Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Civile, Sezione sesta - sottosezione 3, sentenza n. 9948 del 28 marzo 2022

 

Corte di Cassazione Civile, Sezione VI - 3, ordinanza numero 9948 del 28/03/2022
Circolazione Stradale - Artt. 157 e 193 del Codice della Strada - Arresto, fermata e sosta dei veicoli - Assicurazione RCA - Risarcimento per lesioni provocato da caduta di motoveicolo durante l'arresto - Il concetto di circolazione stradale di cui all'art. 2054 c.c., include anche la posizione di arresto del motoveicolo anche in relazione alle operazioni propedeutiche alla partenza o connesse alla fermata e rispetto a tutte le operazioni che il veicolo è destinato a compiere e per il quale può circolare sulle strade, avuto naturalmente riguardo per le cause intrinseche o estrinseche che hanno provocato l'evento.


RITENUTO IN FATTO

1. In riforma della sentenza di primo grado, la Corte d'appello di Lecce, Sezione Distaccata di Taranto, ha rigettato la domanda risarcitoria proposta da F. P. nei confronti di M. G. e della D. V. A. V. Insurance Group, per i danni subiti a seguito di sinistro occorso in data (OMISSIS), alle ore 6 ca. del mattino.

Secondo quanto dedotto dall'attore era accaduto che egli, dopo esser disceso del motociclo Honda sul quale era stato trasportato dal proprietario, M. G., non essendo quest'ultimo riuscito a issare il mezzo sul cavalletto, nella conseguente caduta dello stesso, ne veniva colpito alla gamba e al piede sinistro.

In motivazione la corte tarantina, escluso il valore probatorio della dichiarazione contenuta nel modulo di constatazione amichevole compilato dal M., ed escluso altresì che indicazioni utili potessero desumersi dall'attestato dell'intervento del 118 e dal referto di P.S., ha rilevato che l'unica emergenza istruttoria era rappresentata dalla deposizione del teste L., amico del F., il quale aveva affermato di non aver visto il momento in cui la moto era caduta ma che, "richiamato dal rumore della caduta della moto", aveva constatato che il F. "aveva la gamba (senza specificare se fosse la sinistra o la destra) incastrata sotto la moto" e, rispondendo a domanda, aveva aggiunto che, nel momento in cui si girava a guardare cosa fosse successo, "il M. era già intento a sollevare la moto".

Ha quindi osservato che non risultava provata la dinamica del sinistro così come descritta in domanda, ossia che la caduta della moto fosse dipesa da un erroneo inserimento del cavalletto o per difetto del medesimo, versioni già di per se’ "non proprio sovrapponibili", ne' queste potevano considerarsi come le uniche cause possibili, "giacché la sosta può essere equiparata alla circolazione solo se il sinistro sia eziologicamente collegabile ad essa e non ad una causa autonoma, ivi compreso il fortuito, sufficiente a determinarlo".

Ha soggiunto che peraltro il c.t.u., nel replicare alle osservazioni del consulente di parte convenuta, aveva affermato la compatibilità delle lesioni accertate con la caduta accidentale della moto, facendo riferimento (oltre che alle notizie anamnestiche ed al cartellino del servizio del 118) anche al "modello CID in cui il proprietario della moto conferma la dinamica dell'incidente riferita dall'attore" ed aveva pertanto, in tal modo, espresso un apprezzamento circa l'accadimento o meno del fatto, non di sua competenza.

Ha in definitiva rigettato la domanda, in accoglimento dell'appello, affermando, in iure, che "la presunzione di responsabilità opera solo se è stata data la prova del fatto storico, integrante la circolazione del veicolo secondo le modalità indicate, la quale manca nella specie", e che, "in assenza di detta prova porre l'onere di provare il caso fortuito a carico del danneggiante comporta un'inversione ingiustificata dell'onere della prova circa le cause del sinistro, di cui per espressa previsione di legge è onerato il danneggiato".

4. Avverso tale sentenza F. P. propone ricorso con due mezzi.

Vi si oppone, depositando controricorso, D. Italia S.p.a., in qualità di cessionaria in forza di contratto di cessione del ramo di azienda, della Compagnia D. V. A. V. Insurance Group. Quest'ultima e M. G. restano intimati.

5. Essendo state ritenute sussistenti le condizioni per la trattazione del ricorso ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, che è stata notificata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza della Corte.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione ed omessa applicazione dell'art. 2054 c.c., ed erronea applicazione dell'art. 2697 c.c., per avere la corte di merito ritenuto non applicabile alla fattispecie in esame la prima di dette norme sol perché la moto, prima di rovinare sulla gamba del F., era in posizione di arresto.

Rileva che, secondo consolidata giurisprudenza, la nozione tecnico-giuridica di circolazione stradale assunta dall'art. 2054 c.c., ha una connotazione diversa e più ampia rispetto a quella che il termine circolazione assume nel linguaggio comune, dovendo comprendere anche la "circolazione statica", ossia anche i momenti di quiete dei veicoli, e dunque anche la situazione di arresto o di sosta di un veicolo su strada o area pubblica di pertinenza della stessa, comprese le operazioni propedeutiche alla partenza o connesse alla fermata.

Sostiene che, pertanto, essendo nella specie incontestato che il motoveicolo del M. era rovinato sulla gamba di esso ricorrente appena sceso dalla medesima e quando non era più in movimento, deve trovare applicazione la presunzione di responsabilità gravante sul conducente per i danni arrecati a cose o persone, la quale può essere superata solo se quest'ultimo provi "di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno".

Sarebbe stato dunque onere del M. e del suo assicuratore provare la causa della caduta della moto e, di conseguenza, di aver fatto tutto il possibile per evitarla (donde la pure denunciata erronea applicazione dell'art. 2697 c.c.).

E' di contro irrilevante, ai fini della decisione, che il teste non avesse precisato, nei dettagli, le modalità della caduta della moto.

2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta che la corte di appello, in conseguenza dell'ingiusto accoglimento dell'appello principale, ha errato a non accogliere l'appello incidentale relativo all'errata liquidazione del compenso d'avvocato effettuata dal primo giudice.

3. Il primo motivo è fondato.

Costituisce dato fattuale accettato come veritiero anche in sentenza che, nelle circostanze di luogo e di tempo indicate, il F. sia finito con una gamba incastrata sotto la moto del M., caduta di lato.

Secondo la corte di merito, per applicare la presunzione di responsabilità posta dall'art. 2054 c.c., comma 1, tanto non basta, ma sarebbe stato necessario anche provare, con onere a carico del danneggiato, che la caduta fosse stata causata dalla sosta della moto (ovvero, se ben si comprende l'inciso sopra riportato, da una operazione legata alla sosta che potesse ricondurre questa al concetto di circolazione).

L'assunto è poco perspicuo e, in ogni caso, erroneo.

Sembra postulare la sentenza l'esistenza di una accezione ristretta di sosta alla quale occorrerebbe far riferimento per poterla equiparare al concetto di circolazione ai fini dell'applicazione della norma codicistica citata.

Quale però debba essere tale più ristretto ambito semantico non è spiegato, ne’ perché nel caso esso non possa servire a definire il fatto come accertato (caduta della moto da posizione di sosta).

Occorre rammentare al riguardo che, come definitivamente chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte, "il concetto di circolazione stradale di cui all'art. 2054 c.c., include anche la posizione di arresto del veicolo e ciò in relazione sia all'ingombro da esso determinato sugli spazi addetti alla circolazione, sia alle operazioni propedeutiche alla partenza o connesse alla fermata, sia, ancora, rispetto a tutte le operazioni che il veicolo è destinato a compiere e per il quale può circolare sulle strade. Ne consegue che per l'operatività della garanzia per R.C.A. è necessario che il veicolo, nel suo trovarsi sulla strada di uso pubblico o sull'area ad essa parificata, mantenga le caratteristiche che lo rendano tale in termini concettuali e, quindi, in relazione alle sue funzionalità non solo sotto il profilo logico ma anche delle eventuali previsioni normative, risultando invece indifferente l'uso che in concreto se ne faccia, sempreché esso rientri nelle caratteristiche del veicolo medesimo" (Cass. Sez. U. 29/04/2015, n. 8620).

Alla luce di tale principio non può dubitarsi che anche il movimento del motoveicolo che non mantenga la posizione di arresto a margine della strada e si riversi su un fianco rientra nel concetto di circolazione rilevante ai fini in questione.

E' ben vero che tale movimento potrebbe essere determinato non da cause intrinseche (nella specie mal funzionamento o erroneo inserimento del cavalletto) ma estrinseche (es. spinta determinata da altro mezzo o altro fattore), queste ultime però agirebbero per l'appunto quale fattore, esterno e preponderante, idoneo ad assumere per intero esclusiva efficacia causale ed elidere il secondo anello causale (tra caduta della moto ed evento dannoso), così configurando - se non prevedibile nè evitabile - caso fortuito idoneo ad escludere la responsabilità ex art. 2054 c.c..

La prova però di tale evento estraneo incombe sul presunto responsabile (tenuto, secondo il chiaro tenore letterale della norma, a provare di "aver fatto tutto il possibile per evitare il danno") non già - come sembra affermare la corte d'appello - sul danneggiato, al quale è sufficiente allegare e provare il fatto lesivo (caduta della moto) ed il nesso causale tra lo stesso e l'evento di danno.

4. A tal ultimo riguardo, giova soggiungere che le considerazioni che in sentenza (da fine di pag. 6 fino a metà di pag. 7) sono dedicate alla "risposta del c. t. u.... alle osservazioni del c. t. di parte convenuta circa la dichiarata dal c.t.u. e non condivisa compatibilità delle lesioni della caviglia e del piede sinistro con la caduta della moto sopra al F." - risposta giudicata dalla corte territoriale "insoddisfacente" perché, nel confermare la compatibilità delle lesioni, il c.t.u. non avrebbe replicato a quelle osservazioni del c.t.p. di parte sul piano tecnico astratto ma facendo riferimento alle modalità del sinistro - non sono leggibili come volte a negare la prova ne della storicità del fatto (caduta della moto sopra la gamba del F.) ne’ del nesso di causa tra fatto ed evento dannoso (lesioni accertate) ma solo a negare che da quella risposta del c.t.u. potesse trarsi conferma delle modalità del fatto: il consulente cioè avrebbe, secondo la Corte, decampato dal suo compito nel confermare che la caduta della moto era avvenuta per le ragioni descritte dall'attore, conferma che a lui non era richiesto di dare.

In definitiva l'esposto rilievo non sembra deporre per un accertamento positivo di esclusione del nesso eziologico ma piuttosto per un giudizio di insufficienza del mezzo istruttorio in quanto tale e quindi una sorta di messa fuori campo dalle risultanze istruttorie utilizzabili.

4. Il secondo motivo va invece dichiarato inammissibile.

Esso investe infatti una questione (la correttezza della liquidazione dei compensi d'avvocato effettuata dal giudice di primo grado in favore di parte attrice quale conseguenza dell'accoglimento, in quella sede, della domanda) che in appello era rimasta assorbita per effetto dell'accoglimento dell'appello principale che, determinando la riforma integrale della decisione di primo grado, aveva ovviamente travolto (per effetto espansivo interno della riforma, ex art. 336 c.p.c., comma 1) la statuizione sulle spese (della quale la parte vittoriosa in primo grado si doleva, con l'appello incidentale, in quanto riduttiva).

Va al riguardo ribadito che nel giudizio di legittimità introdotto a seguito di ricorso per cassazione non possono trovare ingresso, e perciò non sono esaminabili, le questioni sulle quali, per qualunque ragione, il giudice inferiore non si sia pronunciato per averle ritenute assorbite in virtù dell'accoglimento di una questione preliminare di una o eccezione pregiudiziale, mancando in tal caso la soccombenza che costituisce il presupposto dell'impugnazione, con la conseguenza che, in dipendenza della cassazione della sentenza impugnata per l'accoglimento del motivo attinente alla questione assorbente, l'esame delle ulteriori questioni oggetto di censura va rimesso al giudice di rinvio, salva l'eventuale ricorribilità per cassazione avverso la successiva sentenza che abbia affrontato le suddette questioni precedentemente ritenute superate (cfr. Cass. n. 23558 del 05/11/2014; n. 4804 del 01/03/2007).

5. In accoglimento del ricorso, la sentenza deve pertanto essere cassata, con rinvio al giudice a quo, al quale va anche demandato il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara inammissibile il secondo; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia la causa ad altra sezione della Corte d'appello di Lecce, comunque in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 17 marzo 2022.

Depositato in Cancelleria il 28 marzo 2022.

 

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