Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Penale, Sezione quinta, sentenza n. 31851 del 12 novembre 2020

 

Corte di Cassazione Penale, Sezione V, sentenza numero 31851 del 12/11/2020
Circolazione Stradale - Art. 85 del Codice della Strada e artt. 48 e 480 C.P. - Autorizzazione all'esercizio dell'attività di Noleggio Con Conducente e Falsa attestazione della sussistenza delle condizioni per l'esercizio - Falso ideologico per induzione - Sequesto dell'autorizzazione - Sussistenza - Legittimo il sequestro preventivo dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività di Noleggio Con Conducente per il reato di falso ideologico per induzione del pubblico funzionario che l'abbia rilasciata qualora il richiedente attesti il fatto circa la disponibilità della rimessa nel territorio dell'ente autorizzante nonostante inizi il servizio in un diverso ambito territoriale.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con provvedimento del 30 aprile 2020, il Tribunale di Ragusa confermava il decreto con il quale il Gip del medesimo Tribunale aveva disposto, il 6 marzo 2020 (su richiesta del pubblico ministero del 24 febbraio 2020), il sequestro delle autorizzazioni nn. 13 e 32 rilasciate dal comune di R. a L. S. per esercitare l'attività di autonoleggio con conducente.

I reati ipotizzati a carico del prevenuto erano quelli previsti dagli artt. 48 e 480 c.p. e L. n. 241 del 1990, art. 19, comma 6, per avere, nel presentare al Comune di R. la documentazione necessaria per il rilascio degli atti di rinnovo dell'autorizzazione ad esercitare l'attività di noleggio di autovetture, falsamente attestato di disporre di sedi operative e rimesse, effettive, nel territorio comunale, noleggio che, invece, esercitava in altre aree, soprattutto in territorio romano, così inducendo in errore i funzionari che avevano rilasciato tali autorizzazioni e quelli addetti al controllo (per L. la n. 13 del 27/1/15 e del 19/11/2018, e la n. 32 del 4/5/2015 conferite alla srl Tranfert Rome), affermando così di esercitare l'attività in presenza dei requisiti di legge.

Condotte consumate in (OMISSIS).

1.1. Il Tribunale rigettava l'istanza di riesame, osservando quanto segue.

Dalle dichiarazioni testimoniali raccolte si doveva dedurre che l'attività del prevenuto non si svolgesse nel territorio di R. ma altrove, prevalentemente in Roma e dintorni, pur figurando formalmente la disponibilità di rimesse e sedi nel territorio ragusano.

L'interesse ad ottenere le autorizzazioni dal Comune di R. piuttosto che da quello romano derivava dalla notevole differenza dei canoni richiesti.

Quanto al fumus commissi delicti, non poteva condividersi l'assunto difensivo secondo il quale non sussisteva alcun vincolo territoriale per lo svolgimento del servizio autorizzato perchè, se rispondeva al vero che la disciplina prevista dal D.L. n. 207 del 2008 era rimasta sospesa in virtù dei successivi interventi normativi fino al 31 dicembre 2018, ne derivava purtuttavia l'applicabilità della precedente disciplina, contenuta nella L. n. 21 del 1992, che, all'art. 11, prevedeva che ogni servizio di noleggio dovesse avere origine nel territorio del comune che aveva autorizzato l'attività stessa (implicitamente affermando che vi si dovesse disporre di una rimessa).

Tanto che, proprio in applicazione di tale ultima normativa, il Comune di R. adottava il regolamento n. 43 del 1990 in cui richiedeva, per il rilascio dell'autorizzazione di autonoleggio con conducente, che nel territorio comunale si disponesse di una rimessa e di un ufficio di rappresentanza.

Avevano confermato tale interpretazione alcune pronunce del giudice amministrativo (da ultimo: TAR Abruzzo n. 188 del 2019) e non l'aveva smentita, come assumeva, invece, la difesa, la sentenza n. 56 del 2020 con la quale la Corte costituzionale, riaffermando la legittimità della complessiva normativa che legava il servizio di noleggio al territorio dell'ente che l'aveva autorizzato, si era limitata a ritenere irrazionale il solo viaggio di ritorno alla sede territoriale "a vuoto" (consentendo così l'inizio del servizio in altro territorio quando lo stesso sia stato raggiunto all'esito di un trasporto iniziato dalla sede territoriale di competenza).

Doveva così considerarsi, concludeva il Tribunale, come l'illegittima operatività in altro territorio comunale fosse stata, in fatto, concepita dal prevenuto fin dalla richiesta di essere autorizzato al servizio, così rendendo ideologicamente false le attestazioni rilasciate all'ente comunale circa la disponibilità di una rimessa e di una sede, ovviamente effettive e non solo formali, nel territorio di competenza.

Il periculum in mora era costituito dalla certa protrazione dell'esercizio dell'attività autorizzata in base a presupposti non rispondenti al vero.

2. Propone ricorso l'imputato, a mezzo del suo difensore, articolando le proprie censure in tre motivi.

2.1. Con il primo deduce la violazione di legge in relazione alla ritenuta sussistenza del delitto di falso ideologico.

Si era infatti affermata la falsità della attestazione della presenza di sedi operative e rimesse nel comune di R. solo sulla base della ritenuta fittizietà di tali indicazioni, piuttosto che vagliare la ben più probabile ipotesi che si fosse trattato, invece, di un inadempimento successivo alle prescrizioni imposte dall'atto amministrativo (Cass. n. 2064 del 2017 e 24681/2018).

Si doveva poi considerare che, almeno fino al 31 dicembre 2018, non sussisteva alcun obbligo di utilizzo della rimessa o di rientro in sede essendo stata prorogata fino a tale data l'applicazione della D.L. n. 5 del 2009, art. 7 bis conv. nella L. n. 33 del 2009 che l'aveva introdotto.

Peraltro, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 56 del 26 marzo 2020, aveva dichiarato l'illegittimità proprio del D.L. n. 135 del 2018, art. 10 bis, comma 1, lett. e) nella parte in cui lo Stato aveva imposto l'obbligo di rientro nella rimessa, sottolineando l'impatto, sugli ulteriori adempimenti richiesti 8in particolare sulla operatività della sede), dei moderni strumenti telematici.

2.2. Con il secondo motivo lamenta la violazione di legge in relazione alla ritenuta sussistenza dell'elemento soggettivo del medesimo delitto di falso ideologico.

L'indagato non aveva attestato alcunchè ma aveva solo allegato alla sua istanza la richiesta documentazione, il contratto di locazione della rimessa (della cui sostanziale fittizietà, come si è detto, non vi era prova alcuna), non essendovi alcun obbligo di fissare in R. la sede operativa piuttosto che un luogo di mera rappresentanza.

In ogni caso non era affatto chiaro, sul piano normativo, che sul prevenuto incombesse l'obbligo di limitare la propria attività al territorio comunale anche considerando che la cooperativa di cui lo stesso era amministratore era stata destinataria di provvedimenti di contestazione per l'assunta violazione del medesimo ma tali provvedimenti erano stati annullati in sede di impugnativa (vedasi il provvedimento del Giudice di pace di Civitavecchia, pronunciato proprio in considerazione dei plurimi rinvii dell'applicazione della norma generale).

Si era poi dimostrato che le autovetture avevano operato anche in territorio ragusano, e che, sul sito della cooperativa, non si era occultato il fatto che l'autorizzazione era stata rilasciata in Sicilia e che si erano ottenute le regolari, periodiche, vidimazioni.

Nella normativa comunale poi nulla di specifico era riportato circa l'idoneità dell'indicata rimessa o la necessaria frequentazione della stessa.

2.3. Con il terzo motivo lamenta la violazione di legge in relazione al denunciato errore di fatto sulla interpretazione della legge extrapenale, essendo del tutto evidente l'insufficiente chiarezza della normativa sui punti ritenuti oggetto del contestato falso ideologico (Cass. n. 44293 del 26 settembre 2017).

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso promosso nell'interesse del prevenuto è infondato.

1. Deve innanzitutto rilevarsi come al medesimo siano stati ascritti due reati, il falso ideologico, per induzione del pubblico ufficiale redigente, in autorizzazione amministrativa - per essere stata la medesima rilasciata sul presupposto della fittizietà dell'attestazione di disporre di una rimessa e di una sede nel territorio comunale di competenza - qualificato ai sensi degli artt. 48 e 480 c.p., ed il falso ideologico punito dalla L. n. 241 del 1990, art. 19, comma 6, consumato affermando, contrariamente al vero, di esercitare l'attività autorizzata, di noleggio di autovetture con conducente, in presenza di tali requisiti.

2. Dal complessivo capo di imputazione provvisorio, che unisce i due ricordati addebiti, si desume, considerandosi i reati consumati fino al 2019 (l'intero anno 2019, posto che la richiesta di sequestro avanzata dal pubblico ministero è del febbraio 2020), che gli stessi ricomprendano anche le necessarie vidimazioni annuali, previste dall'art. 17 del regolamento del Comune di R. n. 43 del 2000, fondate sulla permanente sussistenza dei presupposti che avevano legittimato il rilascio delle autorizzazioni (negli anni precedenti), ed in particolare le vidimazioni del 2019.

Ne deriva che, almeno per tali atti, le censure mosse dalla difesa, in ordine alla non applicabilità degli obblighi di disporre di una rimessa e di una sede operativa e di rientro nel territorio ragusano delle vetture noleggiate, sono prive di qualsivoglia fondamento posto che la difesa stessa ammette che la proroga dei medesimi era cessata con la fine del 2018.

E già per tale assorbente motivo il ricorso non merita accoglimento, essendo evidente il fumus dei contestati delitti ed il periculum in mora determinato dal non contestato perdurare dell'attività, consentita dalle vidimazioni annuale delle autorizzazioni, in assenza dei requisiti di legge e di regolamento.

3. Conclusioni, quelle raggiunte, che non trovano smentita, come si è già preannunciato e come pretende la difesa, nella sentenza n. 56/2020 della Corte costituzionale sulla nuova disciplina normativa di settore - che, quanto agli obblighi imposti ai gestori del servizio di noleggio di autovettura con conducente, si pone in continuità normativa con la precedente - rappresentata dal D.L. 14 dicembre 2018, n. 135 (contenente disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione), convertito, con modificazioni, nella L. 11 febbraio 2019, n. 12.

3.1. La Corte costituzionale, infatti - decidendo sul conflitto di attribuzione sollevato dalla Regione Calabria che aveva, appunto, lamentato lo sconfinamento delle norme statali nel proprio ambito di competenza normativa - ricordava innanzitutto che "l'attività di NCC è regolata dalla L. 15 gennaio 1992, n. 21 (Legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea). Il testo vigente della L. n. 21 del 1992 è il risultato delle modifiche introdotte prima del D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, art. 29, comma 1-quater, (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti), convertito, con modificazioni, nella L. 27 febbraio 2009, n. 14, e successivamente dal D.L. n. 135 del 2018, art. 10-bis impugnato in questa sede". Così che dovevano ritenersi tuttora vigenti gli "obblighi previsti dalla L. n. 21 del 1992, art. 11 che al comma 4 impone ai titolari delle autorizzazioni NCC di ricevere nuove prenotazioni presso la rimessa o la sede e di iniziare e terminare ogni singolo servizio presso le rimesse medesime" seppure "il trasporto può avvenire senza limiti territoriali, come si desume dalla previsione, contenuta sempre all'art. 11, comma 4 secondo cui il prelevamento e l'arrivo a destinazione dell'utente possono avvenire anche al di fuori della provincia o dell'area metropolitana in cui ricade il territorio del comune che ha rilasciato l'autorizzazione".

In altri termini, se la vettura deve partire e ritornare dalla rimessa sita nel territorio di competenza, il cliente può essere trasportato da un luogo e fino ad un luogo non in esso ricompreso.

Osservava ancora la Corte come "la disciplina del servizio di NCC contenuta nella L. n. 21 del 1992 è stata oggetto nel tempo di molteplici interventi. In primo luogo, il citato D.L. n. 207 del 2008, all'art. 29, comma 1-quater, ha reso più stringenti i vincoli territoriali, aumentando anche i controlli sul loro rispetto e le sanzioni in caso di violazione. In particolare, sono stati introdotti a carico dei prestatori dei servizi di NCC: l'obbligo di avere la sede e la rimessa esclusivamente nel territorio del comune che ha rilasciato l'autorizzazione; l'obbligo di iniziare ogni singolo servizio dalla rimessa e di ritornarvi al termine del servizio; l'obbligo di compilare e tenere il "foglio di servizio"; l'obbligo di sostare, a disposizione dell'utenza, esclusivamente all'interno della rimessa. E' stato inoltre confermato l'obbligo già previsto dalla L. n. 21 del 1992 di effettuazione presso le rimesse delle prenotazioni di trasporto".

Una disciplina che non aveva trovato immediata applicazione posto che "l'efficacia dell'art. 29, comma 1-quater, è stata dapprima sospesa sino al 31 marzo 2010 in attesa della ridefinizione della disciplina dettata dalla L. 15 gennaio 1992, n. 21, in materia di trasporto di persone mediante autoservizi non di linea".

E ciò fino al 1 gennaio 2019 - come si è sopra ricordato - dato che sempre la Corte osserva come "l'art. 10-bis ha a sua volta abrogato, a decorrere dal 1 gennaio 2019, sia del D.L. n. 40 del 2010, art. 2, il comma 3 (al comma 5), che il D.L. n. 5 del 2009, art. 7-bis (al comma 7), che avevano sospeso l'efficacia della più stringente disciplina dettata dal D.L. n. 207 del 2008 art. 29, comma 1-quater. Di conseguenza, dalla indicata data del 1 gennaio 2019 hanno acquistato efficacia le disposizioni modificative della L. n. 21 del 1992 introdotte dal D.L. n. 207 del 2008, art. 29, comma 1-quater, come ulteriormente modificate dal D.L. n. 135 del 2018, art. 10-bis".

Annotava, la Corte, come la nuova disciplina avesse, in parte, allentato i vincoli imposti al gestore del servizio, consentendo, ad esempio, che le richieste delle prestazioni possano avvenire non solo "presso la sede o la rimessa" ma anche "mediante l'utilizzo di strumenti tecnologici". Aveva però trovato conferma, nel D.L. n. 135 del 2018, l'obbligo di disporre della sede operativa e di almeno una delle rimesse nel territorio del comune che aveva rilasciato, o doveva rilasciare, l'autorizzazione al servizio di noleggio (consentendo solo l'apertura di ulteriori rimesse nel territorio della provincia o dell'area metropolitana in cui si trova il comune che l'aveva autorizzato; fissando una deroga a favore dell'intero territorio regionale per i servizi prestati nelle isole maggiori, la Sicilia e la Sardegna, ove "l'autorizzazione rilasciata in un comune della regione è valida sull'intero territorio regionale").

Così da consentire una maggior flessibilità del servizio ma sempre in stretto collegamento con il territorio in cui lo stesso doveva svolgersi.

Quanto ai singoli trasporti, la nuova normativa aveva riconfermato l'obbligo che ogni singolo servizio debba "avvenire presso le rimesse di cui all'art. 3, comma 3, con ritorno alle stesse", confermando anche che "il prelevamento e l'arrivo a destinazione dell'utente possono invece avvenire anche al di fuori della provincia o dell'area metropolitana in cui ricade il territorio del Comune che ha rilasciato l'autorizzazione".

3.2. Tutto ciò premesso, la Corte, muovendosi nel contesto del giudizio sottopostole - il conflitto di attribuzione fra Stato e Regione - riteneva legittimo l'intervento statuale in materia - trattandosi di norme che regolano, anche, la concorrenza - con la sola eccezione della "previsione dell'obbligo di iniziare e terminare ogni singolo servizio di NCC presso le rimesse, con ritorno alle stesse, ai sensi di quanto previsto dalla L. n. 21 del 1992, art. 11, secondo periodo comma 4come sostituito dal D.L. n. 135 del 2018, art. 10-bis, comma 1, lett. e)".

E ciò in base alla considerazione che "il rigido vincolo imposto dal legislatore - derogabile nei limitati casi previsti alla L. n. 21 del 1992, art. 11, nuovo comma 4-bis e all'art. 10-bis, comma 9 - si risolve infatti in un aggravio organizzativo e gestionale irragionevole, in quanto obbliga il vettore, nonostante egli possa prelevare e portare a destinazione uno specifico utente in ogni luogo, a compiere necessariamente un viaggio di ritorno alla rimessa "a vuoto" prima di iniziare un nuovo servizio. La prescrizione non è solo in sè irragionevole - come risulta evidente se non altro per l'ipotesi in cui il vettore sia chiamato a effettuare un servizio proprio dal luogo in cui si è concluso il servizio precedente - ma risulta anche sproporzionata rispetto all'obiettivo prefissato di assicurare che il servizio di trasporto sia rivolto a un'utenza specifica e non indifferenziata, in quanto travalica il limite della stretta necessità, considerato che tale obiettivo è comunque presidiato dall'obbligo di prenotazione presso la sede o la rimessa e da quello, previsto alla L. n. 21 del 1992, art. 3, comma 2, di stazionamento dei mezzi all'interno delle rimesse".

Da qui la dichiarata "illegittimità costituzionale del D.L. n. 135 del 2018, art. 10-bis, comma 1, lett. e), nella parte in cui ha sostituito della L. n. 21 del 1992, art. 11, il secondo periodo del comma 4" (e delle norme che ponevano delle eccezioni a tale obbligo).

4. Se ne deduce allora come la stessa Corte costituzionale abbia, nella ricordata pronuncia, riaffermato la legittimità dei risalenti (alla L. n. 21 del 1992) obblighi imposti ai soggetti che esercitano l'attività di noleggio di vetture con conducente, di disporre nel territorio comunale dell'ente autorizzante dell'effettiva sede operativa (che, per la nuova normativa, può ora essere contattata anche con gli odierni strumenti tecnologici) e della rimessa (consentendo solo, il D.L. n. 135 del 2018, di aprire altre rimesse nella medesima provincia o, nel caso della Sicilia, nella regione).

5. Così che anche le attestazioni rilasciate dal prevenuto in sede di richiesta originaria dell'autorizzazione, in epoca precedente al 31 dicembre 2018, circa la disponibilità di una rimessa e di una sede operativa nel territorio del comune di R. non rispondevano al vero in quanto, fin da tale momento - con giudizio in fatto del Tribunale allo stato non criticabile da questa Corte che deve, in tema di misura di cautela reali, limitare il perimetro del proprio scrutinio alla sussistenza dei vizi di violazione di legge - costituivano un dato di mera forma.

Risulta allora inconferente la citazione da parte della difesa della pronuncia di questa Sezione del 23 aprile 2018 n. 24681 - che aveva, invece, annullato senza rinvio un'ordinanza confermativa del provvedimento di sequestro in analoga fattispecie - proprio perchè, in tal caso, non si era accertata, sempre allo stato degli atti, l'originaria decettività dell'attestazione di disporre, nel territorio di competenza, di una effettiva rimessa e di una altrettanto effettiva sede operativa. Erano pertanto, in quel caso, assenti i presupposti di fatto del titolo del reato (in quel caso l'art. 483 c.p.) che giustificava il vincolo.

6. Si conclude così per la complessiva infondatezza del ricorso e a tale declaratoria segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 6 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2020.

 

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