Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio
Cassazione Civile, Sezione sesta - sottosezione 2, ordinanza n. 20161 del 25 luglio 2019
Corte di Cassazione Civile, Sezione VI - 2, ordinanza numero 20161 del 25/07/2019
Circolazione Stradale - Art. 193, 200 e 201 del Codice della Strada - Obbligo dell'assicurazione di responsabilità civile - Contestazione, verbalizzazione e notificazione delle violazioni - Mancata contestazione immediata - Presupposti - E' consentito all'agente accertatore, che si trovi in condizioni di tempo o di luogo tali da non consentire l'immediata contestazione della violazione, di provvedere alla redazione del verbale di contravvenzione anche in un momento successivo a quello dell'effettiva violazione, purché la notificazione del verbale al responsabile dell'infrazione o all'obbligato in solido avvenga comunque nel termine previsto dall'art. 201 C.d.S., comma 1.
RITENUTO IN FATTO
Con ricorso al Giudice di Pace di Torino M. M. proponeva opposizione avverso l'ordinanza-ingiunzione emessa nei suoi confronti dal Prefetto della Provincia di Torino, con la quale era stato respinto il ricorso interposto dal predetto ricorrente avverso il verbale di accertamento di infrazione al Codice della Strada notificatogli il 22.4.2015.
Nella narrativa del ricorso il M. allegava che con il predetto verbale gli era stata contestata la circolazione alla guida di un motoveicolo non coperto dall'assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile, con indicazione che l'agente accertatore non aveva potuto procedere alla contestazione immediata dell'infrazione.
Il ricorrente si doleva del fatto che il verbale era stato emanato a distanza di oltre un mese dal fatto contestatogli ed assumeva l'irregolarità del procedimento di contestazione dell'infrazione per assenza delle ragioni a sostegno del differimento della predetta contestazione.
Si costituiva la Prefettura allegando che la contestazione immediata non era stata possibile in quanto l'agente accertatore era impegnato nel controllo di una manifestazione di natura politica; egli aveva quindi annotato la targa del mezzo ed in seguito, all'esito di verifiche eseguite presso il Comando della Polizia Municipale, aveva verificato l'assenza della copertura assicurativa obbligatoria e proceduto alla contestazione dell'infrazione al Codice della Strada.
Con sentenza n. 1856/2016 il Giudice di Pace rigettava il ricorso. Avverso detta decisione interponeva appello il M. e il Tribunale di Torino, con la sentenza oggi impugnata n. 4649/2017, respingeva il gravame attribuendo fede privilegiata a quanto accertato dall'operante, ancorché in un momento successivo a quello di rilevazione dell'infrazione al Codice della Strada.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione M. M. affidandosi a sette motivi.
Il Prefetto della Provincia di Torino, intimato, non ha svolto attività difensiva in questo giudizio di cassazione.
Il ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con il primo motivo il ricorrente lamenta la nullità del procedimento e della decisione e la violazione degli artt. 115 e 345 c.p.c. in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 4 perché il Tribunale non avrebbe rilevato la novità, e quindi l'inammissibilità, della produzione - eseguita dalla Prefettura in grado di appello - delle controdeduzioni dell'agente accertatore al verbale impugnato. Ad avviso del ricorrente il documento non sarebbe stato prodotto in prime cure e non avrebbe potuto essere ammesso in seconda istanza.
Il motivo è infondato.
Contrariamente a quanto allegato dal ricorrente nella memoria depositata in prossimità dell'udienza, proprio dalla lettura del passaggio contenuto a pag. 11 del ricorso emerge che la Prefettura aveva provveduto al deposito delle controdeduzioni in prime cure.
Inoltre anche se il documento fosse stato effettivamente depositato solo in appello, ciò non ne avrebbe comportato l'inammissibilità. Il fatto che il giudice di secondo grado lo abbia utilizzato ai fini della decisione ne dimostra infatti l'indispensabilità: e sul punto occorre ribadire che la produzione di nuovi documenti in appello, ammessa dall'art. 345 c.p.c., comma 3 a condizione che il giudice ne verifichi -appunto- l'indispensabilità, è consentita anche in difetto di un apposito provvedimento motivato di ammissione, essendo sufficiente che la giustificazione di quest'ultima sia desumibile dalla motivazione della sentenza, dalla quale deve risultare, anche per implicito, la ragione per la quale tale prova sia stata ritenuta decisiva ai fini del giudizio (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 23963 del 15/11/2011, Rv. 619795; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 8877 del 01/06/2012, Rv. 622744). Nel caso di specie è di prima evidenza che la ritenuta indispensabilità delle controdeduzioni dell'agente operante è dovuta all'esigenza del giudice del merito di accertare l'effettivo svolgimento dei fatti oggetto della contestata violazione al Codice della Strada.
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la nullità del procedimento e della decisione e la violazione o falsa applicazione dell'art. 116 c.p.c., artt. 2697, 2699, 2700 c.c. e del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6, comma 11, nonché l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5. Ad avviso del ricorrente il Tribunale di Torino avrebbe errato nell'attribuire fede privilegiata alle controdeduzioni dell'agente operante; esse, infatti, costituirebbero un mero atto endoprocedimentale e quindi non potrebbero far prova sino a querela di falso.
La censura è inammissibile perché essa non coglie la ratio della decisione impugnata. Nella motivazione della sentenza impugnata, infatti, il Tribunale ha richiamato le controdeduzioni perché in esse l'accertatore ha spiegato il motivo per cui non ha proceduto alla contestazione immediata della violazione, ma non per questo ha inteso attribuire a detto documento alcuna fede privilegiata. Piuttosto, il giudice di appello ha apprezzato le risultanze delle controdeduzioni insieme agli altri elementi istruttori, e tale valutazione non è soggetta al sindacato di questa Corte, alla luce del principio secondo cui il giudice di merito "... nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata" (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv. 589595: conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv. 631448; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv. 631330).
Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la nullità della decisione perché sorretta da motivazione apparente, nonché la violazione e falsa applicazione dell'art. 115 c.p.c., artt. 200 e 201 C.d.S. e art. 385 Reg att. C.d.S., in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, perché il Tribunale avrebbe errato nel non rilevare che l'agente accertatore, avendo notato il motociclo perché esso - come risulta dalle controdeduzioni depositate in atti circolava con la targa sollevata oltre i limiti di legge, aveva il dovere di procedere tempestivamente alla contestazione della violazione dell'art. 102 C.d.S., comma 7, ovvero dell'art. 71 C.d.S., comma 7, o ancora dell'art. 78 C.d.S., comma 3 e quindi nell'immediatezza del fatto.
Con il quarto motivo il ricorrente lamenta invece la nullità della decisione perché sorretta da motivazione apparente, nonché la violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 345 c.p.c. e art. 200 C.d.S., in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, perché il Tribunale si sarebbe limitato ad un mero richiamo del contenuto delle controdeduzioni dell'agente operante, senza tuttavia esplicitare le ragioni della propria decisione e rendendo quindi motivazione apparente.
Ambedue le censure, che per la loro connessione meritano un esame congiunto, sono inammissibili in quanto esse si risolvono in una critica all'apprezzamento delle risultanze istruttorie condotto dal giudice di merito e nascondono un'istanza di riesame del merito, preclusa nel presente giudizio (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv.627790).
Con il quinto motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6, comma 11, dell'art. 201 C.d.S. e dell'art. 385 Reg. att. C.d.S., nonché la nullità della sentenza perché sorretta da motivazione apparente, con riferimento all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4. Ad avviso del ricorrente, l'accertatore non avrebbe potuto procedere alla contestazione differita della violazione senza redigere, nell'immediatezza del fatto, alcun atto pubblico idoneo a contenere i termini dell'accertamento, rendendo in tal modo impossibile ricostruire l'effettivo svolgimento dei fatti.
La doglianza è infondata. Ed invero lo stesso ricorrente, nel corso dell'esposizione del motivo in esame, riconosce che all'art. 201 C.d.S. e art. 385 Reg. att. C.d.S. consentono la contestazione differita delle violazioni amministrative in materia di circolazione stradale, nei casi in cui non sia possibile procedere all'immediata contestazione della violazione. In tali casi, che l'art. 201 C.d.S., comma 1 non elenca in modo tassativo, "... il verbale, con gli estremi precisi e dettagliati della violazione e con la indicazione dei motivi che hanno reso impossibile la contestazione immediata, deve, entro novanta giorni dall'accertamento, essere notificato all'effettivo trasgressore o, quando questi non sia stato identificato e si tratti di violazione commessa dal conducente di un veicolo a motore, munito di targa, ad uno dei soggetti indicati nell'art. 196, quale risulta dall'archivio nazionale dei veicoli e dal P.R.A. alla data dell'accertamento. Se si tratta di ciclomotore la notificazione deve essere fatta all'intestatario del contrassegno di identificazione".
L'art. 385 Reg. att. C.d.S. prevede, a sua volta, che nei casi di impossibilità di procedere alla contestazione immediata "... l'organo accertatore compila il verbale con gli elementi di tempo, di luogo e di fatto che ha potuto acquisire specificando i motivi per i quali non è stato possibile procedere alla contestazione immediata, e lo trasmette al comando o ufficio da cui dipende" (comma 1) il quale poi "... acquisiti gli altri elementi necessari per procedere, provvede alla notifica..." (comma 2). La norma non indica alcun limite temporale per la compilazione del verbale, ed in particolare non prescrive che esso - quando si versi in uno dei casi di impossibilità di procedere alla contestazione immediata della contravvenzione - debba comunque essere redatto nell'immediatezza della rilevazione dell'infrazione, come sembra ritenere il ricorrente.
E' quindi consentito all'agente accertatore, che si trovi in condizioni di tempo o di luogo tali da non consentire l'immediata contestazione, di provvedere alla redazione del verbale di contravvenzione anche in un momento successivo a quello dell'effettiva violazione, purché la notificazione del verbale al responsabile dell'infrazione o all'obbligato in solido avvenga comunque nel termine di 90 giorni previsto dall'art. 201 C.d.S., comma 1.
Con il sesto motivo il ricorrente lamenta l'omessa motivazione e la violazione dell'art. 112 c.p.c. in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 4, perché il Tribunale non si sarebbe pronunciato sull'istanza di rimessione in termini proposta dal M. per evitare la confisca del mezzo.
La doglianza è infondata. L'istanza di remissione in termini, infatti, non integra una domanda giudiziale, posto che con essa il ricorrente non invoca un accertamento - astrattamente suscettibile di passare in giudicato circa la spettanza o meno di un determinato diritto, con conseguente impossibilità di configurare alcun profilo di violazione dell'art. 112 c.p.c. Inoltre nel caso di specie si può agevolmente ravvisare un rigetto implicito dell'istanza di cui si discute, posta l'incompatibilità logico-giuridica dell'accoglimento della stessa rispetto al contenuto della decisione impugnata, con la quale è stato respinto il gravame proposto dal M..
Con il settimo ed ultimo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.M. n. 55 del 2014 in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3 perché il Tribunale avrebbe erroneamente liquidato, in favore della difesa erariale, il compenso relativo alla fase decisionale del giudizio, alla quale la predetta difesa non aveva preso parte.
La censura è inammissibile per difetto di specificità, posto che il ricorrente non fornisce alcun riscontro circa l'asserita mancata partecipazione della difesa della Prefettura alla fase decisionale di appello. In ogni caso, anche ammesso che ciò sia accaduto, si tratta di circostanza assolutamente irrilevante ai fini della quantificazione delle spese di lite, posto che la pendenza del giudizio, la costituzione della parte pubblica in seconde cure e la definizione dell'appello con sentenza, che evidentemente esaurisce la fase decisionale, costituiscono elementi necessari e sufficienti alla liquidazione, in favore della parte vittoriosa, delle spese per tutte le fasi del giudizio stesso, a prescindere dall'effettiva presenza della difesa della Prefettura all'udienza di precisazione delle conclusioni o di spedizione della causa a sentenza.
In definitiva, il ricorso va rigettato.
Nulla per le spese, non avendo la parte intimata svolto attività difensiva nel presente giudizio di cassazione.
Poiché il ricorso per cassazione è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, va dichiarata la sussistenza, ai sensi del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dei presupposti per l'obbligo di versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, in data 17 aprile 2019.
Depositato in Cancelleria il 25 luglio 2019.
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