Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Civile, Sezione terza, ordinanza n. 5760 del 22 febbraio 2022

 

Corte di Cassazione Civile, Sezione III, ordinanza numero 5760 del 22/02/2022
Circolazione Stradale - Artt. 149 e 193 del Codice della Strada - Incidente stradale - Distanza di sicurezza tra veicoli - Tamponamento - Responsabilità - In caso di tamponamento tra veicoli trova applicazione la presunzione di responsabilità esclusiva a carico del conducente del veicolo investitore avendo violato la norma sulla distanza di sicurezza ai sensi dell'art. 149 del vigente C.d.S., e non la presunzione di corresponsabilità di cui all'art. 2054 c.c.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Nei confronti della sentenza n. 2924/2017, pubblicata il 26 giugno 2017 dalla Corte d'appello di Napoli, non notificata, hanno proposto ricorso per cassazione, articolato in dieci motivi ed illustrato da memoria, i sigg. Vi.Fi., T., V., Ma., P., A., An. e M., in proprio e nella qualità di eredi di V.M.M. e di V.F. nato il (OMISSIS), nonchè V.F., nato il (OMISSIS), in proprio, nei confronti di UnipolSai Ass.ni s.p.a., di D.S.G.P., in proprio e n. q. di erede del defunto D.S.A., D.S.M.S. e Z.I., queste ultime n. q. di eredi del defunto D.S.A..

2. - Resiste con controricorso D.S.G.P..

3. - Resiste con controricorso la UnipolSai s.p.a..

4. - Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

5. - La causa è stata avviata alla trattazione in pubblica udienza.

6. - Questi i fatti, per quanto ancora qui rilevino:

- nel marzo 2001 i signori V.F. e Fi., in proprio e in qualità di eredi della figlia minore V.M.M., e i sig. V.T., V., Ma., P., A., An. e M., in proprio e quali germani della defunta V.M.M. nonchè il solo V.T. quale germano della V.M.M. ed anche quale rappresentante del figlio minore V.F. convenivano in giudizio D.S.A. e D.S.G.P., affinchè fossero condannati a risarcire i danni riportati dagli attori a seguito della morte della minore V.M.M., provocata il (OMISSIS) da un incidente stradale, in cui la bicicletta condotta dalla minore era stata investita da tergo dall'auto di proprietà di D.S.A. e condotta da D.S.G.P.. Le due cause venivano riunite;

- nell'ottobre 2004 la Unipol Assicurazioni SPA, compagnia assicuratrice per la r.c.a. della vettura del D.S., poneva a disposizione degli attori la somma complessiva di Euro 515.000,00, che veniva accettata in conto del maggior avere;

- all'esito del giudizio di primo grado, il Tribunale di Napoli, con sentenza n. 8738 del 2008, in applicazione della presunzione di corresponsabilità dettata dall'art. 2054 c.c., comma 2, accertata la colpa concorrente dei due conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro, condannava i D.S. in solido al risarcimento del 50% del danno biologico e morale subito dalla minore, deceduta dopo un'apprezzabile lasso di tempo dall'incidente, e devoluto per successione ai suoi eredi nonchè del danno morale proprio subito dai genitori e dai fratelli.

7. - Nel corso del giudizio di appello la causa, dopo esser stata trattenuta in decisione, veniva rimessa due volte sul ruolo per procedere ad alcuni approfondimenti istruttori: l'interrogatorio formale del D.S., l'assunzione delle prove testimoniali richieste dagli appellanti e in precedenza non ammesse.

8. - L'appello principale dei V. veniva rigettato quanto alla prospettazione dell'accaduto in termini di tamponamento, con conseguente applicazione dell'art. 149 L. Ass., anzichè come scontro tra veicoli, con applicazione della presunzione di corresponsabilità ex art. 2054 c.c., comma 2, essendo rimasta incerta l'effettiva dinamica del sinistro, ma accolto in parte sul quantum, con rideterminazione più favorevole degli importi; veniva rigettata la domanda di V.T. quale legale rappresentante del minore Vi.Fr. al risarcimento del danno non patrimoniale da questi subito e veniva rigettato l'appello incidentale della Unipol SPA volto ad ottenere il rigetto della domanda nei suoi confronti.

8.1 - Nella sentenza impugnata la Corte d'appello preliminarmente afferma che non le è precluso il giudizio sulla responsabilità perchè esclude che dal comportamento processuale dei convenuti emerga la non contestazione della esclusiva responsabilità del conducente della autovettura. Esclude altresì che il riconoscimento della responsabilità esclusiva del conducente dell'autoveicolo possa evincersi dal pagamento degli acconti in corso di causa da parte della compagnia di assicurazione.

8.2 - Rigetta i motivi di appello relativi alla dinamica dell'incidente stradale, ricostruendolo, anche a seguito degli approfondimenti istruttori eseguiti in appello, in termini di scontro tra veicoli, e non di tamponamento, ritenendo che nè le dichiarazioni testimoniali nè l'interrogatorio formale nè i rilievi effettuati consentano di addebitare la responsabilità esclusiva dell'evento in capo a uno dei due conducenti e neppure di ricostruire con assoluta precisione la dinamica del sinistro. Ritiene accertato che la autovettura Ford procedesse a velocità elevata, o comunque non adeguata allo stato dei luoghi quando si trovava investire con la parte anteriore sinistra la ciclista; accerta che la ciclista era stata investita quando la bicicletta si trovava già in posizione diagonale rispetto al senso di marcia dei due veicoli, rimanendo ignoto se la minore avesse segnalato la sua intenzione di svoltare a sinistra oppure se procedesse sulla strada con andamento ondivago. Conferma l'applicazione della presunzione di corresponsabilità di cui all'art. 2054 c.c., comma 2, non essendo stato possibile accertare in concreto le cause nè il grado delle colpe incidenti nella produzione dell'evento dannoso.

8.3 - Accoglie in parte i motivi di appello relativi alla liquidazione del danno non patrimoniale, affermando che dovessero essere utilizzate per la liquidazione del danno le tabelle milanesi, non in quanto aventi valore normativo ma nel senso che esse rispecchino i parametri di individuazione di un corretto esercizio del potere di liquidazione del danno non patrimoniale in via equitativa, secondo quanto previsto dall'art. 1226 c.c.. Riforma quindi la sentenza di primo grado sul punto sia perchè non rispettosa delle tabelle milanesi sia perchè ritiene che il danno sia stato liquidato in misura troppo esigua rispetto alle emergenze del caso concreto. La Corte d'appello ricorda che le tabelle hanno un range che consente la personalizzazione del danno alla luce dei parametri dalle stesse indicati, e ridetermina il quantum in considerazione di essi, reputando opportuno distinguere tra il danno patito dai genitori e il danno patito dai fratelli, riducendo poi l'importo ottenuto al 50% in funzione del concorso.

8.4 - Rigetta il motivo d'appello relativo al mancato riconoscimento del danno in favore di V.T. quale legale rappresentante del figlio minore Fr. per il danno da quest'ultimo patito a seguito del decesso di M.M., in ragione della mancanza di prova di un rapporto affettivo significativo, testimoniata dalla mancanza di convivenza, tra V.M.M. e il nipote Fr..

8.5 - Rigetta infine la domanda degli appellanti anche laddove hanno chiesto di estendere la copertura assicurativa oltre il massimale di polizza in ragione della mala gestio contrattuale. Conferma su questo punto la valutazione del giudice di primo grado che ha escluso la ricorrenza della mala gestio: ribadisce che occorre distinguere la mala gestio impropria, relativa ai rapporti assicuratore-danneggiato dalla mala gestio propria, riconducibile ai rapporti assicuratore-assicurato, e segnala che coerentemente nella vicenda in esame gli appellanti principali, presunti danneggiati, hanno invocato la mala gestio cosiddetta impropria dell'assicurazione consistente nel suo colpevole ritardo nel pagare il richiesto indennizzo, e tuttavia esclude che sussista la prova di ciò, emergendo per contro l'avvenuta messa a disposizione di una congrua somma da parte dell'assicurazione prima ancora dell'acquisizione della prova orale, sulla base della sola prospettazione della dinamica del sinistro.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso principale.

9. - Con il primo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli artt. 88, 112, 163, 166, 167, 180 e 183 c.p.c. e art. 111 Cost., la violazione del principio di non contestazione e la nullità della sentenza e del procedimento.

Sostengono di aver ricostruito i fatti, sin dall'atto di citazione, nel senso del tamponamento della bicicletta, condotta dalla bambina, da parte della vettura del convenuto che sopraggiungeva da tergo ad altissima velocità e la travolgeva, facendola rimbalzare sul parabrezza e rovinare al suolo gravemente ferita, e che questa ricostruzione della dinamica dei fatti, in primo grado, non sia stata affatto contestata dai convenuti, che non avrebbero allegato neppure fatti impeditivi o estintivi. La non contestazione avrebbe esentato gli attori dal provare che quella ricostruzione dei fatti corrispondesse alla reale dinamica. Ciò nonostante, il giudice di primo grado ha applicato la presunzione di corresponsabilità prevista dall'art. 2054 c.c., comma 2, in caso di scontro di veicoli e, pur a fronte delle censure degli appellanti, identico errore è stato ripetuto dal giudice di appello, che ha escluso si trattasse di fatti non contestati, avendo sempre i convenuti lamentato il comportamento imprudente della vittima, che compiva una manovra improvvisa spostandosi sul margine sinistro della sua carreggiata. Il giudice di appello, nel valutare la responsabilità della conducente della bicicletta, non avrebbe rispettato l'operante non contestazione e la preclusione processuale formatasi.

10. - Il motivo è infondato.

Come ricordato dal giudice di appello, la non contestazione concerne il verificarsi o meno di un fatto, e non una valutazione, come è quella che in una determinata situazione da cui è derivato un danno, accerta le responsabilità, e quindi il principio non è richiamato in maniera pertinente in riferimento alla situazione in esame.

Inoltre, la corte d'appello precisa che i fatti stessi sono stati contestati, ovvero ricostruiti diversamente dai D.S., che hanno evidenziato da subito un comportamento imprudente della bambina, da tener in conto ai fini del calcolo delle responsabilità e, prima ancora, ai fini della ricostruzione della dinamica del sinistro in termini di scontro tra veicoli anzichè di tamponamento. L'altra controricorrente, la compagnia di assicurazioni Unipol, ha a sua volta da sempre contestato anche l'an. 11. - Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 167, 180, 183, 189 c.p.c., nonchè artt. 24 e 111 Cost., l'omesso esame delle domande e delle conclusioni delle parti, la violazione del thema decidendum desumibile dalle domande e dalle conclusioni delle parti nonchè la nullità della sentenza e del procedimento.

Censurano sotto un diverso profilo il fatto che la sentenza d'appello abbia preso in considerazione anche il comportamento tenuto dalla vittima in occasione del verificarsi dell'incidente, al fine di valutare se fosse superabile o meno la presunzione di corresponsabilità, senza ritenere cessata la materia del contendere in ragione del comportamento processuale tenuto dai convenuti, in considerazione della messa a disposizione di una cospicua somma di denaro da parte dell'assicurazione, a cui i danneggiati attribuiscono valore di pieno riconoscimento della responsabilità del proprio assistito.

Rilevano in particolare che i D.S. avrebbero contestato in appello soltanto la misura del quantum debeatur e non l'an; riconoscono che la compagnia di assicurazione ebbe a contestare sia l'an che il quantum debeatur, però attribuiscono valore determinante all'offerta banco iudicis effettuata dalla compagnia di assicurazione di una somma per ciascuna vittima alla quale non si sarebbe accompagnata la contestazione dell'an ma solo la richiesta di ritenere satisfattive le prestazioni erogate e quindi di dichiarare la cessazione della materia del contendere. Quindi, sostengono i ricorrenti, l'Unipol avrebbe rinunciato a contestare l'an limitando il suo tema alla sola congruità dell'offerta effettuata per cui il giudice d'appello non avrebbe potuto ulteriormente pronunciarsi sulle responsabilità dei soggetti coinvolti nel sinistro.

12. - Il motivo è infondato.

La corte d'appello ha ritenuto, conformemente ai principi più volte affermati da questa Corte, che dal comportamento processuale degli appellati non si potesse desumere alcuna rinuncia, mancando non solo una dichiarazione espressa, ma anche un comportamento processuale univoco e inequivocabile in tal senso, a fronte del quale soltanto si può desumere la volontà della parte di rinunciare alle proprie domande o di coltivare le proprie difese (v. in questo senso Cass. n. 7181 del 2018: "L'acquiescenza tacita alla sentenza ex art. 329 c.p.c., salvo i casi di nullità degli atti processuali (art. 157 c.p.c., comma 3), sussiste solo quando l'interessato abbia posto in essere atti dai quali sia possibile desumere, in maniera precisa ed univoca, il proposito di non contrastare, in tutto o in parte, gli effetti giuridici della pronuncia, e non anche le risultanze probatorie, come, ad esempio, la relazione di un consulente tecnico di ufficio, sulle quali la stessa sia stata pronunciata").

Ha motivatamente escluso, nell'ambito di questa valutazione, che l'offerta della compagnia di assicurazioni di mettere a disposizione parte del massimale disponibile ai danneggiati potesse essere ritenuta segno univoco di non contestazione dell'esclusiva responsabilità del proprio assicurato, in quanto essa integra comunque un comportamento responsabile della convenuta, all'interno di una situazione in cui emerga chiara quanto meno la corresponsabilità del proprio assistito, ed atta ad escludere, a sua carico, ogni rischio di addebito di un comportamento vanamente inerte, atto a configurare la mala gestio impropria.

13. - Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli artt. 2054, 2697, 2727 e 2729 c.c., del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 149, nonchè l'erronea applicazione della presunzione di pari responsabilità dei due conducenti.

Segnalano che fin dal primo grado, la situazione di fatto è stata ricostruita dal giudice in termini di scontro tra veicoli, e non di tamponamento, e che pertanto, non essendo stato possibile ricostruire l'esatta dinamica del sinistro, e quindi superare la presunzione stessa con l'affermazione in concreto delle singole responsabilità, è stata applicata la presunzione di pari responsabilità, con conseguente abbattimento dell'obbligo di risarcimento a carico dei D.S. nella misura del 50%.

Sostengono i ricorrenti che la fattispecie concreta sia stata sussunta sotto la norma sbagliata, in quanto, attesa la dinamica, in cui l'investimento è avvenuto con veicolo proveniente da tergo, diversa era la regola di diritto da applicare: non l'art. 2054 c.c., comma 2, ma l'art. 149 C.d.S., che disciplina il tamponamento fra veicoli, e prevede, qualora non si riesca a stabilire l'effettiva dinamica del sinistri, che operi la diversa presunzione di mancato rispetto della distanza di sicurezza in capo al veicolo che proviene da tergo, da cui deriva la responsabilità esclusiva del veicolo investitore, ove non superata dagli accertamenti dell'effettiva dinamica.

14. - Il motivo è fondato.

La corte d'appello ritiene provati alcuni dati di fatto: in particolare, ritiene provato (pag. 14 del provvedimento impugnato) che la bicicletta condotta dalla minore, al momento dell'impatto, venne investita da dietro dalla vettura del D.S., che transitata a velocità troppo elevata o comunque non adeguata ai limiti consentiti nel centro stradale (venendo sbalzata in aria e ricadendo sul parabrezza del veicolo) allorchè si trovava davanti al veicolo investitore, già posta diagonalmente al senso di marcia dei due veicoli (forse perchè in procinto di svoltare a sinistra, o forse perchè aveva un andamento ondivago). Afferma che, dagli elementi acquisiti non è stato possibile provare l'effettiva dinamica del sinistro.

Ciò nonostante, non essendo riuscita a ricostruire l'effettiva dinamica del sinistro, esclude l'applicazione della norma sul tamponamento tra veicoli (art. 149 C.d.S.) ed applica la presunzione di corresponsabilità prevista in caso di scontro tra veicoli (art. 2054 c.c., comma 2). Premesso che sull'accertamento dei fatti compiuto dal giudice di merito questa Corte non può entrare, compete però al giudice di legittimità la verifica della corretta qualificazione giuridica dei fatti oggetto di controversia da parte del giudice di merito, verificando se essi siano stati ricondotti sotto l'ambito di applicazione della norma che contiene gli elementi della fattispecie concreta sottoposti al suo esame, ed anche verificare la correttezza delle ricadute di tale inquadramento in relazione alla regola probatoria da seguire per la risoluzione del caso di specie.

Nel caso in esame - in cui i fatti accertati si fondavano sulla circostanza acclarata che la ragazzina, che precedeva, sia stata investita da tergo dal veicolo, che la seguiva, l'evento prospettato doveva essere ricondotto dal giudice di merito, con i poteri sopra descritti, non all'interno dell'art. 2054 c.c., comma 2, bensì all'interno della disciplina dettata dall'art. 149 C.d.S., in riferimento alla fattispecie del tamponamento tra veicoli, e di conseguenza doveva essere applicata la diversa regola probatoria ivi prevista: non la presunzione di corresponsabilità, ma la presunzione di responsabilità esclusiva a carico del conducente del veicolo investitore, che si trova nella presunzione di fatto di aver violato la distanza di sicurezza. Il diverso inquadramento normativo ha una ricaduta anche sulla regola probatoria da applicare: è il conducente del veicolo che segue il soggetto onerato della prova liberatoria, di non aver potuto rispettare la distanza di sicurezza, e quindi evitare l'investimento, per ragioni esulanti dalla sua volontà e dalla sua sfera di controllo (v. Cass. n. 21513 del 2020, Cass. n. 8051 del 2016, Cass. n. 6193 del 2014).

15. - Con il quarto motivo il ricorrente V.F. lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2059 c.c., nonchè artt. 2, 13, 29, 30 e 31 Cost., in riferimento all'erroneo rigetto della domanda di risarcimento del danno non patrimoniale per la perdita del congiunto da lui formulata, in quanto familiare non convivente.

16. - Il motivo è infondato, anche se va corretta la motivazione sul punto.

Vi.Fr. è figlio di T., uno dei fratelli maggiori della vittima, aveva solo cinque mesi al momento della morte della ragazzina (nato a (OMISSIS), mentre la ragazzina moriva a (OMISSIS)), ed abitava con la sua famiglia in una casa diversa dalla casa di abitazione della minore. La sentenza impugnata rigetta la domanda, escludendo che lo stesso potesse vantare "Un autonomo e distinto diritto risarcitorio giuridicamente apprezzabile in termini di immediatezza e di diretta efficienza causale tra l'azione lesiva decesso della congiunta e il danno vantato": dopo questa corretta premessa, la motivazione prosegue argomentando il rigetto della domanda facendo espresso riferimento al dato della mancata convivenza. Su questo punto, la motivazione è errata e va corretta, atteso che da Cass. 21230 del 2016 in poi, questa Corte ha superato il proprio precedente orientamento, sul punto della rilevanza dirimente, in caso di domanda di risarcimento del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale, proposta "iure proprio" dai congiunti dell'ucciso, della convivenza. Si è infatti affermato che, ai fini della prova di un effettivo rapporto d'affetto col defunto, i congiunti devono provare la effettività e la consistenza della relazione parentale, rispetto alla quale il rapporto di convivenza non assurge a connotato minimo di esistenza, ma può costituire elemento probatorio utile a dimostrarne l'ampiezza e la profondità, si è aggiunto (in particolare in riferimento al rapporto nonni-nipoti), che esso non può essere ancorato esclusivamente alla convivenza, per essere ritenuto giuridicamente qualificato e rilevante, escludendo automaticamente, nel caso di non sussistenza della stessa, la possibilità per tali congiunti di provare in concreto l'esistenza di rapporti costanti di reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto.

Deve tuttavia ritenersi che possa essere tenuto fermo l'esito del giudizio in relazione a questo punto della controversia perchè emerge dal complesso della trattazione dedicata al diritto al risarcimento del danno non patrimoniale vantato dal nipote Fr. nei confronti della giovane zia che la corte abbia rigettato la domanda sul punto avendo implicitamente escluso l'effettività della relazione parentale ovvero che non vi fossero elementi atti a ritenere che tra i due ci fosse stato il tempo e il modo di costruire un rapporto affettivo di un qualche rilievo, la cui perdita potesse essere apprezzabile sotto il profilo del danno non patrimoniale.

Pur dovendosi espungere dalla motivazione l'affermazione - errata-relativa alla rilevanza preclusiva della non convivenza, la soluzione di rigetto resiste alle critiche avendo la corte escluso, implicitamente considerando tutte le circostanze del caso concreto, ed in particolare la tenerissima età dell'attore, che non viveva neppure nello stesso contesto familiare della giovane zia (circostanza non dirimente ma non priva di una sua rilevanza), che tra i due potesse esistere un rapporto affettivo significativo, e che quindi egli abbia subito una perdita risarcibile come danno non patrimoniale.

17. - Con il quinto motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 342 c.p.c., nonchè la violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, l'omessa pronuncia, la nullità della sentenza e del procedimento. In particolare, sostengono di aver formulato due distinte ed autonome domande di mala gestio che il giudice di merito avrebbe dovuto partitamente esaminare, la prima di mala gestio in senso proprio, volta ad ottenere la condanna della società di assicurazioni senza alcun limite del massimale di polizza, la seconda di mala gestio in senso improprio o di ritardo nell'adempimento, volta ad ottenere la condanna della predetta società oltre il limite del massimale per rivalutazione monetaria e il danno da ritardo. Lamentano che il giudice d'appello abbia esaminato e rigettato esclusivamente la domanda di mala gestio impropria escludendo la configurabilità di un danno da ritardo in capo all'assicurazione.

18. - Con il sesto motivo lamentano la violazione e falsa applicazione degli artt. 1174, 1175, 1176, 1218, 1375 c.c. e art. 1460 c.c., u.c., nonchè artt. 1917 e 2900 c.c., nonchè artt. 2, 24 e 111 Cost., infine della L. n. 990 del 1969, art. 18, in particolare lamentano l'erroneo rigetto della domanda di mala gestio in senso stretto o proprio dell'impresa di assicurazione e la sua mancata condanna al risarcimento del danno in favore dei ricorrenti senza alcun limite.

19. - Con il settimo motivo i ricorrenti lamentano l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, consistente nella formulazione, da parte loro verso la compagnia di assicurazioni del danneggiante, di una proposta transattiva.

20. - Il quinto, il sesto e il settimo motivo possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi, e sono infondati.

Con essi i ricorrenti censurano la sentenza impugnata, sotto i diversi profili indicati, della omessa pronuncia, poi della violazione di legge, e poi del vizio di motivazione, laddove non avrebbe preso in considerazione la domanda di mala gestio propria della compagnia di assicurazioni da essi formulata.

Atteso che la mala gestio propria concerne esclusivamente i rapporti tra assicurazione e assicurato, se la Corte d'appello avesse esaminato la domanda proposta anche sotto questo aspetto non avrebbe potuto che dichiararla inammissibile, atteso che nulla può pretendere il terzo danneggiato dalla compagnia di assicurazioni del danneggiante sotto il profilo della mala gestio propria. Essa ha implicitamente ritenuto che fosse stata proposta solo la domanda di mala gestio impropria, la sola pertinente ai rapporti tra danneggiato e assicuratore del danneggiante, e pertanto ha preso in considerazione la domanda nel solo profilo che potesse portare ad una sua valutazione nel merito e all'eventuale accoglimento di essa, quello della mala gestio impropria, che concerne i rilievi che può muovere il terzo danneggiato alla compagnia di assicurazioni per il ritardo con il quale è intervenuta soccorso del proprio assicurato e ove lo ritenga fondato può ritenere la compagnia tenuta anche a corrispondere sul massimale rivalutazione ed interessi, in tal modo riparando al danno da ritardo subito dal danneggiato. Nel caso di specie la Corte d'appello ha considerato questo profilo e motivatamente ne ha escluso la configurabilità, attesa la messa a disposizione nel corso del giudizio di una cospicua somma da parte della compagnia di assicurazioni.

21. - Con l'ottavo motivo formulato solo in via gradata e condizionata al mancato accoglimento del quinto, sesto e settimo motivo di ricorso lamentano la violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1219, 1224 c.c. e della L. n. 990 del 1969, art. 22, in particolare lamentano l'erroneo rigetto della domanda di mala gestio in senso improprio o di ritardo dell'adempimento delle impresa di assicurazione e la sua mancata condanna al risarcimento in favore degli attuali ricorrenti dei danni tutti subiti oltre il limite del massimale per interessi moratori e per maggior danno da svalutazione monetaria.

22. - Il motivo è inammissibile.

I ricorrenti ripropongono qui le considerazioni già svolte nei tre motivi precedenti, questa volta sotto il più appropriato profilo della mala gestio impropria, ovvero ritengono che la Corte d'appello sia incorsa in violazione di legge laddove ha rigettato la loro domanda volta l'accertamento della mala gestio impropria dell'assicurazione, non avendo adeguatamente considerato le circostanze di fatto, ed in particolare che già nel (OMISSIS), un mese dopo l'evento mortale, tutti i danneggiati insieme avessero formulato una proposta transattiva (per un totale di oltre 700.000 Euro) entro i limiti del massimale, fornendo alla compagnia di assicurazioni tutti i nominativi dei presunti danneggiati e consentendole di superare la difficoltà insita nell'esistenza di una pluralità potenziali creditori. Segnalano poi l'errore di valutazione in cui sarebbe incorsa la Corte d'appello nel ritenere comportamento appropriato e non tardivo la messa a disposizione di un cospicuo importo, che non esauriva comunque il massimale, durante il primo grado del giudizio di merito, quindi prima dell'accertamento anche provvisorio delle responsabilità ma comunque a ben cinque anni di distanza dai fatti.

Il motivo è inammissibile perchè sotto la prospettazione di una violazione di legge tende in effetti ad una rinnovazione della valutazione in fatto: la Corte d'appello, avendo ben presenti i principi che regolano la mala gestio impropria, ha escluso che nel caso concreto sulla base dei dati fattuali allegati, fosse configurabile un ritardo imputabile all'assicurazione, considerando sia l'importo cospicuo messo a disposizione, sia le incertezze non dissipate sull'accertamento della effettiva dinamica dei fatti.

23. - Con il nono motivo i ricorrenti lamentano la violazione o falsa applicazione degli artt. 91, 92 c.p.c. e art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, nonchè dell'art. 118 disp. att. c.p.c. e degli artt. 23, 24 e 111 Cost., in punto di erronea compensazione delle spese di lite del doppio grado nonchè la nullità della sentenza e del procedimento. Denunciano che il giudice d'appello non avrebbe motivato la sua scelta di compensare le spese di giudizio tra i vincitori e i vinti (tranne che per il V. F., sempre soccombente e quindi condannato alle spese).

24. - Con il decimo ed ultimo motivo, formulato in via ancora gradata, in caso di mancato accoglimento del nono motivo, lamentano la violazione e falsa applicazione degli artt. 91, 324, 329, 336 e 342 c.p.c., nonchè la violazione del principio dell'effetto espansivo interno della sentenza riformata e la violazione del divieto di reformatio in peius della decisione di primo grado in relazione al carico delle spese di lite.

25. - Il nono motivo rimane assorbito dall'accoglimento del terzo, che ha portato alla cassazione e quindi alla caducazione della decisione di appello, anche laddove ha disposto la compensazione delle spese di entrambi i gradi del giudizio, e porterà alla rinnovazione del giudizio di appello e ad una nuova liquidazione delle spese, e con esso è assorbito anche il decimo.

Il controricorso D.S..

26. - L'atto difensivo del D.S. è denominato esclusivamente controricorso. Nella prima parte di esso, il D.S. aderisce alla motivazione della sentenza d'appello e alla sua ricostruzione dell'accaduto in termini di scontro tra veicoli con conseguente applicazione dell'art. 2054 c.c., comma 2 e afferma che nessuna prova è stata raccolta della segnalazione di svolta eseguita dalla piccola M. prima del tragico impatto. Il D.S. segnala inoltre che non essendo stata contestata in cassazione la contraddittorietà e la logicità del percorso argomentativo seguito dalla sentenza sulla ricostruzione della dinamica dell'incidente, la motivazione della sentenza impugnata relativa all'accertamento in fatto e quindi alla ricostruzione dell'incidente in termini di scontro tra l'auto e la bicicletta, anzichè in termini di tamponamento, sarebbe ormai passata in giudicato.

Come illustrato all'interno della trattazione del terzo motivo del ricorso principale, è stata viceversa oggetto di legittima e fondata contestazione in questa sede non lo svolgimento dei fatti ma la sussunzione dell'accaduto all'interno della fattispecie disciplinata dall'art. 2054 c.c., comma 2, piuttosto che della diversa e più appropriata ipotesi disciplinata dall'art. 149 C.d.S.. Non possono al contrario certamente essere in questa sede presi in considerazione gli elementi di fatto addotti dal controricorrente per colorire l'imprudenza del comportamento della minore: la mancanza di casco, l'essere da sola senza un adulto su una strada comunque trafficata: si tratta di circostanze di fatto del tutto non considerabili in questa sede.

27. - Il controricorso sostiene altresì che non sarebbe stato adeguatamente tenuto in conto dalla corte d'appello che i genitori della giovane vittima non avrebbero dato la prova liberatoria della presunzione di responsabilità a loro carico, ex art. 2048 c.c.. Il controricorrente riconosce che il riferimento al dovere di vigilanza dei genitori sia stato introdotto solamente in appello, però sostiene che avrebbe potuto essere rilevato anche d'ufficio, dal giudice, il mancato esercizio del potere-dovere dei genitori di effettuare la vigilanza sul comportamento dei figli nello svolgimento di attività suscettibili di arrecare danno a terzi, tra cui particolare rilievo hanno, per la loro potenziale pericolosità, le attività che si svolgono nella dinamica della circolazione stradale. In sede di conclusioni il controricorrente non si limita a chiedere il rigetto del ricorso avversario, ma chiede anche di "accogliere la richiesta di rivalutare la sentenza di merito in ordine alla mancata applicazione dell'art. 2048 c.c., con rinvio della causa ad altra sezione della Corte d'Appello di Napoli".

28. - Il motivo di ricorso incidentale, appena abbozzato, da parte del controricorrente, è del tutto inammissibile come tale perchè assolutamente generico, nella proposizione, nella trattazione ed anche nelle sue conclusioni, non è chiaro se riproponga una argomentazione o una domanda, non considerata dalla corte d'appello e comunque formulata tardivamente solo in appello, e non esprime neppure chiaramente la volontà della parte di arrivare alla cassazione della sentenza di appello eliminando, o ridimensionando, la condanna a suo carico. Esso non può comunque essere preso in considerazione.

29. - Il ricorso principale è accolto relativamente al terzo motivo rigettati il primo, il secondo, il quarto, il quinto, il sesto, il settimo, inammissibile l'ottavo, assorbiti il nono e il decimo; il ricorso incidentale è inammissibile; la sentenza è cassata di conseguenza e la causa rinviata alla Corte d'Appello di Napoli in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il terzo motivo di ricorso, dichiara inammissibile l'ottavo, assorbiti il nono e il decimo, rigettati gli altri. Dichiara inammissibile il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'Appello di Napoli in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, il 12 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2022.

 

DISCLAMER: Il testo della presente sentenza o odinanza non riveste carattere di ufficialità e non sostituisce in alcun modo la versione pubblicata dagli organismi ufficiali. Vietata la riproduzione, anche parziale, del presente contenuto senza la preventiva autorizzazione degli amministratori del portale.


Canale TELEGRAM

   Per essere sempre aggiornati sulle novità e sulle attività di Circolazione Stradale, è possibile iscriversi liberamente al canale pubblico Telegram di Circolazione Stradale attraverso questo link: https://t.me/CircolazioneStradale