Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Civile, Sezione sesta - 2, ordinanza n. 15663 del 23 luglio 2023

 

Corte di Cassazione Civile, Sezione VI - 2, ordinanza numero 15663 del 23/07/2020
Circolazione Stradale - Artt. 94, 199 e 210 del Codice della Strada - Formalità per il trasferimento di proprietà degli autoveicoli, motoveicoli e rimorchi - Eredità - L'intestazione in capo ad  un soggetto della proprietà di un veicolo appartenente al defunto, anche se finalizzata unicamente alla successiva rottamazione, implica l'accettazione tacita dell'eredità che diventa in tal modo irrevocabile e comporta in maniera definitiva l'acquisto della qualità di erede, la quale non può cessare, non solo laddove l'accettante intenda revocare l'atto di accettazione in precedenza posto in essere, ma anche nell'ipotesi in cui compia un successivo atto di rinuncia all'eredità.


RITENUTO IN FATTO - CONSIDERATO IN DIRITTO

Il Tribunale di (Omissis) con la sentenza del 21 aprile 2016 rigettava l'opposizione a precetto proposta dai ricorrenti avverso l'atto di precetto notificato dalla banca intimata per il pagamento del debito derivante dal mutuo contratto dal defunto (Soggetto 1), sul presupposto dell'acquisto della qualità di eredi da parte degli intimati.

Rilevava il Tribunale che gli opponenti avevano sottoscritto in data 24/5/2013 un atto intitolato come di accettazione dell'eredità + demolizione per esportazione, con il quale, premettendo di essere gli unici eredi del defunto (Soggetto 1), chiedevano che l'autovettura del de cuius fosse loro intestata e successivamente rottamata.

Ad avviso del Tribunale tale dichiarazione costituiva un'accettazione espressa dell'eredità, e che, in ogni caso, anche a voler soprassedere circa l'espresso richiamo al compimento di un atto di accettazione dell'eredità, la successiva rottamazione dell'auto equivaleva ad un atto di accettazione tacita, trattandosi di attività chiaramente esorbitante dai poteri conservativi riservati al chiamato all'eredità dall'art. 460 c.c..

Ne derivava altresì che la successiva rinuncia all'eredità posta in essere dagli opponenti era priva di efficacia, stante l'irrevocabilità dell'accettazione dell'eredità.

La Corte d'Appello di Perugia con la sentenza n. 621 del 7 settembre 2017 ha rigettato l'appello, condividendo le valutazioni del giudice di prime cure.

Avverso tale sentenza propongono ricorso (Soggetto 2), (Soggetto 3) e (Soggetto 4) sulla base di due motivi.

L'intimata non ha svolto difese in questa fase.

Il primo motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 475 e 476 c.c..

Si sostiene che non è possibile ravvisare nella dichiarazione del (OMISSIS) un'accettazione espressa dell'eredità trattandosi di un modulo sottoscritto dai ricorrenti presso un'agenzia di pratiche automobilistiche, e da quest'ultima predisposto, il cui contenuto non corrisponde alla volontà dei dichiaranti.

Nel caso di specie anche la successiva rottamazione dell'auto non è qualificabile come atto di accettazione tacita dell'eredità, essendo finalizzata esclusivamente a favorire la rimozione dell'auto dalla strada pubblica ove la stessa auto era stata rilasciata dal congiunto deceduto.

Il motivo è evidentemente infondato.

Va in primo luogo evidenziato che il motivo difetta evidentemente del requisito di specificità di cui all'art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, nella parte in cui, pur contestando la valutazione circa la portata effettuale della dichiarazione del (OMISSIS), omette di riprodurne il contenuto in ricorso, senza nemmeno specificare ove la stessa sia attualmente reperibile all'interno delle produzioni di parte, avendo anche omesso di riprodurla nel sottofascicolo predisposto per la proposizione del presente ricorso, secondo quanto previsto nel protocollo di intesa con il CNF. Peraltro come si ricava dallo stesso tenore della sentenza impugnata, l'atto in oggetto era espressamente qualificato come di "accettazione eredità", mirando sia all'intestazione in capo ai ricorrenti della proprietà del veicolo (cfr. Cass. n. 263/2013, circa la possibilità di poter qualificare in termini di accettazione tacita dell'eredità la richiesta di voltura catastale di un immobile, affermazione questa suscettibile di estensione con i debiti adattamenti anche alla richiesta di adeguamento delle risultanze dei registri mobiliari per i beni mobili ivi iscritti, quale appunto un'autovettura), sia alla successiva rottamazione, attività anche questa che esula, come correttamente evidenziato dai giudici di merito, dall'attività meramente conservativa riservata al chiamato all'eredità, ed implicando comunque un atto che implica accettazione tacita dell'eredità.

La necessità di dover intervenire sul bene mobile, anche per ragioni di pubblico interesse, non necessariamente implicava la soluzione della rottamazione, ben potendo i ricorrenti limitarsi, al fine di mantenere la qualità di chiamati, a disporre lo spostamento del veicolo dalla pubblica via e la sua custodia in un luogo sicuro, di modo che la decisione di provvedere alla distruzione del bene comporta l'esecuzione di un atto dispositivo della proprietà di un bene ereditario per il quale, a mente dell'art. 460 c.c., si imponeva la previa autorizzazione dell'autorità giudiziaria, la cui assenza non può che determinare l'acquisto della qualità di erede in capo al disponente.

Alcuna rilevanza può poi avere la circostanza che il modulo sia stato materialmente predisposto da terzi, valendo la sua sottoscrizione da parte dei ricorrenti a farne proprio il contenuto.

Ne' appare possibile invocare la pretesa mancata comprensione della rilevanza giuridica che tale atto avrebbe avuto, non corrispondendo alla reale intenzione dei dichiaranti, stante la previsione di cui all'art. 483 c.c., che inibisce l'impugnazione per errore dell'atto di accettazione dell'eredità.

Il secondo motivo denuncia sempre ai sensi dall'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 519 e 521 c.c..

Assumono i ricorrenti che in data 16/10/2013 avevano rinunciato, nelle forme prescritte dalla legge, all'eredità del congiunto, sicché, attesa la portata retroattiva della rinuncia all'eredità, avevano perso ab initio la qualità di chiamati all'eredità, il che priva di efficacia anche l'atto che è stato indicato come idoneo ad accettare l'eredità.

Anche tale motivo è privo di fondamento.

L'atto di accettazione dell'eredità, in applicazione del principio semel heres semper heres, è irrevocabile e comporta in maniera definitiva l'acquisto della qualità di erede, la quale non può cessare, non solo laddove l'accettante intenda revocare l'atto di accettazione in precedenza posto in essere, ma anche nell'ipotesi, qui prospettata dai ricorrenti, in cui compia un successivo atto di rinuncia all'eredità.

Proprio alla luce del principio di irrevocabilità dell'atto di accettazione, la regola della retroattività della rinuncia va correttamente riferita alla sola ipotesi in cui nelle more tra l'apertura della successione e la data della rinuncia il chiamato non abbia ancora posto in essere atti idonei ad accettare l'eredità, ma non anche al diverso caso, qui ricorrente, in cui nelle more sia intervenuta l'accettazione dell'eredità (cfr. Cass. n. 4373/1980; Cass. n. 801/1972).

Pertanto, il ricorso deve essere rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, - della sussistenza dell'obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al rimborso delle spese in favore della controricorrente che liquida in complessivi Euro 3.000,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15% sui compensi, ed accessori come per legge;

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti del contributo unificato dovuto per il ricorso principale a norma del cit. art. 13, art. 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2020.

 

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