Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio
Cassazione Penale, Sezione prima, sentenza n. 45209 del 9 dicembre 2021
Corte di Cassazione Penale, Sezione I, sentenza numero 45209 del 09/12/2021
Circolazione Stradale - Art. 200 del Codice della Strada - Artt. 476 e 479 C.P. - Contestazione e verbalizzazione delle violazioni e falsità materiale ed ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici - Non vi è alcuna norma del Codice della strada che disciplini il c.d. preavviso di violazione e ne imponga la compilazione in caso di impossibilità di contestazione immediata per assenza del trasgressore.
PREMESSO IN FATTO
1. Con sentenza 7 giugno 2016 il G.u.p. del Tribunale di Sassari, all'esito del giudizio abbreviato, dichiarava (soggetto A) colpevole del reato di cui agli artt. 476, secondo comma, e 479 cod. pen., per avere attestato, nella qualità di agente di polizia municipale del Comune di (omissis), in un verbale fidefaciente di accertamento di illecito stradale, contrariamente al vero, che un'automobile (omissis), di proprietà di (soggetto B), sostava in uno stallo destinato agli invalidi, mentre la stessa si trovava presso un'autofficina; e per avere attestato che non era stato possibile contestare immediatamente l'infrazione in assenza del trasgressore.
In sede di gravame, la Corte di appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, con sentenza 6 giugno 2017 assolveva viceversa l'imputato, perché il fatto non costituisce reato, per mancanza di prova sull'elemento psicologico. La Corte territoriale giungeva a tale conclusione, avendo ritenuto che il vigile urbano avesse solo erroneamente identificato l'autovettura, indicandola come automobile (omissis), mentre si trattava di una Fiat (omissis), anch'essa di proprietà di (soggetto B), che effettivamente sostava in divieto; e avendo ritenuto, sulla base delle dichiarazioni di (soggetto C) (collega dell'imputato, processata con lui e assolta dal G.u.p.), che (soggetto B) si fosse effettivamente allontanato in corso di accertamento, rendendo impossibile procedere all'immediata contestazione.
La sentenza di appello era annullata, con rinvio, dalla Quinta Sezione penale di questa Corte di cassazione, su ricorso del Pubblico ministero e della parte civile (soggetto B), limitatamente al secondo profilo dell'imputazione. Secondo la pronuncia rescindente di legittimità (n. 25076 del 2019), le dichiarazioni di (soggetto C), rese in fase di indagini preliminari, andavano previamente sottoposte a verifica di utilizzabilità, ai sensi dell'art. 63 cod. proc. pen.; le medesime dichiarazioni, ove utilizzabili, e quelle da (soggetto C) rese davanti al G.u.p., andavano poi valutate con maggiore approfondimento, specialmente nella parte relativa alla riferita interlocuzione tra (soggetto A) e (soggetto B), su cui la Corte di merito aveva sorvolato.
2. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Cagliari, definendo il giudizio di rinvio, assolveva l'imputato per insussistenza del fatto.
La Corte stessa riteneva previamente inutilizzabili, ex art. 63, comma 2, cod. proc. pen., le dichiarazioni rese da (soggetto C) in fase di indagini.
La Corte stessa dava poi conto del narrato ulteriore di (soggetto C), da cui si ricavava che (soggetto A) e la dichiarante, il giorno dei fatti, erano entrati nel bar sito davanti allo stallo per gli invalidi, dopo aver notato ivi parcheggiata l'automobile di (soggetto B), proprio nel momento in cui questi ne usciva, dirigendosi, dopo uno scambio di battute, verso l'automobile stessa, a bordo della quale saliva e ripartiva.
Secondo il giudice di rinvio, (soggetto C) era dichiarante credibile e attendibile, ma il suo narrato mancava dei riscontri richiesti dall'art. 192, comma 3, cod. proc. pen., che neppure la persona offesa aveva mai fornito. (Soggetto B) non aveva mai reso dichiarazioni sul fatto di avere incrociato l'imputato all'uscita del bar, e di aver dialogato con lui; né alcun cenno alla specifica circostanza era contenuto nella denuncia-querela che aveva dato origine al procedimento penale, incentrata sulla falsità inerente la presenza della (omissis) nello stallo.
Anche a prescindere da ciò, le dichiarazioni di (soggetto C) non apparivano al giudice territoriale idonee a qualificare come ideologicamente falsa l'attestazione dell'impossibilità di contestazione immediata, in quanto l'incontro tra (soggetto B) e i verbalizzanti sarebbe stato comunque fugace; il rapido allontanamento del trasgressore non avrebbe consentito di formalizzare la contestazione.
3. Avverso la sentenza pronunciata in sede di rinvio, la parte civile (soggetto B), assistita dal suo difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, articolato in sei motivi.
3.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce contraddittorietà di motivazione, nella parte in cui in essa si afferma che, pur dovendosi ritenere credibili e attendibili le dichiarazioni della dichiarante (soggetto C), queste non sarebbero sufficienti a provare il fatto addebitato, in quanto non supportate da ulteriori riscontri che ne confermino l'attendibilità.
3.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce illogicità e contraddittorietà della motivazione ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento all'art. 192, comma 3, cod. proc. pen. "Il ricorrente muove dall'affermazione della Corte territoriale, secondo cui egli non avrebbe mai reso dichiarazioni nel corso del procedimento, osservando che l'accusa relativa alla falsa attestazione di impossibilità di contestazione immediata era stata formulata, mediante integrazione del capo d'imputazione, nel corso dell'udienza preliminare; immediatamente dopo, l'imputato aveva chiesto di accedere al rito abbreviato. Di conseguenza, la parte civile non poteva rilasciare dichiarazioni stante le limitazioni derivanti da tale tipo di rito.
La Corte territoriale sarebbe comunque incorsa nel travisamento della prova, affermando che la versione dell'accaduto fornita da (soggetto B) sarebbe desumibile solo da alcuni scritti, tra i quali la denuncia-querela, in cui non si farebbe riferimento alla falsità dell'attestazione di impossibilità di contestazione immediata. Tale errata affermazione si inserirebbe in un quadro valutativo totalmente falsato. L'art. 192, comma 3, cod. proc. pen. richiede che le dichiarazioni del coimputato siano suffragate da riscontri obiettivi. Tali potrebbero essere tutti quegli elementi, legittimamente acquisiti, ancorché non dotati di rilievo probatorio autosufficiente, giunti alla conoscenza giudiziale. Non occorrerebbe, dunque, la presenza di testimoni.
Alla luce di ciò, la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto di una serie di circostanze, idonee a fungere da riscontro esterno, e avrebbe in particolare pretermesso:
- le doglianze contenute nella denuncia-querela, in cui ci si lamentava del fatto che abitualmente (soggetto A) redigeva verbali di accertamento, facendoli notificare a distanza di tempo, omettendo la contestazione immediata; tale comportamento si sarebbe pedissequamente ripetuto il giorno dei fatti in imputazione;
- le memorie difensive depositate in vista dell'udienza dinanzi al giudice di rinvio, nelle quali (soggetto B) avrebbe confermato la ricostruzione di (soggetto C) in merito alla falsità dell'attestazione circa l'impossibilità di contestare la violazione nell'immediatezza;
- le sommarie informazioni testimoniali (soggetto D e soggetto E), che riporterebbero altri episodi in cui (soggetto A) aveva omesso la contestazione immediata.
3.3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce inosservanza o erronea applicazione della legge penale, con riferimento all'art. 627 cod. proc. pen.
L'affermazione della Corte di appello, secondo la quale (soggetto B) non avrebbe mai rilasciato dichiarazioni nel corso del procedimento, violerebbe il dictum della Cassazione, che nella sua sentenza aveva scritto che, sull'impossibilità di contestazione immediata, "oltre al (soggetto B), ha deposto sia in istruttoria che nel giudizio, la coimputata (soggetto C) [..]".
3.4. Con il quarto motivo il ricorrente deduce violazione di legge processuale ed illogicità di motivazione, con riferimento all'art. 121 cod. proc. pen.
Il ricorrente si duole del fatto che la Corte di Appello, nell'affermare che mancassero sue dichiarazioni circa l'impossibilità di contestazione immediata, non abbia preso in considerazione le memorie citate nel secondo, motivo.
In una di esse si era evidenziato anche un elemento logico. La mancata compilazione, da parte dell'imputato, del preavviso di accertamento, da lasciare sull'autovettura, e questo già prima che l'imputato entrasse nel bar; segno della preordinata intenzione di impedire alla parte lesa di venire subito a conoscenza dell'addebito in modo da consentirle di difendersi.
3.5. Con il quinto motivo (erroneamente numerato come quarto) il ricorrente deduce illogicità della motivazione per travisamento della prova dichiarativa offerta da (soggetto C), nella parte in cui la sentenza di rinvio giudica alla sua stregua "fugace", e tale da non rendere concretamente praticabile la contestazione immediata, l'incontro tra il vigile (soggetto F) e (soggetto B).
3.6. Con il sesto motivo (erroneamente numerato come quinto) il ricorrente deduce inosservanza della legge penale, in relazione all'illegittimo mancato riconoscimento del risarcimento del danno in favore della parte civile.
4. Nei termini di legge l'imputato ha depositato memoria difensiva.
5. Il giudizio di cassazione si è svolto a trattazione scritta, ai sensi dell'art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020, conv. dalla legge n. 176 del 2020.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Risulta evidente che le considerazioni del giudice di rinvio si riferiscano, in un primo momento, alla c.d. attendibilità intrinseca delle dichiarazioni rese dalla coimputata, che viene riconosciuta e attestata, e, in fase di valutazione logicamente successiva, alla c.d. attendibilità estrinseca delle medesime, la quale, ai sensi dell'art. 192, comma 3, cod. proc. pen., e dell'elaborazione giurisprudenziale sul punto (cfr., da ultimo, Sez. 4, n. 22740 del 16/07/2020, Balla, Rv. 279515-01), richiede la presenza di riscontri esterni, ossia appunto di elementi ulteriori - viceversa nella specie non rinvenuti che possano confermare l'attendibilità di un processuale indifferente.
Nessuna interna contraddizione è dato cogliere ragionamento giudiziale. in tali consecutivi snodi del dichiarante che non riveste una posizione.
2. Il secondo motivo è infondato.
Irrilevanti essendo le ragioni per le quali il processo non si è potuto arricchire delle dichiarazioni testimoniali della parte lesa, correttamente il giudice di rinvio ha ritenuto che mancassero, con riferimento alle dichiarazioni di (soggetto C), gli elementi ulteriori di corroborazione di cui si è testé discorso.
Vero è che tali elementi possono rivestire non solo natura dichiarativa, ma essere anche di tipo logico (Sez. 2, n. 35923 del 11/07/2019, Campo, Rv. 276744-01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, Cariolo, Rv. 260607-01; Sez. 1, n 1263 del 20/10/2006, dep. 2007, Alabiso, Rv. 235800-01). Essi, però, non possono consistere in mere argomentazioni o deduzioni difensive, articolate in memorie, e debbono direttamente riferirsi - e ciò valga anche a proposito dei narrati testimoniali di (soggetto D) e (soggetto E) - al fatto addebitato da riscontrare, e non alle abitudini di comportamento del suo autore.
È agevole dunque rilevare che, nella denuncia-querela, conoscibile da questa Corte in quanto allegata al ricorso, e già valutabile dal giudice di merito nel suo contenuto dichiarativo, ci si doleva, in linea generale, della difficoltà di difendersi, dipendente dalla mancata contestazione immediata delle trasgressioni nel tempo elevate a carico di (soggetto B), ma non si affermava la falsità del presupposto cui la mancata contestazione immediata era stata, volta per volta, ricondotta, vale a dire l'assenza del trasgressore all'atto dei ripetuti accertamenti; e, con specifico riferimento ai fatti di causa, si allegava la falsità del verbale di accertamento di violazione soltanto con riferimento alla presenza della (omissis) nello stallo, e non in relazione al fatto che (soggetto B) fosse presente all'accertamento e in grado di ricevere sul momento la contestazione di violazione. Tanto ciò è vero che il Pubblico ministero non aveva inizialmente incluso, in imputazione tale secondo aspetto della pretesa falsità, e aveva mosso l'accusa suppletiva solo in udienza preliminare, a seguito della deposizione (soggetto C).
3. Il terzo motivo è manifestamente infondato. Il vincolo di uniformità, cui è tenuto il giudice di rinvio, riguarda le questioni di diritto, e non i passaggi motivazionali incidentali della sentenza rescindente, ininfluenti nell'economia della medesima.
4. Il quarto motivo è infondato.
Oltre a quanto già osservato circa l'inidoneità probatorio delle memorie difensive, occorre considerare che non vi è alcuna norma del Codice della strada che disciplini il c.d. preavviso di violazione e ne imponga la compilazione in caso di impossibilità di contestazione immediata per assenza del trasgressore.
La mancata compilazione non è dunque dotata di particolare rilievo dimostrativo ai fini del processo, ed è peraltro contraddittorio sostenere, ad opera del ricorrente, che la violazione dovesse e potesse essergli immediatamente contestata e, contemporaneamente, dolersi da parte sua di non aver ricevuto il preavviso sostitutivo, dovuto solo in caso di impossibilità di una contestazione siffatta.
5. Il quinto motivo è infondato.
Il vizio di travisamento della prova consiste nell'utilizzazione di un'informazione probatoria inesistente, o nella pretermissione di un'informazione viceversa presente in atti, o nella sua falsificazione, intesa come alterazione del suo contenuto estrinseco, quando il dato probatorio rivesta peso decisivo nella motivazione (tra le molte, Sez. 6, n. 36512 del 16/10/2020, Villari, Rv. 280117- 01).
Ai fini della configurabilità del vizio di travisamento, per falsificazione, della prova dichiarativa è necessario che la relativa deduzione abbia un oggetto definito e inopinabile, tale da evidenziare la palese e non controvertibile difformità tra il significato della dichiarazione e quello tratto dal giudice, con conseguente esclusione della rilevanza di presunti errori da questi commessi nella valutazione del significato probatorio della dichiarazione medesima (Sez. 5, n. 8188 del 04/12/2017, dep. 2019, Grancini, Rv. 272406-01).
Nel considerare "fugace" l'incontro tra imputato e parte lesa all'esterno del bar, la Corte territoriale non ha esorbitato da una plausibile interpretazione del significato probatorio della dichiarazione in valutazione; interpretazione che non si presta a sindacato ulteriore in questa sede.
È peraltro dirimente il rilievo per cui l'incontro non è stato, in ogni caso, esattamente contestuale al rilievo dell'infrazione, che è il momento in cui propriamente misurare la possibilità di contestazione immediata. Quest'ultima presuppone, infatti, la facile identificazione del trasgressore, in genere resa possibile solo dalla presenza dell'interessato a bordo del veicolo in infrazione, o nelle immediate vicinanze, ma comunque in tempo concomitante con la constatazione dell'infrazione stessa.
6. Il sesto motivo è manifestamente infondato, essendo la caducazione della pronuncia di risarcimento del danno, in favore della parte civile, esito strettamente conseguente alla riforma in senso assolutorio della pronuncia di primo grado.
Ad eccezione del caso regolato dall'art. 578 cod. proc. pen., qui non ricorrente, il giudice penale può decidere sulla domanda risarcitoria proposta dalla parte civile solo quando pronunci sentenza di condanna (Sez. 4, n. 8940 del 15/02/2019, ASL Salerno, Rv. 275217-01).
7. Il ricorso deve essere conclusivamente respinto.
Segue, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, 15 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 9 dicembre 2021.
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