Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio
Cassazione Civile, Sezione sesta - sezione 3, ordinanza n. 23946 del 2 agosto 2022
Corte di Cassazione Civile, Sezione VI - 3, ordinanza numero 23946 del 02/08/2022
Circolazione Stradale - Artt. 193 del Codice della Strada - Investimento di pedone con esito mortale causato da un veicolo non identificato - Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada - Accertamento del nesso causale - Risarcimento - Nell'investimento di pedone con esito mortale causato da un veicolo non identificato, una volta ritenuto sussistente il nesso di causa fra la morte e l'investimento della vittima da parte di un autoveicolo, la responsabilità del conducente di quest'ultimo si deve presumere ai sensi dell'art. 2054 c.c., comma 1.
RITENUTO IN FATTO
1. Nel 2010 M. L. e F. convennero dinanzi al Tribunale di Roma la società I. A. S.p.A. (che in seguito muterà ragione sociale in G. Italia S.p.A., e come tale sarà d'ora innanzi indicata), esponendo che:
- la propria sorella M. M. era deceduta in conseguenza di un sinistro stradale;
- il sinistro era stato causato da un veicolo non identificato.
Chiesero pertanto la condanna della società convenuta, nella sua qualità di impresa territorialmente designata dal Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada, al risarcimento dei danni da essi rispettivamente patiti in conseguenza della morte della sorella.
2. La società convenuta si costituì negando esservi prova del coinvolgimento di un veicolo non identificato.
3. Con sentenza 10.6.2014 n. 12690 il Tribunale rigettò la domanda, ritenendola non provata.
La sentenza venne appellata dai soccombenti.
4. Con sentenza 9 gennaio 2020 n. 127 la Corte d'appello di Roma accolse il gravame, e condannò la G. Italia al pagamento in favore di ciascuno degli attori della somma di Euro 60.000 oltre accessori.
5. La sentenza d'appello è stata impugnata per cassazione dalla G. Italia con ricorso fondato su due motivi.
M. F. e L. hanno resistito con controricorso.
Ambo le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Col primo motivo la ricorrente prospetta il vizio di omesso esame d'un fatto decisivo, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5.
Nella illustrazione del motivo si sostiene che tale vizio sussisterebbe perché "il giudice dell'appello non ha valutato e tanto meno valorizzato tutte le prove acquisita agli atti di causa".
In particolare la Corte d'appello avrebbe:
- male interpretato la perizia fatta eseguire su incarico del Pubblico Ministero nel corso delle indagini preliminari scaturiti dalla morte di M. M.;
- sebbene M. M. fosse stata rinvenuta sulla strada con un grave trauma cranico e fuoriuscita di materia cerebrale, il fatto "poteva essere stato provocato da circostanze diverse dall'investimento, come un'aggressione a scopo di rapina o un delitto passionale" (così il ricorso, pagina 19);
- nessuna delle persone interrogate dai Carabinieri aveva assistito all'investimento;
- la Corte d'appello accolse la domanda nonostante la mancanza di prova di una condotta dolosa o colposa del conducente di un veicolo a motore;
- ha errato il giudice di merito nell'individuare la presumibile ora della morte della vittima;
- costituivano indizi trascurati dal Tribunale, ed idonei ad infirmare la tesi dell'investimento pedonale, la circostanza che la morte avvenne fra le quattro e le cinque del mattino; che la vittima era vestita di tutto punto; che l'appartamento della vittima aveva tutte le luci accese e la televisione in funzione;
- non esisteva alcuna plausibile ragione che potesse spiegare la presenza della donna in piena notte su quella strada.
1.1. Il motivo è inammissibile perché censura il giudizio sulle prove e sugli indizi per come compiuto dal giudice di merito.
Ma una censura di questo tipo cozza contro il consolidato e pluridecennale orientamento di questa Corte, secondo cui non è consentita in sede di legittimità una valutazione delle prove ulteriore e diversa rispetto a quella compiuta dal giudice di merito, a nulla rilevando che quelle prove potessero essere valutate anche in modo differente rispetto a quanto ritenuto dal giudice di merito (ex permultis, Sez. L, Sentenza n. 7394 del 26/03/2010, Rv. 612747; Sez. 3, Sentenza n. 13954 del 14/06/2007, Rv. 598004; Sez. L, Sentenza n. 12052 del 23/05/2007, Rv. 597230; Sez. 1, Sentenza n. 7972 del 30/03/2007, Rv. 596019; Sez. 1, Sentenza n. 5274 del 07/03/2007, Rv. 595448; Sez. L, Sentenza n. 2577 del 06/02/2007, Rv. 594677; Sez. L, Sentenza n. 27197 del 20/12/2006, Rv. 594021; Sez. 1, Sentenza n. 14267 del 20/06/2006, Rv. 589557; Sez. L, Sentenza n. 12446 del 25/05/2006, Rv. 589229; Sez. 3, Sentenza n. 9368 del 21/04/2006, Rv. 588706; Sez. L, Sentenza n. 9233 del 20/04/2006, Rv. 588486; Sez. L, Sentenza n. 3881 del 22/02/2006, Rv. 587214; e così via, sino a risalire a Sez. 3, Sentenza n. 1674 del 22/06/1963, Rv. 262523, la quale affermò il principio in esame, poi ritenuto per sessant'anni: e cioè che "la valutazione e la interpretazione delle prove in senso dorme da quello sostenuto dalla parte è incensurabile in Cassazione").
1.2. L'unica questione di diritto posta da questo primo motivo di ricorso è quella concernente la sussistenza della colpa dell'ignoto investitore: questione ovviamente infondata, dal momento che, una volta ritenuto sussistente il nesso di causa fra la morte e l'investimento della vittima da parte di un autoveicolo, la responsabilità del conducente di quest'ultimo si doveva presumere ai sensi dell'art. 2054 c.c., comma 1.
2. Col secondo motivo la ricorrente (formalmente invocando il vizio di "omessa pronuncia") deduce che:
- i danneggiati, prima dell'introduzione della lite, avevano percepito dalla G. Italia una somma di denaro;
- la Corte d'appello, nel liquidare il danno, non aveva detratto tali importi dal credito risarcitorio, "così compromettendo la decisione per la presenza di evidenti vizi motivazionali".
2.1. Ritiene il Collegio, nell'esercizio del proprio potere-dovere di qualificazione dell'impugnazione, che il motivo in esame, avuto riguardo al suo contenuto oggettivo, debba essere qualificato come denuncia del vizio di omesso esame del fatto rappresentato dall'avvenuto pagamento dell'acconto.
Così qualificato il motivo, esso va accolto.
La Corte d'appello, infatti, nella propria decisione non fa cenno alcuno alla questione dell'avvenuto pagamento dell'acconto, ne’ spiega se di esso abbia o non abbia tenuto conto nella stima del danno.
Ne’ ostano all'accoglimento del motivo le deduzioni svolte dai controricorrenti, secondo cui detraendo l'acconto dal credito per come liquidato dalla Corte d'appello, la liquidazione scenderebbe al di sotto del minimo previsto dagli usuali standard risarcitori applicati dalla giurisprudenza per la liquidazione dei danni in questione: tali questioni, infatti, attengono al merito della decisione, e sono riservate al giudice di rinvio.
3. Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice di rinvio.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il primo motivo ricorso; accoglie il secondo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d'appello di Roma, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile della Corte di Cassazione, il 6 luglio 2022.
Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2022.
DISCLAMER: Il testo della presente sentenza o odinanza non riveste carattere di ufficialità e non sostituisce in alcun modo la versione pubblicata dagli organismi ufficiali. Vietata la riproduzione, anche parziale, del presente contenuto senza la preventiva autorizzazione degli amministratori del portale.