ora necessario il conseguimento del titolo per l'abilitazione alla guida; opinando in senso contrario, si perverrebbe a un inammissibile superamento del divieto di analogia in malam partem vigente in materia penale ai sensi dell'art. 1 c.p., dell'art. 14 preleggi e dell'art. 25 Cost..
3. Poiché la condotta ascritta all'imputato è quella di avere guidato, privo dell'apposita patente di guida perché mai conseguita, un ciclomotore (marca Malaguti, modello Ciak), il reato di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 73 non sussiste, e la sentenza impugnata deve, sul punto, essere annullata senza rinvio.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.
Così deciso in Roma, il 17 febbraio 2022.
Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2022.
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