Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio
Cassazione Civile, Sezione sesta - sottosezione 2, ordinanza n. 16787 del 24 maggio 2022
Corte di Cassazione Civile, Sezione VI - 2, ordinanza numero 16787 del 24/05/2022
Circolazione Stradale - Art. 214 del Codice della Strada - D.P.R. n. 602 del 1973 - Circolazione con veicolo sottoposto a fermo fiscale - Conducente diverso dal nominato custode del mezzo - Applicazione del fermo amministrativo - Sussistenza - La circolazione di un veicolo sottoposto a fermo fiscale secondo il D.P.R. n. 602 del 1973 a garanzia del pagamento di somme dovute all'amministrazione, è soggetto alla sanzione del fermo amministrativo prevista dall'art. 214, comma 8 C.d.S. per la circolazione con un mezzo sottoposto al vincolo, anche quando il conducente non ne sia nominato custode, allo scopo di presidiare le finalità cui è preposto il fermo, che, com'è noto, è atto di una procedura puramente afflittiva e coercitiva, essendo diretta a provocare il pagamento da parte del debitore.
RITENUTO IN FATTO - CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con sentenza 309/2019, il giudice di pace di Chieti ha respinto l'opposizione proposta di P. C. avverso il verbale di accertamento con cui gli era stata contestata la violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 86, e dell'art. 214/8 C.d.S., per aver circolato con un veicolo sottoposto a fermo amministrativo.
Su impugnazione dell'opponente, il tribunale ha confermato la decisione.
Ha evidenziato la sentenza d'appello che: a) l'aver il giudice di pace affermato che la Prefettura si era costituita regolarmente era frutto di un mero refuso materiale, poiché il funzionario delegato si era limitato a comparire in udienza, essendo comunque rituale la costituzione in appello; b) la validità della sanzione non era esclusa dal fatto che l'opponente non aveva avuto modo di rendere dichiarazioni a discolpa nell'immediatezza dell'infrazione, poiché dal verbale risultava, al contrario, che questi nulla aveva dichiarato, con attestazione superabile solo con querela di falso; c) non era possibile porre in discussione la validità del preavviso di fermo, non essendo stato impugnato nel termine di trenta giorni dalla notifica, perfezionatasi in data 7.6.2018 e, comunque, non vi era prova che il veicolo fosse impiegato per lo svolgimento di attività da cui derivassero i ricavi caratteristici dell'impresa; d) la sanzione era stata legittimamente applicata, benché il ricorrente non fosse stato nominato custode del mezzo sottoposto al fermo.
La cassazione della sentenza è chiesta da P. C. con ricorso in cinque motivi, illustrati con memoria.
Il Ministero dell'interno, la Prefettura di Chiesti e l'Agenzia delle entrate riscossione non hanno svolto difese.
Su proposta del relatore, secondo cui il ricorso principale poteva essere definito ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c., in relazione all'art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5, il Presidente ha fissato l'adunanza in Camera di consiglio.
2. Il primo motivo denuncia l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della causa, sostenendo che il tribunale, pur dando atto che la Prefettura non si era costituita in primo grado, non abbia considerato che l'amministrazione, restando contumace, non aveva dato prova della responsabilità del conducente.
Il motivo è inammissibile.
Non è deducibile, quale violazione dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza: la norma contempla un autonomo vizio della decisione che si correla al mancato apprezzamento di un accadimento oggettivo.
Per effetto della nuova disposizione il controllo sulla motivazione è ridotto al "minimo costituzionale" ed è pertanto è denunciabile in cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in se’; detta anomalia si esaurisce nella "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", nella "motivazione apparente", nel "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili" e nella "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile", esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di "sufficienza" della motivazione (Cass. s.u. 7.4.2014, n. 8053).
La formalità di costituzione non poteva comportare l'automatico accoglimento dell'opposizione o la negazione della responsabilità del conducente, potendo l'amministrazione limitarsi a trasmettere direttamente i verbali e gli atti di contestazione, elementi che possono costituire anche l'unica fonte conoscitiva per l'accertamento della violazione.
E difatti, anche nel caso in esame, il tribunale ha ritenuto l'opponente responsabile dell'infrazione, valorizzando legittimamente gli atti di accertamento trasmessi dall'autorità procedente, sebbene non costituita in primo grado.
L'eventuale contumacia della P.A. non è, difatti, di ostacolo all'accertamento della fondatezza della pretesa sanzionatoria sulla scorta di atti e documenti acquisiti e delle prove integrative comunque espletate, anche d'ufficio, salvo il divieto del giudice di sostituirsi all'amministrazione opposta con atti d'impulso istruttorio nei casi in cui la prova dell'illecito sia del tutto carente (Cass. n. 17696/2007; Cass. n. 4898/2015; Cass. n. 24691/2018; Cass. n. 34034/2019).
3. Il secondo motivo denuncia la violazione dell'art. 200 C.d.S., del D.P.R. n. 495 del 1992, art. 383, e dell'art. 2700 c.c., sostenendo che il processo verbale deve, di norma, contenere anche le dichiarazioni dell'interessato, che, nello specifico, aveva legittimamente rifiutato di sottoscrivere l'atto che conteneva meri apprezzamenti, insuscettibili di costituire prova legale della violazione, dovendo il giudice ammettere la prova per testi articolata sia in primo grado che in appello ed acquisire la registrazione del colloquio intrattenuto nell'immediatezza del fatto.
Il motivo è inammissibile.
La censura non chiarisce il rilievo e contenuto delle dichiarazioni che il ricorrente aveva in animo di rendere nell'immediatezza dei fatti, ne’ in quali termini fossero formulati i capitoli di prova non ammessi dal giudice, restando preclusa la possibilità di verificare se la prova fosse diretta a superare inammissibilmente accertamenti confutabili solo con querela di falso e se vertesse su circostanze rilevanti.
I verbalizzanti, con attestazione munita di pubblica fede superabile solo con querela di falso, hanno inoltre dato atto che l'opponente non aveva reso dichiarazioni e si era rifiutato di sottoscrivere il verbale.
Tale condotta non poteva inficiare la validità e l'efficacia probatoria del suddetto verbale, efficacia che deriva dalla particolare valenza attribuita dalla legge alle attività di accertamento svolta dai pubblici ufficiali per rendere effettiva la repressione delle violazioni.
L'interessato aveva comunque la possibilità di far pervenire le proprie deduzioni difensive all'amministrazione e ha potuto dedurre circostanze a discolpa in sede contenziosa, senza alcun pregiudizio alle facoltà difensive.
4. Il terzo motivo denuncia la violazione dell'art. 112 c.p.c., per aver tribunale pronunciato ultra petita, accertando d'ufficio che il preavviso del fermo era divenuto definitivo, questione non sollevata da alcuna delle parti.
Il motivo è inammissibile.
Discutendosi della legittimità della sanzione, anche in relazione ai presupposti normativi della violazione, e sulla richiesta di cancellazione del vincolo, l'accertamento della impugnabilità e definitività del preavviso era questione da cui il tribunale non poteva prescindere e che doveva considerarsi implicitamente devoluta al giudice di appello, essendo strettamente connessa a quelle oggetto dei motivi di gravame.
L'appello, pur limitato all'esame delle sole questioni oggetto di specifici motivi di gravame, si estende ai punti e alle questioni che siano, anche implicitamente, connessi a quelli censurati, sicché non viola il principio del "tantum devolutum quantum appellatum" il giudice di secondo grado che fondi la propria decisione su ragioni diverse da quelle svolte dall'appellante, ovvero esamini questioni non specificamente da lui proposte o sviluppate, le quali, però, appaiano in rapporto di diretta connessione con quelle espressamente dedotte nei motivi stessi e, come tali, comprese nel "thema decidendum" del giudizio (Cass. n. 8604/2017).
5. Il quarto motivo denuncia la violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 86, e vizio di motivazione, lamentando che, contrariamente a quanto sostenuto dal tribunale, il carattere strumentale del bene sottoposto a fermo era provato dalla visura camerale, attestante il possesso della qualifica di imprenditore individuale, e dal libro cespiti dei beni ammortizzabili.
Il motivo è inammissibile: il tribunale ha ritenuto tardive le contestazioni sulla legittimità del preavviso, poiché non impugnato nel termine di legge, evidenziando come fosse onere dell'opponente dedurre nella sede propria anche la natura strumentale del veicolo al fine di ottenere la cancellazione del fermo.
Tale statuizione in rito non risulta censurata e, costituendo un'autonoma ratio decidendi ormai definitiva, preclude l'esame delle altre questioni concernenti la validità del fermo.
6. Il quinto motivo denuncia la dell'art. 214 C.d.S., comma 8, e del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 86, per aver la sentenza ritenuto applicabile la disciplina del fermo amministrativo, sebbene il veicolo del ricorrente fosse stato sottoposto a fermo fiscale a garanzia di somme richieste dall'amministrazione, ipotesi per la quale non opera la sanzione dell'art. 214 C.d.S. Il motivo è infondato.
Il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 86, comma 3, estende l'ambito delle condotte punibili dall'art. 214 C.d.S., comma 8, anche alla circolazione di un veicolo sottoposto a fermo fiscale, a garanzia del pagamento di somme dovute all'amministrazione.
La disposizione prevede espressamente che chiunque circola con veicoli, autoscafi o aeromobili sottoposti al fermo è soggetto alla sanzione prevista dal D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 214, comma 8, richiamando esclusivamente la sanzione prevista per il fermo amministrativo, differenziandosi nei presupposti dall'autonoma fattispecie illecita disciplinata dall'art. 214 C.d.S., comma 8, cui si riferisce anche la circolare interpretativa n. 300/A/559/19/101/20/21/4, citata dal ricorrente.
La finalità della disposizione è volta a sanzionare il fatto della circolazione con un mezzo sottoposto al vincolo, anche quando il conducente non ne sia nominato custode, allo scopo di presidiare le finalità cui è preposto il fermo, che, com'è noto, è atto di una procedura puramente afflittiva e coercitiva, essendo diretta a provocare il pagamento da parte del debitore (Cass. s.u. 15354/2015).
6. Il quinto [sesto, n.d.r.] motivo denuncia la violazione dell'art. 112 c.p.c., per aver il tribunale omesso di pronunciare sul motivo di appello concernente l'erronea indicazione della disciplina sanzionatoria applicabile. Sostiene il ricorrente che il verbale indicava che la sanzione era compresa tra un minimo di Euro 700 e un massimo di Euro 3114, mentre gli importi previsti dall'art. 214 CDS, nel testo applicabile ratione temporis, oscillavano tra Euro 1988 ed Euro 7953.
Il motivo è infondato, posto che il tribunale ha precisato che la sanzione applicabile era pari ad Euro 777,00 (cfr. sentenza, pag. 6), disattendendo per implicito la doglianza riguardante la previsione, nel novellato art. 214 C.d.S., di un più severo trattamento sanzionatorio, di cui l'interessato non aveva - peraltro - interesse a dolersi.
7. Il settimo motivo denuncia la violazione dell'art. 112 c.p.c., lamentando l'omessa pronuncia sul motivo di appello riguardante la mancata notifica del provvedimento di fermo e - quindi - l'assenza di colpa del trasgressore.
Il motivo è infondato, avendo la sentenza esplicitamente dato atto che il preavviso di fermo era stato comunicato all'interessato in data 7.5.2018 (sentenza pag. 5), restando per implicito escluso che questi non fosse consapevole del divieto di circolazione del veicolo. Il ricorso è quindi respinto.
Nulla sulle spese, non avendo le resistenti svolto difese.
Si dà atto che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2022.
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