Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio
Cassazione Civile, Sezione terza, ordinanza n. 36179 del 12 dicembre 2022
Corte di Cassazione Civile, Sezione III, ordinanza numero 36179 del 12/12/2022
Circolazione Stradale - Art. 193 del Codice della Strada e art. 2051 CC - Incendio doloso veicolo - Risarcimento dei danni provocati - Responsabilità del proprietario - Nesso di causalità - Ipotesi di caso fortuito - Il proprietario di un veicolo a motore dato dolosamente alle fiamme da un terzo durante la sosta, non risponde, in relazione al titolo di responsabilità previsto dall'art. 2051 c.c., dei danni causati dal propagarsi dell'incendio, in quanto la condotta del terzo, ove imprevista ed imprevedibile, recide il nesso di causalità tra la proprietà del veicolo ed i danni a terzi.
RITENUTO IN FATTO
che:
1. Nel 2002, (Soggetto 1) Spa convenne in giudizio (Soggetto 2) 2000 Srl dinanzi al Tribunale di Firenze, al fine di ottenere la risoluzione del contratto stipulato tra le parti il 17 dicembre 2001 per inadempimenti della convenuta, nonché, previa dichiarazione di compensazione parziale tra i diversi crediti vantati dalle parti, la condanna di (Soggetto 2) 2000 a risarcire i danni cagionati all'attrice.
Espose in particolare: di aver stipulato con (Soggetto 2) 2000 un contratto mediante il quale quest'ultima ditta si era impegnata a distribuire con i propri mezzi dotati di cella frigo i prodotti (Soggetto 1) nelle province di Padova, Rovigo, Treviso e Venezia, facenti capo alla filiale di (Omissis) dislocata in un capannone che la stessa (Soggetto 1) deteneva in locazione; che in detto capannone si erano sviluppati due incendi, uno nella notte tra il (Omissis) e uno il (Omissis), entrambi originati da automezzi di (Soggetto 2), a seguito dei quali erano rimasti danneggiati i locali condotti in locazione da (Soggetto 1) e la merce ivi presente; che, nel corso di un successivo controllo, era emersa la presenza di merce scaduta nelle celle frigo di (Omissis); che, a causa di ulteriori inadempimenti di (Soggetto 1), aveva riportato un danno da perdita di clientela; che le somme dovute a titolo di risarcimento dei danni andavano compensate con il credito vantato da (Soggetto 2) 2000 per i corrispettivi contrattuali già maturati, pari a Euro 55.000, mentre il residuo importo doveva formare oggetto di condanna a carico della controparte.
Si costituì in giudizio (Soggetto 2) 2000 Srl, la quale contestò la sussistenza del proprio inadempimento, non essendole ascrivibile alcuna responsabilità per gli incendi ne’ relativamente alla merce scaduta, in assenza di inventario condotto nel contraddittorio tra le parti. Sostenne di aver dato corso al contratto e pertanto chiese, in via riconvenzionale, la corresponsione delle somme ancora dovute (di importo superiore rispetto a quello riconosciuto da (Soggetto 1)), nonché il risarcimento dei danni ai propri automezzi e degli ulteriori danni subiti in conseguenza degli incendi, riconducibili alla responsabilità di (Soggetto 1). Chiese inoltre di chiamare in manleva le sue compagnie assicuratrici Nuova Tirrena Spa (oggi Groupama Assicurazioni Spa) e Unipolsai Assicurazioni Spa.
A propria volta, (Soggetto 1) chiamò in causa la propria compagnia assicuratrice, Zurich International Italia Spa, rispetto ai danni chiesti in via riconvenzionale da (Soggetto 2) 2000.
Nel corso dell'istruttoria, fu emessa a carico di (Soggetto 1) ordinanza ex art. 186 bis c.p.c., per il pagamento della somma non contestata di Euro 55.000.
La causa fu istruita mediante prove testimoniali e ctu tecnica sull'origine degli incendi ai due furgoni.
Il Tribunale adito, con la sentenza n. 4618/2015, rigettò la domanda proposta da (Soggetto 1) ed accolse invece la domanda riconvenzionale di (Soggetto 2) 2000, condannando la prima al saldo del corrispettivo delle prestazioni svolte in base al contratto inter partes, nonché al risarcimento del danno derivante ad uno degli automezzi della (Soggetto 2) 2000. Condannò infine l'attrice al pagamento a favore della (Soggetto 2) 2000 di una somma ai sensi dell'art. 96 c.p.c., comma 1.
Il giudice di primo grado escluse l'addebitabilità degli incendi alla (Soggetto 2), sulla base delle conclusioni del c.t.u., il quale aveva ritenuto che la natura degli stessi incendi fosse dolosa, con un elevato grado di possibilità, per quanto riguarda il primo, e quasi certamente, per quanto riguarda il secondo.
2. La Corte d'appello di Firenze, con la sentenza n. 2052/2019, depositata il 14 agosto 2019, ha confermato la decisione di primo grado in ordine al rigetto delle domande risarcitorie proposte da (Soggetto 1), nonché alla condanna di quest'ultima al pagamento in favore della (Soggetto 2) 2000 dei corrispettivi ancora dovuti (pur ridotti nel quantum).
In particolare, la Corte territoriale ha ritenuto corretta la sentenza appellata nella parte in cui aveva ritenuto che, avendo gli incendi natura dolosa, gli automezzi della (Soggetto 2) fossero solo l'oggetto mediato dell'incendio del locale, ed aveva perciò escluso che fosse stata raggiunta la prova del nesso di causalità tra detti automezzi ed il danno subito dalla (Soggetto 1).
Al riguardo, i giudici dell'appello hanno evidenziato che la ctu esperita in primo grado, dopo aver esaminato le relazioni dei vigili del fuoco e del perito nominato dalla Procura, oltre che le foto dei veicoli e le dichiarazioni degli autisti, sulla base dell'analisi di dati scientifici relativi al mezzo, al combustibile, alla sua estensione e alle regole di propagazione del fuoco, aveva concluso che, con elevato grado di probabilità, l'origine degli incendi doveva ritenersi dolosa. Tali conclusioni, secondo la Corte, non erano state confutate tecnicamente dagli appellanti.
Doveva essere rigettata anche la richiesta di risoluzione del contratto per inadempimento imputabile alla (Soggetto 2), essendo stata esclusa la riferibilità a (Soggetto 2) 2000 della causa degli incendi e non essendo stata riproposta la contestazione relativa al rinvenimento di merce non commerciabile, mentre per quanto riguarda gli altri inadempimenti, i testi assunti (dipendenti di parte attrice) avevano parlato genericamente di disservizi e perdita di clienti, senza individuare nemmeno un cliente nominativamente che si fosse lamentato o che non avesse più chiesto le prestazioni di (Soggetto 1).
La Corte ha quindi evidenziato che (Soggetto 1), a fronte della produzione, da parte di (Soggetto 2) 2000, di fatture ed estratti contabili, si era limitata a contestare genericamente il credito riferendosi al fatto che le fatture non potevano costituire piena prova, senza nulla eccepire in relazione all'effettiva esecuzione delle prestazioni. In particolare, (Soggetto 1) non avrebbe negato il fatto che la merce (compresa quella relativa alle predette fatture) fosse stata movimentata dalla fornitrice. Inoltre, la Corte ha rilevato che la stessa (Soggetto 1) si era riconosciuta debitrice per corrispettivi ancora dovuti, seppure per un importo inferiore a quello richiesto.
La Corte fiorentina ha tuttavia riformato la sentenza appellata in ordine al quantum del corrispettivo dovuto, rilevando un errore di calcolo da parte del primo giudice, nonché in ordine alla condanna di risarcimento del danno all'automezzo subito dalla (Soggetto 2) 2000, evidenziando che l'incendio era stato attribuito al fatto doloso di terzi.
La Corte ha infine ritenuto corretta la condanna per lite temeraria comminata dal Tribunale, alla luce del comportamento processuale tenuto della (Soggetto 1), che doveva ritenersi connotato da malafede o colpa grave, avendo parte attrice agito in giudizio al fine di prevenire il pagamento del corrispettivo di prestazioni effettivamente eseguite.
3. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione, sulla base di cinque motivi, (Soggetto 1) Spa 3.1. Resistono con controricorso (Soggetto 2) 2000 Srl, nonché, solo con riferimento al terzo motivo di ricorso, le compagnie assicuratrici Unipolsai Assicurazioni Spa e Zurich Insurance Public Limited Company - Rappresentanza Generale per l'Italia.
Tutte le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che:
4.1. Con il primo motivo, la società ricorrente lamenta la "nullità della sentenza in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 4, per omessa pronuncia su specifiche eccezioni e/o domande (mancata contestazione da parte di (Soggetto 2) delle dedotte inadempienze) e per mancata valutazione di prove documentali versate in atti".
La Corte d'appello avrebbe omesso di pronunciarsi sulla eccezione formulata da (Soggetto 1) di non contestazione da parte di (Soggetto 2) 2000 degli inadempimenti dedotti nell'atto di citazione, omettendo altresì di valutare le prove documentali in atti relative a tali inadempimenti.
Secondo la ricorrente, nel primo atto difensivo, (Soggetto 2) 2000, a fronte dei plurimi inadempimenti dedotti da (Soggetto 1) nell'atto di citazione, si sarebbe limitata a contestare la responsabilità in ordine agli incendi e alla merce scaduta, senza nulla obiettare rispetto all'esistenza di disservizi successivi nella distribuzione dei prodotti, che anzi avrebbe implicitamente ammessi.
4.2. Con il secondo motivo, illustrato congiuntamente al primo, la ricorrente censura l'omesso esame circa un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 5.
Gli inadempimenti di (Soggetto 2) 2000 dedotti a fondamento della domanda di risoluzione del contratto avrebbero costituito oggetto di discussione tra le parti, nonché di attività istruttoria.
La Corte avrebbe erroneamente rigettato tale domanda ritenendo inesistenti i dedotti inadempimenti, nonostante l'omessa contestazione specifica da parte di (Soggetto 2), le dichiarazioni rese dai testimoni escussi e i documenti variamente prodotti in giudizio.
4.3. Con il terzo motivo di ricorso, (Soggetto 1) lamenta la "violazione e falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione agli artt. 2047 c.c. e segg., relativi alla responsabilità oggettiva ed in particolare in relazione all'art. 2051 c.c., per avere la sentenza eliminato il dubbio rispetto allo svolgimento eziologico dell'evento e così aver ritenuto assolto da parte di (Soggetto 2) l'onere della prova".
La Corte avrebbe erroneamente applicato l'art. 2051 c.c., laddove ha ritenuto che (Soggetto 1) non avesse dato prova del nesso di causalità tra il bene in custodia e il danno, nonché laddove ha ritenuto raggiunta la prova, incombente su (Soggetto 2) 2000, dell'esistenza del caso fortuito, rappresentato dal fatto del terzo.
Al contrario, la ricorrente avrebbe dato piena prova del fatto che gli incendi fossero scaturiti dagli automezzi di (Soggetto 2) 2000, mentre non sarebbe stata raggiunta la certezza circa l'attribuzione dell'evento dannoso al fatto doloso del terzo.
Pertanto, essendo rimasta un'incertezza sull'individuazione della concreta causa del danno, ed anzi essendo emersi nel corso dell'istruttoria molti elementi che dimostravano la natura non dolosa degli incendi, doveva rimanere a carico del custode (cioè (Soggetto 2) 2000) il fatto ignoto.
4.4. Con il quarto motivo, la ricorrente lamenta la "violazione e falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione all'art. 115 c.p.c. e/o all'art. 167 c.p.c., in riferimento al principio di non contestazione".
La Corte d'appello avrebbe erroneamente applicato l'art. 115 c.p.c., per aver ritenuto generiche le specifiche contestazioni alla domanda riconvenzionale della (Soggetto 2) 2000 sollevate da (Soggetto 1) nella memoria ex art. 180 c.p.c., peraltro nell'ambito di complessive difese del tutto inconciliabili con tale domanda.
Che la ricorrente avesse contestato le pretese della (Soggetto 2) 2000 emergerebbe anche dal fatto che il giudice aveva emesso ordinanza di pagamento ex art. 186 c.p.c., per il solo importo di 55.000 Euro di cui (Soggetto 1) si era riconosciuta debitrice già nell'atto di citazione, lasciando alla (Soggetto 2) 2000 l'onere di provare le maggiori pretese.
Inoltre il principio di non contestazione non sarebbe applicabile ai giudizi instaurati prima dell'entrata in vigore della L. n. 69 del 2009. Per tali giudizi, la giurisprudenza di legittimità sarebbe orientata nel senso di ritenere che una circostanza dedotta da una parte possa di ritenersi pacifica solo se esplicitamente ammessa dalla controparte o se quest'ultima, pur non contestandola in modo specifico, abbia improntato la difesa su circostanze o argomentazioni incompatibili con il suo disconoscimento.
4.5. Con il quinto motivo, (Soggetto 1) censura la "violazione di legge e/o falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione all'art. 96 c.p.c., mancandone i presupposti".
La decisione della Corte d'appello in ordine alla condanna della ricorrente per lite temeraria ex art. 96 c.p.c., comma 1, si porrebbe in contrasto con le regole applicative della fattispecie, non essendo stato esattamente individuato l'elemento soggettivo censurabile nella condotta di (Soggetto 1).
Inoltre, le difese di (Soggetto 1) avrebbero determinato una seppur parziale riforma della sentenza di primo grado, che proverebbero la fondatezza ab origine delle difese della ricorrente rispetto alle pretese di (Soggetto 2) 2000 e comporterebbero pertanto l'inapplicabilità dell'art. 96 c.p.c., che presuppone la totale soccombenza della parte.
Infine, (Soggetto 2) 2000 non avrebbe fornito prove, ne’ financo dedotto l'esistenza, di alcun danno cagionatole dalla condotta processuale di (Soggetto 1).
5.1. I primi due motivi possono essere trattati congiuntamente in quanto entrambi riferiti alla asserita mancata contestazione da parte di (Soggetto 2) 2000 delle inadempienze contrattuali dedotte.
Al riguardo, è opportuno premettere che, benché l'art. 115 c.p.c., comma 2, non trovi applicazione ai giudizi instaurati prima dell'entrata in vigore della L. n. 69 del 2009 - come il presente giudizio, instaurato con atto di citazione notificato il 30 dicembre 2005 - il principio di non contestazione è applicabile anche ai giudizi antecedenti alla L. n. 69, avendo questa recepito il previgente principio giurisprudenziale in forza del quale la non contestazione determina effetti vincolanti per il giudice, il quale deve ritenere sussistenti i fatti non contestati, astenendosi da qualsivoglia controllo probatorio in merito agli stessi (Cass. civ., Sez. III, 20/12/2021, n. 40756; Cass. civ. 27 febbraio 2020, n. 5429).
Trattandosi di giudizio instaurato prima dell'entrata in vigore della nuova disposizione resta peraltro ferma l'acquisizione della giurisprudenza nel senso che la mancata contestazione dei fatti costitutivi della domanda vincola il giudice a ritenerli sussistenti soltanto se si tratti di fatti primari (cioè costitutivi, modificativi, impeditivi od estintivi del diritto fatto valere in giudizio dall'attore o dal convenuto che agisca in riconvenzionale), mentre i fatti secondari - vale a dire quelli dedotti in mera funzione probatoria possono essere contestati in ogni momento e dunque anche per la prima volta nel giudizio di appello, alla stessa stregua delle eccezioni in senso lato (cfr. Cass. Sez. Un. 761 del 2002 e, ex multis, Cass. civ. n. 2040 del 2019 e Cass. civ. n. 32403 del 2019). Nel caso in esame, il fatto asseritamente non contestato (cioè l'esistenza di plurimi inadempimenti da parte di (Soggetto 2) 2000 ai propri obblighi contrattuali nel periodo successivo ai due incendi) costituirebbe un fatto estintivo del diritto fatto valere in giudizio in via riconvenzionale dalla stessa (Soggetto 2) 2000 e quindi rientrerebbe tra i fatti primari, soggetti, anche prima della novella del 2009, all'obbligo di specifica contestazione.
Ciò detto, i motivi di ricorso con cui la ricorrente lamenta che la Corte d'appello non avrebbe valutato la mancata contestazione da parte di (Soggetto 2) 2000 degli inadempimenti dedotti, non pronunciandosi al riguardo, o omettendo di tenerne conto nella motivazione, non possono essere accolti, in quanto inammissibili e comunque infondati.
5.1.1. Si osserva in primo luogo che, come questa Corte ha in più occasioni ribadito, per integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un'espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l'impostazione logico-giuridica della pronuncia (cfr., tra le più recenti, Cass. civ., Sez. II, 23/09/2022, n. 27980).
Deve ritenersi che tale principio operi non solo quando la sentenza ha deciso questioni logicamente assorbite da quelle esplicitamente decise, ma anche quando la incompatibilità con l'impostazione logico-giuridica della sentenza emerga da quanto espresso esplicitamente da quest'ultima.
Nel caso in esame, la Corte fiorentina, nel rigettare la domanda di risoluzione proposta dalla (Soggetto 1), ha escluso la prova della sussistenza di inadempimenti imputabili alla (Soggetto 2) 2000, con conseguente implicito rigetto della eccezione circa la mancata contestazione di tali inadempimenti da parte della stessa (Soggetto 2) 2000.
5.1.2. Con riferimento alla censura di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, dalla formulazione del motivo, non è chiaro se il fatto decisivo asseritamente non esaminato sia l'esistenza degli inadempimenti dedotti da (Soggetto 1), ovvero la mancata contestazione, da parte di (Soggetto 2) 2000, di detti inadempimenti.
Nel primo caso, il motivo risulta infondato, in quanto, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la Corte d'appello ha esaminato tutti i profili di inadempimento dedotti da (Soggetto 1) ed ha evidenziato come non vi fosse prova di disservizi successivi agli incendi, essendo le testimonianze rese al riguardo dai dipendenti della società ricorrente generiche e poco attendibili.
Nel secondo caso, il motivo risulta inammissibile in quanto, secondo costante giurisprudenza di legittimità, l'omesso esame di un fatto di natura istruttoria, qual è la mancata contestazione di un fatto, non integra, di per se’, il vizio di cui all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, quando il giudice abbia comunque preso in considerazione il fatto storico rilevante in causa (ovvero, nel caso di specie, i vari profili di inadempimento dedotti da (Soggetto 1), che la Corte d'appello ha ritenuto tutti insussistenti).
5.2. Il terzo motivo è infondato.
Come ha avuto modo di chiarire la giurisprudenza di questa Corte, "il proprietario di un veicolo a motore, dato dolosamente alle fiamme da un terzo durante la sosta, non risponde, in relazione al titolo di responsabilità previsto dall'art. 2051 c.c., dei danni causati dal propagarsi dell'incendio, in quanto la condotta del terzo - ove imprevista ed imprevedibile - recide il nesso di causalità tra la proprietà del veicolo ed i danni a terzi" (Cass. civ., Sez. 3, n. 24755 del 7/10/2008).
Nel caso di specie, la Corte d'appello, con motivazione incensurabile in sede di legittimità in quanto scevra da vizi logico-giuridici e basata sull'analisi di tutti gli elementi istruttori acquisiti, ha ritenuto che la causa degli incendi degli automezzi di proprietà della (Soggetto 2) 2000 fosse da attribuire al fatto doloso del terzo ed ha pertanto correttamente escluso la sussistenza del nesso di causalità, configurandosi un'ipotesi di caso fortuito.
Ne’ rileva il fatto che, sia la Corte d'appello, sia la relazione del ctu sulle cui conclusioni si basa la sentenza impugnata, non si siano espressi in termini di certezza in ordine alla natura dolosa degli incendi. È infatti risaputo che nel processo civile, in materia di prova e di libero convincimento del giudice, l'accertamento deve essere svolto non in termini di certezza (ossia "oltre il ragionevole dubbio") bensì in termini di "più probabile che non".
5.3. Anche il quarto motivo è infondato.
Occorre innanzitutto ribadire che, come già affermato in relazione ai primi due motivi, il principio di non contestazione di fatti costitutivi, modificativi, impeditivi od estintivi del diritto fatto valere in giudizio dall'attore, o, come nel caso in esame, dal convenuto che agisca in riconvenzionale, trova applicazione anche nei giudizi introdotti antecedentemente alla L. n. 69 del 2009.
Dalla trascrizione, nel ricorso, delle contestazioni formulate (Soggetto 1) con la memoria ex art. 180 c.p.c., emerge come la stessa società non abbia specificamente e tempestivamente contestato l'effettiva esecuzione delle prestazioni oggetto delle fatture presentate da (Soggetto 2) 2000, limitandosi ad eccepire la mancanza di valenza probatoria delle fatture stesse.
Inoltre le complessive difese articolate dalla ricorrente non erano logicamente incompatibili con il riconoscimento di un credito di (Soggetto 2) 2000 per l'esecuzione di tali prestazioni, tanto è vero che la stessa (Soggetto 1), nell'atto introduttivo del giudizio di primo grado, aveva riconosciuto l'esistenza di un simile credito, pur quantificandolo diversamente.
5.4. Il quinto motivo di ricorso è invece fondato.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, "la responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., integra una particolare forma di responsabilità processuale a carico della parte soccombente che abbia agito o resistito in giudizio con malafede o colpa grave, con la conseguenza che non può farsi luogo all'applicazione di detta norma quando non sussista il requisito della totale soccombenza per essersi verificata soccombenza reciproca (anche parziale)" (Cass. civ., Sez. II, 12/10/2009, n. 21590; Cass. civ., Sez. I, 15/09/2000, n. 12177; Cass. civ., Sez. I, 02/03/2001, n. 3035; Cass. civ., Sez. I, 15/11/2002, n. 16057; Cass. civ., Sez. II, Ord., 09/02/2022, n. 4212).
Nel caso di specie, (Soggetto 1) è risultata totalmente soccombente in relazione alle proprie domande di risoluzione contrattuale e di risarcimento del danno, ma è risultata parzialmente vittoriosa con riferimento alle domande avanzate in via riconvenzionale da (Soggetto 2) 2000, avendo la Corte d'appello riformato la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva accolto la domanda di condanna di (Soggetto 1) al risarcimento dei danni subiti per l'incendio degli automezzi.
Pertanto, alla luce della parziale soccombenza reciproca tra le parti, la Corte d'appello avrebbe dovuto riformare la sentenza anche in parte qua, annullando la condanna della (Soggetto 1) per responsabilità processuale aggravata.
6. In conclusione, la Corte rigetta i primi quattro motivi di ricorso, accoglie il quinto motivo, come in motivazione, cassa in relazione la sentenza impugnata e decidendo nel merito annulla la condanna ex art. 96 c.p.c.. Le spese del presente giudizio di legittimità si compensano tra tutte le parti.
P.Q.M.
La Corte rigetta i primi quattro motivi di ricorso, accoglie il quinto motivo, come in motivazione, cassa in relazione la sentenza impugnata e decidendo nel merito annulla la condanna ex art. 96 c.p.c.. Spese compensate.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione, il 20 ottobre 2022.
Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2022.
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