Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Civile, Sezione terza, sentenza n. 11246 del 6 aprile 2022

 

Corte di Cassazione Civile, Sezione III, ordinanza numero 11246 del 06/04/2022
Circolazione Stradale - Art. 193 del Codice della Strada - Assicurazione RCA - Sinistro stradale - Conduzione dell'autovettura da parte di soggetto non idoneo alla guida - Assicurato e proprietario del veicolo anche terzo trasportato dello stesso - Diritto al risarcimento del danno subito - Sussistenza - Il diritto al risarcimento del danno subito si applica anche in favore dell'assicurato che, al momento del sinistro, è trasportato da un terzo, non distinguendosi la sua condizione da quella di qualsiasi altro passeggero vittima dell'incidente, e l'assicuratore non può avvalersi, per negare il risarcimento, di disposizioni legali o di clausole contrattuali, ivi comprese quelle che escludono la copertura assicurativa nelle ipotesi di utilizzo del veicolo da parte di persone non autorizzate o prive di abilitazione alla guida, perché l'unica eccezione al principio sopra menzionato opera quando il veicolo assicurato è condotto da una persona non autorizzata ed il passeggero, vittima dell'incidente, è a conoscenza del fatto che il mezzo è stato oggetto di furto.


RITENUTO IN FATTO

1. - Con citazione del gennaio 2009, M. A. convenne in giudizio la Mi. Assicurazioni S.p.A. per sentirla condannare al risarcimento dei danni patiti, in qualità di terzo trasportato sull'autovettura di sua proprietà condotta da T. H., in conseguenza del sinistro stradale verificatosi il (OMISSIS), allorquando, durante il trasporto in ospedale di esso attore, l'autovettura, per "incapacità alla guida" del conducente, "sbandava uscendo di strada".

1.1. - Nel costituirsi in giudizio la Mi. Assicurazioni S.p.A. contestò la fondatezza della domanda attorea, "negando la garanzia assicurativa in favore del terzo trasportato - proprietario del mezzo", e, al contempo, chiese di chiamare in causa il "responsabile del fatto", T. H., proponendo nei suoi confronti "azione di regresso" al fine di ottenere il rimborso di "tutte le somme che... dovesse vedersi costretta a corrispondere al terzo trasportato".

1.2. - L'adito Tribunale di Chieti, autorizzata la chiamata in causa di T. H. (rimasto contumace) e disposta la riunione con altro giudizio promosso dalla Mi. Assicurazioni S.p.A. contro il M. per la declaratoria di inoperatività della polizza assicurativa della r.c.a. inter partes, rigettò la domanda dell'attore con sentenza del luglio 2015, reputando inefficace la copertura assicurativa per aver il danneggiato assicurato affidato consapevolmente la conduzione dell'autovettura a soggetto non idoneo alla guida.

2. - Avverso tale decisione interponeva gravame M. A., con citazione notificata il 24 luglio 2015 alla sola U.S. Assicurazioni S.p.A. (già Mi. Assicurazioni S.p.A.), che la Corte di appello di L'Aquila accoglieva con sentenza resa pubblica il 29 novembre 2019, condannando l'appellata U.S. (Assicurazioni S.p.A.) al risarcimento del danno non patrimoniale patito dal M., che liquidava in Euro 144.165,45, oltre accessori.

2.1. - In sintesi, la Corte territoriale, per quanto ancora rileva in questa sede, osservava che: a) in forza dei principi del diritto Europeo, ai fini risarcitori sussisteva prevalenza della qualità di vittima del sinistro su quella di assicurato e, ai fini della copertura assicurativa, era "irrilevante il fatto che la vittima si identifichi con il proprietario del veicolo"; b) "il diritto alla copertura assicurativa dell'assicurato-proprietario, che abbia preso posto nel medesimo come passeggero, non può essere escluso in ragione della sua corresponsabilità nella causazione del danno, salva, ovviamente la necessità di tenere conto del suo eventuale concorrente comportamento colposo in funzione della diminuzione del risarcimento, ai sensi dell'art. 1227 c.c."; c) nel caso di specie, le emergenze probatorie non consentivano di ravvisare un concorso di colpa del M..

3. - Per la cassazione di tale sentenza ricorre U.S. Assicurazioni S.p.A., affidando le sorti dell'impugnazione a due motivi. Resiste con controricorso M. A..

Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte con le quali chiede l'accoglimento del primo motivo di ricorso e la cassazione con rinvio della sentenza impugnata.

Il controricorrente ha depositato memoria, nonché documentazione relativa al procedimento ex art. 373 c.p.c..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. - Con il primo motivo è denunciata, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la "nullità del procedimento di secondo grado e della sentenza che lo definisce per violazione del principio del contraddittorio ai sensi degli artt. 31, 102, 331 c.p.c., per non aver l'assicurato notificato il gravame a T. H., evocato in giudizio di primo grado da essa compagnia di Assicurazione, nonché per non aver il secondo giudice provveduto, ai sensi dell'art. 331 c.p.c., alla necessaria integrazione del contraddittorio in un caso di litisconsorzio necessario processuale.

1.1. - Il primo motivo di ricorso è infondato.

1.1.1. - Costituiscono circostanze pacifiche: a) la chiamata in causa di T. H. da parte della Mi. Assicurazioni S.p.A. (poi U.S.) al fine di esercitare nei suoi confronti "azione di regresso", con condanna del chiamato in causa "a rimborsare alla Mi. Assicurazioni S.p.A. tutte le somme che questa dovesse vedersi costretta a corrispondere al terzo trasportato", ossia ad M. A., attore in giudizio per conseguire dalla propria compagnia assicurativa per la r.c.a. (per l'appunto, la Mi. Assicurazioni) il risarcimento del danno; b) la mancata evocazione in grado di appello del T. ad opera del M., attore soccombente in primo grado, e l'omessa integrazione del contraddittorio nei confronti del medesimo T. ad opera del giudice di secondo grado.

1.1.2. - Tanto premesso, ai fini della decisione sulla censura di parte ricorrente non assume rilievo (come opinato dal Procuratore generale nelle sue conclusioni scritte) la disciplina del D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 144, che impone di estendere il contraddittorio ab origine al "responsabile del danno" in qualità di litisconsorte necessario ex lege, ai sensi dell'art. 102 c.p.c., giacché per giurisprudenza consolidata quest'ultimo va individuato nel proprietario del veicolo o negli altri soggetti indicati nell'art. 2054 c.c., comma 3, e non nel conducente del veicolo danneggiante: e nel nostro caso il T. era il conducente (privo di abilitazione alla guida) del veicolo su cui viaggiava l'attore danneggiato, proprietario del veicolo stesso.

Nel caso di specie viene, invece, in rilievo la posizione di garante assunta dal T., conducente del veicolo, con l'evocazione in giudizio da parte della compagnia di assicurazioni convenuta al fine di rivalersi su di lui in caso di accoglimento della domanda risarcitoria svolta nei propri confronti dall'attore, ossia di riversare sul terzo chiamato gli effetti pregiudizievoli della condanna in ragione della attribuibilità dei danni a responsabilità del medesimo T..

La Mi. Assicurazioni ha, quindi, operato una chiamata in garanzia che, a sua volta, ha determinato un litisconsorzio necessario processuale tra il garante e le parti originarie, con conseguente inscindibilità delle cause ex art. 331 c.p.c., sicché l'attore (M.) che ha impugnato la sentenza a sè sfavorevole era tenuto ad evocare nel giudizio di appello oltre che il responsabile anche il garante (tra le altre, Cass., 31 ottobre 2017, n. 25822, che richiama a sostegno le argomentazioni della citata Cass., SU, n. 24707/2015).

Dunque, nel caso in esame non siamo in presenza di una situazione di litisconsorzio necessario originario, ex art. 102 c.p.c. (come nel caso del citato art. 144 c.a.p.), ma di un litisconsorzio necessario processuale in fase di gravame che imporrebbe, in tesi, la cassazione della sentenza per l'integrazione del contraddittorio in secondo grado.

Tuttavia, a tale esito è da escludere nella fattispecie in quanto, rispetto ad essa, trovano applicazione i principi enunciati da Cass., 30 agosto 2018, n. 21381, che consentono di ritenere non sussistente l'ipotesi di nullità della sentenza e del procedimento.

Va, infatti, rammentato che la regola dettata dall'art. 157 c.p.c., comma 3, secondo cui la parte che ha determinato la nullità non può rilevarla, non opera quando si tratti di una nullità rilevabile anche d'ufficio, ma tale inoperatività è correlata alla durata del potere ufficioso del giudice, sicché una volta che quest'ultimo abbia deciso la causa omettendo di rilevare la nullità, la regola si riespande, con la conseguenza che la parte che vi ha dato causa con il suo comportamento, ed anche quella che, omettendo di rilevarla, abbia contribuito al permanere della stessa, non possono dedurla come motivo di nullità della sentenza, a meno che si tratti di una nullità per cui la legge prevede il rilievo officioso ad iniziativa del giudice anche nel grado di giudizio successivo.

Di qui, il corollario per cui, nel caso in cui il giudizio di appello sia stato introdotto in violazione dell'art. 331 c.p.c., e la relativa nullità non sia stata rilevata ne dalle parti, ne’ dal giudice, tale violazione può essere fatta valere dalle parti (compresa quella che introdusse l'appello), con ricorso principale o incidentale avverso la sentenza conclusiva del gravame, soltanto qualora la violazione abbia riguardato una situazione di litisconsorzio necessario iniziale (art. 102 c.p.c.) o di litisconsorzio necessario processuale determinata dall'ordine del giudice (art. 107 c.p.c.), atteso che in tali casi, a differenza di ogni altra ipotesi di violazione dell'art. 331 c.p.c. (e, dunque, di litisconsorzio necessario processuale da inscindibilità o da dipendenza), non può operare la regola dell'art. 157 c.p.c., comma 3, trattandosi di violazioni rilevabili d'ufficio dalla Corte di cassazione, circostanza che esclude che la parte abbia perduto il potere di impugnare.

1.1.3. - La Mi. U.S. (Assicurazioni) ha instaurato il giudizio di appello senza chiamare in giudizio il litisconsorte processuale e non ha mai sollecitato (o, comunque, non afferma in alcun modo di averlo fatto) i poteri officiosi del giudice di appello al fine di provvedere all'ordine di integrazione del contraddittorio ex art. 331 c.p.c., ne’ il giudice di secondo vi ha provveduto d'ufficio.

2. - Con il secondo motivo - che consta di due distinte censure è dedotta, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, la violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2054 c.c., artt. 122, 129, 112, 115, 116 c.p.c. e del D.Lgs. n. 209 del 2005, nonché prospettato "vizio di carente, illogica e contraddittoria motivazione", per aver la Corte territoriale ritenuto l'insussistenza della fattispecie di concorso di colpa di cui all'art. 1227 c.c. e, altresì, per aver affermato, in favore dell'assicurato, il diritto incondizionato all'integralità del risarcimento del danno da parte della società d'assicurazione per una fattispecie in cui, essendo stato il veicolo affidato a soggetto sprovvisto di patente e in stato di ebbrezza, detta pretesa era da escludersi in ragione delle condizioni previste nel contratto d'assicurazione.

2.1. - Il secondo motivo è inammissibile e, in ogni caso, infondato quanto alla seconda censura.

2.1.1. - È inammissibile, poiché non si confronta con la ratio decidendi posta a fondamento della sentenza impugnata, là dove ha ritenuto che l'applicazione della fattispecie di concorso colposo, rilevante ai sensi dell'art. 1227 c.c., nei confronti del proprietario danneggiato, fosse, nel caso concreto, inconfigurabile a monte, poiché non sorretta da prova alcuna.

E si tratta di accertamento di fatto non sindacabile in questa sede, se non nei limiti del vizio di omesso esame di fatto storico ex art. 360 c.p.c., n. 5, che parte ricorrente non propone, formulando censure di vizio motivazionale alla stregua del paradigma di detta norma processuale non applicabile ratione temporis.

Peraltro, il ricorrente fa riferimento non solo alla mancanza di abilitazione alla guida del conducente del veicolo danneggiante, ma anche al suo stato di ebrezza, che la Corte territoriale ha ritenuto circostanza dedotta solo in appello.

2.1.2. - È comunque infondato il profilo di censura che investe la decisione sul diritto del terzo trasportato all'integralità del risarcimento del danno.

Rilevano a tal fine la direttiva 2009/103/CE e le sentenze della Corte di giustizia: 30 giugno 2005, in causa C-537/03 "Candolin"; 9 giugno 2011, in causa C-409/09, "Lavrador"; 1 dicembre 2011, in causa C-442/10, "Churchill Insurance/Wilkinson".

La sentenza "Candolin" ha affermato che le norme della citata direttiva "ostano ad una normativa nazionale che consenta di negare ovvero di limitare in misura sproporzionata, in considerazione della corresponsabilità del passeggero nella causazione del danno subito, il risarcimento a carico dell'assicurazione obbligatoria degli autoveicoli", "il significativa, altresì, per l'affermazione del principio per cui fatto il passeggero interessato sia proprietario del veicolo il conducente del quale ha causato l'incidente è irrilevante".

La sentenza "Lavrador" ha ritenuto che le stesse norme comunitarie "devono essere interpretate nel senso che non ostano a disposizioni nazionali rientranti nella disciplina della responsabilità civile, le quali consentano di escludere o di limitare il diritto della vittima di un incidente a pretendere un risarcimento a titolo dell'assicurazione della responsabilità civile dell'autoveicolo implicato nel sinistro, sulla base di una valutazione caso per caso della responsabilità esclusiva o parziale di detta vittima nella causazione del danno da essa subito".

L'applicazione sistematica, nella fattispecie, di tale formante giurisprudenziale sovranazionale si traduce nel principio per cui la clausola che escluda, aprioristicamente, nei confronti del danneggiato-assicurato, il diritto alla copertura assicurativa - per il caso in cui sia apprezzata, in fatto, la sussistenza, ai sensi dell'art. 1227 c.c., di relativo concorso di colpa - è a questi inopponibile, tenuto conto che alla legislazione nazionale è consentito non già di escludere ipso iure, bensì conformare, proporzionalmente, il quantum del diritto al risarcimento del danno, in forza delle regole della responsabilità civile.

Ciò posto, si è affermato (fra le molte, Cass. civ. n. 13738/2020; Cass. civ. n. 1269/2018; Cass. civ. n. 19963/2013) che, in conformità a quanto stabilito dalle direttive 84/5/CEE e 90/232/CEE, concernenti il riavvicinamento delle legislazioni nazionali in materia di assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione di autoveicoli, così come interpretate dalla Corte di giustizia dell'Unione Europea, il principio vulneratus ante omnia reficiendus si applica anche in favore dell'assicurato che, al momento del sinistro, è trasportato da un terzo, non distinguendosi la sua condizione da quella di qualsiasi altro passeggero vittima dell'incidente.

In questo caso, l'assicuratore non può avvalersi, per negare il risarcimento, di disposizioni legali o di clausole contrattuali, ivi comprese quelle che escludono la copertura assicurativa nelle ipotesi di utilizzo del veicolo da parte di persone non autorizzate o prive di abilitazione alla guida, perché l'unica eccezione al principio sopra menzionato opera quando il veicolo assicurato è condotto da una persona non autorizzata ed il passeggero, vittima dell'incidente, è a conoscenza del fatto che il mezzo è stato oggetto di furto.

Pertanto, alla luce della giurisprudenza nazionale, conforme alla giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione Europea (CGUE, C442/10, 1 dicembre 2011, Churchill Insurance/Wilkinson), occorre ribadire il seguente principio di diritto: "in tema di assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicoli a motore, la previsione di una clausola di esclusione della garanzia assicurativa per i danni cagionati dal conducente non abilitato alla guida non è idonea, di per sè, ad escludere l'operatività della polizza assicurativa in favore della vittima, trasportata a bordo del veicolo al momento dell'incidente ed assicurata per la guida di tale veicolo, e tanto, a prescindere dal rilievo per cui "l'assicurato vittima fosse consapevole del fatto che la persona che egli ha autorizzato a guidare il veicolo non era assicurata a tal fine, oppure che fosse convinto che essa fosse assicurata, oppure ancora che si sia posto o non si sia posto domande a tale riguardo".

La Corte territoriale si è attenuta a siffatti principi, per poi accertare, come detto, che nessun concorso colposo era ravvisabile in capo al danneggiato.

3. - Il ricorso va, quindi, rigettato e la ricorrente compagnia di assicurazioni condannata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, nonché di quelle del procedimento ex art. 373 c.p.c. (la cui liquidazione spetta esclusivamente a questa Corte, nell'ambito del giudizio di legittimità al quale è funzionale la procedura incidentale di sospensione dell'esecuzione: Cass., 24 ottobre 2018, n. 26966), come liquidate in dispositivo e da distrarsi al difensore antistatario del controricorrente.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente e con distrazione al suo difensore antistatario, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.200,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge, nonché delle spese del procedimento ex art. 373 c.p.c., che liquida in Euro 4.600,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 24 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 6 aprile 2022.

 

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