Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio
Cassazione Civile, Sezione seconda, ordinanza n. 28077 del 14 ottobre 2021
Corte di Cassazione Civile, Sezione II, ordinanza numero 28077 del 14/10/2021
Circolazione Stradale - Art. 85 del Codice della Strada - Servizio di noleggio con conducente - Modificazioni alla Legge n. 21 del 1992 apportate dal D.L. 30 dicembre 2008, n. 207 - Ius superveniens - In tema di noleggio con conducente, le modificazioni alla Legge n. 21 del 1992 apportate dal D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, hanno natura di "ius superveniens", senza possa attribuirsi il contenuto o la valenza di una legge retroattiva o di interpretazione autentica. Ne consegue che le violazioni commesse nel marzo del 2015 sono soggette alla disciplina della Legge n. 21 del 1992 citata.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. - M. M., titolare di licenza NCC rilasciata dal Comune di F. T. in Provincia di Benevento per il veicolo Mercedes tg. (OMISSIS), proponeva opposizione dinanzi al Giudice di pace di Roma avverso n. 10 verbali di accertamento elevati a suo carico, in data (OMISSIS), per violazione dell'art. 7 C.d.S., per avere fatto accesso nelle zone a traffico limitato senza la prescritta autorizzazione e per avere circolato nella corsia riservata ai mezzi pubblici.
A sostegno della proposta opposizione, il M. deduceva che le infrazioni erano state contestate sulla base di una Delib. Comunale 30 dicembre 2014, n. 379, la cui efficacia era stata sospesa e poi annullata dal TAR del Lazio; lamentava inoltre la mancata dimostrazione e la carenza della corretta funzionalità del dispositivo elettronico; eccepiva l'illegittimità degli avvisi di accertamento, sul presupposto di essere in possesso di una autorizzazione rilasciata dal Comune di F. T., per tale ragione autorizzato a transitare nella ZTL di Roma Capitale; lamentava, infine, la mancanza di conformità delle copie notificate all'originale.
Si costituiva in giudizio Roma Capitale, resistendo.
Il Giudice di pace di Roma, con sentenza n. 48804 del 2015, rigettava l'opposizione, rilevando tra l'altro che il TAR del Lazio, con la sentenza n. 11636 del 2015, non aveva annullato la Delib. Comunale nella parte relativa alla comunicazione di accesso per i titolari di licenza di noleggio con conducente.
2. - Con sentenza depositata in data 9 gennaio 2017, il Tribunale di Roma ha rigettato l'appello del M..
Il Tribunale ha rilevato:
- che nei singoli verbali di accertamento risultano riportati gli estremi della autorizzazione del Ministero dei lavori pubblici che aveva autorizzato il rilevamento elettronico degli accessi;
- che nel caso di specie non si tratta di apparecchi che necessitano di taratura periodica;
- che il verbale di accertamento è documento digitale formato attraverso un sistema informatico;
- che nel corso del giudizio è stata prodotta una fotocopia informale parziale della sentenza del TAR del Lazio, con sole 4 pagine a fronte delle 43 da cui risulta essere formata e senza prova del passaggio in giudicato della stessa e quindi insuscettibile di avere valenza di giudicato esterno nel presente giudizio;
- che la sentenza del TAR del Lazio reca un annullamento parziale che non sembra avere interessato l'obbligo di comunicazione per l'accesso alla ZTL e, quindi, nessuna valenza può assumere nel presente giudizio;
- che la licenza di noleggio era stata rilasciata dal Comune di F. T. sulla base della osservanza delle norme vigenti, tra le quali quella che prevedeva che al termine di ciascun servizio il veicolo dovesse tornare a disposizione dell'utenza nella propria rimessa;
- che le singole infrazioni (ben dieci) risultano rilevate nel mese di marzo 2015, tra il giorno 13 ed il giorno 16, ed appaiono dimostrare che il veicolo dopo ciascun servizio non era rientrato nella sua rimessa in Campania per ripartire da tale luogo per svolgere il servizio, ma era sempre rimasto a Roma, nè il titolare risulta aver provato con il registro di bordo il luogo di inizio di ciascun servizio in tali giorni.
3. - Per la cassazione della sentenza del Tribunale M..M. ha proposto ricorso, con atto notificato il 5 luglio 2017, sulla base di cinque motivi.
Il Comune ha resistito con controricorso.
4. - Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell'art. 380-bis.1 c.p.c..
Il ricorrente ha depositato una memoria illustrativa in prossimità della Camera di consiglio.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. - Il ricorso per cassazione è scrutinabile nel merito, contenendo la sommaria esposizione dei fatti della causa, prescritta dall'art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3). Nel ricorso - che nelle pagine 2 e 3 contiene tale esposizione come premessa autonoma e distinta rispetto ai motivi - sono infatti rinvenibili, anche attraverso lo svolgimento degli stessi motivi, tutti gli elementi perchè questo giudice di legittimità possa avere la cognizione dell'oggetto della controversia e del suo svolgimento, in modo da bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte alla sentenza del giudice del merito. Deve pertanto respingersi l'eccezione di inammissibilità formulata dalla controricorrente Roma Capitale.
2. - Nè è meritevole di seguito l'ulteriore eccezione di inammissibilità basata sul valore minimo della causa.
La controricorrente invoca l'applicazione del principio (enunciato da Cass., Sez. III, 3 marzo 2015, n. 4228, e ribadito da Cass., Sez. III, 5 novembre 2020, n. 24691) secondo cui in tema di procedimento esecutivo, qualora il credito, di natura esclusivamente patrimoniale, sia di entità economica oggettivamente minima, difetta, ai sensi dell'art. 100 c.p.c., l'interesse a promuovere l'espropriazione forzata, dovendosi escludere che ne derivi la violazione dell'art. 24 Cost., poichè la tutela del diritto di azione va contemperata, per esplicita od anche implicita disposizione di legge, con le regole di correttezza e buona fede, nonchè con i principi del giusto processo e della durata ragionevole dei giudizi ex art. 111 Cost. e art. 6 CEDU. Giustamente la difesa della controricorrente sottolinea che la giurisdizione è una risorsa statuale limitata.
Ma da questa esatta constatazione non può derivare la richiesta di affidare al giudice il compito di stabilire in via pretoria limitazioni all'accesso al giudizio di legittimità, in un sistema - quello consacrato dalla Costituzione - nel quale la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge ed è sempre ammesso il diritto di ricorrere per cassazione avverso le sentenze per violazione di legge (art. 111 Cost.), senza che l'esercizio di questo diritto dipenda dal, o sia legato al, valore economico della controversia.
Per di più il valore economico della presente controversia non è certo oggettivamente minimo, trattandosi di sanzioni amministrative pecuniarie per complessivi Euro 759,04.
3. - Passando all'esame dei motivi del ricorso, con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione dello ius superveniens rappresentato dal D.L. 30 dicembre 2016, n. 244, art. 9, comma 3, convertito in L. 27 febbraio 2017, n. 19, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). Deduce il ricorrente che, per effetto dello ius superveniens, non sono attualmente in vigore, perchè sospese fino al 31 dicembre 2017, le modifiche introdotte alla Legge Quadro 15 gennaio 1992, n. 21, e, in particolare, per quello che riguarda il caso di specie, l'art. 5-bis, il quale prevede che per il servizio di noleggio con conducente i Comuni possono prevedere la regolamentazione dell'accesso nel loro territorio o, specificamente, all'interno delle aree a traffico limitato dello stesso, da parte dei titolari di autorizzazione rilasciate da altri Comuni, mediante la preventiva comunicazione. Ne deriverebbe che, una volta accertato che l'operatore autorizzato da altro Comune è effettivamente in possesso di titolo valido ed efficace, e che l'esercizio dell'attività avviene in conformità con quanto prescritto dalla L. n. 21 del 1992, alcun altro adempimento potrebbe essere ragionevolmente richiesto.
3.1. - Il motivo è infondato.
Il D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, art. 29, comma 1-quater, ha apportato alcune modificazioni alla Legge Quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea, n. 21 del 1992, inserendovi, tra l'altro, l'art. 5-bis, riguardante l'accesso nel territorio di altri Comuni.
Il D.L. 10 febbraio 2009, n. 5, art. 7-bis, inserito dalla Legge di Conversione 9 aprile 2009, n. 33, ha stabilito che nelle more della ridefinizione della disciplina dettata dalla L. n. 21 del 1992, da effettuare nel rispetto delle competenze attribuite dal quadro costituzionale e ordinamentale alle Regioni e agli enti locali, l'efficacia del D.L. n. 207 del 2008, citato art. 29, comma 1-quater, è sospesa, anche per effetto di successive proroghe, fino al 31 marzo 2010.
La giurisprudenza di questa Corte (Cass., Sez. II, 19 maggio 2017, n. 12679) ha così ricostruito il quadro normativo di riferimento:
l'efficacia delle norme poste del D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, art. 29, comma 1-quater, convertito, con modificazioni, dalla L. 27 febbraio 2009, n. 14, è stata "sospesa", in un primo momento, fino al 30 giugno 2009 (D.L. n. 5 del 2009, art. 7-bis, introdotto dalla Legge di Conversione n. 33 del 2009, nel testo originario);
detto termine è stato dapprima prorogato al 31 dicembre 2009, del D.L. 1 luglio 2009, n. 78, art. 23, comma 2, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 agosto 2009, n. 102, e successivamente al 31 marzo 2010, del D.L. 30 dicembre 2009, n. 194, art. 5, comma 3, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 2010, n. 25;
il D.L. n. 40 del 2010, art. 2, comma 3, ha poi stabilito che "Ai fini della rideterminazione dei principi fondamentali della disciplina di cui alla L. 15 gennaio 1992, n. 21, secondo quanto previsto dal D.L. 10 febbraio 2009, n. 5, art. 7-bis, comma 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 aprile 2009, n. 33, ed allo scopo di assicurare omogeneità di applicazione di tale disciplina in ambito nazionale, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, previa intesa con la Conferenza Unificata di cui al D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281, sono adottate, entro e non oltre il 31 dicembre 2016, urgenti disposizioni attuative, tese ad impedire pratiche di esercizio abusivo del servizio di taxi e del servizio di noleggio con conducente o, comunque, non rispondenti ai principi ordina mentali che regolano la materia. Con il suddetto decreto sono, altresì, definiti gli indirizzi generali per l'attività di programmazione e di pianificazione delle regioni, ai fini del rilascio, da parte dei Comuni, dei titoli autorizzativi";
- il termine del 31 dicembre 2016 scaturisce da una serie di interventi normativi di differimento adottati a cominciare dal 2010;
- nel mentre con il D.L. n. 5 del 2009, art. 7-bis, veniva disposta la sospensione dell'efficacia del D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, art. 29, comma 1-quater, con il D.L. n. 40 del 2010, art. 2, comma 3, non viene presa in considerazione la detta efficacia, ma viene posto unicamente un nuovo termine per l'adozione di un decreto ministeriale volto a impedire pratiche di esercizio abusivo del servizio di taxi e del servizio di noleggio con conducente o, comunque, non rispondenti ai principi ordinamentali che regolano la materia, senza alcuna rinnovata sospensione della efficacia delle disposizioni di cui al D.L. n. 207 del 2008;
- non potrebbe ritenersi che il mero rinvio ad un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, ancorchè previa intesa con la Conferenza unificata di cui al D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281, possa avere l'effetto di impedire l'efficacia di una disciplina inserita nella legge quadro per il trasporto, dotata, peraltro, di una idoneità prescrittiva del tutto indubbia.
In questo contesto, la seconda parte del D.L. n. 244 del 2016, art. 9, comma 3, aggiunta dalla Legge di Conversione n. 19 del 2017, ha inteso disporre una nuova sospensione delle disposizioni introdotte dall'art. 29, comma 1-quater, a far tempo dal 1 marzo 2017, data di entrata in vigore delle modifiche apportate con la legge di conversione (pubblicata nel supplemento ordinario n. 14 della Gazzetta Ufficiale del 28 febbraio 2017), sino al 31 dicembre 2017, senza che a tale ius superveniens possa attribuirsi il contenuto e la valenza di una legge retroattiva o di interpretazione autentica.
Ne deriva che, nella specie, le condotte, poste in essere nel marzo 2015, sono soggette alla disciplina della L. n. 21 del 1992, art. 5-bis, concernente l'accesso nel territorio di altri Comuni.
4. - Il secondo mezzo lamenta omesso esame del deposito della sentenza del TAR del Lazio del 13 ottobre 2015 con attestazione del passaggio in giudicato. Il giudice d'appello - deduce il ricorrente fonda il suo convincimento sul presupposto indefettibile che la sentenza del TAR del Lazio, con il relativo passaggio in giudicato, non fosse stata depositata. Invece - si assume - tale documento era stato depositato telematicamente in data 5 dicembre 2016 e la sua efficacia ribadita nelle note conclusive depositate telematicamente il 29 dicembre 2016. Tale omissione sarebbe stata decisiva, in quanto se il Tribunale avesse esaminato tale documento avrebbe verificato che il giudice amministrativo aveva prima sospeso e poi annullato integralmente le delibere comunali e avrebbe verificato altresì che nella motivazione della sentenza non vi è traccia alcuna di una preventiva e retroattiva comunicazione di accesso alla ZTL nei termini posti dal giudice di prime cure.
4.1. - Il motivo è inammissibile.
Il Tribunale di Roma ha fondato la sua statuizione sulla constatazione che "nel corso del giudizio è stata prodotta una fotocopia informale parziale della sentenza del TAR Lazio 11636 del 2015, copia informale, con solo quattro pagine a fronte delle 43 da cui risulta essere formata la sentenza stessa e senza prova del passaggio in giudicato della stessa e quindi insuscettibile di avere valenza di giudicato esterno nel presente giudizio": "la sentenza, quand'anche fosse stata utilizzabile, avrebbe dovuto essere prodotta in copia integrale e con la prova del passaggio in giudicato".
Con il motivo di ricorso, il M. addebita al Tribunale di avere basato il proprio convincimento "sul presupposto indefettibile che la sentenza del TAR Lazio, con il relativo passaggio in giudicato, non fosse stata depositata": presupposto erroneo - si assume -, dato che tale documento sarebbe stato depositato telematicamente in data 5 dicembre 2016 e la sua efficacia sarebbe stata ribadita nelle note conclusive depositate telematicamente.
E' evidente che in tal modo il ricorrente non denuncia, in realtà, un omesso esame circa un fatto decisivo, o comunque un errore di giudizio, ma un errore di fatto revocatorio, che avrebbe dovuto costituire motivo di revocazione della sentenza del Tribunale, a norma dell'art. 395 c.p.c., n. 4 e non di ricorso per cassazione.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, infatti, l'affermazione contenuta nella sentenza circa l'inesistenza, nel fascicolo processuale, di documenti che, invece, risultino esservi incontestabilmente inseriti, non si concreta in un errore di giudizio, bensì in una mera svista di carattere materiale, costituente errore di fatto e, quindi, motivo di revocazione a norma dell'art. 395 c.p.c., n. 4 e non di ricorso per cassazione (Cass., Sez. III, 15 maggio 2007, n. 11196; Cass., Sez. Lav., 28 settembre 2016, n. 19174; Cass., Sez. V, 26 gennaio 2021, n. 1562).
5. - Con il terzo motivo (violazione dell'art. 2909 c.c.) ci si duole che il Tribunale abbia errato nel non dare efficacia alla sentenza amministrativa di annullamento ormai passata in giudicato.
5.1. - Il motivo è inammissibile per le stesse ragioni indicate in sede di scrutinio del secondo mezzo.
Anche con questa censura, infatti, il ricorrente deduce che "nel giudizio di appello è stata prodotta la copia con l'attestazione del passaggio in giudicato della sentenza del TAR del Lazio": deduzione che si scontra con l'affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, circa l'avvenuta produzione di una fotocopia incompleta e informale di detta sentenza, con solo quattro pagine a fronte delle 43 da cui risulta essere formata, e senza prova del passaggio in giudicato.
6. - Il quarto motivo lamenta nullità della sentenza per violazione dell'art. 112 c.p.c.. Il giudice di appello, senza che nessuna delle parti avesse proposto una domanda circa una questione mai contestata e affrontata e decisa dal giudice di pace, avrebbe ritenuto di svolgere un'autonoma e illegittima indagine sul merito del rigetto dell'opposizione proposta. Il Tribunale avrebbe inoltre fornito, implicitamente e senza esserne stato richiesto, una propria creativa motivazione sulla ragionevolezza della sentenza di rigetto del giudice di primo grado.
6.1. - Il motivo è inammissibile.
6.1.1. - Il ricorrente si duole innanzitutto del fatto che il Tribunale abbia "ritenuto di svolgere un'autonoma ed illecita indagine sul merito del rigetto dell'opposizione proposta", ma non specifica da quale passo o argomentazione o statuizione della sentenza di appello risulti la "inammissibile ultrapetizione rispetto alle domande proposte dalle parti".
La censura (articolata dal ricorrente sotto la lettera A, nelle ultime righe di pagina 9 e fino alla metà di pagina 10) è, sotto questo profilo, generica.
E' bensì esatto che la Corte di cassazione, allorquando sia denunciato un error in procedendo, è anche giudice del fatto ed ha il potere di esaminare direttamente gli atti di causa; tuttavia, non essendo il predetto vizio rilevabile ex officio, è necessario che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il "fatto processuale" di cui richiede il riesame e, quindi, che il corrispondente motivo sia ammissibile e contenga tutte le precisazioni e i riferimenti necessari ad individuare la dedotta violazione processuale (Cass., Sez. V, 23 gennaio 2004, n. 1170; Cass., Sez. I, 2 febbraio 2017, n. 2771).
Nella specie, tale onere di specificità del motivo di ricorso non è stato osservato.
6.1.2. - Quanto alla doglianza di ultrapetizione per avere il Tribunale fornito "una propria creativa motivazione sulla ragionevolezza della sentenza di rigetto del giudice di primo grado" (lettera B del motivo, sviluppato nella seconda metà di pagina 10 e nella prima metà di pagina 11), con essa il ricorrente denuncia la sentenza impugnata là dove afferma che "la mancata prova dello svolgimento del servizio al momento della rilevazione dell'ingresso da parte di un conducente o di un veicolo autorizzato allo stesso sulla base della licenza, ha indotto il giudicante a respingere il ricorso, valutazione che appare corretta dal momento che non può trovare applicazione nel caso di specie una presunzione dal momento che il veicolo è nella disponibilità costante del proprietario - persona fisica o società - e lo stesso può liberamente utilizzarlo anche per esigenze diverse dal noleggio".
La censura è, anche sotto questo aspetto, inammissibile, giacchè, nel complesso delle argomentazioni che sostengono la sentenza impugnata, il passo censurato dal ricorrente costituisce una mera motivazione ad abundantiam.
Il Tribunale ha infatti osservato: (a) che il giudice di primo grado non ha posto a base della sua decisione la negazione della possibilità per un soggetto titolare di una licenza per l'esercizio del servizio di noleggio con conducente sulla base di una licenza rilasciata da altro Comune di entrare nella zona ZTL, ma la necessità che per consentire tale accesso fosse fornita la prova che l'ingresso nella zona ZTL fosse conseguente all'assolvimento dell'obbligo di comunicazione posto dalla Delib. n. 68 del 2011, art. 29; (b) che non vi è prova della asserita sentenza di annullamento della regolamentazione comunale, essendo la copia prodotta priva di sottoscrizione e cosa più importante priva della attestazione del passaggio in giudicato, certificazione che secondo il costante insegnamento della giurisprudenza costituisce l'unica prova ammissibile del giudicato e per di più prodotta in sole 4 pagine rispetto alle 43 di cui appare composta sulla base di quanto indicato sulla sentenza stessa; (c) che correttamente il Giudice di pace ha ritenuto carente la prova da parte della società ricorrente in ordine al fatto che fosse venuta meno la regolamentazione richiamata da Roma Capitale.
In questo senso, la motivazione che sostiene la sentenza del giudice di appello appare in linea con la statuizione del Giudice di pace, che (è lo stesso ricorrente a riferirlo, a pagina 9) ha rigettato la domanda proposta in primo grado sulla considerazione che la sentenza del TAR, pur annullando le delibere comunali, non aveva annullato la parte relativa all'onere di comunicazione delle targhe da parte degli NCC con licenze di altri Comuni.
Tale essendo la ratio decidendi della sentenza impugnata, va data continuità al principio secondo cui il vizio di extrapetizione ricorre soltanto ove il giudice modifichi, a prescindere dalla richiesta delle parti, il petitum o la causa petendi, sicchè lo stesso non sussiste in presenza di un obiter dictum, in quanto inidoneo ad incidere su tali elementi costitutivi della domanda giudiziale (Cass., Sez. VI-5, 5 giugno 2018, n. 14444).
7. - Con il quinto motivo (nullità della sentenza per violazione dell'art. 112 c.p.c.) ci si duole dell'omessa pronuncia sul secondo motivo di appello, concernente la violazione e falsa applicazione della L. n. 21 del 1992, art. 8, comma 3, D.L. n. 207 del 2008, art. 29 (così come modificato dalla Legge di Conversione n. 14 del 2009), dell'art. 117 Cost. e del diritto comunitario in materia di servizi.
7.1. - La censura è fondata.
Con l'atto di appello il M. ha riproposto, con il secondo motivo, la questione del contrasto con il diritto comunitario della Delib. comunale adottata sulla base della L. n. 21 del 1992, art. 5-bis, in quanto, asseritamente, restrittiva della possibilità degli operatori NCC autorizzati da altri Comuni di offrire i servizi di trasporto di persone non di linea all'interno del Comune di Roma.
Su tale motivo di appello manca la pronuncia da parte del Tribunale.
Mancando, al riguardo, la statuizione del giudice del gravame, attesa la totale pretermissione del provvedimento indispensabile alla soluzione della questione sollevata, sussiste il vizio di omessa pronuncia.
8. - Per effetto dell'accoglimento del quinto motivo, la sentenza del Tribunale di Roma è cassata, nei limiti della censura accolta.
La causa deve essere rinviata al Tribunale di Roma, che la deciderà in persona di diverso magistrato.
Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quinto motivo di ricorso, rigettati e dichiarati inammissibili gli altri motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, al Tribunale di Roma, in persona di diverso magistrato.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 20 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2021.
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