Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Penale, Sezione quarta, sentenza n. 52802 del 23 novembre 2018

 

Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 52802 del 23/11/2018
Circolazione Stradale - Art. 186 del Codice della Strada - Guida in stato di ebbrezza alcolica - Nella guida in stato di ebbrezza alcolica sotto l'influenza dell'alcool, il conducente del veicolo che, dopo la prima prova etilometrica con valore del tasso alcolemico superiore alla soglia minima consentita, rifiuti di sottoporsi alla seconda prova, è responsabile del reato di cui all'art. 186 C.d.S., comma 7, (rifiuto di sottoporsi agli accertamenti alcolimetrici), in quanto, ai fini del perfezionamento della fattispecie criminosa in questione, è sufficiente che il soggetto rifiuti di completare l'iter degli accertamenti previsti, i quali constano di due prove da effettuarsi a breve distanza l'una dall'altra.


RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza a norma dell'art. 521 c.p.p., comma 2, il tribunale di (Omissis) ha disposto la restituzione degli atti relativi al procedimento a carico di (Soggetto 1), imputato del reato di cui all'art. 187 C.d.S., comma 8, per avere rifiutato di sottoporsi agli accertamenti dello stato di alterazione psicofisica correlata all'uso di sostanze stupefacenti, rilevando la diversità del fatto, siccome sussumibile nella fattispecie di cui all'art. 187 C.d.S., comma 1.

Quanto alla vicenda processuale, si rileva, sulla scorta degli elementi esposti nell'ordinanza impugnata, che il (Soggetto 1), a seguito di citazione diretta a giudizio per il reato di cui all'art. 187 C.d.S., comma 8, veniva ammesso al rito abbreviato con conseguente acquisizione del fascicolo delle indagini preliminari. Dalla consultazione di esso era emerso che l'imputato, richiesto di sottoporsi ad accertamenti medici per la verifica dello stato di alterazione da assunzione di sostanze stupefacenti, aveva dichiarato di essersi iniettato una dose di eroina, rendendo superfluo l'accertamento di tipo ematico.

2. Avverso il provvedimento ha proposto ricorso il pubblico ministero, formulando un motivo unico, con il quale ha dedotto abnormità dell'ordinanza, non avendo la diversa contestazione arrecato alcun pregiudizio al diritto di difesa dell'imputato ed essendo la condotta correttamente inquadrata nella fattispecie contestata. Sul punto, il ricorrente rileva la necessità, ai fini della diversa qualificazione, di accertare comunque, anche ove il soggetto abbia ammesso l'uso di stupefacenti, l'effettiva intossicazione e la sua influenza sulla capacità di guida.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso va accolto nei termini che si vanno ad esporre.

2. Nel provvedimento censurato, il tribunale, sulla scorta degli elementi fattuali sopra richiamati, ha ritenuto che la condotta posta in essere fosse sussumibile nella fattispecie di cui all'art. 187 C.d.S., comma 1 e non in quella di cui al successivo comma 8, come contestato dall'accusa.

3. Il motivo è fondato.

Quanto al vizio di abnormità dedotto, deve intanto precisarsi che nel concetto di abnormità dell'atto processuale elaborato dalla dottrina e dalla giurisprudenza di questa corte, viene in rilievo tanto il suo carattere strutturale, allorché esso, per la sua singolarità, si ponga al di fuori del sistema organico della legge processuale (cfr. sez. 2 n. 29382 del 16/05/2014, Rv. 259830; n. 2484 del 21/10/2014 Cc. (dep. 20/01/2015), Rv. 262275), quanto il profilo funzionale, nel senso che il vizio viene ravvisato quando l'atto, pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e l'impossibilità di proseguirlo, ovvero quando esso provochi indebite regressioni del procedimento, ponendosi in tal caso anche in contrasto con il principio costituzionale di ragionevole durata del processo di cui all'art. 111 Cost., comma 2 (cfr. in motivazione Sez. 6 n. 2325 dell'08/01/2014, Rv. 258252; Sez. U. n. 5307 del 20/12/2007 CC. (dep. 01/02/2008), B., Rv. 238240).

4. Nel caso all'esame l'atto impugnato è funzionalmente abnorme sia pur per profili diversi da quelli espressamente denunciati.

In linea generale, devono intanto ribadirsi i principi che questa corte e questa stessa sezione hanno elaborato con riferimento al diverso reato di cui all'art. 186 C.d.S., comma 2, da ritenersi valevoli anche per la diversa ipotesi di cui all'art. 187 stesso codice.

In base ad essi, può affermarsi che integra il reato di cui all'art. 186 C.d.S., comma 7, il rifiuto del conducente di un veicolo di sottoporsi all'accertamento del tasso alcoolemico, anche se lo stesso abbia ammesso di essere in stato di ebbrezza, giacché l'ammissione di responsabilità non esclude la necessità dell'esame clinico (cfr. sez. 4 n. 26744 dell'08/02/2006, M., Rv. 234568 (in fattispecie in cui la corte ha osservato come l'accertamento medico, oltre che elemento di prova ai fini della responsabilità, rileva per la determinazione in concreto della pena); n. 36566 del 18/09/2006, B., rv. 235371; sez. 6 n. 15967 dell'08/03/2016, G., Rv. 266994 (in fattispecie di rifiuto di sottoporsi alla seconda prova alcolimetrica)).

5. Tale precisazione serve ad introdurre l'ulteriore tema rilevante ai fini della decisione, concernente la corretta applicazione delle regole a presidio del principio di correlazione tra accusa e sentenza, rinvenibili nell'art. 521 c.p.p. secondo cui: "1. Nella sentenza il giudice può dare al fatto una definizione giuridica diversa da quella enunciata nell'imputazione, purché il reato non ecceda la sua competenza ne’ risulti attribuito alla cognizione del tribunale in composizione collegiale anziché monocratica. 2. Il giudice dispone con ordinanza la trasmissione degli atti al pubblico ministero se accerta che il fatto è diverso da come descritto nel decreto che dispone il giudizio ovvero nella contestazione effettuata a norma degli artt. 516, 517 e 518. 3. Nello stesso modo il giudice procede se il pubblico ministero ha effettuato una nuova contestazione fuori dei casi previsti dagli artt. 516 e 517 e art. 518, comma 2".

Sul punto, in base ad un consolidato orientamento di questa corte, deve riconoscersi l'abnormità del provvedimento con cui il giudice, in relazione ad un fatto nuovo accertato in dibattimento, non si limiti ad ordinare la trasmissione degli atti al pubblico ministero relativamente ad esso, ai sensi dell'art. 521 c.p.p., comma 2, ma determini la regressione dell'intero procedimento, senza pronunciarsi in ordine al fatto originariamente contestato (cfr. sez. 4 n. 17213 del 09/03/2017, P.M. in proc. L., Rv. 269459 (in applicazione di tale principio, la corte ha annullato con rinvio l'ordinanza emessa dal tribunale che, in un procedimento per guida in stato di ebbrezza nel corso del quale era emerso che l'imputato si era rifiutato di sottoporsi al secondo accertamento del tasso alcoolemico, aveva ordinato la trasmissione degli atti al P.M. ritenendo che tale ulteriore condotta configurava una modifica dell'originaria imputazione anziché un fatto nuovo ed autonomo da sottoporre ad ulteriore giudizio)).

Nella sentenza testé citata, i cui principi - formulati in un caso di contestazione di guida in stato di ebbrezza - valgono certamente, stante l'identità di ratio, per il diverso reato all'esame, il giudice di legittimità ha chiarito che la contestazione del reato di guida (in quel caso) in stato di ebbrezza, a prescindere dalla sua prova, "non collide, ed è cosa diversa, rispetto al possibile ulteriore reato di cui all'art. 186 C.d.S., comma 7, anche in ipotesi di manifestazione sintomatica della condizione di ebbrezza alcolica del soggetto sottoposto ad accertamento", in virtù della autonomia del reato di cui all'art. 186 c.d.S., comma 7, rispetto alle ipotesi di cui al comma 2. In tal senso si è già espressa, del resto, questa sezione, precisando che il rinvio dell'art. 186 C.d.S., comma 7, al comma 2, lett. c) della medesima disposizione riguarda solo il trattamento sanzionatorio (il richiamo nella sentenza è a sez. 4, n. 43845 del 26/9/2014, L., Rv. 260604) e rilevando la diversa ratio dei due precetti, integrata nell'ipotesi del reato di rifiuto, rispetto a quella dell'art. 186 C.d.S., comma 2, anche dall'ulteriore intento di impedire - attraverso la sanzione del rifiuto - il frapponimento di ostacoli nell'attività di controllo per la sicurezza stradale (il richiamo è questa volta a sez. 4 n. 6355 del 08/05/1997, Rv. 208222).

6. Pertanto, alla luce di tali principi, rispetto alla originaria prospettazione accusatoria riguardante la guida in stato di alterazione da sostanze stupefacenti, il giudice avrebbe dovuto pronunciare sentenza, anche se ha ritenuto di trasmettere gli atti al pubblico ministero con riferimento all'intero procedimento. Costituisce, infatti, ius receptum di questa corte di legittimità, sempre in materia di guida in stato di ebbrezza, il principio secondo cui integra il reato di cui all'art. 186 C.d.S., comma 7, (rifiuto di sottoporsi agli accertamenti alcolimetrici), la condotta di colui che, pur essendosi sottoposto alla prima prova del relativo test, rifiuti di eseguire la seconda, in quanto, ai fini del perfezionamento della fattispecie criminosa in questione, è sufficiente che il soggetto rifiuti di completare l'iter degli accertamenti previsti, i quali constano di due prove da effettuarsi a breve distanza l'una dall'altra (cfr. sez. 4, n. 45919 del 3/4/2013, H., Rv. 257540; conf. Sez. 6, n. 15967 dell'8/3/2016, G., Rv. 266994 citata).

7. Fatta applicazione di tali principi anche al caso all'esame, pertanto, deve rilevarsi che il giudice, nel trasmettere gli atti al PM. in relazione all'ipotizzato ulteriore, nuovo reato ex art. 187 C.d.S., comma 1, ha esercitato un potere che la norma gli attribuiva, ma tale potere non poteva che essere limitato ai fatti materiali ritenuti suscettibili di essere sussunti interamente nella ravvisata nuova fattispecie, senza possibilità di una immediata riqualificazione (ex art. 521 c.p.p., comma 1).

In tal modo, il tribunale ha travolto anche la contestazione legittimamente formulata per fatti insuscettibili di assorbimento alcuno nel ritenuto fatto diverso, atteso che la piena autonomia del reato di guida in stato di alterazione psicofisica da uso di sostanze stupefacenti rispetto al rifiuto di sottoporsi al relativo accertamento avrebbe, invece, imposto la deliberazione su di essa.

8. L'atto, pertanto, è abnorme sotto il profilo funzionale, avendo determinato la regressione del procedimento anche con riguardo all'imputazione già contestata (cfr. Sez. 6, n. 8997 del 31/1/2007, S. e altro, Rv 235926; n. 12509 del 11/3/2010 Rv. 246732; sez. 2, n. 15991 del 7/1/2016, P.M. in proc. S., Rv. 266836 (in fattispecie in cui era stato contestato il reato di ricettazione di targhe automobilistiche provento di furto, ed era emerso in dibattimento che le stesse erano state apposte su un veicolo anch'esso di provenienza furtiva, la S.C. ha ritenuto abnorme la riqualificazione dell'intera vicenda ai sensi dell'art. 648 bis c.p. e la restituzione degli atti al pubblico ministero, in assenza di una decisione sul delitto di ricettazione originariamente contestato)) e deve essere annullato senza rinvio al tribunale di (Omissis) per l'ulteriore corso.

P.Q.M.

Annulla l'ordinanza impugnata senza rinvio e dispone la trasmissione degli atti al tribunale di (Omissis) per l'ulteriore corso.

Così deciso in Roma, il 14 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 23 novembre 2018.

 

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